D. LGS. 124/04 - ATTIVITA’ ISPETTIVA - RICORSI AMMINISTRATIVI - MINISTERO DEL LAVORO - CIRCOLARE N. 16/2010

 

L’art. 16 del D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124, stabilisce che avverso l’ordinanza-ingiunzione emessa dalla Direzione Provinciale del Lavoro ai sensi dell’art. 18 della L. 24 novembre 1981, n. 689, gli interessati possono proporre, entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento, ricorso amministrativo al Direttore della Direzione Regionale del Lavoro, ovvero, in alternativa, opposizione davanti al Tribunale, in funzione di giudice unico, secondo il disposto dell’art. 22 della citata L. n. 689/1981.

Nell’ipotesi di mancato accoglimento del ricorso amministrativo, ovvero nell’ipotesi del “silenzio rigetto”, è possibile esperire il ricorso all’Autorità giudiziaria a norma del predetto art. 22 della L. n. 689/1981, nel termine di trenta giorni dalla data di notifica del provvedimento del Direttore della Direzione Regionale del Lavoro, ovvero dalla scadenza del termine di sessanta giorni fissato per l’adozione del provvedimento stesso.

Nei casi in cui sia controversa la sussistenza o la qualificazione del rapporto di lavoro, l’art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004 prevede il ricorso amministrativo al Comitato Regionale per i rapporti di lavoro, costituito all’interno della Direzione Regionale del Lavoro e composto dal Direttore della medesima Direzione Regionale e dai Direttori Regionali dell’Inps e dell’Inail.

Quest’ultimo gravame può essere proposto avverso contestazioni o notificazioni di illecito amministrativo ovvero ordinanze ingiunzioni delle Direzioni Provinciali del Lavoro, verbali di accertamento dell’Inps e dell’Inail, nonché di altri Enti previdenziali per i quali sussista contribuzione obbligatoria.

Il ricorso al Comitato Regionale sospende i termini indicati negli articoli 14, 18 e 22 della L. n. 689/1981, e quelli stabiliti per i ricorsi giurisdizionali avverso i verbali degli Enti previdenziali.

Con riferimento ai ricorsi amministrativi disciplinati dalle norme sopra richiamate, il Ministero del Lavoro ha diramato la circolare n. 16/2010 del 28 aprile 2010 che di seguito si riassume.

 

Modalità di presentazione dei ricorsi

Dopo aver ricordato che, ai sensi dell’art. 2, co. 1, del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, il ricorso gerarchico può essere presentato direttamente o mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, il Ministero del Lavoro fa presente che, anche in ragione della disciplina dettata dal Codice dell’amministrazione digitale, la trasmissione mediante posta elettronica certificata deve essere considerata equivalente alla presentazione personale.

Pertanto, il ricorso amministrativo al Direttore della Direzione Regionale del Lavoro e quello rivolto al Comitato Regionale per i rapporti di lavoro possono essere inoltrati alle Direzioni Regionali del Lavoro per il tramite delle e-mail istituzionali fornite in calce alla circolare di cui trattasi.

Tali e-mail devono essere indicate nei provvedimenti adottati dalle Direzioni Provinciali del Lavoro.

L’art. 2 del D.P.R. n. 1199/1971, al comma 2, precisa che, quando il ricorso gerarchico è inviato a mezzo posta, la data di spedizione vale quale data di presentazione.

Impugnabilità delle decisioni del direttore della direzione regionale del lavoro e del comitato regionale per i rapporti di lavoro

Al riguardo, il Ministero del Lavoro rende noto di aver aderito all’orientamento giurisprudenziale che ritiene inammissibile l’impugnazione giudiziale (davanti al Tribunale Amministrativo Regionale e/o al Giudice del lavoro) delle decisioni rese nell’ambito dei ricorsi amministrativi previsti dagli articoli 16 e 17 del D.Lgs. n. 124/2004.

Secondo tale orientamento, l’atto lesivo dei diritti del ricorrente non si identifica nella decisione emessa a seguito della definizione dei menzionati ricorsi, bensì nel provvedimento oggetto di gravame amministrativo (ordinanza-ingiunzione; verbale conclusivo degli accertamenti contenenti la contestazione/notificazione di illeciti amministrativi; verbale di accertamento degli Enti previdenziali).

