APPALTI PUBBLICI - L’IMPUGNAZIONE IMMEDIATA DEL BANDO DI GARA DA PARTE DEL PARTECIPANTE IN PRESENZA DI CLAUSOLE ESCLUDENTI È LEGITTIMA

(Consiglio di Stato, Sezione V, Decisione n. 102 del 14 gennaio 2009)

 

La lesione dell’interesse che legittima al ricorso deve essere caratterizzata  dall’immediatezza, dalla concretezza e dall’attualità (deve, cioè, essere una conseguenza diretta ed immediata del provvedimento lesivo e dell’assetto di interessi con esso introdotto), deve essere concreta e non meramente potenziale e deve sussistere già al momento della proposizione del ricorso, nonché persistere sino al momento della decisione su di esso.

In tale prospettiva si rileva che la domanda giudiziale volta alla caducazione degli atti di una procedura concorsuale di cui si contesti la legittimità presuppone che l’attore qualifichi e differenzi il proprio interesse in termini di attualità e concretezza ex art. 100 cod. proc. civ. rispetto a quello della generalità dei consociati mediante la proposizione di una domanda di partecipazione alla gara o la formulazione della propria offerta; tanto comporta che l’interesse tutelato non può essere quello generico al rifacimento della gara, proprio di tutte le imprese rimaste estranee al procedimento, bensì quello specifico ad una partecipazione finalizzata all’ottenimento dell’aggiudicazione, cui possono aspirare soltanto i partecipanti alla gara medesima, anche attraverso l’eliminazione di clausole eventualmente lesive.

Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa di primo e secondo grado è tuttora prevalentemente orientata nel senso che solo con la presentazione della domanda di partecipazione alla gara d’appalto l’impresa assume una situazione giuridica differenziata rispetto a quella delle altre ditte presenti sul mercato, ergendosi solo in tal caso essa a titolare di un interesse legittimo giudizialmente tutelato, che la abilita a sindacare la legittimità del bando di gara alla quale ha dimostrato in concreto di voler partecipare

E’ stato rilevato da un lato che qualora il ricorrente risulti leso, in quanto la partecipazione alla procedura è preclusa dallo stesso bando, sussiste l’interesse a gravare la relativa determinazione, a prescindere dalla mancata presentazione della domanda, posto che l’impugnante ha proprio interesse a impedire lo svolgimento della procedura selettiva; dall’altro che in presenza di una clausola preclusiva la presentazione della domanda si risolve in un adempimento formale che sarà inevitabilmente seguito da un atto di estromissione, con un risultato analogo a quello di un’originaria preclusione e perciò privo di una effettiva utilità pratica ulteriore. In proposito è stato di recente ulteriormente precisato che se è vero che in virtù di un principio generale il soggetto che non ha presentato domanda di partecipazione alla procedura per l’aggiudicazione di un appalto non ha interesse ad impugnare gli

atti di gara, è altresì vero che l’interesse all’impugnativa va valutato in concreto; pertanto, qualora il ricorrente risulti leso in quanto la partecipazione alla procedura è preclusa dallo stesso bando, sussiste l’interesse a gravare la relativa determinazione - a prescindere dalla mancata presentazione della domanda - posto che l’impugnante ha proprio interesse ad impedire lo svolgimento della procedura selettiva. La tesi non può essere, ovviamente, che intesa nel senso che dette clausole debbano essere tali da impedire assolutamente le prestazioni richieste.

Osserva in conclusione il Collegio, che, anche aderendo a tale, più permissivo, orientamento giurisprudenziale che intende consentire l’immediata impugnazione, a prescindere dalla presentazione della domanda di partecipazione alla gara, di clausole del bando, ciò deve ritenersi consentito solo quando esse sia evidente che sono assolutamente irragionevoli, tali da non consentire una valida formulazione dell’offerta, per essere da esse reso impossibile quel calcolo di convenienza economica che ogni impresa deve essere in condizione di poter effettuare all’atto di valutare se partecipare o meno ad una gara pubblica; in tale ipotesi l’onere di immediata impugnazione entro il termine decadenziale decorrente dalla loro conoscenza viene giustificato per l’obiettivo ostacolo che una clausola di tal genere pone alla formulazione dell’offerta sulla base di elementi prevedibili e non assolutamente aleatori.

 

…omissis…

 

DIRITTO

1. La pronuncia di inammissibilità si basa sulla seguente motivazione.

2. La lesione dell’interesse che legittima al ricorso deve essere caratterizzata dall’immediatezza, dalla concretezza e dall’attualità (deve, cioè, essere una conseguenza diretta ed immediata del provvedimento lesivo e dell’assetto di interessi con esso introdotto), deve essere concreta e non meramente potenziale e deve sussistere già al momento della proposizione del ricorso, nonché persistere sino al momento della decisione su di esso.

