CORREZIONI AL CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO
(a cura del geom. Antonio Gnecchi)
Il 24 aprile 2008 sono entrati in vigore i due decreti
legislativi n. 62 e 63 del 26 marzo 2008 (pubblicati entrambi in G.U. n. 84 in
data 9 aprile 2008), che hanno introdotto disposizioni integrative e correttive
al Codice “Urbani”, il primo riguarda i beni culturali ed il secondo il
paesaggio.
Le maggiori novità della seconda parte del Codice che
disciplina i beni culturali sono:
- il coordinamento tra le disposizioni comunitarie,
accordi internazionali e normativa per assicurare il controllo sulla
circolazione dei beni appartenenti al patrimonio culturale specificando che
questi non sono assimilabili a merci,
- conferma della disciplina della Convenzione Unesco
del 1970 sulla illecita esportazione dei beni culturali e sulle azioni per
ottenerne la restituzione,
- salvaguardia del patrimonio culturale immobiliare di
proprietà pubblica dell’impianto normativo del d.P.R.
n. 23 del 2000 (cosiddetto decreto Melandri) allo scopo di scongiurare la
dispersione di immobili pubblici di rilevanza culturale e previene di una
clausola risolutiva automatica degli atti di dismissione per il caso di mancato
rispetto delle nuove regole. Le modifiche tendono pertanto a porre riparo agli
effetti della normativa Urbani sulla dismissione del patrimonio immobiliare
pubblico.
Paesaggio
Le modifiche che riguardano la parte terza del Codice sul paesaggio,
muovono dalla considerazione, di recente ribadita dalla Corte Costituzionale
con sentenza 14 novembre 2007, n. 367, che il paesaggio è un valore “primario e
assoluto” che deve essere tutelato dallo Stato prevalente rispetto agli altri
interessi pubblici in materia di governo e di valorizzazione del territorio.
Definizione di paesaggio
Sulla scorta dei principi espressi dalla Corte
Costituzionale è stata formulata una nuova definizione di “paesaggio”, adeguata
ai principi della Convenzione Europea ratificata nel 2004, nonché alle finalità
di tutela del Codice.
Piani paesaggistici
I Piani paesaggistici vanno definiti di intesa con le
Regioni (che deve dotarsi di PTR) e le Province, attraverso i loro PTCP, in
conformità ai Piani Territoriali Regionali.
Il recente decreto legislativo n. 63/2008 ha
radicalmente modificato gli articoli 143, 144 e 145 del D.Lgs. n. 42/2004,
introducendo alcune previsioni relative ai piani ed in particolare l’articolo
135, che delinea un nuovo piano orientato più verso funzioni di ricognizione e
individuazione degli immobili e delle aree di notevole interesse pubblico.
I poteri prescrittivi dei nuovi piani inoltre
riguardano per lo più la disciplina degli interventi e delle misure per il
recupero, la riqualificazione e l’inserimento degli interventi di
trasformazione territoriale, ovvero, più in generale, le regole d’uso per la
conservazione delle aree e degli immobili soggetti al vincolo.
Nei nuovi piani paesaggistici, inoltre, anziché
“individuare” le aree nelle quali ammettere nuove opere o interventi
sottoponendoli a preventiva
autorizzazione, si vuole effettuare una “ricognizione” di tali aree in sede di
redazione di piano.
Aree di minor pregio
Viene confermato il compito del piano di
individuare le aree soggette a tutela ma
non interessate da specifici provvedimenti vincolanti nelle quali la
realizzazione di interventi può avvenire solo previo accertamento di conformità
dei lavori con le previsioni paesaggistiche contenute nel piano..
I medesimi piani possono individuare le aree già
gravemente compromesse o degradate in cui la realizzazione degli interventi
volti al recupero o alla riqualificazione non necessita di alcuna preliminare
autorizzazione.
L’entrata in vigore delle norme che individuano
entrambe tali tipologie di aree, è subordinata all’approvazione degli strumenti
urbanistici adeguati al piano paesaggistico.Questo
orientamento si contrappone a quello precedente del D.Lgs. n. 42/2004 che si
proponeva di individuare, attraverso il piano, le aree non direttamente
interessate da vincoli puntuali.
In particolare, per quanto riguarda le aree cosiddette
di minor pregio (articolo 135, comma 4, lettera a), si conferma l’effettiva
conformità alle previsioni vigenti delle trasformazioni del territorio
realizzate in assenza di una specifica autorizzazione.
Il parere del soprintendente
Il comma 3 del nuovo articolo 143 prevede che, una
volta approvato il piano paesaggistico, il parere del soprintendente
nell’ambito del procedimento di autorizzazione degli interventi da realizzarsi
su beni soggetti a tutela ai sensi degli articoli 146 e 147, è vincolante in
relazione a quegli interventi sui beni sopra richiamati di cui alle lettere b),
c) e d) del comma 1 del medesimo articolo. Con ciò il legislatore pertanto
intende risolvere la questione sollevata nel corso di questi anni dalla
giurisprudenza amministrativa in merito al parere vincolante o meno della Soprintendenza nei procedimenti
autorizzativi, riconoscendone il potere vincolante solamente per alcune
categorie di beni espressamente indicate.
