APPALTI PUBBLICI - LA DICHIARAZIONE DI REGOLARITA’ CONTRIBUTIVA IN SEDE DI GARA SI PUO’ RENDERE SE IL DURC E’ POSITIVO

(Consiglio di Stato, Sezione V del 17/10/2008 n. 5096)

 

1. Circa le modalità di accertamento del requisito della regolarità contributiva, non si può non tener conto che attualmente il nostro ordinamento affida un ruolo fondamentale alla certificazione di regolarità contributiva rilasciato dagli enti previdenziali e dalle Casse edili ai sensi dell’art.2 del d.l. 25 settembre 2002, n. 210 , così come modificato dalla legge di conversione 22 novembre 2002, n. 266 e dell’art. 3 , comma 8, lett. b-bis) d.lgs. 14 agosto 1996, n. 494, lettera aggiunta dall’art. 86, comma 10 d.lgs. 10 settembre 2003, n.276 (sul ruolo e l’importanza nella disciplina degli appalti pubblici del predetto certificato di regolarità contributiva vedasi : Cons. Stato , V, 1 agosto 2007 n. 4273).Il che significa che lo strumento principale per ogni accertamento in tema di regolarità contributiva è ormai la predetta certificazione proveniente dai suddetti organismi, mentre la precedente normativa in materia contenuta nell’art.75 del D.P.R. n. 554 del 1999 deve considerarsi ormai superata.

2.Nel settore previdenziale, in considerazione dei gravi effetti negativi sui diritti dei lavoratori, sulla finanze pubbliche e sulla concorrenza tra le imprese derivanti dalla mancata osservanza degli obblighi in materia , debbono considerarsi “gravi” tutte le inadempienze rispetto a detti obblighi, salvo che non siano riscontrabili adeguate giustificazioni, come, ad esempio, la sussistenza di contenziosi di non agevole e pronta definizione sorti a seguito di verifiche e contestazioni da parte degli organismi previdenziali ovvero la necessità di verificare le condizioni per un condono o per una rateizzazione.

3. Quanto poi alla necessità che l’infrazione debba essere debitamente accertata deve ritenersi che tale sia l’infrazione che sia stata accertata dai competenti organi previdenziali, salva l’ipotesi che sia stato promossa dal soggetto interessato azione dinanzi all’autorità giudiziaria per contestarne le risultanze. Del resto, in conformità ai suesposti principi si è espressa anche l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici con la determinazione n.13/2003 in data 15 luglio 2003, al paragrafo II lett.E , sia per quanto riguarda il soggetto preposto all’accertamento, sia per quel che concerne la gravità del mancato versamento dei contributi, indipendentemente dall’importo.

...omissis...

 

DIRITTO

1. L’appello è infondato.

2. La società appellante contesta la legittimità della sua esclusione dalla gara in questione (disposta, dopo l’aggiudicazione provvisoria in suo favore, perché era stata riscontrata la mancanza del requisito della regolarità contributiva),deducendo i motivi che possono essere così sintetizzati:

a) la stazione appaltante, in violazione dell’art. 2 del disciplinare di gara, non avrebbe comunicato all’appellante l’esito provvisorio della gara né avrebbe richiesto alla stessa di produrre la documentazione comprovante il requisito della regolarità contributiva, ma si sarebbe indebitamente rivolta direttamente alla Cassa Edile;

b) secondo il disciplinare di gara sarebbe stato comunque obbligo dell’aggiudicataria trasmettere la certificazione della regolarita contributiva entro dieci giorni dalla comunicazione dell’esito della gara;

c) ai sensi dell’art.75, comma 1, lett.e) del D.P.R. 21.12.1999. n. 554, ai fini dell’accertamento del requisito in parola, si sarebbero dovuti utilizzare solo i dati in possesso dell’Osservatorio dei lavori pubblici;

d) le infrazioni nella fattispecie commesse non sarebbero gravi debitamente accertate, come previsto dal citato art.75 del D.P.R. 554/1999 e l’amministrazione non avrebbe comunque fornito alcuna motivazione sulla gravità;

3. Con riguardo alle censure concernenti le modalità di accertamento del requisito della regolarità contributiva, non si può non tener conto che attualmente il nostro ordinamento affida un ruolo fondamentale alla certificazione di regolarità contributiva rilasciato dagli enti previdenziali e dalle Casse edili ai sensi dell’art.2 del d.l. 25 settembre 2002, n. 210 , così come modificato dalla legge di conversione 22 novembre 2002, n. 266 e dell’art. 3 , comma 8, lett. b-bis) d.lgs. 14 agosto 1996, n. 494, lettera aggiunta dall’art. 86, comma 10 d.lgs. 10 settembre 2003, n.276 (sul ruolo e l’importanza nella disciplina degli appalti pubblici del predetto certificato di regolarità contributiva vedasi : Cons. Stato , V, 1 agosto 2007 n. 4273).