In tale prospettiva si rileva che la domanda giudiziale volta alla caducazione degli atti di una procedura concorsuale di cui si contesti la legittimità presuppone che l’attore qualifichi e differenzi il proprio interesse in termini di attualità e concretezza ex art. 100 cod. proc. civ. rispetto a quello della generalità dei consociati mediante la proposizione di una domanda di partecipazione alla gara o la formulazione della propria offerta; tanto comporta che l’interesse tutelato non può essere quello generico al rifacimento della gara, proprio di tutte le imprese rimaste estranee al procedimento, bensì quello specifico ad una partecipazione finalizzata all’ottenimento dell’aggiudicazione, cui possono aspirare soltanto i partecipanti alla gara medesima, anche attraverso l’eliminazione di clausole eventualmente lesive.

Al riguardo, la giurisprudenza amministrativa di primo e secondo grado è tuttora prevalentemente orientata nel senso che solo con la presentazione della domanda di partecipazione alla gara d’appalto l’impresa assume una situazione giuridica differenziata rispetto a quella delle altre ditte presenti sul mercato, ergendosi solo in tal caso essa a titolare di un interesse legittimo giudizialmente tutelato, che la abilita a sindacare la legittimità del bando di gara alla quale ha dimostrato in concreto di voler partecipare (cfr. fra le recenti, oltre a Cons.St., A.P. 29 gennaio 2003 n. 1, Cons. St., V Sez., 4 aprile 2004 n. 2705 e 23 agosto 2004 n. 5572).

Il Collegio condivide tale orientamento giurisprudenziale tenuto conto che i bandi di gara e le lettere di invito vanno di regola impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell’interessato; a fronte della clausola illegittima del bando di

gara o del concorso, il partecipante alla procedura concorsuale non è, di norma, ancora titolare di un interesse attuale all’impugnazione, dal momento che egli non sa ancora se l’astratta e potenziale illegittimità della predetta clausola si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura concorsuale, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva, che solo da tale esito può derivare.

Con gli ulteriori motivi di ricorso, nonché con il primo, il secondo ed il quarto dei primi motivi aggiunti e con parte dei secondi motivi aggiunti, è stata censurata la legittimità di numerose clausole della gara de qua.

Al riguardo deve preliminarmente essere osservato che è pacifico tra le parti che la ricorrente non ha presentato domanda di partecipazione alla gara stessa, sicché sulla base del condiviso orientamento giurisprudenziale sopra indicato, il ricorso, con riguardo a dette censure, deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse e di legittimazione attiva, cosi come i motivi ad esso aggiunti.

Aggiungasi che la mancata partecipazione al procedimento concorsuale rende inammissibile per carenza di interesse il ricorso contro le clausole del bando di gara o contro gli esiti della selezione, anche nell’ipotesi in cui costituisca oggetto di impugnazione la previsione di requisiti di partecipazione di cui il ricorrente sia privo, in quanto l’eventuale annullamento delle clausole del bando relative a tali requisiti, non rimetterebbe il ricorrente in termini per proporre la domanda di partecipazione originariamente non presentata (T.A.R. Sardegna, 11 giugno 2003, n. 737).

Ritiene il Collegio che il ricorso ed i motivi aggiunti siano da ritenere inammissibili, nelle parti in cui censurano la legittimità di clausole della gara, anche se si aderisse ad un ulteriore e minoritario orientamento giurisprudenziale formatosi con riguardo alla legittimazione attiva di società che impugnino una gara cui non abbiano partecipato e che a detta prevalente (e condivisa dal Collegio) impostazione della giurisprudenza in materia si è contrapposto.

Sulla base della riflessione che il bando di gara o la lettera di invito, normalmente impugnabili con l’atto applicativo (conclusivo del procedimento concorsuale) devono essere immediatamente impugnati allorché contengano clausole impeditive dell’ammissione dell’interessato alla selezione, la giurisprudenza ha invero tradizionalmente considerato come idonee a ledere immediatamente l’interesse all’aggiudicazione le clausole “escludenti”, preclusive della partecipazione alla gara dei soggetti sforniti dei requisiti soggettivi richiesti. Tali clausole riguardano direttamente ed immediatamente gli aspiranti concorrenti, e non le loro offerte o le ulteriori attività connesse allo svolgimento della gara, ed identificano immediatamente i soggetti che, in quanto privi dei requisiti richiesti, sono concretamente incisi dalle stesse. Solo questi ultimi, infatti, attraverso un’autovalutazione relativa al possesso o meno dei requisiti, sono in grado di percepire autonomamente la valenza lesiva diretta ed attuale che la clausola possiede nei confronti del proprio interesse all’aggiudicazione, con possibilità

di impugnazione del bando, nei termini di legge, senza necessità di presentazione della domanda di partecipazione alla gara.