L’iter di approvazione dei piani paesaggistici
L’articolo 135 del nuovo testo recita che
l’elaborazione dei piani avviene congiuntamente tra Ministero dei beni
culturali e ambientali e regioni. Queste ultime sottopongono a specifica
normativa d’uso il territorio mediante piani paesaggistici, ovvero, piani
urbanistici – territoriali a valenza paesaggistica, i beni di cui all’articolo 143, comma 1, lettere b),
c) e d), nelle forme previste dal medesimo articolo.
I beni richiamati dal comma 1 dell’articolo 143 sono
sia quelli già sottoposti a vincolo, ed in particolare quelli dichiarati di
notevole interesse pubblico, sia le aree tutelate per legge ai sensi
dell’articolo 142 che gli ulteriori immobili o aree di notevole interesse
pubblico classificati come beni paesaggistici individuati dai piani medesimi.
Le competenze
L’approvazione del piano spetta alla regione che lo
approverà e lo renderà efficace.
Il nuovo comma 2 dell’articolo 144 infatti recita che
il piano è efficace il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel
BURL.
Contenuti non derogabili
L’articolo 145, comma 3, oltre a confermare che le
previsioni dei piani paesaggistici sono cogenti per gli strumenti urbanistici
locali, immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente
contenute in tali strumenti, indica che i contenuti dei piani non sono
derogabili in alcun modo. Per quanto riguarda i piani di gestione delle aree
protette, essi devono sottostare alle previsioni di piano per quanto attiene
alla tutela del paesaggio; al contrario deve intendersi che per taluni
specifici aspetti tali piani locali settoriali possono introdurre discipline
autonome prevalenti, diversamente da quanto previsto in precedenza.
I piani sotto-ordinati
Le procedure di conformazione dei piani sotto-ordinati
rimangono di competenza delle regioni (PTCP e PGT), come previsto dall’articolo
145, commi 4 e 5.
Gli altri enti locali e territoriali (Province e
comuni) dovranno adeguare i propri strumenti entro i termini previsti dai piani
medesimi e comunque non oltre due anni dalla loro approvazione.
La disposizione non sembra confermare la possibilità
dell’originario articolo 145 di introdurre previsioni conformative
che possano risultare utili ad assicurare la salvaguardia dei valori
paesaggistici, individuati dai piani.
Le procedure di adeguamento dovrebbero pertanto
risultare più automatiche e direttamente conformi alle previsioni del piano medesimo, a
discapito di eventuali peculiarità locali. A tale proposito, si richiama anche la
previsione contenuta nel nuovo articolo 145,
comma 3, secondo cui i piani devono stabilire norme di salvaguardia
applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici, come
previsto peraltro anche nel precedente ordinamento.
La tempistica (articolo 143, comma 9)
A far data dall’adozione del piano paesaggistico non
sono consentiti, sugli immobili e nelle aree classificate come beni
paesaggistici ai sensi dell’articolo 134, interventi in contrasto con le
prescrizioni di tutela previste nel piano stesso; a far data dall’approvazione
del piano medesimo, invece, le previsioni e prescrizioni sono immediatamente
cogenti e prevalenti sulle previsioni dei piani urbanistici e territoriali.
Il legislatore pertanto ha concepito una prima fase
transitoria più “morbida” che va dall’adozione all’approvazione del piano, per
poi passare una seconda fase transitoria più “cogente” a partire dall’atto
della sua approvazione definitiva.
Autorizzazioni paesaggistiche
Il parere del soprintendente sugli interventi edilizi
in zone vincolate resterà obbligatorio ma non sarà più vincolante quando
saranno pronti il piano e le prescrizioni d’uso.
Il decreto legislativo 26 marzo 2008, n. 63, in
materia di paesaggio, introduce alcune significative novità nel procedimento
relativo al rilascio dell’autorizzazione paesaggistico-ambientale.
In sintesi, le principali modifiche riguardano il
parere della soprintendenza. Da un lato, si prevede che tale parere, “a
regime”, sia sempre obbligatorio, ma non più vincolante; dall’altro si riduce
il termine entro il quale la soprintendenza si deve esprimere, anche se, nella
sostanza, la nuova disciplina, è meno innovativa di quanto non voglia apparire.
La vecchia autorizzazione
Si individuano due diverse situazioni:
1. Comuni dotati di piano paesaggistico approvato ai
sensi dell’articolo 143, comma 3, e hanno provveduto al conseguente adeguamento
degli strumenti urbanistici.
L’articolo 146, nel precedente testo, prevedeva che:
- entro 40 giorni dalla domanda del privato, e dopo
aver acquisito il parere obbligatorio, ma non
vincolante, della commissione per il paesaggio, l’amministrazione
competente comunicava al soprintendente la proposta di rilascio o di diniego
dell’autorizzazione,
- decorso inutilmente il termine senza che la
soprintendenza si fosse espressa, l’amministrazione competente rilasciava (o
negava) l’autorizzazione.
2.Comuni non dotati di piano paesistico e con
strumento urbanistico non adeguato al piano paesaggistico.
