BUONI PASTO -
GENERALITA’ DEI COMPENSI IN NATURA - PRESTITI - RIAPERTURA SANATORIA -
CIRCOLARE MINISTERIALE
Facendo
seguito a quanto già comunicato con i supplementi nn. 3 e 4 al Notiziario
12/96, si pubblica di seguito la Circolare ministeriale n. 29/E del 7/2/97 che
approfondisce le novità introdotte dalla legge n.662/96.
Roma,
7.2.97
Dipartimento
delle Entrate
Circolare
n.29/E
Premessa
L'articolo
3, comma 6, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha apportato alcune modifiche
in materia di determinazione del reddito di lavoro dipendente, fissando, tra
l'altro, criteri forfetari di determinazione del reddito relativamente a talune
forme di retribuzione in natura.
Buoni
pasto
Il citato
articolo 3, comma 6, lettera a), della legge n. 662 del1996, ha modificato
l'articolo 48, comma 2, lettera d), del Tuir, introducendo un limite alla non
imponibilità delle prestazioni sostitutive delle somministrazioni in mense
aziendali e cioè dei buoni pasto o "tickets restaurant". Il predetto
limite è stato fissato nella misura complessiva giornaliera di lire 10.000, da
calcolarsi con riferimento al valore nominale complessivo dei buoni pasto. Si
precisa che per valore nominale si intende il valore indicato sul buono pasto e
che, ai fini della determinazione dell'importo non imponibile, deve farsi
riferimento all'ammontare complessivo di tali buoni utilizzabili dai lavoratori
dipendenti per ciascun giorno lavorativo. Al riguardo, si rileva che l'importo
di lire 10.000 deve intendersi al netto dei contributi previdenziali e
assistenziali versati in conformità a disposizioni di legge e delle somme
eventualmente poste a carico del lavoratore dipendente. Pertanto, a decorrere
dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre
1996, concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente l'importo dei
buoni pasto che eccede il predetto limite giornaliero. È appena il caso di
osservare che la disposizione in esame non ha modificato il trattamento
tributario delle somministrazioni in mense aziendali, gestite direttamente dal
datore di lavoro o affidate in gestione a terzi. Infatti, tali somministrazioni
- sempreché non si traducano nella corresponsione di somme di denaro, anche
sotto forma di rimborsi a piè di lista - continuano ad essere escluse dalla
formazione del reddito di lavoro dipendente.
Compensi
in natura - generalità
Come noto,
i compensi in natura, compresi i beni ceduti e i servizi prestati al coniuge
del dipendente o a familiari fiscalmente a suo carico, o il diritto di
ottenerli da terzi, concorrono, ai sensi del comma 3 dell'articolo 48 del Tuir,
a formare il reddito di lavoro dipendente in misura pari al costo specifico
sostenuto dal datore di lavoro. Al riguardo è opportuno precisare che la
fattispecie dei compensi in natura non può configurarsi in capo ai pensionati,
considerato che gli stessi vengono corrisposti di regola in dipendenza di un
rapporto di lavoro in atto. Va peraltro rilevato che eventuali erogazioni
effettuate dal precedente datore di lavoro ai pensionati non configurano per
questi ultimi proventi imponibili e non consentono a chi li eroga di effettuare
alcuna deduzione in sede di determinazione del proprio reddito non essendo
correlate a prestazioni di lavoro dipendente (si veda, ad esempio, l'articolo
62 del Tuir). Quanto sopra si rende applicabile anche nell'ipotesi in cui il
compenso in natura competa al pensionato per effetto della attribuzione dello
stesso in costanza del rapporto. Si ricorda, inoltre, che se i redditi in
questione sono erogati da un soggetto obbligato ad effettuare le ritenute, il
sostituto d'imposta è tenuto ad operare il prelievo alla fonte anche
sull'importo corrispondente al compenso in natura, eventualmente chiedendone
provvista al sostituito in mancanza di retribuzione nel periodo di paga in cui
i compensi stessi sono erogati. Qualora, invece, i predetti redditi siano
corrisposti da un soggetto che non riveste la qualifica di sostituto d'imposta,
il contribuente deve indicarli nella dichiarazione dei redditi (quadro C, prima
sezione, del modello 730 o 740), unitamente alla retribuzione in denaro
percepita nello stesso periodo d'imposta. Ai fini dell'applicazione della
disposizione recata nel comma 3 dell'articolo 48 del Tuir, l'articolo 3, comma
6, lettera b), della legge in oggetto - con l'inserimento del comma 3-bis
all'articolo 48 del Tuir - ha introdotto un criterio speciale di determinazione
forfetaria di taluni compensi in natura e, in particolare, con riferimento alle
autovetture, agli autoveicoli, ai motocicli e ciclomotori dati in uso promiscuo
e ai prestiti concessi al dipendente. Resta fermo il criterio del costo
specifico per le tipologie di compensi in natura diversi da quelli disciplinati
dalla anzidetta disposizione. Ai sensi del successivo comma 8 del citato
articolo 3, la disciplina in commento si applica a decorrere dal periodo
d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 1996.
