IMMOBILI
DI INTERESSE STORICO-ARTISTICO - TASSAZIONE IN BASE ALLE RENDITE ORDINARIE
(Min.
finanze, Circ. 12/2/99, n. 34/E)
Ai
fini dell'applicazione dell'imposta di registro, dell'imposta sulle
successioni, dell'INVIM e della relativa imposta sostitutiva (introdotta
dall'art. 11, comma 3, D.L. n. 79/1997), agli atti aventi ad oggetto immobili
di interesse storico e artistico (legge n. 1089/1939), la base imponibile si
determina con riferimento alle rendite ordinarie dei fabbricati che risultano
nel Catasto.
Nessuna
norma, infatti, diversamente da quanto avviene ai fini IRPEF e ICI (art. 11,
comma 2, legge n. 413/1991 e art. 2, comma 5, D.L. n. 16/1993), prevede la
possibilità di determinare la base imponibile di tali imposte in relazione alla
minore delle tariffe d'estimo per le abitazioni della zona censuaria nella
quale è sito il fabbricato.
Agevolazioni
D'altra
parte, proprio in considerazione della loro particolarità, le singole leggi
d'imposta già prevedono un trattamento agevolato per gli atti sugli immobili
culturali vincolati.
In
particolare:
a)
ai fini dell'imposta di registro, per i trasferimenti di tali immobili si
applica un aliquota ridotta (4 per cento) rispetto a quella per il
trasferimento degli altri fabbricati;
b)
per il tributo successorio, ricorrendo determinate condizioni, è stabilita
l'esclusione degli immobili stessi dall'attivo ereditario (art. 13, D.Lgs. n.
346/1990) e, in caso di loro offerta in cessione, per il pagamento dell'imposta
è previsto che le condizioni e il valore dell'operazione siano stabiliti dal
Ministro per i beni culturali, di concerto con quello delle finanze (art. 39,
D.Lgs. n. 346/1990).
DIPARTIMENTO
ENTRATE
Circolare
n.34 del 12/2/99
Da
più parti è stato chiesto di conoscere quale debba essere la base imponibile ai
fini dell'applicazione dell'imposta di registro per gli atti aventi per oggetto
beni immobili di interesse storico o artistico.
In
particolare, è stato chiesto di precisare se la suddetta base imponibile possa
essere determinata mediante l'applicazione della minore delle tariffe d'estimo
stabilite per le abitazioni della zona censuaria nella quale è sito il
fabbricato, in analogia a quanto previsto per l'IRPEF e per l'ICI
rispettivamente dall'art. 11, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, e
dall'art. 2, comma 5, del decreto - legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito,
con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75.
In
proposito si osserva quanto segue.
L'art.
52, comma 4, del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di
registro, approvato con il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, a seguito del decreto
del Ministro delle finanze 11 novembre 1989, recita: "Non sono sottoposti
a rettifica il valore o il corrispettivo degli immobili iscritti in catasto con
attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore (...), per i
fabbricati, a cento volte il reddito risultante in catasto, aggiornato con i
coefficienti stabiliti per le imposte sul reddito (...)".
Con
la R.M. 350547 del 16 luglio 1990 la soppressa Direzione Generale delle Tasse
ed II.II. sugli Affari aveva osservato che, per la determinazione del valore
degli immobili di interesse storico, artistico e archeologico, ai fini
dell'imposta di registro, l'art. 52, comma 4 del Testo unico approvato con il
D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nell'introdurre il nuovo criterio di valutazione
ancorato alla rendita catastale degli immobili, fa espresso richiamo ai
"coefficienti stabiliti ai fini delle imposte sui redditi". La
portata generale di tale rinvio aveva indotto l'Amministrazione Finanziaria ad
affermare che, anche nel campo di applicazione delle imposte indirette, per gli
atti di trasferimento a titolo oneroso o gratuito degli immobili de quibus,
andasse applicato, ai sensi dell'art. 2 della legge 2 agosto 1982, n. 512, così
come previsto per l'aggiornamento dei redditi degli immobili riconosciuti di
interesse storico o artistico, di cui alla legge n. 1089 del 1939, il minore
dei coefficienti stabilito per i fabbricati.