L’articolo 159, di concerto con l’articolo 146,
stabiliva, in via transitoria, il procedimento di rilascio dell’autorizzazione
paesaggistica, fino all’approvazione e all’adeguamento dei piani paesaggistici
locali, sia sui beni e aree indicate all’articolo 136 individuati a norme degli
articoli da 138 a 141, sia sui beni e aree indicate all’articolo 142,
prevedendo che:
- entro 60 giorni dalla domanda del privato, e dopo
aver acquisito il parere obbligatorio della commissione per il paesaggio,
l’amministrazione competente trasmetteva al soprintendente l’autorizzazione
paesaggistica con tutta la documentazione e gli allegati di rito,
- il soprintendente poteva annullare l’autorizzazione
paesaggistica, entro il termine di 60 giorni, qualora ritenesse la stessa non conforme alle
prescrizioni di tutela del paesaggio, comunicando il provvedimento motivato
all’amministrazione competente,
- decorso inutilmente il termine senza che il
soprintendente avviasse il procedimento di annullamento dell’autorizzazione
paesaggistica, la stessa diveniva, a tutti
effetti, efficace.
Le innovazioni
Le modifiche introdotte riguardano, in primo luogo, la
fase preliminare valutazione dell’istanza del privato. Nella disciplina
anteriore alla riforma questa fase era destinata a concludersi con una proposta
di provvedimento da adottarsi entro il termine di 40 giorni dalla richiesta del
privato, non prima di aver acquisito il parere della commissione per il
paesaggio.
Nella nuova disciplina il termine entro il quale
l’amministrazione competente deve pronunciarsi è sempre di 40 giorni, ma è
cambiato - quanto meno nella forma - il provvedimento conclusivo di tale fase:
non più una «proposta», bensì una
«relazione».
In particolare, l’amministrazione regionale (o locale,
in caso di delega) deve verificare la conformità dell’intervento proposto alle
prescrizioni contenute nel piano paesaggistico e nei provvedimenti di
dichiarazione di interesse pubblico. In altri termini, essa è chiamata a
valutare, preliminarmente, se l’intervento proposto sia compatibile con il
regime di protezione speciale del bene sulla base del parere espresso dalla
commissione per il paesaggio, il cui compito resta quello di supportare
l’amministrazione in questa sua attività di verifica.
Mentre l’articolo 148, terzo comma, nel testo
antecedente alla riforma prevedeva espressamente la natura obbligatoria del
parere di questo organo consultivo - il nuovo terzo comma si limita a prevedere
che le commissioni per il paesaggio esprimano pareri nel corso dei procedimenti
autorizzatori, senza nulla precisare in ordine alla
natura di tale parere.
Precedente testo: «le commissioni esprimono parere
obbligatorio in merito al rilascio delle autorizzazioni previste dagli articoli
146, 147 e 159».
Il nuovo dispositivo potrebbe far ritenere che
l’amministrazione regionale (o locale sub delegata) possa procedere indipendentemente
dall’acquisizione del parere reso da un’amministrazione consultiva preposta
alla tutela paesaggistica (articolo 16, comma 3, legge n. 241 del 1990).
La norma non fissa un termine temporale entro il quale
la commissione per il paesaggio deve esprimere il proprio parere. Circostanza
quest’ultima che potrebbe riflettersi
negativamente sui tempi del procedimento autorizzatorio.
Una volta compiuta la verifica preliminare, quindi,
l’amministrazione regionale (o locale
sub delegata) trasmette alla soprintendenza l’istanza del privato e una
relazione tecnica. Nella sostanza, tale relazione dovrà contenere i risultati
dell’istruttoria svolta dall’amministrazione competente al fine di verificare
se l’intervento proposto è conforme o meno rispetto al paesaggio tutelato in
via primaria dall’ordinamento.
I tempi
Il soprintendente deve comunicare il proprio parere
entro il termine di 45 giorni, ovvero 15 gironi in meno rispetto a quanto
previsto dalla precedente formulazione dell’articolo 146, comma 8. Tuttavia, il
nuovo articolo 146, comma 9, prevede che, decorsi inutilmente i 45 giorni senza
che il soprintendente si sia pronunciato, l’amministrazione competente possa
convocare una conferenza di servizi, alla quale il soprintendente fino ad
allora rimasto silente dovrebbe partecipare o far pervenire il suo parere
scritto.
La conferenza dei servizi deve pronunciarsi entro il
termine perentorio di 15 giorni. In ogni caso - a prescindere dalla
convocazione o meno della conferenza - decorsi 60 giorni dalla ricezione dei
documenti da parte del soprintendente, l’amministrazione regionale (o locale
sub delegata) provvede sulla domanda di autorizzazione (rilascio o rigetto).E’
opportuno comunque, anche in caso di silenzio della Soprintendenza, convocare
la conferenza.
Sintetizzando:
- pronuncia del soprintendente: entro 45 giorni, cui
ne vanno aggiunti altri 15 (eventuali)
per la conferenza dei servizi
- decorso tale termine, l’amministrazione competente
prescinde dal parere della Soprintendenza.
Pare di non cogliere all’interno della nuova procedura
la semplificazione tanto acclamata dal ministero e dalle soprintendenze, che
comporta comunque 60 giorni complessivamente per il suo espletamento,
risultando aggravata dalla previsione inerente alla convocazione della
conferenza dei servizi.