Veicoli
La
disposizione in oggetto ha stabilito che per le autovetture, gli autoveicoli, i
motocicli e i ciclomotori concessi in uso e utilizzati promiscuamente dal
dipendente si assume, quale reddito di lavoro dipendente, il 30 per cento
dell'importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000
chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile
dalle tabelle elaborate dall'Automobile Club d'Italia, al netto degli ammontari
eventualmente trattenuti al dipendente nel medesimo periodo d'imposta. Al
riguardo va innanzitutto precisato che per autovetture e autoveicoli si devono
intendere quelli indicati nell'articolo 54, comma 1, lettere a), c) e m) del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, come si evince dal contesto delle
disposizioni del Tuir relative alla determinazione del reddito d'impresa e del
reddito di lavoro autonomo. Si ritiene opportuno sottolineare che la misura del
suddetto compenso in natura è determinata in base ad una presunzione assoluta
ed è pertanto del tutto indipendente dalla effettiva percorrenza del veicolo.
Inoltre, ai fini della qualificazione del corrispondente compenso in natura,
nessuna rilevanza presenta la cilindrata del veicolo assegnato. Poiché la
percorrenza convenzionale è determinata su base annua, il compenso come sopra
determinato deve essere ragguagliato al periodo dell'anno durante il quale al
dipendente viene concesso l'uso promiscuo del veicolo. A tal fine si deve
conteggiare il numero dei giorni per i quali il veicolo è assegnato,
indipendentemente dal suo effettivo utilizzo.
Ad
esempio, ipotizzando che l'utilizzo del veicolo venga concesso per il periodo
compreso tra il 3 febbraio e il 30 aprile 1997, occorrerà effettuare il
seguente calcolo:
- Costo
complessivo chilometrico di esercizio relativo ad una Lancia K 2.400 c.c. LS
corrispondente ad una percorrenza di 15.000 chilometri = 1225,59
- Costo
complessivo totale (15.000 x 1225,59) = 18.383.850
- Reddito
assunto su base annua (30% di 18.383.850) = 5.515.155
- Reddito
da attribuire (5.515.155 x 87/365) = 1.314.571
Ai fini
dell'applicazione del prelievo alla fonte, il suddetto reddito deve essere
suddiviso per quote mensili o per i periodi di paga, qualora diversi dal mese.
Per la determinazione del reddito convenzionale da attribuire alle predette
scadenze, il datore di lavoro deve tenere conto anche degli aggiornamenti delle
tariffe elaborate dall'ACI nel corso dell'anno. Al riguardo occorre fare
riferimento alle tariffe ACI nazionali. Infine, è previsto che dal compenso
forfetariamente determinato devono essere sottratte le somme eventualmente
trattenute al dipendente - o in ogni caso corrisposte dallo stesso al datore di
lavoro - per l'utilizzo personale del veicolo. Al riguardo si precisa che le
predette somme devono essere computate al lordo dell'IVA. È appena il caso di
precisare che la disposizione in commento si applica con riferimento ai veicoli
aziendali utilizzati, oltre che per esigenze di lavoro, anche per uso privato.