Ne consegue che il ricorrente è onerato dell’azione giudiziaria mediante ricorso avverso il provvedimento originario davanti al Giudice ordinario, competente “ratione materiae” (Tribunale monocratico con funzione di Giudice unico nelle ipotesi di impugnazione dell’ordinanza-ingiunzione della Direzione Provinciale del Lavoro, ovvero Tribunale monocratico in veste di Giudice del lavoro nelle ipotesi di ricorso avverso i verbali di accertamento degli Enti previdenziali). In questo caso, la legittimazione passiva sussiste esclusivamente in capo all’Amministrazione che ha emesso detto provvedimento originario (cui pertanto dovrà essere notificato il ricorso giudiziario) e non alla Direzione Regionale del Lavoro o al Comitato Regionale che, qualora chiamati in giudizio, potranno chiedere di esserne estromessi in quanto carenti della citata legittimazione.

A sostegno della soluzione prospettata, che si discosta dalle indicazioni fornite nella circolare n. 10/2006 del 23 marzo 2006, il Ministero rimarca inoltre che:

- una interpretazione che consentisse una ulteriore ed autonoma impugnabilità in sede giudiziaria delle decisioni rese dal Direttore della Direzione Regionale del Lavoro e dal Comitato Regionale disattenderebbe la “ratio” ispiratrice delle norme che hanno previsto i ricorsi gerarchici in parola, volta ad alleggerire il carico giudiziario attraverso l’introduzione nel procedimento sanzionatorio di una tutela in via amministrativa;

- la disposizione dell’art. 17, co. 3, del D.Lgs. n. 124/2004, relativa alla sospensione dei termini decadenziali per impugnare i provvedimenti sanzionatori e i verbali degli Enti previdenziali, non sarebbe giustificata se non presupponendo la inoppugnabilità delle decisioni del Comitato Regionale.

La circolare in discorso evidenzia altresì che il Consiglio di Stato ha escluso l’ammissibilità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nelle controversie relative ad opposizione a sanzione amministrativa pecuniaria, in quanto afferenti ad una competenza speciale del Giudice ordinario, delineata dalle previsioni di cui agli articoli 22 e seguenti della L. n. 689/1981 e dalla procedura ivi stabilita, che consente al Giudice del merito di accogliere l’opposizione modificando l’ordinanza-ingiunzione anche solo limitatamente all’entità della sanzione dovuta.

Rapporti fra il ricorso ai sensi dell’art. 16 del D.P.R. n. 1124/1965 ed il ricorso ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004.

In proposito, la circolare in commento sottolinea che il ricorso proposto, ai sensi dell’art. 16 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, alla Direzione Provinciale del Lavoro avverso la diffida dell’Inail ad adempiere all’obbligo della denuncia di esercizio o di variazione dei lavori, ed il ricorso proposto, ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004, al Comitato Regionale per i rapporti di lavoro, sono caratterizzati da differenti profili sostanziali e procedurali e, quindi, restano autonomi nei rispettivi ambiti di applicazione.

L’art. 16 del D.P.R. n. 1124/1965 prevede che l’Inail, quando viene a conoscenza della mancata denuncia di esercizio o di variazioni dei lavori, diffida il datore di lavoro, fissandogli un termine di dieci giorni per l’adempimento.

Avverso la diffida dell’Istituto il datore di lavoro può ricorrere, entro lo stesso termine di dieci giorni, alla Direzione Provinciale del Lavoro nella cui circoscrizione è svolto il lavoro.

Contro le decisioni della predetta Direzione Provinciale sia l’Inail che il datore di lavoro hanno facoltà di proporre ricorso entro quindici giorni al Ministero del Lavoro. Il ricorso non ha effetto sospensivo, salvo che il Ministero ritenga di disporre preliminarmente la sospensione degli effetti della decisione di primo grado.

All’Inail ed al datore di lavoro spetta l’azione avanti l’Autorità giudiziaria, da proporsi entro sessanta giorni dalla comunicazione della decisione del Ministero del Lavoro.

Tuttavia, fra i due strumenti di gravame può instaurarsi un collegamento logico laddove la soluzione della controversia sull’esistenza o sulla differente qualificazione del rapporto di lavoro (art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004) sia pregiudiziale a quella concernente l’obbligo di denuncia all’Inail (art. 16 del D.P.R. n. 1124/1965).

Tale collegamento logico può verificarsi sia nell’ipotesi in cui al ricorso al Comitato Regionale faccia seguito il gravame alla Direzione Provinciale del Lavoro, sia qualora entrambi siano proposti contemporaneamente.

In questi casi, la Direzione Provinciale del Lavoro destinataria dell’impugnazione a norma dell’art. 16 del D.P.R. n. 1124/1965, accertata la sussistenza di eventuali elementi di pregiudizialità fra i due gravami, deve dichiarare la sospensione della decisione sul ricorso ricevuto, in attesa della definizione del pregiudiziale ricorso ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004, al fine di evitare potenziali contrasti tra decisioni provenienti dalla medesima Amministrazione.

