APPALTI PUBBLICI - LA P.A. NON PUO’ DISAPPLICARE LE CLAUSOLE DI BANDO AI FINI DI UNA MAGGIORE PARTECIPAZIONE

(Consiglio di Stato, Sezione V^ del 27 marzo 2009, n. 1822)

 

Le clausole dell’avviso d’asta vincolano non soltanto i concorrenti ma anche l’amministrazione pubblica alla quale, in omaggio al principio generale della par condicio, non è consentito disapplicare la lex specialis al solo fine di consentire la più ampia partecipazione all’asta.

È legittima l’esclusione di una società in accomandita semplice dall’asta pubblica quando l’avviso preveda che la dichiarazione d’inesistenza di condanne incidenti sulla capacità di contrarre con la pubblica amministrazione debba essere prodotta da tutti gli amministratori muniti di rappresentanza, ma tale dichiarazione non sia stata resa da ciascuno dei soci accomandatari.

 

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DIRITTO

1.1. Quanto al primo motivo di gravame, la Sezione osserva che l’avviso d’asta pubblica indetto in data 19 febbraio 2004 dal Comune di P. per la vendita dell’immobile ad uso negozio, al punto 4 bis prevedeva, nel caso che concorrente fosse un’impresa, la produzione di un «certificato, in data non anteriore a sei mesi dalla scadenza del termine di presentazione dell’ offerta, di iscrizione al Registro delle Imprese competente, che rechi l’indicazione della persona legittimata a rappresentare ed impegnare legalmente l’impresa, nonché la dichiarazione di assenza di procedure concorsuali di cui al RD. 16 marzo 1942, n. 267», aggiungendo anche che detto certificato poteva essere sostituito da una dichiarazione sostitutiva ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. n. 445/2000. Anche a voler ammettere che la formulazione di detta clausola, relativamente alla necessità che il certificato della C.C.I.A.A. riportasse espressamente l’indicazione di assenza di procedure concorsuali di cui al RD. 16 marzo 1942, n. 267, potesse essere considerata generica o equivoca nel senso che non risultava chiaro se la predetta annotazione dovesse riferirsi all’esistenza di sentenze dichiarative di fallimento, di decreti di apertura del concordato fallimentare, di provvedimenti di ammissione alla procedura di amministrazione controllata e di provvedimento che dispongono la liquidazione coatta amministrativa (che, in quanto oggetto di comunicazione al registro delle imprese possono essere certificati dalla C.C.I.A.A.) ovvero alla sola esistenza di istanze di fallimento, di richiesta di ammissione al concordato fallimentare, all’amministrazione controllata o alla liquidazione coatta amministrativa (situazioni che possono essere certificate soltanto dalla cancelleria del tribunale fallimentare), non è revocabile in dubbio che l’esclusione dalla gara dell’offerta presentata dalla società D.O. s.a.s., come si ricava dalla lettura del verbale di aggiudicazione n. 1 del 17 marzo 2004, è stata fondata solo sulla circostanza che sul certificato della C.C.I.A.A. della predetta società mancava qualsiasi annotazione circa l’assenza delle procedure concorsuali di cui al RD. 16 marzo 1942, n. 267. Pertanto la censura formulata dalla società D.O. s.a.s. è infondata, in quanto l’esclusione è stata determinata esclusivamente dal fatto che la documentazione prodotta a corredo dell’offerta non corrispondeva a quella prevista dalla clausola dell’avviso d’asta, le cui previsioni, com’è noto, vincolano non solo i concorrenti, ma la stessa amministrazione cui non è consentito disapplicare la lex specialis (bando di gara o avviso d’asta) proprio in omaggio al principio della par condicio di tutti i concorrenti; né d’altra parte può ritenersi che l’annotazione richiesta dall’amministrazione fosse illogica o arbitraria, avendo evidentemente la finalità di evitare di contrattare con soggetti la cui posizione patrimoniale potesse esporre a rischio la stessa attività amministrativa. Secondo un indirizzo giurisprudenziale che la Sezione condivide, nel caso in cui un bando di gara impone ai partecipanti determinati oneri formali deve ritenersi che si è inteso dare prevalenza al principio di formalità collegato alla garanzia della par condicio, che per l’effetto non può essere superato dall’opposto principio del favor partecipationis (Cons. Stato, sez. V, 19 febbraio 2008, n. 567). Peraltro, come correttamente evidenziato dai primi giudici, la stessa clausola in questione consentiva ai concorrenti di sostituire la certificazione della C.C.I.A.A. con la ricordata indicazione con una apposita dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 445 del 2000, così che la società appellante, avvedutasi che la certificazione della C.C.I.A.A. non era conforme alla previsione dell’avviso di gara, avrebbe agevolmente potuto integrare con la predetta dichiarazione sostitutiva il dato mancante, cosa che invece inspiegabilmente non si è verificata. La decisione dei primi giudici, pertanto, in relazione al motivo di gravame in esame, non merita alcuna censura.

1.2. Anche il secondo motivo di appello non è meritevole di favorevole considerazione. Invero, il punto 6 del ricordato avviso d’asta stabiliva che, insieme all’ offerta, doveva essere prodotto anche una «dichiarazione sostitutiva, ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, attestante l’inesistenza di condanne o misure che comportino la perdita o la sospensione della capacità di contrarre con la pubblica amministrazione», specificando che «nel caso di società, associazioni o enti l’attestazione deve riferirsi agli amministratori muniti di rappresentanza» . Dalla certificazione della C.C.l.A. A. prodotta dalla società appellante risultano essere soci accomandatari della stessa i signori B.P. e S.O., mentre la dichiarazione circa l’inesistenza di condanne o misure che comportino la perdita o la sospensione della capacità di contrarre con la pubblica amministrazione è stata resa soltanto dalla signora B.P. Nella società in accomandita semplice tutti gli amministratori devono essere soci accomandatari, anche se non necessariamente tutti gli accomandatari sono amministratori, nel senso che è ammesso che l’amministrazione della società possa essere conferita o esercitata solo taluni soci accomandatari; è stato però precisato che nelle società di persone, per un verso, quando il contratto sociale nulla dispone in ordine all’amministrazione ed alla rappresentanza della società, ciascun socio ha il potere di amministrare e quello di rappresentanza, sia sostanziale che processuale (Cass. civ., sez. II, 21 giugno 1985, n. 3719) e, per altro verso, che l’efficacia dichiarativa che consegue all’iscrizione della nomina del socio accomandatario nel registro delle imprese (e la provenienza della richiesta di iscrizione dal legale rappresentante della società) comportano che dalla iscrizione discenda la presunzione semplice che la persona indicata come accomandataria lo sia effettivamente (Cass. civ sez. I, 15 luglio 2004, n. 13124). Non può pertanto ragionevolmente negarsi, in virtù delle risultanze del certificato camerale in data 3 marzo 2004 prodotto per la partecipazione all’asta pubblica, da cui non emerge alcuna limitazione o esclusione dei poteri di amministrazione del socio accomandatario signor S.O., che anche quest’ultimo avesse effettivamente la carica di amministratore e rappresentante della società, quale socio accomandante, e dovesse pertanto rendere anch’egli la dichiarazione circa l’inesistenza di condanne o misure che comportino la perdita o la sospensione della capacità di contrarre con la pubblica amministrazione. Al riguardo è appena il caso di evidenziare che, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, non si rinviene nella ricordata clausola dell’avviso d’asta alcuna equivocità o genericità di contenuti.

II. In conclusione l’appello deve essere respinto.

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