Natura del parere
Il parere è sempre obbligatorio, salvo che per quelle
aree individuate dal piano paesaggistico a norma dell’articolo 143, comma 4,
lettere a) e b) (aree tutelate per legge e aree degradate).
Si tratta, rispettivamente, delle seguenti ipotesi:
1. il piano approvato può sottrarre al divieto di
trasformazione e al conseguente provvedimento autorizzativo
quelle aree – tutelate per legge o non oggetto di provvedimenti specifici di individuazione
del vincolo – nelle quali l’esecuzione di interventi può avvenire semplicemente
«previo accertamento, nell’ambito del procedimento ordinato al rilascio del
titolo abilitativo, della conformità dei medesimi interventi alle previsioni
del piano paesaggistico e dello strumento urbanistico comunale»
2. il piano approvato può sottrarre ad autorizzazione
anche «le aree gravemente compromesse o degradate» nella quali sia prevista la
realizzazione di interventi volti al
recupero e alla riqualificazione .
Il parere è
vincolante - cioè decisivo - fino a quando non siano state approvate le
prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici tutelati e sia stato positivamente
verificato l’adeguamento degli strumenti urbanistici al piano paesaggistico.
Dopo, il parere resta obbligatorio, ma non vincolante.
La ratio di questa norma è presto svelata: secondo
quanto dispone il nuovo articolo 135, comma 1, del codice Urbani,
l’elaborazione dei piani paesaggistici deve avvenire congiuntamente tra Stato e
regioni (salva la ricognizione del territorio oggetto di pianificazione, di
competenza della regione).
Se si considera questa circostanza insieme al fatto
che le dichiarazioni di notevole interesse pubblico devono individuare gli
interventi e le trasformazioni compatibili con i valori paesaggistici tutelati
e che gli strumenti urbanistici locali devono essere adeguati al nuovo piano
frutto dell’intesa tra Stato e regioni, appare evidente che non vi siano più
ragioni per continuare a predicare il carattere vincolante del parere della
Soprintendenza.
Conclusioni
Lo Stato, dunque, rinuncia all’ultima parola
sull’autorizzazione all’intervento sul bene tutelato. E il suo parere - non più
decisivo - non è in grado di vincolare le sorti del procedimento
autorizzatorio. Ciò, tuttavia, consegue a una nuova impostazione “centralista”
della funzione pianificatoria. Come si è visto,
infatti, l‘elaborazione congiunta del piano paesaggistico è obbligatoria. In
quella sede, il ministero può esprimere e imporre le proprie valutazioni “forti”,
capaci poi di incidere, a valle, sull’assenso o meno alle trasformazioni dei
beni sottoposti al regime di tutela. E, per conseguenza, idonee a limitare la
discrezionalità talvolta abusata, delle soprintendenze. In questa prospettica,
la nuova disciplina del piano paesaggistico consente di predefinire, in modo
chiaro e certo, limiti e condizioni degli interventi di trasformazione ammessi.
Per il resto, la disciplina autorizzatoria
è sostanzialmente invariata. Resta ferma, in particolare, la validità temporale
di cinque anni dell’autorizzazione, così come restano fermi il divieto di
rilascio dell’autorizzazione paesaggistica postuma e la disciplina dei poteri
sostitutivi in caso di inutile decorso
del termine di conclusione del procedimento.
Merita, infine, un’annotazione, in quanto rappresenta
una novità, la previsione di cui al comma 9 dell’articolo 146, per cui con
regolamento ministeriale, da adottarsi entro il 2008, saranno definite delle
procedure semplificate per il rilascio dell’autorizzazione con riferimento a
interventi di modesta entità.
La norma, peraltro, opportunamente richiama le
esclusioni di cui all’articolo 149, comma 1, per cui l’autorizzazione
paesaggistica non potrà comunque intendersi sostituita da una dichiarazione di
inizio attività, nonché all’articolo 20, comma 4, legge n. 241 del 1990,
secondo il quale il silenzio assenso non opera, tra l’altro, in materia
paesaggistica.
Connessione dei piani paesaggistici con i Piani del
governo del territorio
La previgente normativa tutelava parte del
territorio nazionale, mentre, con
l’entrata in vigore del D.Lgs. 63/2008, l’intero territorio nazionale risulta
tutelato, risultando più limitata l’autonomia regionale e, di conseguenza,
quella comunale in materia del governo del territorio.
In passato la tutela del paesaggio era attuata
attraverso l’attribuzione del valore paesistico a singoli beni,
specificatamente individuati dallo Stato o dalla regione ed in tal modo, era
ben delineata la competenza dei comuni, ai quali era attribuito il compito di
emanare apposite norme per l’assetto e lo sviluppo edilizio e urbanistico, in
occasione della redazione dei PRG, l’indicazione dei “vincoli da osservare
nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico”, precedentemente
individuate dallo Stato o dalla regione.
Oggi, con il codice Urbani, sulla base delle
disposizioni nazionali che individuano i caratteri e i requisiti che devono
essere posseduti dai beni meritevoli di tutela paesaggistica, le regioni (in
collaborazione con lo Stato) individuano i beni degni di tutela nei propri
piani paesaggistici (con un’estensione di gran lunga maggiore rispetto al
passato) e fissano una vera e propria disciplina d’uso di tali beni. A loro
volta i comuni prendono atto, nei propri strumenti urbanistici, delle disposizioni
regionali circa l’individuazione e l’uso dei beni vincolati, senza poter
introdurre alcuna norma che consenta una fruizione degli stessi che sia diversa
da quanto già stabilito nel piano paesaggistico regionale (TPR)
Il risultato non è altro che una forte compressione
del potere di pianificazione del territorio che il legislatore aveva attribuito
ai comuni.