E’ fatto quindi riferimento ad una situazione preesistente al bando (relativa alla sfera giuridica personale dell’aspirante concorrente e del tutto indipendente dal successivo svolgimento della procedura) cui è ricollegato un effetto giuridico diretto, consistente nell’impossibilità di prender parte alla gara o alla procedura concorsuale, ovvero, nel caso in cui nonostante ciò la domanda di partecipazione venga presentata, nel vincolo imposto all’Amministrazione procedente di emanare nei confronti del soggetto privo dei requisiti un provvedimento di esclusione.

Di detto indirizzo sin qui obiettivamente minoritario costituiscono significativa espressione per quanto riguarda il Consiglio di Stato (oltre alla decisione della V Sezione 20 settembre 2001 n. 4970, in realtà relativa al caso peculiare dell’aggiudicatario di gara annullata che ne impugni la riedizione senza parteciparvi) in particolare le decisioni della VI Sezione 24 maggio 2004 n. 3386 e della V Sezione 14 febbraio 2003 n. 794, nonché il parere della II Sezione 7 marzo 2001 n. 149.

A sostegno di tale indirizzo è stato rilevato da un lato che qualora il ricorrente risulti leso, in quanto la partecipazione alla procedura è preclusa dallo stesso bando, sussiste l’interesse a gravare la relativa determinazione, a prescindere dalla mancata presentazione della domanda, posto che l’impugnante ha proprio interesse a impedire lo svolgimento della procedura selettiva (Cons. St., V Sezione, n. 794 del 2003 cit.); dall’altro che in presenza di una clausola preclusiva la presentazione della domanda si risolve in un adempimento formale che sarà inevitabilmente seguito da un atto di estromissione, con un risultato analogo a quello di un’originaria preclusione e perciò privo di una effettiva utilità pratica ulteriore (Cons. St., Parere n. 149 del 2001, cit.).

Nella stessa prospettiva - sia pure con riferimento a pubblico concorso - è stato rilevato sul piano sistematico che la domanda di partecipazione formale non costituisce in realtà elemento che diversifica e qualifica la posizione di un soggetto rispetto a quella di tutti gli altri soggetti potenzialmente lesi (dei quali non è dato sapere se abbiano o meno un concreto interesse a partecipare alla procedura) e che la legittimazione del ricorrente, in termini di qualificazione e differenziazione, più che al dato meramente formale dell’istanza di partecipazione, deve riconnettersi al possesso di tutti gli altri requisiti previsti dal bando (cfr. Cons. St., Sez. VI 20 ottobre 2003 n. 6429)

Inoltre con decisione 12.2.2004 - C7230/02 la Corte di Giustizia C.E. ha rilevato che, nell’ipotesi in cui un’impresa non abbia presentato un’offerta a causa della presenza di specifiche che asserisce discriminatorie nei documenti relativi al bando di gara o nel disciplinare (le quali le avrebbero proprio impedito di essere in grado di fornire l’insieme delle prestazioni richieste), essa avrebbe tuttavia il diritto di presentare un ricorso direttamente avverso tali specifiche, e ciò prima ancora che si concluda il procedimento di aggiudicazione dell’appalto pubblico interessato.

Infatti, secondo la Corte, sarebbe eccessivo esigere che un’impresa che asserisca di essere lesa da clausole discriminatorie contenute nei documenti relativi al bando di

gara, prima di poter utilizzare le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665 contro tali specifiche, presenti un’offerta nell’ambito del procedimento di  aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi, quando persino le probabilità che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a causa dell’esistenza delle dette specifiche.

Da dette argomentazioni (delle quali hanno preso atto tra l’altro il Consiglio di Stato, V Sez., con decisione 11 novembre 2004 n. 7341, e VI Sez., con ordinanza 21 dicembre 2004 n. 6110) deriva che non sarebbe più sostenibile l’esigenza della presentazione della domanda di partecipazione nell’ipotesi in cui le prescrizioni di un bando di gara comunitaria siano in modo assoluto preclusive della partecipazione a determinati soggetti, aventi in astratto titolo a parteciparvi.

In conclusione qualora la partecipazione ad una procedura di gara risulti preclusa dallo stesso bando, sussiste, secondo detta più innovativa giurisprudenza, l’interesse a gravare la relativa determinazione - a prescindere dalla mancata presentazione della domanda - posto che l’impugnante ha proprio interesse ad impedire lo svolgimento della procedura selettiva (Consiglio Stato, sez. IV, 14 giugno 2005, n. 3113).