Diversamente, qualora il veicolo sia concesso esclusivamente per l'uso
personale o familiare del dipendente, ai fini della determinazione del
corrispondente compenso in natura rimane applicabile il criterio del costo
specifico sostenuto dal datore di lavoro. Si ricorda, inoltre, che non
costituisce compenso in natura l'utilizzo del veicolo di proprietà aziendale
esclusivamente per l'effettuazione di trasferte.
Prestiti
Ai fini
della valutazione del corrispondente compenso in natura, l'articolo 3, comma 6,
lettera b), della legge in oggetto, ha stabilito che in caso di prestiti
concessi al dipendente direttamente, o per quelli che i dipendenti hanno
diritto di ottenere da terzi, si assume quale reddito di lavoro dipendente il
50 per cento della differenza tra l'importo degli interessi calcolato al tasso
ufficiale di sconto vigente al momento della concessione del prestito e
l'importo degli interessi calcolato al tasso applicato sui prestiti. La
disposizione si applica a tutte le forme di finanziamento comunque erogate dal
datore di lavoro, indipendentemente dalla loro durata e dalla valuta
utilizzata. La norma si applica, altresì, ai finanziamenti concessi da terzi
con i quali il datore di lavoro abbia stipulato accordi o convenzioni, anche
senza sostenimento di oneri specifici da parte di quest'ultimo. Pertanto, e a
titolo meramente esemplificativo, rientrano nell'ambito di applicazione della
norma, i prestiti concessi sotto forma di scoperto di conto corrente, di mutuo
ipotecario e di cessione dello stipendio; ne restano, invece, esclusi sia gli
acconti e le anticipazioni di retribuzione, trattandosi di una modalità di
pagamento della retribuzione, sia le dilazioni di pagamento previste per beni e
servizi ceduti o prestati direttamente dal datore di lavoro. In merito alla
determinazione forfetaria del predetto compenso in natura, occorre precisare
che il tasso ufficiale di sconto da assumere come parametro fisso di
riferimento è quello vigente alla data in cui il contratto di mutuo è stato
stipulato, a nulla rilevando le eventuali variazioni intervenute nella durata
del prestito. Il compenso in natura da assoggettare al prelievo alla fonte si
determina effettuando la differenza tra gli interessi calcolati al suddetto
tasso ufficiale di sconto e gli interessi calcolati al tasso effettivamente
applicato sui prestiti e riducendo l'importo risultante della metà. Il reddito
così determinato deve essere assoggettato a tassazione al momento del pagamento
delle singole rate del prestito stabilite dal relativo piano di ammortamento.
Esemplificando
un'ipotesi di prestito in lire a tasso fisso:
quota
capitale = 1.000.000
T.U.S.
alla data della stipula = 10%
tasso
effettivamente applicato = 5%
interessi
calcolati al 10% = 100.000
interessi
calcolati al 5% = 50.000
differenza
= 50.000
compenso
in natura = 25.000
Per i
prestiti concessi in valuta estera, occorre mettere a confronto gli interessi
calcolati al predetto tasso ufficiale di sconto e quelli calcolati al tasso di
interesse effettivamente praticato, effettuando la conversione in lire sulla
base del rapporto di cambio vigente alla data di scadenza delle singole rate
del prestito.
Esempio:
quota
capitale 1.000 $
T.U.S.
alla data della stipula = 10%
tasso
effettivamente applicato = 5%
tasso di
cambio alla data della stipula (lira/dollaro) = 1.000
interessi
calcolati al 10% = 100 $
interessi
calcolati al 5% = 50 $
differenza
= 50 $
compenso
in natura = 25 $
tasso di
cambio al pagamento della rata = 1.050
compenso
in natura = 25 $ x 1.050 = lire 26.250
In caso di
prestiti a tasso variabile - caratterizzati da una variazione del tasso di
interesse iniziale - il prelievo alla fonte deve essere effettuato, alle
scadenze delle singole rate di ammortamento del prestito, tenendo conto anche
delle variazioni subite dal tasso di interesse iniziale. Esemplificando
un'ipotesi di prestito in lire a tasso variabile:
quota
capitale = 1.000.000
T.U.S.