Rapporti tra il pagamento delle sanzioni e l’impugnabilità dell’atto

La circolare in esame si sofferma sulla problematica relativa alle conseguenze del pagamento delle somme oggetto di ordinanza-ingiunzione, contestualmente o successivamente ad una impugnazione della stessa ordinanza ai sensi degli articoli 16 o 17 del D.Lgs. n. 124/2004.

Nello specifico, il Ministero del Lavoro richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale tale pagamento da parte del debitore è finalizzato soltanto ad evitare la riscossione coattiva a mezzo ruoli esattoriali ed i conseguenti aggravi di spesa, permanendo invece l’interesse del ricorrente ad ottenere una pronuncia di merito e vedere dichiarato, in caso di accoglimento dell’impugnazione, il diritto alla ripetizione dell’indebito.

In conformità al predetto orientamento, il Ministero del Lavoro pone in rilievo che, qualora sia presentato ricorso a norma degli articoli 16 o 17 sopra richiamati, successivamente o contestualmente al pagamento dell’ordinanza-ingiunzione, il Comitato investito dell’impugnazione non può dichiarare l’inammissibilità della stessa per il solo fatto dell’avvenuto pagamento dell’ordinanza, ma deve istruirlo e deciderlo nel merito.

Ad avviso del Ministero non può farsi analogo discorso relativamente al pagamento tempestivo del verbale conclusivo con contestazione e notifica di illeciti amministrativi. Ciò in quanto, con il pagamento della sanzione amministrativa in misura ridotta, previsto dall’art. 16 della Legge n. 689/1981, l’interessato manifesta la volontà di prestare acquiescenza all’accertamento della responsabilità per le violazioni accertate e, quindi, di rinunciare all’esercizio del proprio diritto di tutela, a fronte della completa estinzione dell’illecito.

Ricorsi avverso la diffida accertativa per crediti patrimoniali, ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004

Nella circolare in parola, il Ministero del Lavoro fornisce precisazioni anche con riferimento ai ricorsi avverso la diffida accertativa di crediti patrimoniali, di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004.

Si ricorda che, ai sensi di tale norma, gli ispettori delle Direzioni Provinciali del Lavoro, qualora in sede di attività di vigilanza accertino irregolarità nella corresponsione delle spettanze retributive dei lavoratori rispetto alle previsioni contenute nei contratti di lavoro individuali e collettivi, possono quantificarne l’ammontare e diffidare il datore di lavoro all’adempimento.

Entro trenta giorni dalla diffida, il datore di lavoro può promuovere tentativo di conciliazione presso la Direzione Provinciale del Lavoro.

In caso di accordo il provvedimento di diffida perde efficacia ed il credito vantato dal lavoratore resta determinato nella somma concordata in sede conciliativa.

Trascorsi sessanta giorni dalla data di notifica della diffida senza che il datore di lavoro abbia promosso il tentativo di conciliazione, ovvero nel caso in cui quest’ultimo, tempestivamente promosso, non conduca ad un accordo, la diffida, a seguito di provvedimento del Direttore della Direzione Provinciale del Lavoro, acquista valore di accertamento tecnico con efficacia di titolo esecutivo.

Avverso la diffida “convalidata” dal Direttore della Direzione Provinciale del Lavoro è possibile presentare, entro trenta giorni dalla notificazione, ricorso amministrativo al Comitato Regionale per i rapporti di lavoro, che, nella fattispecie in questione, risulta integrato da un rappresentante dei datori di lavoro e da un rappresentante dei lavoratori, designati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. La proposizione del ricorso sospende l’esecutività della diffida.

Il Comitato Regionale deve decidere il ricorso nel termine di novanta giorni dal deposito, decorso il quale il ricorso si intende respinto (“silenzio rigetto”).

Con specifico riguardo alla procedura in uso presso i Comitati Regionali, il Ministero del Lavoro ritiene opportuno che:

- il Direttore della Direzione Provinciale del Lavoro che ha adottato il provvedimento di validazione comunichi al lavoratore la data della avvenuta notifica al datore di lavoro della diffida validata, ai fini dell’individuazione del giorno a partire dal quale deve essere calcolato il termine per l’inoppugnabilità del titolo, onde consentire la spendita del medesimo;

- il Comitato Regionale, ricevuto il ricorso amministrativo, ne dia comunicazione al lavoratore informandolo del simultaneo effetto sospensivo dell’esecutività della diffida validata, astenendosi da tale adempimento solo qualora si rilevi che detta comunicazione sia stata già effettuata dal datore di lavoro ricorrente.