APPALTI PUBBLICI - A SEGUITO DI ILLEGITTIMA ESCLUSIONE, IL DANNO EMERGENTE E IL LUCRO CESSANTE SONO LIQUIDABILI SOLO IN QUANTO EFFETTIVAMENTE SOSTENUTI
(Consiglio di Stato, Sezione VI^
del 9 giugno 2008, n. 2751)
1.Pur non essendo configurabile,
in mancanza di una espressa previsione normativa, una generalizzata presunzione
(relativa) di colpa dell’amministrazione per i danni conseguenti ad un atto
illegittimo o comunque ad una violazione delle regole, possono invece operare
regole di comune esperienza e la presunzione semplice, di cui all’art. 2727
c.c., desunta dalla singola fattispecie. Il privato danneggiato può, quindi,
invocare l’illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo della colpa
o anche allegare circostanze ulteriori, idonee a dimostrare che si è trattato
di un errore non scusabile. Spetterà a quel punto all’amministrazione
dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile in caso di
contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione di una norma, di formulazione
incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto,
di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità
derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma
applicata. Si deve, peraltro, tenere presente che molte delle questioni
rilevanti ai fini della scusabilità dell’errore sono questioni di
interpretazione ed applicazione delle norme giuridiche, inerenti la difficoltà
interpretativa che ha causato la violazione; in simili casi il profilo
probatorio resta in larga parte assorbito dalla questio
iuris, che il giudice risolve autonomamente con i propri strumenti di
cognizione in base al principio iura novit curia. Spetta, quindi, al giudice valutare, in
relazione ad ogni singola fattispecie, la configurabilità concreta della colpa,
che spetta poi all’amministrazione superare; inoltre, in assenza di
discrezionalità o in presenza di margini ridotti di essa, le presunzioni
semplici di colpevolezza saranno più facilmente configurabili, mentre in
presenza di ampi poteri discrezionali ed in assenza di specifici elementi
presuntivi, sarà necessario uno sforzo probatorio ulteriore, gravante sul
danneggiato, che potrà ad esempio allegare la mancata valutazione degli apporti
resi nella fase partecipativa del procedimento o che avrebbe potuto rendere se
la partecipazione non è stata consentita.
2.Il lucro cessante da mancata
aggiudicazione, può essere risarcito per intero se e in quanto l’impresa possa
documentare di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze, lasciati
disponibili, per l’espletamento di altri servizi, mentre quando tale
dimostrazione non sia stata offerta è da ritenere che l’impresa possa avere
ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri,
analoghi servizi, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità,
con conseguente riduzione in via equitativa del danno risarcibile. Si tratta,
appunto, di una applicazione del principio dell’aliunde
perceptum (ben nota alla giurisprudenza civilistica:
basti pensare all’aliunde perceptum
del lavoratore illegittimamente licenziato e poi reintegrato), in base al quale,
onde evitare che a seguito del risarcimento il danneggiato possa trovarsi in
una situazione addirittura migliore rispetto a quella in cui si sarebbe trovata
in assenza dell’illecito, va detratto dall’importo dovuto a titolo
risarcitorio, quanto da lui percepito grazie allo svolgimento di diverse
attività lucrative, nel periodo in cui avrebbe dovuto eseguire l’appalto in
contestazione.
3. La partecipazione alle gare di
appalto comporta per le imprese dei costi che, ordinariamente, restano a carico
delle imprese medesime, sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata
aggiudicazione. Detti costi di partecipazione, come questa Sezione ha avuto
modo di precisare (Cons. Stato, sez. VI, n.
4435/2002), si colorano come danno emergente solo qualora l’impresa subisca una
illegittima esclusione, perché in tal caso viene in considerazione la pretesa
del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili. Essi, peraltro,
vanno, in via prioritaria e preferenziale, ristorati in forma specifica, mediante
rinnovo delle operazioni di gara e solo ove tale rinnovo non sia possibile,
vanno ristorati per equivalente. Per converso, nel caso in cui l’impresa
ottenga il risarcimento del danno per mancata aggiudicazione (o per la perdita
della possibilità di aggiudicazione) non vi sono i presupposti per il
risarcimento per equivalente dei costi di partecipazione alla gara, atteso che
mediante il risarcimento non può farsi conseguire all’impresa un beneficio
maggiore di quello che deriverebbe dall’aggiudicazione.