alla data della stipula = 10%
tasso di
interesse iniziale = 5%
prima
rata:
interessi
calcolati al 10% = 100.000
interessi
calcolati al 5% = 50.000
differenza
= 50.000
compenso
in natura = 25.000
seconda
rata:
quota
capitale residua = 900.000
interessi
calcolati al 10% = 90.000
tasso
d'interesse variato = 6%
interessi
calcolati al 6% = 54.000
differenza
= 36.000
compenso
in natura = 18.000
Qualora,
invece, il prestito venga concesso a tasso zero, il calcolo del compenso in
natura deve essere effettuato alle scadenze delle singole rate di ammortamento
della quota capitale, secondo il procedimento già illustrato.
Nei casi
di restituzione del capitale in un'unica soluzione oltre il periodo d'imposta,
il compenso in natura maturato va comunque assoggettato a tassazione in sede di
conguaglio di fine anno. La disposizione in esame stabilisce, infine, che il
nuovo criterio forfetario non si applica ai prestiti concessi entro il 31
dicembre 1996 e, quindi, ai prestiti il cui contratto sia stato stipulato entro
tale data. Sono comunque esclusi dall'ambito di applicazione della norma i
prestiti di durata inferiore a dodici mesi concessi dal datore di lavoro, a
seguito di accordi aziendali, ai dipendenti in contratto di solidarietà o in
cassa integrazione guadagni.
Riapertura
della sanatoria dei compensi in natura e dei rimborsi spese
Il comma
9, dell'articolo 3 della legge in oggetto ha esteso la sanatoria prevista
dall'articolo 3, commi da 98 a 101, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, ai
compensi in natura e ai rimborsi spese corrisposti fino al 30 settembre 1996.
Il termine per il versamento delle somme dovute è fissato al 31 maggio 1997.
Con tale sanatoria, pertanto, i sostituti d'imposta che hanno corrisposto fino
al 30 settembre 1996 (il precedente termine è scaduto il 31 ottobre 1995)
compensi in natura e rimborsi spese liquidati con il sistema del piè di lista,
senza averli assoggettati alle previste ritenute alla fonte e senza averli
indicati nella dichiarazione modello 770, sono ammessi a versare, entro la
predetta data del 31 maggio 1997, le maggiori ritenute ad essi relative, senza
applicazione di sanzioni e interessi. A tal fine, per i compensi in natura e i
rimborsi spese relativi ai periodi d'imposta fino al 1995, i medesimi soggetti
sono legittimati a presentare, sempre entro il 31 maggio 1997, senza
applicazione delle relative sanzioni, le dichiarazioni integrative per
rettificare quelle già presentate con riferimento a ciascuno dei periodi
d'imposta cui si riferisce il versamento delle maggiori ritenute, utilizzando i
modelli di dichiarazione (anche in fotocopia) approvati per gli stessi periodi
con apposito decreto ministeriale. Per il periodo d'imposta 1996, i suddetti
dati dovranno essere indicati nella dichiarazione modello 770 in corso di
approvazione, fermo restando il termine del 31 maggio 1997 per il versamento
delle maggiori somme. Si fa presente che in merito alla sanatoria in questione
sono stati forniti i relativi chiarimenti con circolare n. 132/E del 22 maggio
1996, alla quale si fa rinvio. Il successivo comma 10 della disposizione in
commento ha previsto che per i soggetti di cui all'articolo 29 del D.P.R. 29
settembre 1973, n. 600, in deroga al comma 100 dell'articolo 3 della citata
legge n. 549 del 1995, le maggiori ritenute sono a titolo d'imposta e per esse
va operata la rivalsa sui percettori dei valori non assoggettati in precedenza
a ritenuta e che non abbiano già provveduto a versare il tributo dovuto. Tali
soggetti sono esonerati dalla presentazione delle dichiarazioni
integrative.BUONI PASTO - GENERALITA’ DEI COMPENSI IN NATURA - PRESTITI -
RIAPERTURA SANATORIA - CIRCOLARE MINISTERIALE
Facendo
seguito a quanto già comunicato con i supplementi nn. 3 e 4 al Notiziario
12/96, si pubblica di seguito la Circolare ministeriale n. 29/E del 7/2/97 che
approfondisce le novità introdotte dalla legge n.662/96.
