APPALTI PUBBLICI - NEL LEASING IN COSTRUENDO AMMISSIBILE SIA L’ATI SIA L’AVVALIMENTO

(Tribunale Amministrativo Regionale Lombardia - Brescia, Sezione II^ del 5 maggio 2010, n. 1675)

 

1. L’associazione temporanea d’impresa tra costruttore e finanziatore di cui all’art. 160-bis è una figura non coincidente con il raggruppamento temporaneo disciplinato in via generale all’art. 37 del D. Lgs. 163/2006, rinvenendosi i seguenti profili differenziali:

a) nel raggruppamento ordinario la responsabilità tra i soggetti che vi prendono parte è di tipo solidale (art. 37 comma 5), mentre nella compagine delineata per il leasing “in costruendo” non sussistono vincoli di solidarietà e ciascuno risponde per l’obbligazione specificamente assunta; siamo in presenza di un raggruppamento eterogeneo, creato da soggetti che svolgono attività radicalmente diverse e che non sarebbero in grado di assolvere le reciproche obbligazioni;

b) nel raggruppamento eterogeneo la distinzione tra mandatario e mandante è decisamente sfumata, poiché i due soggetti agiscono sullo stesso piano ed assumono responsabilità autonome e separate, senza che la posizione di capogruppo comporti conseguenze giuridiche apprezzabili;

c) dopo il collaudo dell’opera il raggruppamento ordinario si scioglie e cessa ogni rapporto con la stazione appaltante, mentre nel raggruppamento eterogeneo il vincolo giuridico viene meno per il solo costruttore: permane infatti rapporto contrattuale tra la stazione appaltante che eroga i canoni ed il finanziatore che li percepisce;

d) nel caso di fallimento di uno dei mandanti l’art. 37 comma 19 accolla al mandatario l’obbligo – salva indicazione di altro operatore subentrante in possesso dei requisiti di idoneità – di eseguire comunque i lavori assunti in appalto, direttamente o a mezzo degli altri mandanti; viceversa se fallisce uno dei due soggetti riuniti nel raggruppamento eterogeneo, l’altro può sostituirlo – previo assenso del committente – con altro soggetto avente identici requisiti e caratteristiche ma non può direttamente farsi carico della prestazione divenuta inesigibile nei confronti del primo.

In definitiva l’art. 160-bis introduce una deroga incisiva alla disciplina ordinaria dell’associazione temporanea di impresa di cui all’art. 37, che rinviene la propria ratio nell’eterogeneità degli operatori coinvolti, appartenenti a settori (finanziario ed edilizio) assolutamente distanti tra loro .

 

2. La fattispecie di cui all’art. 160-bis contempla l’accostamento di prestazioni – la costruzione ed il finanziamento – assolutamente distanti tra loro, ancorchè coordinate e rese complementari dal legislatore per soddisfare le esigenze delle amministrazioni pubbliche. Il regime della solidarietà è incompatibile con l’avvalimento atipico e , nel silenzio della norma, opera la deroga alla regola generale di cui all’art. 49, con conseguente responsabilità frazionata dei due soggetti coinvolti.

Innanzitutto sarebbe incomprensibile la scelta del legislatore che, a fronte di due istituti (ATI e avvalimento) assimilabili sotto il profilo della disciplina generale della responsabilità (cfr. artt. 37 comma 5 e 49 comma 4), li ridisegnasse in maniera differenziata nel leasing “in costruendo”, con l’introduzione per il primo soltanto della deroga alla solidarietà. Le ragioni che supportano le regole ad hoc dettate per il raggruppamento temporaneo eterogeneo sono evidentemente valide anche per l’avvalimento atipico modellato dall’art. 160-bis comma 4-bis del D. Lgs. 163/2006, e non si intravedono profili in grado di giustificare un regime difforme per sistemi di cooperazione tra imprese ugualmente ammessi e pacificamente parificati nelle gare d’appalto. Diversamente opinando, le stazioni appaltanti non avrebbero motivo di optare per l’affidamento in ATI e potrebbero ritenersi legittimate ad escludere irragionevolmente tale possibilità ai concorrenti.

