INPS - FONDO DI GARANZIA PER IL TFR - ISTRUZIONI DELL’ISTITUTO - CIRCOLARE N. 32 DEL 4 MARZO 2010

 

L’Inps con circolare n. 32 del 4 marzo 2010, ha fornito nuove istruzioni volte a superare difficoltà operative riscontrate nel funzionamento del Fondo di garanzia del Trattamento di fine rapporto dovute ad una carenza di coordinamento tra la L. n. 297 del 29 maggio 1982, costituente il fondo di garanzia del TFR, ed il nuovo diritto fallimentare introdotto dal D. Lgs. 5/06 e dal D.Lgs. 169/07.

La circolare in commento, che si pubblica in calce alla presente nota,  si sofferma sulle problematiche concernenti la definizione di “datore di lavoro non soggetto alle disposizioni del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267”, di cui all’art. 2, comma 5, della Legge n. 297/1982 e le modalità di intervento del Fondo di garanzia laddove il Tribunale disponga di non procedere all’accertamento del passivo ai sensi dell’art. 102 del medesimo regio decreto.

 

Inps

 

Roma, 4 marzo 2010

 

Circolare n. 32

 

Oggetto: intervento del fondo di garanzia di cui all’art. 2 della l. N. 297/82 - modifiche alla circolare 74 del 15 luglio 2008

 

Sommario:

1. Premessa.

2. Definizione di «datore di lavoro non soggetto alle disposizioni del RD 16 marzo 1942, n. 267» di cui all’art. 2, comma 5 della L 297/82.

3. Modalità di intervento del Fondo di garanzia nel caso in cui il Tribunale decreti di non procedere all’accertamento del passivo secondo la previsione dell’art. 102 LF.

4. Istanze di riesame.

 

1. Premessa

Il funzionamento del Fondo di garanzia per il TFR, nel corso degli ultimi anni, ha evidenziato alcune difficoltà operative, per la maggior parte dovute ad una carenza di coordinamento tra la legge 29 maggio 1982, n. 297 - istitutiva del Fondo stesso - ed il nuovo diritto fallimentare introdotto dai decreti legislativi nn. 5/2006 e 169/2007.

In particolare sono risultate problematiche la definizione di «datore di lavoro non soggetto alle disposizioni del RD 16 marzo 1942, n. 267» di cui all’art. 2, comma 5 della L. n. 297/82 e le modalità di intervento del Fondo nel caso in cui il Tribunale disponga di non procedere all’accertamento del passivo ai sensi dell’art. 102 LF, dalle quali conseguirebbe l’impossibilità di accedere alle prestazioni del Fondo, in contrasto con lo scopo sociale perseguito dalla disciplina comunitaria (Direttiva 20 ottobre 1980 n. 987 attuato dal Decreto Legislativo 27 gennaio 1992, n. 80) ossia assicurare che vengano adottate le misure necessarie per tutelare gli interessi dei lavoratori subordinati e quelli delle persone che hanno già lasciato l’impresa o lo stabilimento del datore di lavoro alla data dell’insorgere della insolvenza di quest’ultimo attraverso la garanzia dei crediti di lavoro.

Ciò rende necessario, quindi, come concordato con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, un’interpretazione sistematica delle nuove disposizioni in materia di procedure concorsuali (in particolare, del nuovo art. 102 R.D. 267 del 1942, L.F. come modificato dal Decreto Legislativo 12 Settembre 2007, n. 169) che, anche alla luce di quanto previsto dalla direttiva n. 2008/94/CE che ha codificato le disposizioni di cui alla direttiva 80/987/CEE sopra citata, in caso d’insolvenza assicuri la piena ed integrale attuazione del principio di tutela dei diritti dei lavoratori subordinati attraverso l’accesso alle prestazioni del Fondo.

In primo luogo deve essere considerato che il fine della L. 297/82 è quello di garantire a tutti i lavoratori subordinati il pagamento del TFR in caso di insolvenza del datore di lavoro e va pertanto previsto l’intervento del Fondo ai sensi del predetto art. 2, comma 5, in tutti i casi in cui il datore di lavoro non sia soggetto concretamente e non solo in astratto alle disposizioni della legge fallimentare; in secondo luogo si deve tener presente che la direttiva comunitaria (di cui tale legge costituisce la prima attuazione) ha armonizzato la nozione di “insolvenza” ai fini dell’applicazione della tutela in questione; infine occorre tenere in considerazione la necessità di interpretare la legislazione nazionale conformemente ai precetti dell’Unione Europea, anche quando successive modifiche intervenute nella disciplina delle procedure concorsuali (che costituiscono uno dei presupposti per l’intervento del Fondo), potrebbero avere l’effetto di privare alcune categorie di lavoratori di una tutela imposta  dalle disposizioni comunitarie. Di conseguenza si ritiene ora di modificare alcune istruzioni a suo tempo impartite con circolare n. 74 del 15.7.2008.