Roma,
7.2.97
Dipartimento
delle Entrate
Circolare
n.29/E
Premessa
L'articolo
3, comma 6, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha apportato alcune modifiche
in materia di determinazione del reddito di lavoro dipendente, fissando, tra
l'altro, criteri forfetari di determinazione del reddito relativamente a talune
forme di retribuzione in natura.
Buoni
pasto
Il citato
articolo 3, comma 6, lettera a), della legge n. 662 del1996, ha modificato
l'articolo 48, comma 2, lettera d), del Tuir, introducendo un limite alla non
imponibilità delle prestazioni sostitutive delle somministrazioni in mense
aziendali e cioè dei buoni pasto o "tickets restaurant". Il predetto
limite è stato fissato nella misura complessiva giornaliera di lire 10.000, da
calcolarsi con riferimento al valore nominale complessivo dei buoni pasto. Si
precisa che per valore nominale si intende il valore indicato sul buono pasto e
che, ai fini della determinazione dell'importo non imponibile, deve farsi
riferimento all'ammontare complessivo di tali buoni utilizzabili dai lavoratori
dipendenti per ciascun giorno lavorativo. Al riguardo, si rileva che l'importo
di lire 10.000 deve intendersi al netto dei contributi previdenziali e
assistenziali versati in conformità a disposizioni di legge e delle somme
eventualmente poste a carico del lavoratore dipendente. Pertanto, a decorrere
dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre
1996, concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente l'importo dei
buoni pasto che eccede il predetto limite giornaliero. È appena il caso di
osservare che la disposizione in esame non ha modificato il trattamento
tributario delle somministrazioni in mense aziendali, gestite direttamente dal
datore di lavoro o affidate in gestione a terzi. Infatti, tali somministrazioni
- sempreché non si traducano nella corresponsione di somme di denaro, anche
sotto forma di rimborsi a piè di lista - continuano ad essere escluse dalla
formazione del reddito di lavoro dipendente.
Compensi
in natura - generalità
Come noto,
i compensi in natura, compresi i beni ceduti e i servizi prestati al coniuge
del dipendente o a familiari fiscalmente a suo carico, o il diritto di
ottenerli da terzi, concorrono, ai sensi del comma 3 dell'articolo 48 del Tuir,
a formare il reddito di lavoro dipendente in misura pari al costo specifico sostenuto
dal datore di lavoro. Al riguardo è opportuno precisare che la fattispecie dei
compensi in natura non può configurarsi in capo ai pensionati, considerato che
gli stessi vengono corrisposti di regola in dipendenza di un rapporto di lavoro
in atto. Va peraltro rilevato che eventuali erogazioni effettuate dal
precedente datore di lavoro ai pensionati non configurano per questi ultimi
proventi imponibili e non consentono a chi li eroga di effettuare alcuna
deduzione in sede di determinazione del proprio reddito non essendo correlate a
prestazioni di lavoro dipendente (si veda, ad esempio, l'articolo 62 del Tuir).