Destinazione d’uso del territorio
Il D.Lgs. 63/2008 ha accentuato la riduzione dei
poteri dei comuni in materia di governo del territorio, in correlazione con la
preordinata sfera di competenza Stato-regioni in materia di tutela del paesaggio. In altri
termini, posto che, quanto più esteso sarà l’oggetto della tutela del
paesaggio, tanto più sarà compresso il potere dei comuni in merito all’uso del
territorio. I motivi di questa compressione sono dovuti, in primo luogo, alla
nozione che il decreto da al
“paesaggio”, ossia un bene la cui tutela è sancita dalla Costituzione allo
Stato, modificando la definizione dell’articolo 131 in cui dovevano intendersi
“parti del territorio” con l’intero “territorio espressivo di identità”, così
come si rileva anche all’articolo 135 secondo cui Stato e regioni devono
assicurare che “tutto il territorio” sia
adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito (e non quelle
“parti di territorio” che fossero ritenute meritevoli di tutela dal piano
paesaggistico regionale sulla base degli indirizzi normativi statali).
Pertanto, mentre prima della riforma, il piano paesaggistico operava si una
ricognizione dell’intero territorio, ma poteva imporre vincoli solo su
specifiche parti di esso, caratterizzate da un particolare pregio, con il nuovo
intervento correttivo e integrativo, tale strumento di pianificazione potrà
sottoporre a vincolo paesaggistico porzioni sempre più vaste del territorio
regionale, spingendosi, nei casi estremi, fino a qualificare “area meritevole
di tutela paesaggistica”, l’intero territorio
regionale.
La normativa d’uso
All’estensione della nozione di paesaggio, si
accompagna la previsione (articolo 135) secondo cui, per ciascun ambito di
territorio sottoposto a tutela, corrispondono “specifiche normative d’uso”,
comprimendo, o meglio, condizionando, di fatto, l’uso del territorio comunale
sotto il profilo urbanistico ed edilizio. Il che fa ritenere che il piano
paesaggistico potrebbe condizionare la previsione degli indici di edificabilità
degli strumenti urbanistici (es. volumetria, altezza, ecc.) che prima
costituivano prerogativa dei comuni e dei propri PRG.
Considerata l’estensione della tutela a tutto il
territorio, la regione potrebbe assoggettare a “specifiche normative d’uso”
ogni angolo della propria area di competenza, togliendo una certa
discrezionalità ai comuni nel regolamentare l’utilizzo del proprio territorio
sotto il profilo urbanistico ed edilizio.
L’adeguamento dei piani comunali
Il D.Lgs. n. 63/2008 conferma il rapporto gerarchico
subordinato degli strumenti urbanistici
al piano paesaggistico regionale, ribadito dall’articolo 143, ultimo
comma, con il quale si afferma il valore “immediatamente cogente” delle
previsioni e prescrizioni del piano paesaggistico approvato nei confronti delle
previsioni dei piani territoriali e urbanistici (PTCP e PGT).
L’articolo 145, comma 4, poi afferma l’obbligo di
adeguamento dei piani urbanistici comunali alle previsioni dei piani
paesaggistici, entro il termine
stabilito dal piano paesaggistico regionale e comunque non oltre due anni
dalla sua approvazione. Questa norma ha tolto ai comuni anche la possibilità,
nell’ambito della pianificazione locale, di introdurre ulteriori previsioni conformative che risultassero utili ad assicurare
l’ottimale salvaguardia dei valori paesaggistici individuati dal piano
regionale. Il che risulta una ulteriore restrizione del potere comunale in
ambito urbanistico: sembra, infatti, che il legislatore abbia voluto cancellare
ogni residuo di competenza in ambito paesaggistico ai comuni, i quali possono
neppure “adottare” le previsioni regionali alla peculiarità e alle esigenze del
territorio che essi ben conoscono.
La salvaguardia a tutela del paesaggio
Per quanto riguarda, poi, il potere dei comuni in tema
di rilascio dei titoli edilizi per interventi su aree assoggettate a vincolo
paesaggistico, si segnala una modifica del Codice Urbani in relazione al
profilo della salvaguardia delle previsioni dei piani paesaggistici. Va
precisato, anzitutto, che il D.Lgs. n. 42/2004, già prima della riforma,
prevedeva due ordini di misure di salvaguardia:
1. quella secondo cui, tra l’adozione e l’approvazione
del piano paesaggistico, non erano consentiti interventi in contrasto con le
previsioni adottate,
2. quella che attribuiva alle regioni la facoltà di
individuare, nei piani paesaggistici, le norme applicabili in attesa
dell’adeguamento degli strumenti urbanistici.
Ora, mentre il secondo tipo di misura di salvaguardia
è confermato nell’articolo 145, comma 3, il primo ha invece subito una
variazione; infatti, la preclusione degli interventi urbanistici ed edilizi in
contrasto con il piano paesaggistico adottato è ora rimessa alla legislazione
regionale.
