DURC E IMPRESE STRANIERE - MINISTERO DEL
LAVORO - INTERPELLO N. 6/2009
Il
Ministero del lavoro, con interpello n. 6/2009, si è pronunciato di nuovo in
merito alla normativa sul Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC) per
le imprese straniere, extracomunitarie e comunitarie, che distaccano lavoratori
dipendenti nel territorio nazionale.
Il
Dicastero ha chiarito che la documentazione attestante la regolarità
contributiva di un’impresa straniera, DURC o documentazione equivalente
rilasciata dal competente istituto del Paese di origine, non può essere
surrogata da un’autocertificazione dell’imprenditore o dai modelli utilizzati
dal medesimo per il pagamento dei contributi previdenziali.
Il
Ministero perviene a tale conclusione rammentando, innanzitutto, che l’istituto
del distacco è disciplinato nell’ordinamento italiano dal D.lgs. n. 72/2000,
attuativo della direttiva Ue n. 96/71/CE in materia, in base al quale sia le
imprese comunitarie che quelle extracomunitarie sono tenute a garantire ai
lavoratori distaccati in territorio nazionale le medesime condizioni di lavoro
previste per i lavoratori italiani da disposizioni legislative, regolamentari o
amministrative, nonché dai contratti collettivi.
Per
quanto attiene, invece, gli aspetti previdenziali, deve operarsi una
distinzione tra le imprese aventi sede in un Paese extracomunitario oppure in
uno Stato membro dell’Ue.
Nel
primo caso, in base alla disciplina di diritto internazionale privato (art. 61,
legge n. 218/95), ai lavoratori distaccati deve essere applicata la normativa
del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa (c.d. principio della lex
loci laboris) e quindi la legislazione italiana,
sempreché non vi siano norme pattizie che dispongano
diversamente.
Nel
secondo caso, invece, in deroga al “principio di territorialità”, è
applicabile, ai sensi del Regolamento CEE n. 1408/71, il “principio di
personalità”, ovvero trova applicazione la legislazione previdenziale del Paese
di residenza del lavoratore, qualora parte dell’attività sia svolta in tale
Paese, o quella del Paese di residenza dell’impresa comunitaria, qualora il
lavoratore sia residente in un Paese in cui non svolge ordinariamente la
propria attività lavorativa.
Con
riferimento alle imprese che effettuano lavorazioni edili in territorio
italiano, il Ministero conferma quanto già espresso nell’interpello n. 24/2007,
ossia che mentre per le imprese extracomunitarie può affermarsi l’obbligo di
iscrizione alle Casse edili e pertanto le stesse sono tenute al possesso del
Durc, per le imprese comunitarie tale obbligo sussiste solo nell’ipotesi in cui
le stesse non abbiano già posto in essere presso un organismo pubblico o di
fonte contrattuale, quegli adempimenti finalizzati a garantire gli stessi standard
di tutela derivanti dagli accantonamenti imposti dalla disciplina contrattuale
vigente nel nostro Paese.
In
entrambi i casi - precisa il Ministero, alla luce anche di una recente sentenza
del Consiglio di Stato in tal senso, né l’autocertificazione dell’impresa né i
modelli utilizzati per il pagamento dei contributi previdenziali sono documenti
atti a comprovare sufficientemente, come invece il DURC o certificato
equivalente, l’assolvimento degli obblighi previdenziali per tutti i
lavoratori.
Sull’argomento
si ritiene quindi opportuno ribadire che, secondo quanto chiarito dal Ministero
del lavoro e sulla base delle istruzioni della CNCE, l’iscrizione alle Casse
Edili è obbligatoria anche per le imprese comunitarie tranne nel caso in cui le
stesse siano già iscritte presso un organismo pubblico o di fonte contrattuale
che assicuri gli stessi standard di tutela derivanti dagli accantonamenti
imposti dalla disciplina contrattuale vigente nel nostro Paese e che, ad oggi,
tale situazione è riscontrabile in Austria, Francia e Germania, paesi con i
quali sono state sottoscritte convenzioni bilaterali di reciprocità che
prevedono il mantenimento dei versamenti contributivi presso la Cassa di
provenienza.