Quanto sopra si rende applicabile anche nell'ipotesi in cui il compenso in
natura competa al pensionato per effetto della attribuzione dello stesso in
costanza del rapporto. Si ricorda, inoltre, che se i redditi in questione sono
erogati da un soggetto obbligato ad effettuare le ritenute, il sostituto
d'imposta è tenuto ad operare il prelievo alla fonte anche sull'importo
corrispondente al compenso in natura, eventualmente chiedendone provvista al
sostituito in mancanza di retribuzione nel periodo di paga in cui i compensi
stessi sono erogati. Qualora, invece, i predetti redditi siano corrisposti da
un soggetto che non riveste la qualifica di sostituto d'imposta, il
contribuente deve indicarli nella dichiarazione dei redditi (quadro C, prima
sezione, del modello 730 o 740), unitamente alla retribuzione in denaro
percepita nello stesso periodo d'imposta. Ai fini dell'applicazione della
disposizione recata nel comma 3 dell'articolo 48 del Tuir, l'articolo 3, comma
6, lettera b), della legge in oggetto - con l'inserimento del comma 3-bis
all'articolo 48 del Tuir - ha introdotto un criterio speciale di determinazione
forfetaria di taluni compensi in natura e, in particolare, con riferimento alle
autovetture, agli autoveicoli, ai motocicli e ciclomotori dati in uso promiscuo
e ai prestiti concessi al dipendente. Resta fermo il criterio del costo
specifico per le tipologie di compensi in natura diversi da quelli disciplinati
dalla anzidetta disposizione. Ai sensi del successivo comma 8 del citato
articolo 3, la disciplina in commento si applica a decorrere dal periodo
d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 1996.
Veicoli
La
disposizione in oggetto ha stabilito che per le autovetture, gli autoveicoli, i
motocicli e i ciclomotori concessi in uso e utilizzati promiscuamente dal
dipendente si assume, quale reddito di lavoro dipendente, il 30 per cento
dell'importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15.000
chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile
dalle tabelle elaborate dall'Automobile Club d'Italia, al netto degli ammontari
eventualmente trattenuti al dipendente nel medesimo periodo d'imposta. Al
riguardo va innanzitutto precisato che per autovetture e autoveicoli si devono
intendere quelli indicati nell'articolo 54, comma 1, lettere a), c) e m) del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, come si evince dal contesto delle
disposizioni del Tuir relative alla determinazione del reddito d'impresa e del
reddito di lavoro autonomo. Si ritiene opportuno sottolineare che la misura del
suddetto compenso in natura è determinata in base ad una presunzione assoluta
ed è pertanto del tutto indipendente dalla effettiva percorrenza del veicolo.
Inoltre, ai fini della qualificazione del corrispondente compenso in natura,
nessuna rilevanza presenta la cilindrata del veicolo assegnato. Poiché la
percorrenza convenzionale è determinata su base annua, il compenso come sopra
determinato deve essere ragguagliato al periodo dell'anno durante il quale al
dipendente viene concesso l'uso promiscuo del veicolo. A tal fine si deve
conteggiare il numero dei giorni per i quali il veicolo è assegnato, indipendentemente
dal suo effettivo utilizzo.
Ad
esempio, ipotizzando che l'utilizzo del veicolo venga concesso per il periodo
compreso tra il 3 febbraio e il 30 aprile 1997, occorrerà effettuare il
seguente calcolo:
- Costo
complessivo chilometrico di esercizio relativo ad una Lancia K 2.400 c.c. LS
corrispondente ad una percorrenza di 15.000 chilometri = 1225,59
- Costo
complessivo totale (15.000 x 1225,59) = 18.383.850
- Reddito
assunto su base annua (30% di 18.383.850) = 5.515.155
- Reddito
da attribuire (5.515.155 x 87/365) = 1.314.571
Ai fini
dell'applicazione del prelievo alla fonte, il suddetto reddito deve essere
suddiviso per quote mensili o per i periodi di paga, qualora diversi dal mese.
Per la determinazione del reddito convenzionale da attribuire alle predette
scadenze, il datore di lavoro deve tenere conto anche degli aggiornamenti delle
tariffe elaborate dall'ACI nel corso dell'anno. Al riguardo occorre fare
riferimento alle tariffe ACI nazionali. Infine, è previsto che dal compenso
forfetariamente determinato devono essere sottratte le somme eventualmente
trattenute al dipendente - o in ogni caso corrisposte dallo stesso al datore di
lavoro - per l'utilizzo personale del veicolo. Al riguardo si precisa che le
predette somme devono essere computate al lordo dell'IVA. È appena il caso di
precisare che la disposizione in commento si applica con riferimento ai veicoli
aziendali utilizzati, oltre che per esigenze di lavoro, anche per uso privato.
