D.LGS. N. 151/2001 - TUTELA MATERNITA’ - RIPOSI GIORNALIERI DEL
PADRE -STATO DI CASALINGA DELLA MADRE - MINISTERO DEL
LAVORO - NOTA 19605/2009
Il Ministero del Lavoro,
con nota n. 19605 del 16 novembre 2009, è tornato sull’argomento relativo alla
concessione dei riposi del padre lavoratore dipendente nel caso in cui la madre
sia lavoratrice non dipendente, ai sensi dell’art. 40, lett
c), del D.Lgs. n. 151/01 (cfr. Not.
10/2009).
Al riguardo, si ricorda che
il Consiglio di Stato, con sentenza n. 4293/2008, ha fornito un’interpretazione
estensiva della lettera c) dell’art. 40 in parola, maggiormente aderente alla ratio legis, volta a garantire al
lavoratore padre la cura del bambino in tutte le ipotesi in cui l’altro
genitore sia impegnato in attività lavorative che lo distolgano
dall’assolvimento di tale compito, estendendo quindi l`applicabilità della
norma anche ai casi in cui la madre sia casalinga.
Su tale pronuncia,
successivamente, l’Inps ha fornito, con circolare n. 112/09, le istruzioni per
usufruire di detta possibilità, prevedendo, in particolare, nel solo caso in
cui la madre sia casalinga, che questa debba presentare apposita documentazione
comprovante l’impossibilità alle cure del neonato per impegni in altre
attività.
Il Ministero del lavoro,
con la nota in parola, ha espresso la propria contrarietà rispetto all’indicazione fornita dall’Inps,
poiché per le ipotesi in cui a fruire del riposo giornaliero sia il padre
coniugato con donna lavoratrice dipendente o lavoratrice autonoma, l’Inps non
richiede alcuna documentazione in merito alle ragioni che hanno impedito alla
madre di occuparsi del bambino e che hanno, dunque, reso necessario
l’intervento del padre (circolare n. 109/2000 per le lavoratrici autonome).
Né esiste una norma che
imponga di provare e documentare le ragioni che impediscono alla madre
lavoratrice non dipendente di occuparsi del bambino.
Sul presupposto che nessuna
norma di legge prevede di documentare le ragioni che impediscono alla madre
lavoratrice non dipendente di occuparsi del bambino, il Dicastero ha concluso
ricordando che una interpretazione diversa rispetto a quanto previsto dall’art.
40, lett. c) del D.Lgs. 151/01 potrebbe facilmente
produrre questioni di legittimità costituzionale, per disparità di trattamento
tra lavoratrici dipendenti o autonome e lavoratrici non dipendenti.
Tale conclusione appare in
sintonia con il già consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità,
che aveva precedentemente sottolineato come in numerosi ambiti ordinamentali la casalinga sia considerata come lavoratrice
(Cass., sez. III, n. 20324 del 20 ottobre 2005), in quanto impegnata in
attività che comunque la distolgono dalla cura del neonato.
L’interpretazione estensiva
della lettera c) dell’art. 40 citato, derivante dalla pronuncia del Consiglio
di Stato risulta, dunque, maggiormente aderente alla ratio
legis , volta a garantire al lavoratore padre la cura
del bambino in tutte le ipotesi in cui l’altro genitore sia impegnato in
attività lavorative che lo distolgano dall’assolvimento di tale compito.
In data 15 ottobre 2009
l’Inps, con circolare n. 112/2009, ritornando sulla questione, ha condizionato
la fruizione dei riposi di che trattasi ad una serie di limiti (oggettiva impossibilità
della madre casalinga di dedicarsi alla cura del neonato, perché impegnata in
altre attività, quali accertamenti sanitari, partecipazione a pubblici
concorsi, ecc.) ed oneri (produzione di documentazione medica, attestato di
partecipazione a corsi e
concorsi, e simili).
In rapporto a ciò, si
ravvisa la necessità di meglio chiarire quanto esplicitato nella citata lettera
circolare B/2009, alla luce della ratio sottesa alla
sentenza del Consiglio di Stato, in relazione a quanto affermato dall’Inps
nella citata circolare.
Come si legge nella
sentenza de quo, la ratio dell’art. 40, lettera c)
del D.Lgs. n. 151/2001 è quella di beneficiare il
padre dei permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia
diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in
attività che la distolgano dalla cura del neonato.
Tale ultima affermazione
non sembra avere lo scopo di porre dei limiti o delle condizioni alla
possibilità di fruire del beneficio, ma solo quella di esplicitare l’intenzione
del legislatore.
Al riguardo, coerentemente
alle finalità di favor per il ruolo genitoriale ribadite dalla sentenza, per le
ipotesi in cui a fruire del riposo giornaliero sia il padre coniugato con donna
lavoratrice dipendente o lavoratrice autonoma, l’Inps non richiede alcuna
documentazione in merito alle ragioni che hanno impedito alla madre di
occuparsi del bambino e che hanno, dunque, reso necessario l’intervento del
padre (circolare n. 109/2000 per le lavoratrici autonome). Né esiste una norma
che imponga di provare e documentare le ragioni che impediscono alla madre
lavoratrice non dipendente di occuparsi del bambino.
Tanto premesso, la
richiesta dell’Inps di produrre, nelle sole ipotesi in cui la madre sia
casalinga, documenti attestanti l’effettiva impossibilità della stessa di
occuparsi del figlio non appare supportata da alcuna disposizione normativa in
tal senso.
Inoltre, neanche in via
interpretativa può essere avallata tale richiesta, in quanto una simile
interpretazione dell’art. 40, lettera c), citato, può facilmente ingenerare
questioni di costituzionalità, ai sensi dell’art. 3 Cost., per evidente
disparità di trattamento dei soggetti destinatari della norma (le lavoratrici
non dipendenti).