Il che significa che lo strumento principale per ogni accertamento in tema di regolarità contributiva è ormai la predetta certificazione proveniente dai suddetti organismi, mentre la precedente normativa in materia contenuta nell’art.75 del D.P.R. n. 554 del 1999 deve considerarsi ormai superata.

Del resto, il primo giudice ha ben evidenziato che anche tale normativa non poteva ritenersi preclusiva di altri strumenti di accertamento data la delicatezza degli interessi in gioco.

Per quanto concerne le disposizioni del disciplinare,le stesse, se pur sono espressione della necessaria collaborazione che deve fornire il privato interessato nell’accertamento dei requisiti di partecipazione alla gara, non possono intendersi come un divieto dell’amministarzione di effettuare accertamenti d’ufficio, utilizzando gli strumenti predisposti a tale specifico fine dall’ordinamento (come nel caso di specie la certificazione di regolarità contributiva).

4. Ciò posto, va rilevato che l’amministrazione aveva acquisito una certificazione della competente Cassa edile, dalla quale risultava che, alla data di scadenza del termine per presentazione della domanda (entro la quale doveva essere dichiarato il possesso dei requisiti di cui all’art.75 D.P.R, n. 554 del 1999, tra cui quello in questione, previsti anche dal bando come requisiti di partecipazione alla gara) la società interessata non aveva presentato le denunce per i periodi di maggio-giugno-luglio-agosto-settembre-ottobre-novembre 2003, tanto che si era reso necessario affidare ad un legale l’incarico di recuperare le somme dovute.

L’appellante, nel richiamare il testo dell’art.75, comma 1 , lett.e), secondo cui sono esclusi dalla partecipazione alle gare i soggetti che “hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio dei lavori pubblici”, assume nelle censure sopraindicate sub d) che nella fattispecie non si sarebbe in presenza di una infrazione grave ( e non vi sarebbe comunque alcuna motivazione sul punto) e debitamente accertata (in quanto saebbero tali solo quelle accertate in modo inconfutabile sulla base di sentenze passate in giudicato).

4.1. Al riguardo va rilevato che nel settore previdenziale, in considerazione dei gravi effetti negativi sui diritti dei lavoratori, sulla finanze pubbliche e sulla concorrenza tra le imprese derivanti dalla mancata osservanza degli obblighi in materia , debbono considerarsi “gravi” tutte le inadempienze rispetto a detti obblighi, salvo che non siano riscontrabili adeguate giustificazioni, come, ad esempio, la sussistenza di contenziosi di non agevole e pronta definizione sorti a seguito di verifiche e contestazioni da parte degli organismi previdenziali ovvero la necessità di verificare le condizioni per un condono o per una rateizzazione.

Orbene, nella fattispecie non risulta sussistere alcuna di tali giustificazioni, in quanto si ricava dagli atti acquisiti al giudizio che la Cassa ha dovuto richiedere l’emissione di un decreto ingiuntivo per avere le somme dovute e non contestate e che la società interessata, senza effettuare alcuna opposizione, ha poi pagato spontaneamente tali somme ( tale adempimento tardivo non poteva ovviamente far venir meno la precedenta mancanza del requisito di partecipazione).

Non può dunque negarsi che sussisteva il requisito della “gravità” della infrazione, senza che ci fosse necessità di alcuna particolare motivazione.

4.2 Quanto poi alla necessità che l’infrazione dovesse essere debitamente accertata deve ritenersi che tale sia l’infrazione che sia stata accertata dai competenti organi previdenziali, salva l’ipotesi, che non ricorre nel caso di specie, che sia stato promossa dal soggetto interessato azione dinanzi all’autorità giudiziaria per contestarne le risultanze.

4.3. Del resto, in conformità ai suesposti principi si è espressa anche l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici con la determinazione n.13/2003 in data 15 luglio 2003, al paragrafo II lett.E , sia per quanto riguarda il soggetto preposto all’accertamento, sia per quel che concerne la gravità del mancato versamento dei contributi, indipendentemente dall’importo.

Tale determinazione è stata in verità invocata altresì dall’appellante a sostegno della sua tesi in ordine alla necessità di dimostrare mediante idonea motivazione la gravità dell’infrazione, ma al riguardo è stato fatto riferimento alla parte dedicata all’inosservanza in genere degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro, senza tener conto che per gli obblighi previdenziali era stata dettata la specifica indicazione sopra riportata.

5, L’appello deve dunque essere respinto.

Sussistono sufficienti ragioni, in considerazione della particolarità della fattispecie, per disporre l’integrale compensazione tra le parti della spese del grado di giudizio.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta , respinge l’appello indicato in epigrafe. Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.