La delega della regione
Entro il 31 dicembre 2008 le regioni devono verificare
la sussistenza nelle amministrazioni delegate al rilascio delle autorizzazioni
dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnico scientifica richieste
dall’articolo 146, comma 6, ed apportare le modifiche necessarie. In caso di
mancato adempimento da parte delle regioni, le deleghe in essere al 31 dicembre
2008 decadranno. E’ prevista l’emanazione di un regolamento del Ministero Beni
Culturali in cui verranno definite procedure di autorizzazione semplificate e
più snelle per interventi di lieve entità.
La conseguenza delle norme in esame pongono anche una
restrizione di delega da parte della regione ai comuni (anche attraverso le
province con i loro PTCP) ai fini dell’esercizio della funzione autorizzatoria in ambito paesaggistico: il conferimento
della delega è ora subordinato alla condizione che il comune (o altro ente sub
delegato) disponga di strutture analoghe a quelle regionali, in grado di
assicurare un adeguato livello di competenze tecnico-scientifiche nonché di
garantire la differenza tra la attività di tutela del paesaggio ed esercizio di
funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia
(articolo 146, comma 6).
Conclusioni
Si può affermare che il decreto legislativo n. 63 del
2008, attraverso l’estensione della tutela del paesaggio all’intero territorio,
nonché attraverso le ulteriori compressioni sopra evidenziate, finisca per
soffocare i residui poteri comunali in materia di “governo del territorio”, che
dipende, a sua volta, dalla portata dell’esercizio del potere di pianificazione
paesaggistica regionale, e giù, a cascata, passando attraverso quella provinciale.
Non si può certamente parlare di uso del principio
della “sussidiarietà” sancito dall’articolo 118 della Costituzione, secondo il
quale le funzioni amministrative (quali quelle regolamentari in materia
urbanistica ed edilizia) sono esercitate dagli enti territoriali più vicini
alla collettività e al territorio.
E proprio i comuni sono i soggetti maggiormente in
grado di rispondere alle esigenze contingenti del territorio stesso (certamente
in misura maggiore rispetto alle regioni), attraverso la elaborazione degli
strumenti urbanistici generali, recanti apposite norme di utilizzo delle zone
assoggettate al loro controllo, ai comuni resta, comunque, la possibilità di
far valere gli interessi della popolazione locale e le esigenze delle aree di
loro competenza nella fase di partecipazione al procedimento di redazione dei
piani paesaggistici (articolo 144).
Alcune annotazioni particolari
Due sono le principali condizioni lesive procurate ai
comuni con le correzioni al Codice Urbani:
- la prima riguarda l’articolo 131, comma 3
(paesaggio) con il quale si stabilisce il limite all’esercizio delle
attribuzioni delle regioni (e quindi delle province e dei comuni) alla tutela
del paesaggio, di esclusiva podestà dello Stato,
- la seconda riguarda l’articolo 138, comma 3 (avvio
procedimento dichiarazione di notevole interesse pubblico), con il quale si
assegna alle Soprintendenze di dichiarare di notevole interesse pubblico
immobili ed aree assoggettandole, di fatto, alla tutela come quelle di cui
all’articolo 136.
A questo proposito parrebbe doveroso, secondo
l’impegno preso dal Governo nella Conferenza unificata del 28 febbraio 2008, di
attivare un tavolo di confronto Stato-regioni e
province autonome, per la definizione delle linee fondamentali dell’assetto del
territorio nazionale per quanto riguarda la tutela del paesaggio, con finalità
di indirizzo della pianificazione previsto dallo stesso articolo 145, oltre ad
acquisire il parere della regione interessata per dichiarare il notevole
interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all’articolo 136.
Il nuovo decreto legislativo n. 63/2008, con
l’articolo 136, ha ulteriormente ampliato l’ambito degli immobili e delle aree
di notevole interesse pubblico con l’introduzione, tra le cose immobili,
identificabili tra le bellezze naturali, gli alberi monumentali, e tra i
complessi di cose immobili, a valenza estetica e tradizionale, i centri e i
nuclei storici.
Il decreto ha, inoltre, disposto che gli enti sub
delegati dalla regione (province, comuni ed enti parchi) debbano essere dotati
di strutture in grado di assicurare un adeguato livello di competenza
tecnico-scientifiche nonché di garantire la differenziazione tra attività di
tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative urbanistico-edilizie. Questo significa che i comuni
dovranno dotarsi di due uffici distinti, ad uno dei quali sarà assegnato il
compito di espletare le funzioni in materia di tutela paesaggistica, garantendo
al suo interno, personale qualificato che svolga la gestione delle istruttorie,
la valutazione specifica di conformità dei progetti al piano paesaggistico,
oltre a gestire la commissione per il paesaggio per l’espressione dei pareri
competenti e l’espletamento dell’intera procedura per il rilascio
dell’autorizzazione.
Altre due novità che interessano spesso le nostre
realtà locali, in ambito sottoposto a tutela
paesaggistica, sono quelle che riguardano la posa in opera di
cartelli o altri mezzi pubblicitari e le
tinteggiature delle facciate di particolari tipologie di edifici siti nelle
zone di interesse archeologico (lettera m), comma 1, art. 142), che sono state
assoggettate a preventiva autorizzazione, su parere vincolante del
soprintendente.