 

2. Definizione di «datore di lavoro non soggetto alle disposizioni del RD 16 marzo 1942, n. 267» di cui all’art. 2, comma 5 della L 297/82

La legge n. 297/82 ha previsto requisiti diversi per l’intervento del Fondo a seconda che il datore di lavoro sia soggetto o meno alle disposizioni della legge fallimentare.

Quanto al requisito dell’insolvenza del datore di lavoro, la Corte di Cassazione, con giurisprudenza consolidata, ha precisato che ogni qual volta il datore di lavoro sia un imprenditore commerciale privato –soggetto alle disposizioni della legge fallimentare ai sensi dell’art. 1 della stessa – lo stesso requisito va dimostrato unicamente mediante l’apertura di una procedura concorsuale.

Recentemente la Suprema Corte (Cass., Sez. Lav. 1178/09),  pronunciandosi sul caso di datore di lavoro non più assoggettabile a fallimento per aver cessato l’attività di impresa da oltre un anno (art. 10 LF), ha affermato il seguente principio di diritto «quando un datore di lavoro è assoggettabile a fallimento, ma in concreto non può essere dichiarato fallito per avere cessato l’attività di impresa da oltre un anno, esso va considerato <non soggetto> a fallimento e pertanto opera l’art. 2 comma 5 della Legge 297/82 (…)». Di conseguenza l’espressione «non soggetto alle disposizioni del RD 267/42» deve essere interpretata come “in concreto” non assoggettabile a fallimento.

Pertanto, quando il Tribunale decreti di non procedere all’apertura della procedura concorsuale sia per i motivi di cui all’art. 1 comma 2 L.F., sia per le cause previste dagli artt. 10, 11 e 15 comma 9 L.F., il lavoratore potrà aver accesso al Fondo di garanzia sulla base dei requisiti previsti dall’art. 2, comma 5 della L 297/82.

I requisiti per l’accesso al Fondo di garanzia previsti per i dipendenti da datori di lavoro non assoggettabili a procedura concorsuale sono dettagliatamente indicati  al par. 3.1.2. della circolare n. 74 del 15 luglio 2008, alla quale si rinvia.

Ai fini della prova che il datore di lavoro non è soggetto alle procedure concorsuali, non è necessaria la presentazione del decreto di reiezione dell’istanza di fallimento nel caso in cui il lavoratore esibisca certificato o visura del registro delle imprese tenuto dalla C.C.I.A.A. dalla quale risulti che il datore di lavoro è stato cancellato da oltre un anno, rispetto alla data di presentazione della domanda di intervento del Fondo di garanzia.

Di conseguenza la lett. b) del par. 3.1.1 della circolare n. 74 del 15 luglio 2008 deve ritenersi non più valida nella parte in cui prevede:

«In talune ipotesi, che di seguito si esemplificano, non si fa luogo all’apertura della procedura concorsuale:

- quando, a norma degli artt. 10 e 11 L.F. l’imprenditore non può essere dichiarato fallito essendo trascorso più di un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese;

- nel caso, previsto dall’art. 15, comma 9, L.F, in cui risulti che il complessivo ammontare dei debiti scaduti e non pagati accertati nel corso dell’istruttoria prefallimentare è inferiore a Euro 30.000 . Questo limite non è riferito al singolo debito del lavoratore, o dei lavoratori, ma a tutti i debiti dell’azienda.

Allo stato, le richieste di intervento che rientrano in questa casistica non potranno trovare accoglimento.

Nelle segnalate ipotesi non potranno trovare accoglimento le domande presentate sulla base dei requisiti che devono far valere i dipendenti di datori di lavoro non soggetti alle procedure concorsuali».

 

3. Modalità di intervento del Fondo di garanzia nel caso in cui il Tribunale decreti di non procedere all’accertamento del passivo secondo la previsione dell’art. 102 L.F.

La riforma del diritto fallimentare attuata con il decreto legislativo 9.1.2006, n. 5 (da ultimo modificato dal decreto legislativo n. 169/2007), ha determinato un’impasse al meccanismo di funzionamento del Fondo di garanzia.

