INPS - D. LGS. N. 151/2001 - FAMILIARE
AFFETTO DA HANDICAP - DIRITTO AL CONGEDO STRAORDINARIO A FAVORE DEL FRATELLO
CONVIVENTE - MESSAGGIO N. 19583/2009
Con
sentenza n. 19 del 30 gennaio 2009, la Corte Costituzionale ha dichiarato
l’illegittimità dell’art. 42, comma 5, del Decreto Legislativo 26 marzo 2001,
n. 151, in riferimento agli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione, nella parte
in cui non include, nel novero dei soggetti aventi titolo a fruire del congedo
straordinario ivi previsto, il figlio convivente, in assenza di altri soggetti
idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave. Si
ricorda che l’art. 42, comma 5, del D. Lgs n. 151/01, prevede il diritto della
lavoratrice madre o, in alternativa, del lavoratore padre o, dopo la loro
scomparsa, di uno dei fratelli o sorelle conviventi di soggetto con handicap in
situazione di gravità, in presenza di determinati requisiti e condizioni, a
fruire, per l’assistenza del soggetto disabile, del congedo di cui all’art. 4,
comma 2, della Legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla
richiesta.
Con
sentenze n. 233 del 16 giugno 2005 e n. 158 del 18 aprile 2007 la Corte
Costituzionale ha esteso il diritto al congedo in discorso ai fratelli o
sorelle conviventi con un soggetto in situazione di handicap grave, anche
nell’ipotesi in cui i genitori siano impossibilitati a provvedere
all’assistenza del figlio disabile perché totalmente inabili, nonché al coniuge
convivente.
Ai fini
dell’erogazione dell’indennità connessa alla fruizione del congedo in parola a
seguito della richiamata sentenza, l’INPS ha fornito talune indicazioni con
circolare n. 41 del 16 marzo 2009..
Si
informa ora che, con messaggio n. 19583 del 2 settembre 2009, l’Istituto è
tornato sull’argomento per rendere noto il parere espresso dal Ministero del
Lavoro in merito all’esatta portata del termine “convivenza” citato nella
suindicata pronuncia.
In
proposito, il menzionato Dicastero ha posto in rilievo quanto enunciato dalla
Corte Costituzionale circa la necessità primaria “di assicurare in via
prioritaria la continuità nelle cure e nell’assistenza del disabile che si
realizzano in ambito familiare, al fine di evitare lacune nella tutela della
salute psico-fisica dello stesso”.
Pertanto,
ad avviso del Ministero del Lavoro, alla luce della necessità di un’assistenza
continuativa, per “convivenza” si deve fare riferimento, in via esclusiva, alla
residenza, luogo in cui la persona ha la dimora abituale, ai sensi dell’art. 43
del Codice civile, non potendo ritenersi conciliabile con la predetta necessità
la condizione di domicilio né la mera elezione di domicilio speciale previsto
per determinati atti o affari dall’art. 47 del medesimo codice.