Una precisazione meritano gli immobili e le aree di
notevole interesse pubblico (articolo 136, comma 1, lettera c) – centri e
nuclei antichi), in relazione agli ambiti di esclusione stabiliti dal
successivo articolo 142, comma 2.
Pare di cogliere una evidente contraddizione tra le
due disposizioni normative, laddove la prima sottopone questi immobili alla
disciplina del titolo I, parte III del Codice, e quindi alla procedura autorizzativa di cui all’articolo 146, mentre la seconda
ribadisce l’esclusione di questi dall’applicazione dalle stesse disposizioni.
A meno che si tratti di nuclei e centri storici
diversi da quelli coincidenti con le zone A, che vengano specificatamente
individuati quali ulteriori immobili di notevole interesse pubblico ai sensi
dell’articolo 136 e da sottoporre a tutela dai piani paesaggistici.
La regione, secondo quanto stabilisce l’articolo 159,
comma 1, del nuovo decreto correttivo, deve provvedere, entro il 31 dicembre
2008, a verificare la sussistenza, nei soggetti delegati all’esercizio della
funzione autorizzatoria in materia di paesaggio, dei
requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica stabiliti, come
sopra si diceva, apportando le eventuali necessarie modificazioni all’assetto
della funzione delegata (province, comuni, enti gestori dei parchi).
Questo significa che la regione Lombardia dovrà
provvedere a modificare il titolo V della parte II della legge regionale n. 12
del 2005, già modificata ed integrata dalla legge regionale n. 4 del 2008,
oltre ad emanare ulteriori provvedimenti attuativi di riordino delle
disposizioni in materia di beni paesaggistici e di esercizio delle funzioni
regionali.
Sintesi delle procedure autorizzative
(periodo transitorio e a regime)
Di seguito si riportano due prospetti che indicano,
rispettivamente, la sintesi della procedura per il rilascio dell’autorizzazione
paesaggistica durante il periodo transitorio ai sensi dell’articolo 159 del
decreto legislativo n. 42 del 2004 e quella da seguire, a regime, dopo
l’adeguamento degli strumenti urbanistici locali alla nuova disciplina
paesaggistica introdotta con il decreto n. 63 del 2008.
Come si può notare, la procedura relativa al periodo
transitorio, rimane la stessa sia per i comuni che hanno il piano paesaggistico
approvato con strumento urbanistico adeguato che per quelli non dotati di piano
paesaggistico e con strumento urbanistico non adeguato.
Cambia, invece, l’intero procedimento per il rilascio
dell’autorizzazione paesaggistica di cui all’articolo 146 del nuovo Codice
Urbani.
Comuni con strumento urbanistico generale non adeguato
al piano paesaggistico approvato
1) Soggetto Privato: Domanda all’amministrazione competente di rilascio dell’autorizzazione
paesaggistica, corredata dalla prescritta documentazione
2) Ufficio tecnico: Istruttoria della domanda,
acquisizione del parere della commissione per il paesaggio, invio al
soprintendente dell’autorizzazione
paesaggistica e della prescritta documentazione
- Termini: sessanta giorni (1)
3) Soprintendenza: Emette provvedimento motivato di
annullamento all’amministrazione competente nel caso l’autorizzazione non fosse
conforme alle prescrizioni di tutela del paesaggio - Termini: sessanta giorni
(2)
4) Privato: Decorso il termine di sessanta giorni per
l’emanazione del provvedimento di
annullamento dell’autorizzazione paesaggistica, la stessa diviene, a
tutti gli effetti, efficace.
Note:
1. qualora l’amministrazione competente verifichi che
la documentazione allegata non corrisponde a quella prescritta, chiede le
necessarie integrazioni; in tal caso, il termine è sospeso dalla data di
richiesta alla data di ricezione della documentazione.
2. qualora la Soprintendenza, in caso ritenesse
l’autorizzazione paesaggistica non conforme alle prescrizioni di tutela del
paesaggio, deve comunicare all’amministrazione competente l’avvio del
procedimento per l’annullamento della stessa ai sensi dell’articolo 10-bis
della legge n. 241 del 1990.
