TERRE E ROCCE DA SCAVO - MODIFICHE ALL’ART.186 DEL
CODICE DELL’AMBIENTE
Nella legge
n. 13/09, di conversione al decreto legge n. 208/08, sono state inserite alcune
integrazioni all’art. 186 del decreto legislativo 152/06 relativamente alla
gestione delle terre e rocce da scavo ed ai materiali derivanti dalla
estrazione e lavorazione della pietra e del marmo.
L’art. 8 ter
della legge 13/09 aggiunge i commi 7 bis e 7 ter all’art. 186 del D.Lgs. 152/06
di cui il primo è relativo all’utilizzo delle terre e rocce per miglioramenti
ambientali, mentre il comma 7 ter tratta l’utilizzo dei materiali conseguenti
all’estrazione e lavorazione della pietra e del marmo.
Comma 7 bis
Le terre e
rocce da scavo possono essere utilizzate per interventi di miglioramento
ambientale e di siti anche non degradati a condizione che garantiscano il
conseguimento di almeno uno dei seguenti obiettivi:
-
miglioramento della copertura arborea o della funzionalità per attività
agro-silvo-pastorali;
-
miglioramento delle condizioni idrologiche rispetto alla tenuta dei versanti e
alla raccolta e regimentazione delle acque piovane.
Quanto alla
compatibilità del materiale rispetto all’intervento da realizzare il comma 7
bis fa un generico riferimento all’accertamento delle caratteristiche
ambientali.
Sul piano
pratico la nuova normativa pone una serie di delicati problemi di coordinamento
con le altre disposizioni contenute nell’art. 186.
Infatti si
osserva che il comma 1 già prevede la possibilità di utilizzare le terre e
rocce per rimodellazioni, riempimenti, reinterri, rilevati e cioè tipologie di
opere che, nella loro accezione più ampia, ricomprendono le tipologie di opere
espressamente indicate dal nuovo comma 7 bis.
Ciò detto si
pone il problema se le condizioni per il reimpiego dettate dal comma 1 debbano
essere osservate anche nei casi indicati dal comma 7 bis ovvero se per queste
ultime tipologie sia sufficiente l’accertamento delle caratteristiche
ambientali come previsto dal citato comma 7 bis.
Considerato
che l’adozione di questa seconda tesi interpretativa creerebbe una sostanziale
situazione di disparità di trattamento a parità di tipologia di materiale ed
anche per molti aspetti di opera nella quale viene riutilizzato, si propende
nel ritenere che l’accertamento delle caratteristiche ambientali debba essere
svolto attraverso la verifica delle condizioni indicate nel comma 1.
Comma 7 ter
Il primo
periodo del comma 7 ter, riprendendo la formulazione impiegata nella versione
originaria dell’art. 186 del D.Lgs. 152/06 (e cioè quella antecedente alla
modifica apportata dal D.Lgs. 4/08), prevede che le prescrizioni dello stesso
art. 186 ed in particolare quelle del comma 1 (compreso l’utilizzo in altri
cicli industriali) possano essere applicate anche ai residui provenienti
dall’estrazione di marmi e pietre.
Premesso che
gran parte degli scarti estrattivi possono rientrare nella fattispecie più
generale dei sottoprodotti, la nuova normativa è comunque rilevante in quanto
facilita soprattutto l’utilizzo dei residui (siano essi derivanti dalla vera e
propria attività estrattiva che dalle attività propedeutiche all’estrazione)
quali le terre da coltivo o superficiali.
È però
evidente che la qualifica di sottoprodotti potrà essere ottenuta solo nel
rispetto delle prescrizioni dell’art. 186 (e quindi anche senza che il
materiale abbia un valore economico).
Il secondo
periodo del comma 7 ter è relativo ai materiali che derivano dalla lavorazione
del marmo e delle pietre mediante l’impiego di agenti o reagenti naturali.
La formula
utilizzata dovrebbe sottointendere due categorie di utilizzo e cioè
- recupero
ambientale
- reinterri,
rilevati, rimodellazione, altro ciclo produttivo ai sensi dell’art. 186 comma
1.
Secondo
l’interpretazione letterale si potrebbe ritenere che, nel caso di recupero
ambientale (l’espressione del comma 7 ter “sottoposti” dovrebbe essere
sostituita con “impiegati”), debbano essere soddisfatti i requisiti tecnici per
gli scopi specifici e rispettati i valori limite per gli inquinanti
eventualmente presenti di cui all’Allegato 5 alla parte IV del D.Lgs. 152/08
tenendo conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente derivanti
dall’utilizzo della sostanza o dell’oggetto.