In proposito è stato di recente ulteriormente precisato che se è vero che in virtù di un principio generale il soggetto che non ha presentato domanda di partecipazione alla procedura per l’aggiudicazione di un appalto non ha interesse ad impugnare gli atti di gara, è altresì vero che l’interesse all’impugnativa va valutato in concreto; pertanto, qualora il ricorrente risulti leso in quanto la partecipazione alla procedura è preclusa dallo stesso bando, sussiste l’interesse a gravare la relativa determinazione - a prescindere dalla mancata presentazione della domanda - posto che l’impugnante ha proprio interesse ad impedire lo svolgimento della procedura selettiva (Consiglio Stato, sez. V, 14 febbraio 2003, n. 794; T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 3 agosto 2005, n. 3943)

La tesi non può essere, ovviamente, che intesa nel senso che dette clausole debbano essere tali da impedire assolutamente le prestazioni richieste.

Aggiungasi che l’esercizio del potere discrezionale della P.A. di fissare i requisiti di partecipazione alla singola gara, rigorosi e superiori rispetto a quelli previsti dalla legge, costituisce in realtà precipua attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, predicati dall’art. 97, cost. e si sostanzia quindi nel potere-dovere assegnato all’amministrazione di apprestare (proprio attraverso la specifica individuazione dei requisiti di ammissione e di partecipazione ad una gara) gli strumenti e le misure più adeguati, opportuni, congrui, efficienti ed efficaci ai fini del corretto ed effettivo perseguimento dell’interesse pubblico concreto, oggetto dell’appalto da affidare: le scelte così operate dall’amministrazione aggiudicatrice, ampiamente discrezionali, impingono nel merito dell’azione amministrativa e si sottraggono, pertanto, al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non siano “ictu oculi” manifestamente irragionevoli, irrazionali, arbitrarie, sproporzionate, illogiche e contraddittorie (Consiglio Stato, sez. IV, 22 ottobre 2004, n. 6967).

Osserva in conclusione il Collegio, che, anche aderendo a tale, più permissivo, orientamento giurisprudenziale che intende consentire l’immediata impugnazione, a prescindere dalla presentazione della domanda di partecipazione alla gara, di clausole del bando, ciò deve ritenersi consentito solo quando esse sia evidente che sono assolutamente irragionevoli, tali da non consentire una valida formulazione dell’offerta, per essere da esse reso impossibile quel calcolo di convenienza economica che ogni impresa deve essere in condizione di poter effettuare all’atto di valutare se partecipare o meno ad una gara pubblica; in tale ipotesi l’onere di immediata impugnazione entro il termine decadenziale decorrente dalla loro conoscenza viene giustificato per l’obiettivo ostacolo che una clausola di tal genere pone alla formulazione dell’offerta sulla base di elementi prevedibili e non assolutamente aleatori (Cons. St., Sez. V, 11 gennaio 1999, n. 1757).

Con riguardo al caso in esame, evidenzia il Collegio, con riferimento ai primi sei motivi di ricorso, la irrilevanza della eventuale adesione a detto innovativo orientamento giurisprudenziale, per quanto in precedenza asserito circa la loro inammissibilità per carenza di interesse strumentale sufficientemente concreto. Con riferimento agli ulteriori motivi di ricorso il Tribunale ritiene che, comunque, le clausole con essi impugnate non siano tanto manifestamente irragionevoli da giustificare la impugnazione del bando e della gara de qua, in assenza di domanda di partecipazione alla stessa, anche nella non condivisa ipotesi che possa aderirsi al più permissivo orientamento giurisprudenziale prima evidenziato.

…omissis…

3. L’appello, che contesta l’ampia motivazione di inammissibilità del tribunale, è infondato.

4. Il Collegio ritiene di aderire, infatti, all’orientamento interpretativo secondo cui l’impugnazione immediata delle clausole del bando è ammissibile solo in presenza di due condizioni concorrenti:

- l’impresa interessata ha presentato rituale domanda di partecipazione alla gara;

- le clausole contestate definiscono in modo puntuale i requisiti soggettivi di partecipazione, impedendo, in modo assoluto, la presenza di determinati soggetti.

5. In questa prospettiva, sono certamente inammissibili le censure direttamente riferite alle modalità di svolgimento della gara o alla determinazione dei punteggi, non assumendo rilievo determinante l’eventuale interesse strumentale (di mero fatto) al rifacimento della gara.

…omissis…

8. In definitiva, quindi, l’appello deve essere respinto. Le spese possono essere compensate.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello, compensando le spese; ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 giugno 2008.