E’ stata tolta la prima
tabella
Il nuovo procedimento entrerà in vigore il prossimo 1
gennaio 2009 e verrà applicato anche alle procedure di autorizzazione già
avviate ma non ancora concluse alla data del 31 dicembre 2008 (articolo 159)
Note:
Comuni con strumento urbanistico generale adeguato al piano paesaggistico di cui al decreto legislativo n. 63 del 2008 (articolo 146) |
||
Soggetto |
Fase |
Termini |
Privato |
Domanda all’amministrazione competente di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, corredata dalla prescritta documentazione |
|
Amministrazione competente, con struttura adeguata alle competenze di tutela del paesaggio Prima fase |
Istruttoria della domanda, acquisizione del parere della commissione per il paesaggio, verifica la conformità degli interventi proposti al piano paesaggistici e invia al soprintendente la prescritta documentazione e la relazione tecnica illustrativa (1bis) (1ter) |
quaranta giorni (1) |
Soprintendenza Seconda fase |
Rende il parere all’amministrazione competente , obbligatorio, ma non vincolante (2), limitatamente alla compatibilità paesaggistica degli interventi proposti ed alla conformità degli stessi rispetto al piano paesaggistico o alla specifica disciplina d’uso contenuta nel provvedimento |
quarantacinque giorni (3) (3bis) |
Amministrazione competente, con struttura adeguata alle competenze di tutela del paesaggio |
Rilascia l’autorizzazione paesaggistica conforme al parere del soprintendente, oppure comunica al privato il preavviso di diniego ai sensi dell’articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990 |
venti giorni (4) |
Amministrazione competente, con struttura adeguata alle competenze di tutela del paesaggio Terza fase |
Decorso il termine di 45 giorni per l’espressione del parere di competenza del soprintendente, viene convocata una conferenza di servizi alla quale è invitato anche il soprintendente il quale può partecipare o far pervenire il proprio parere |
quindici giorni (5) |
Amministrazione competente, con struttura adeguata alle competenze di tutela del paesaggio |
Decorso 60 giorni dalla data di ricezione della relazione e della documentazione prescritta senza che il soprintendente abbia reso il parere, l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione (7) |
sessanta giorni (6) |
1. qualora l’amministrazione competente verifichi che
la documentazione allegata non corrisponde a quella prescritta, chiede le
necessarie integrazioni; in tal caso, il termine è sospeso dalla data di
richiesta alla data di ricezione della documentazione.
1.bis verifica
se si tratta di intervento non soggetto ad autorizzazione ai sensi
dell’articolo 149 (manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro o
risanamento conservativo, che non abbiano alterato lo stato dei luoghi e
l’aspetto esteriore dell’edificio.
1.ter comunica all’interessato l’avvio del
procedimento
2. il parere vincolante della Soprintendenza è
stabilito dall’articolo 143, comma 3, fino a quando non siano state approvate
le prescrizioni d’uso dei beni paesaggistici tutelati e sia stato verificato
l’adeguamento degli strumenti urbanistici al piano paesaggistico, per gli
interventi sui beni richiamati dal comma 1. lettera b), c) e d), stesso
articolo ed in particolare:
- lettera b): immobili ed aree dichiarati di notevole
interesse pubblico (articolo 136)
- lettera c):
aree tutelate per legge (articolo 142)
- lettera d):
ulteriori immobili ed aree individuate come di notevole interesse
pubblico (articolo 136)
3. la Soprintendenza si limita a verificare la
compatibilità paesaggistica degli interventi proposti con il progetto e la loro
conformità con le disposizioni contenute nel piano paesaggistico approvato.
3. bis il parere del soprintendente è obbligatorio, ma
non vincolante se sussistono le seguenti condizioni:
a) approvazione
delle prescrizioni d’uso e trasformazione dell’immobile di interesse
paesaggistico con:
- provvedimento regionale di vincolo
- provvedimento ministeriale di vincolo
- provvedimento regionale di integrazione del vincolo
esistente
b) approvazione
del piano paesaggistico regionale d’intesa con il ministero, nonché
c) verifica
positiva da parte del ministero su richiesta della regione interessata, dell’avvenuto
adeguamento degli strumenti urbanistici
4. in ogni caso i venti giorni decorrono dalla data di
ricezione del parere della Soprintendenza (quindi anche prima dei 45 giorni
stabiliti); nel caso di diniego l’amministrazione competente deve comunicare al
privato il preavviso di provvedimento negativo ai sensi dell’articolo 10-bis
della legge n. 241 del 1990.
5. dopo la scadenza del termine per l’espressione del
parere del soprintendente (45 giorni, oltre ai 40 assegnati all’amministrazione
competente), può essere indetta una conferenza di servizi, in tempi
strettamente necessari alla sua convocazione, la quale, si esprime nel termine
di 15 giorni.
6. in ogni caso decorsi 60 giorni dalla data di
ricezione della relazione e della documentazione alla Soprintendenza (quindi 40
+ 60), l’amministrazione competente provvede sulla domanda di autorizzazione,
con il rilascio o il motivato diniego.
7. decorsi 30 giorni dal rilascio, l’autorizzazione
diventa efficace ed è valida per cinque anni scaduti i quali l’esecuzione dei
lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione
Posizione della Regione Lombardia sul regime
transitorio
La regione Lombardia con il comunicato del 24 aprile
2008 ha precisato che solo la mancata individuazione – a seguito della verifica
effettuata dalla regione – dei requisiti previsti dalla legge per i soggetti
delegati potrà determinare la decadenza delle deleghe attualmente in capo agli
stessi, ed eventualmente solo a partire dal 1° gennaio 2009.
La stessa regione sta lavorando per predisporre tutti
gli atti necessari al fine di evitare di far decadere le deleghe attribuite ai
diversi enti locali.
Pare opportuno sottolineare che, fino al 31 dicembre
2008, continuerà a trovare applicazione la procedura transitoria per la
definizione delle domande di autorizzazione paesaggistica da parte dell’ente
delegato e la trasmissione delle stesse
al soprintendente per l’eventuale esercizio del potere d’annullamento nei
successivi sessanta giorni.
18 maggio 2008