D. LGS. N. 151/2001 - TUTELA MATERNITA’ - INPS -
ULTERIORI CHIARIMENTI - CIRCOLARE N. 62/2010
Con circolare n. 62 del 29
aprile 2010, la l’Inps ha fornito chiarimenti su alcune questioni in materia di
prestazioni economiche di maternità, a seguito dei pareri recentemente espressi
al riguardo dal Ministero del Lavoro.
Nel precisare che il testo
della predetta circolare è a disposizione presso i nostri uffici, se ne
evidenziano in appresso gli aspetti di maggiore interesse.
Svolgimento di altra
attività lavorativa durante la fruizione del congedo parentale.
Al punto 2), la circolare
in esame segnala che la lavoratrice o il lavoratore dipendente i quali, durante
l’assenza dal lavoro per congedo parentale, intraprendano un’altra attività
lavorativa (dipendente, parasubordinata o autonoma), non hanno diritto
all’indennità a titolo di congedo parentale ed, eventualmente, sono tenuti a
rimborsare all’Inps le indennità indebitamente percepite (art. 22, co. 3, del
D.P.R. 25 novembre 1976, n.1026).
L’Istituto invita quindi le
proprie Sedi periferiche a respingere le relative domande e, qualora sia in
corso la fruizione del beneficio e del correlativo trattamento economico, ad
attivare il recupero secondo le modalità ordinariamente previste.
La circolare in discorso
precisa che l’incompatibilità di cui trattasi sussiste anche nei casi in cui il
lavoratore dipendente intraprenda una nuova attività lavorativa durante periodi
di congedo parentale non indennizzabili per superamento dei limiti temporali e
reddituali indicati dalla legge (artt. 32 e 34 del D.Lgs. n. 151/2001); in
questa ipotesi, sottolinea l’Inps, non viene infatti riconosciuta al lavoratore
la copertura figurativa per i periodi di congedo impropriamente utilizzati.
A norma dell’art. 34 del
D.Lgs. n. 151/2001, l’indennità di congedo parentale è dovuta per un periodo
massimo di sei mesi complessivi tra i genitori usufruiti nei primi tre anni di
vita del bambino. Per i periodi di congedo ulteriori l’indennità è dovuta a
condizione che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5
volte l’importo del trattamento minimo di pensione.
La reiezione della domanda
di indennità, con eventuale recupero di quanto già corrisposto, sarà limitata
ai periodi di congedo parentale durante i quali si sia verificato il
contemporaneo svolgimento di una nuova attività lavorativa.
L’Istituto rimarca che la
fattispecie sopra descritta è diversa da quella in cui il lavoratore sia
titolare di più rapporti di lavoro a tempo parziale (orizzontale) ed eserciti
il diritto al congedo parentale relativamente ad uno dei rapporti, proseguendo
l’attività lavorativa nell’altro o negli altri rapporti.
In questa ipotesi, infatti,
il lavoratore non si avvale dell’assenza per congedo parentale per
intraprendere una nuova attività lavorativa, ma si limita a proseguire
l’attività o le attività già in essere al momento della richiesta di congedo.
Infine, l’Inps pone in
rilievo che i lavoratori iscritti alla Gestione separata aventi diritto al
congedo parentale (lavoratori a progetto, collaboratori coordinati e
continuativi presso la Pubblica Amministrazione e titolari di assegno di
ricerca) e le lavoratrici autonome non possono proseguire l’attività lavorativa
nel periodo in cui fruiscono dell’indennità per congedo parentale, né possono
intraprendere, durante il medesimo periodo, una nuova attività (sia essa
dipendente, parasubordinata o autonoma).
Anche in tale caso
l’eventuale trattamento indebitamente concesso a titolo di congedo parentale
dovrà essere recuperato.
Parto prematuro ed
interdizione prorogata dal lavoro, autorizzata dai servizi ispettivi della
Direzione Provinciale del Lavoro.