Diversamente, qualora il veicolo sia concesso esclusivamente per l'uso
personale o familiare del dipendente, ai fini della determinazione del
corrispondente compenso in natura rimane applicabile il criterio del costo
specifico sostenuto dal datore di lavoro. Si ricorda, inoltre, che non
costituisce compenso in natura l'utilizzo del veicolo di proprietà aziendale
esclusivamente per l'effettuazione di trasferte.
Prestiti
Ai fini
della valutazione del corrispondente compenso in natura, l'articolo 3, comma 6,
lettera b), della legge in oggetto, ha stabilito che in caso di prestiti
concessi al dipendente direttamente, o per quelli che i dipendenti hanno
diritto di ottenere da terzi, si assume quale reddito di lavoro dipendente il
50 per cento della differenza tra l'importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale
di sconto vigente al momento della concessione del prestito e l'importo degli
interessi calcolato al tasso applicato sui prestiti. La disposizione si applica
a tutte le forme di finanziamento comunque erogate dal datore di lavoro,
indipendentemente dalla loro durata e dalla valuta utilizzata. La norma si
applica, altresì, ai finanziamenti concessi da terzi con i quali il datore di
lavoro abbia stipulato accordi o convenzioni, anche senza sostenimento di oneri
specifici da parte di quest'ultimo. Pertanto, e a titolo meramente
esemplificativo, rientrano nell'ambito di applicazione della norma, i prestiti
concessi sotto forma di scoperto di conto corrente, di mutuo ipotecario e di
cessione dello stipendio; ne restano, invece, esclusi sia gli acconti e le
anticipazioni di retribuzione, trattandosi di una modalità di pagamento della
retribuzione, sia le dilazioni di pagamento previste per beni e servizi ceduti
o prestati direttamente dal datore di lavoro. In merito alla determinazione
forfetaria del predetto compenso in natura, occorre precisare che il tasso
ufficiale di sconto da assumere come parametro fisso di riferimento è quello
vigente alla data in cui il contratto di mutuo è stato stipulato, a nulla
rilevando le eventuali variazioni intervenute nella durata del prestito. Il
compenso in natura da assoggettare al prelievo alla fonte si determina
effettuando la differenza tra gli interessi calcolati al suddetto tasso
ufficiale di sconto e gli interessi calcolati al tasso effettivamente applicato
sui prestiti e riducendo l'importo risultante della metà. Il reddito così
determinato deve essere assoggettato a tassazione al momento del pagamento
delle singole rate del prestito stabilite dal relativo piano di ammortamento.
Esemplificando
un'ipotesi di prestito in lire a tasso fisso:
quota
capitale = 1.000.000
T.U.S.
alla data della stipula = 10%
tasso
effettivamente applicato = 5%
interessi
calcolati al 10% = 100.000
interessi
calcolati al 5% = 50.000
differenza
= 50.000
compenso
in natura = 25.000
Per i prestiti
concessi in valuta estera, occorre mettere a confronto gli interessi calcolati
al predetto tasso ufficiale di sconto e quelli calcolati al tasso di interesse
effettivamente praticato, effettuando la conversione in lire sulla base del
rapporto di cambio vigente alla data di scadenza delle singole rate del
prestito.
Esempio:
quota
capitale 1.000 $
T.U.S.
alla data della stipula = 10%
tasso
effettivamente applicato = 5%
tasso di
cambio alla data della stipula (lira/dollaro) = 1.000
interessi
calcolati al 10% = 100 $
interessi
calcolati al 5% = 50 $
differenza
= 50 $
compenso
in natura = 25 $
tasso di
cambio al pagamento della rata = 1.050
compenso
in natura = 25 $ x 1.050 = lire 26.250
In caso di
prestiti a tasso variabile - caratterizzati da una variazione del tasso di
interesse iniziale - il prelievo alla fonte deve essere effettuato, alle
scadenze delle singole rate di ammortamento del prestito, tenendo conto anche
delle variazioni subite dal tasso di interesse iniziale. Esemplificando
un'ipotesi di prestito in lire a tasso variabile:
quota
capitale = 1.000.000
T.U.S.