In particolare la nuova formulazione dell’art. 102 L.F. “Previsione di insufficiente realizzo”, al comma 1, ha introdotto la possibilità di non procedere alla verifica dello stato passivo, qualora risulti che non possa essere acquisito attivo da distribuire ad alcuno dei creditori che abbiano chiesto l’ammissione al passivo. In tal caso viene a mancare lo stato passivo cui l’art. 2, comma 2, della L. 297/82, riconnette il termine per la presentazione della domanda di intervento del Fondo di garanzia.

In tale contesto i dipendenti da datori di lavoro insolventi per i quali il Tribunale decida di non procedere all’accertamento del passivo resterebbero “di fatto” privi della tutela apprestata dal Fondo di garanzia.

Si pone quindi il problema di coordinare le citate disposizioni al fine di rendere comunque possibile l’accesso dei lavoratori al Fondo di garanzia e con ciò la realizzazione della tutela minima assicurata dalla direttiva comunitaria 80/987/CE come modificata dalla direttiva 2008/94/CE.

L’art. 2 della citata direttiva chiarisce che “un datore di lavoro si considera in stato di insolvenza” quando è stata chiesta l’apertura di una procedura concorsuale fondata sull’insolvenza del datore di lavoro e quando l’autorità competente ha deciso l’apertura del procedimento, oppure ha constatato la chiusura definitiva dell’impresa e l’insufficienza dell’attivo disponibile per giustificare l’apertura del procedimento. Appare evidente che la fattispecie regolamentata dall’art. 102, comma 1 L.F. rientra nella definizione comunitaria di datore di lavoro insolvente.

La L. n. 297/82 richiede, ai fini dell’intervento del Fondo, che il credito del lavoratore sia accertato tramite ammissione nello stato passivo della procedura concorsuale aperta nei confronti del datore di lavoro insolvente.

In assenza del procedimento di accertamento del passivo (art. 102 comma 1  L.F.) il lavoratore potrà chiedere l’intervento del Fondo di garanzia purché il credito risulti accertato sulla base dell’art. 2 comma 5 L. n. 297/82.

Al fine di dimostrare il proprio diritto all’intervento del Fondo il lavoratore dovrà allegare alla domanda la seguente documentazione:

- copia di un documento di identità personale (se la domanda non è firmata in presenza di un funzionario dell’Istituto);

- originale del titolo esecutivo (decreto ingiuntivo o sentenza) con il quale il credito di lavoro è stato riconosciuto;

- copia del ricorso sulla base del quale è stato ottenuto il titolo esecutivo;

- copia autentica del decreto con il quale il Tribunale ha deciso di non procedere alla verifica del passivo;

- copia autentica del decreto di chiusura della procedura concorsuale;

- copia autentica del verbale di pignoramento negativo;

- visura o certificato della Conservatoria dei registri immobiliari dei luoghi di nascita e di residenza del datore di lavoro;

- certificato di residenza del datore di lavoro.

- mod. TFR3/bis SOST da compilare e sottoscrivere a cura del lavoratore in forma di dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (cod. SR53).

 

4. Istanze di riesame

Eventuali richieste di riesame dovranno essere accolte ove non sia intervenuta la decadenza dall’azione giudiziaria per ottenere le prestazioni a carico del Fondo (art. 47 del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, nel testo modificato dall’art. 4 del D.L. n. 384/1992, convertito con modificazioni nella L. n. 438/1992) ed, in ogni caso, a condizione che non sia intervenuta sentenza passata in giudicato.

Per maggior chiarezza, considerato che sulla questione si sono recentemente pronunciate le Sezioni Unite della Corte di Cassazione(1), si ricorda che la decadenza dall’azione giudiziaria interviene quando sia trascorso un anno:

- dalla data di comunicazione tempestiva dell’esito del ricorso amministrativo presentato nei termini;

- dal 91° giorno successivo alla data di presentazione del ricorso amministrativo, senza che sia intervenuta una decisione del Comitato, se il ricorso stesso è stato presentato nei termini(2);

- dal 301° giorno successivo alla data di presentazione della domanda, nel caso in cui l’Istituto non abbia adottato alcun provvedimento –o abbia adottato un provvedimento tardivo-, o nel caso in cui l’assicurato non abbia presentato ricorso avverso il provvedimento di reiezione.

 

Note:

(1) Cass. Sez. Unite sentenza n. 19992 del 17.9.2009; Cass. Sez. Unite, sentenza 12718 del 29.5.2009.

(2) Il termine per presentare ricorso al Comitato provinciale è di 90 gg. dalla data di comunicazione del provvedimento (art. 46 della L. 88/89).