A modifica delle istruzioni
contenute nella lettera d) della circolare n. 45 del 21 febbraio 2000, l’Inps
comunica che, nell’ipotesi di parto prematuro, i giorni di congedo obbligatori
non goduti prima del parto vanno aggiunti al termine del periodo di proroga
dell’interdizione dal lavoro, disposta dal Servizio Ispettivo della Direzione
Provinciale del Lavoro, ai sensi degli articoli 6 e 7 del D.Lgs. n. 151/2001,
con conseguente riconoscimento di un periodo di congedo post-partum
complessivamente di maggiore durata.
A norma degli articoli 6 e
7 del D.Lgs. n. 151/2001, nel periodo della gravidanza e fino ai sette mesi di
vita del bambino è vietato adibire le lavoratrici al trasporto e al
sollevamento pesi, nonché ai lavori pericolosi, faticosi ed insalubri indicati
dall’art. 5 del Decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n.
1026.
Qualora la lavoratrice non
possa essere spostata ad altre mansioni, il Servizio Ispettivo del Ministero
del Lavoro può disporre l’interdizione dal lavoro per il predetto periodo.
Certificati medici redatti
dai medici convenzionati con il servizio sanitario nazionale.
Secondo il precedente
orientamento dell’Inps, ai fini del rilascio dei certificati medici previsti
dal D.Lgs. n. 151/2001, i medici convenzionati con il Servizio Sanitario
Nazionale non erano da ricomprendere nella categoria dei “medici del Servizio
Sanitario Nazionale” abilitati al rilascio di detti certificati ai sensi
dell’art. 76, co. 1, del citato decreto, ma nella categoria dei “medici
diversi” di cui al successivo comma 2 dello stesso articolo.
Pertanto, l’Inps riteneva
che per i certificati redatti dai medici convenzionati trovasse applicazione la
norma da ultimo richiamata e che quindi fosse facoltà dell’Istituto o del
datore di lavoro accettare tali certificati ovvero richiederne la
regolarizzazione alla lavoratrice interessata.
Al punto 4), la circolare
in parola fa ora presente che il Ministero del Lavoro, in risposta ad un
quesito posto circa l’interruzione della gravidanza intervenuta prima del
centottantesimo giorno (aborto), ha chiarito che, ai fini dell’esclusione dei
periodi di malattia connessa a gravidanza dal computo del limite massimo
indennizzabile (centottanta giorni) per malattia nell’arco dell’anno solare,
non è necessaria la certificazione rilasciata da un medico specialistica del
Servizio Sanitario Nazionale, ma è sufficiente la certificazione redatta anche
dal medico curante di medicina generale convenzionato.
Ciò rilevato, l’Inps
evidenzia che, ai predetti fini, le Sedi dell’Istituto devono accettare anche i
certificati redatti dai medici curanti di medicina generale convenzionati.
Ad avviso dell’Istituto
devono anche essere accettati:
- i certificati medici
indicanti la data presunta del parto, redatti dai medici curanti di medicina
generale convenzionati o dai ginecologi convenzionati con il Servizio Sanitario
Nazionale (art. 21 del D.Lgs. n. 151/2001);
- la certificazione medica
attestante la malattia connessa a puerperio, analogamente a quanto previsto per
la certificazione richiesta ai fini della flessibilità, rilasciata dallo
specialista del Servizio Sanitario Nazionale o con esso convenzionato.
Rimane invece ferma la
facoltà dell’Inps e del datore di lavoro di accettare o chiedere la regolarizzazione
dei certificati medici redatti dai medici privati non convenzionati o dai
medici dipendenti da strutture private non convenzionate con il Servizio
Sanitario Nazionale.
Infine, l’Istituto ricorda
che, per l’individuazione delle strutture che possono considerarsi
“convenzionate”, può essere fatto riferimento alle precisazioni fornite nella
circolare n. 32 del 3 marzo 2006.