alla data della stipula = 10%
tasso di
interesse iniziale = 5%
prima
rata:
interessi
calcolati al 10% = 100.000
interessi
calcolati al 5% = 50.000
differenza
= 50.000
compenso
in natura = 25.000
seconda
rata:
quota
capitale residua = 900.000
interessi
calcolati al 10% = 90.000
tasso
d'interesse variato = 6%
interessi
calcolati al 6% = 54.000
differenza
= 36.000
compenso
in natura = 18.000
Qualora,
invece, il prestito venga concesso a tasso zero, il calcolo del compenso in
natura deve essere effettuato alle scadenze delle singole rate di ammortamento
della quota capitale, secondo il procedimento già illustrato.
Nei casi
di restituzione del capitale in un'unica soluzione oltre il periodo d'imposta,
il compenso in natura maturato va comunque assoggettato a tassazione in sede di
conguaglio di fine anno. La disposizione in esame stabilisce, infine, che il
nuovo criterio forfetario non si applica ai prestiti concessi entro il 31
dicembre 1996 e, quindi, ai prestiti il cui contratto sia stato stipulato entro
tale data. Sono comunque esclusi dall'ambito di applicazione della norma i
prestiti di durata inferiore a dodici mesi concessi dal datore di lavoro, a
seguito di accordi aziendali, ai dipendenti in contratto di solidarietà o in
cassa integrazione guadagni.
Riapertura
della sanatoria dei compensi in natura e dei rimborsi spese
Il comma
9, dell'articolo 3 della legge in oggetto ha esteso la sanatoria prevista
dall'articolo 3, commi da 98 a 101, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, ai
compensi in natura e ai rimborsi spese corrisposti fino al 30 settembre 1996.
Il termine per il versamento delle somme dovute è fissato al 31 maggio 1997.
Con tale sanatoria, pertanto, i sostituti d'imposta che hanno corrisposto fino
al 30 settembre 1996 (il precedente termine è scaduto il 31 ottobre 1995)
compensi in natura e rimborsi spese liquidati con il sistema del piè di lista, senza
averli assoggettati alle previste ritenute alla fonte e senza averli indicati
nella dichiarazione modello 770, sono ammessi a versare, entro la predetta data
del 31 maggio 1997, le maggiori ritenute ad essi relative, senza applicazione
di sanzioni e interessi. A tal fine, per i compensi in natura e i rimborsi
spese relativi ai periodi d'imposta fino al 1995, i medesimi soggetti sono
legittimati a presentare, sempre entro il 31 maggio 1997, senza applicazione
delle relative sanzioni, le dichiarazioni integrative per rettificare quelle
già presentate con riferimento a ciascuno dei periodi d'imposta cui si
riferisce il versamento delle maggiori ritenute, utilizzando i modelli di
dichiarazione (anche in fotocopia) approvati per gli stessi periodi con apposito
decreto ministeriale. Per il periodo d'imposta 1996, i suddetti dati dovranno
essere indicati nella dichiarazione modello 770 in corso di approvazione, fermo
restando il termine del 31 maggio 1997 per il versamento delle maggiori somme.
Si fa presente che in merito alla sanatoria in questione sono stati forniti i
relativi chiarimenti con circolare n. 132/E del 22 maggio 1996, alla quale si
fa rinvio. Il successivo comma 10 della disposizione in commento ha previsto
che per i soggetti di cui all'articolo 29 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,
in deroga al comma 100 dell'articolo 3 della citata legge n. 549 del 1995, le
maggiori ritenute sono a titolo d'imposta e per esse va operata la rivalsa sui
percettori dei valori non assoggettati in precedenza a ritenuta e che non
abbiano già provveduto a versare il tributo dovuto. Tali soggetti sono
esonerati dalla presentazione delle dichiarazioni integrative.