Come
è noto, dal 1 gennaio 1992, sono in vigore le nuove tariffe d'estimo per i
fabbricati, pertanto il moltiplicatore di cento volte di cui all'art. 52, comma
4, del citato Testo unico approvato con il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131,
"si applica all'ammontare delle rendite catastali determinate sulla base
delle nuove tariffe d'estimo recate dal decreto ministeriale 27 settembre 1991,
nella stessa misura per le unità immobiliari classificate nei gruppi catastali
A, B, e C, con le esclusioni di quelle classificate nelle categorie A/10 e C/1,
alle quali si applica, rispettivamente, nella misura pari a cinquanta ed a
trentaquattro.
Per
le unità immobiliari classificate nei gruppi D ed E si applica all'ammontare
della nuova rendita attribuita per stima diretta, nella misura pari,
rispettivamente, a cinquanta e a trentaquattro (D.M. 14 dicembre
1991)". Stante quanto sopra, e
considerate le precisazioni fornite dal Dipartimento del Territorio in merito
ai criteri adottati per la determinazione della rendita catastale, il
riferimento contenuto nell'art. 52, comma 4, del Testo unico approvato con il
D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 ai "coefficienti" di aggiornamento
stabiliti per le imposte sui redditi, deve considerarsi normativamente
superato.
Si
ritiene pertanto che, in materia di imposta di registro, non essendovi una
specifica normativa in tal senso, sia esclusa la possibilità di determinare la
base imponibile facendo riferimento alla minore delle tariffe d'estimo per le
abitazioni della zona censuaria nella quale è sito il fabbricato.
Va
peraltro evidenziato che, proprio in considerazione della particolarità dei
beni immobili soggetti alla citata legge n. 1089 del 1939, l'articolo 1 della
tariffa parte prima del più volte richiamato Testo unico approvato con il
D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, stabilisce, per i trasferimenti immobiliari di
tali beni, una minore aliquota (4 per cento) rispetto a quella prevista per il
trasferimento degli altri immobili.
Per
quanto concerne il tributo successorio valgono le stesse osservazioni formulate
per l'imposta di registro fermo restando, ovviamente, che, nell'ipotesi in cui
il contribuente dichiari un valore inferiore a quello risultante dalla
valutazione automatica "ordinaria" l'Ufficio dovrà determinare la
base imponibile assumendo il valore venale in comune commercio. Anche per quanto concerne tale tributo, in
considerazione della particolarità dei beni stessi, si osserva che l'art. 13,
D.Lgs. n. 346 del 1990, dispone, fra l'altro, che per i beni immobili culturali
vincolati ai sensi della citata legge n. 1089 del 1939, è prevista l'esclusione
dall'attivo ereditario ricorrendo determinate condizioni.
Si
rappresenta inoltre che, nell'ipotesi in cui i beni culturali in argomento
vengano offerti in cessione ai sensi dell'art. 39, del D.Lgs. n. 346 del 1990,
le condizioni ed il valore della cessione sono stabiliti con decreto del
Ministro per i beni culturali e ambientali, di concerto con il Ministro delle
Finanze, sentita l'apposita commissione di cui al comma 4, del citato articolo
39.
La
predetta esclusione della possibilità di far riferimento alla rendita
determinata mediante l'applicazione della tariffa d'estimo di minore ammontare
tra quelle previste per le abitazioni della zona censuaria interessata, vale,
ovviamente, anche agli effetti del valore finale INVIM e del valore di base
dell'imposta sostitutiva dell'INVIM introdotta dal comma 3 dell'art. 11 del
D.L. n. 79 del 1997 convertito nella legge 28 maggio 1997, n. 140.
Si
invitano, pertanto, codeste Direzioni Regionali ad impartire le necessarie
istruzioni al fine di uniformare i criteri adottati dai dipendenti Uffici per
la determinazione della base imponibile degli immobili di cui si tratta a
quelli precedentemente esposti.