In secondo luogo, seguendo la linea interpretativa che tollera il regime di responsabilità solidale nel leasing “in costruendo”, se il costruttore fosse inadempiente il finanziatore potrebbe essere chiamato ad eseguire in proprio i lavori; all’opposto, ove fallisse il finanziatore, il costruttore dovrebbe far fronte da sé agli stati di avanzamento mantenendo in essere ed onorando il mutuo concesso all’amministrazione in esito all’appalto. Si tratta evidentemente di ipotesi del tutto irragionevoli, non rinvenendosi imprese il cui Statuto prevede due oggetti sociali così eterogenei.

Sotto ulteriore profilo il D. Lgs. 385/93 – Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia – all’art. 106 comma 2 statuisce che “Gli intermediari finanziari ... possono svolgere esclusivamente attività finanziarie, fatte salve le riserve di attività previste dalla legge”.Il vincolo di solidarietà implica che la Società di leasing possa essere chiamata a rispondere delle obbligazioni del costruttore, facendosi carico di un’attività diversa da quella squisitamente finanziaria.

Da ultimo si osserva che, secondo la tesi avversa, il contratto di leasing tra stazione appaltante e finanziatore dovrebbe contemplare la realizzazione dell’opera, mentre il contratto di appalto verrebbe stipulato tra il finanziatore ed il costruttore: è inaccettabile che in un appalto di lavori il committente pubblico sia espropriato di qualsiasi potere nei confronti dell’impresa esecutrice, e che attività che costituiscono prerogativa tipica dell’amministrazione aggiudicatrice – come la direzione lavori, la verifica degli stati di avanzamento, il controllo del rispetto degli obblighi di legge sulla sicurezza del lavoro, dell’osservanza dei minimi contrattuali e della corretta applicazione delle regole sul subappalto – vengano traslate su un soggetto privato, che sarebbe investito indebitamente di funzioni pubbliche.

In buona sostanza l’avvalimento non può implicare la totale espulsione dell’impresa costruttrice dalla procedura di gara e dal contratto avente ad oggetto l’esecuzione di lavori, per il contrasto con la finalità sostanziale dell’operazione: per la realizzazione di un’opera pubblica l’impresa costruttrice si affianca al soggetto finanziatore, e quest’ultimo non può essere il dominus dell’intera operazione, essendo del tutto estraneo alla prestazione relativa ai lavori e non disponendo di quell’organizzazione d’impresa, tipica delle imprese di costruzioni, che nell’avvalimento è assicurata dall’impresa ausiliata.In realtà il modello disegnato dal legislatore contempla certamente un istituto nuovo, “spendibile” dalle amministrazioni, che attraverso una procedura unitaria ad evidenza pubblica possono individuare i soggetti che – in sinergia tra loro – permettono l’acquisizione di un’opera pubblica senza l’esborso immediato della cifra corrispondente al suo valore. L’obiettivo ben può essere raggiunto instaurando un rapporto trilaterale ovvero realizzando il collegamento di due rapporti bilaterali, idoneo a coinvolgere gli attori privati che sottoscrivono il contratto con l’amministrazione. Non può essere oscurata l’unitarietà dell’operazione, che consente alla stazione appaltante – al termine della gara – di perfezionare un accordo che corrisponda alle sue esigenze: l’appalto mantiene tuttavia la sua connotazione pubblica e l’Ente deve assumere il ruolo che la normativa comunitaria e nazionale gli assegna nei confronti del costruttore, instaurando con lo stesso un rapporto contrattuale.

In conclusione la scelta di circoscrivere la partecipazione alla forma dell’avvalimento atipico è illegittima, dovendosi ammettere anche le ATI, che presentano un analogo regime di responsabilità.