INPS - PRESTAZIONI A SOSTEGNO DEL REDDITO - COMPATIBILITA’
DELLE INTEGRAZIONI SALARIARI CON ALTRA ATTIVITA’ LAVORATIVA - CIRCOLARE N.
107/10
Con circolare n. 107/10,
l’Inps ha fornito alcune precisazioni in merito al regime di incompatibilità
delle integrazioni salariali con il reddito derivante da attività di lavoro
autonomo o subordinato e la non cumulabilità
del relativo reddito.
In particolare, la nota
allegata ricorda che le norme di riferimento, D.Lgs.
n. 788/45 e L. n .86/88, non sanciscono una incompatibilità assoluta delle
prestazioni integrative con il reddito derivante dallo svolgimento di
un’attività lavorativa. A tal riguardo, infatti, una pronuncia della Corte di
Cassazione in merito alle disposizioni contenute nell’art. 3 del D.Lgs. n. 788/45 ha sancito che ‘‘lo svolgimento di
attività lavorativa remunerata, sia essa subordinata od autonoma, durante il periodo
di sospensione del lavoro con diritto all’integrazione salariale comporta non
la perdita del diritto all’integrazione per l’intero periodo predetto, ma solo
una riduzione dell’integrazione medesima in proporzione ai proventi di
quell’altra attività lavorativa. Ai fini dell’applicazione di tale principio in
ipotesi, invece, di attività lavorativa autonoma grava sul lavoratore l’onere
di dimostrare che il compenso percepito per la detta attività è inferiore all’integrazione
salariale stessa.
A seguito di tale pronuncia
l’Inps, con la circolare in oggetto, ha riepilogato i casi in cui si può
verificare l’incompatibilità tra la nuova attività lavorativa e l’integrazione
salariale, la totale cumulabilità della nuova remunerazione con le prestazioni
integrative e la circostanza di parziale cumulabilità tra i redditi da lavoro e
l’integrazione salariale.
L’incompatibilità si
verifica nel momento in cui il lavoratore, beneficiario della misura
integrativa, inizi un nuovo lavoro, subordinato a tempo pieno e indeterminato,
alla dipendenze di un diverso datore di lavoro. In questo caso, infatti, la
risoluzione del precedente rapporto di lavoro comporta la perdita del diritto
al trattamento di integrazione salariale per cessazione del rapporto di lavoro
da cui è scaturita la prestazione integrativa.
Con riferimento alla
cumulabilità totale, l’Ente previdenziale chiarisce che si ha piena
compatibilità tra attività di lavoro e integrazione salariale nel momento in
cui la nuova attività si venga a collocare in ore della giornata o periodi
dell’anno diversi rispetto a quelli riconducibili all’attività lavorativa
sospesa che ha dato origine alla prestazione integrativa.
In particolare, tali
ipotesi ricorrono nel caso in cui i due rapporti di lavoro siano part time, verticale o orizzontale, oppure nel caso in cui vi
sia un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e uno part time, fermo restando che le due attività siano compatibili
nei limiti dell’orario massimo di lavoro settimanale.
La cumulabilità parziale,
per consolidato orientamento giurisprudenziale, si ha quando il lavoratore
riesce a dimostrare che il compenso per la nuova attività lavorativa sia
inferiore all’integrazione salariale. In questo caso infatti lo stesso
lavoratore avrà diritto ad una quota pari alla differenza tra l’intero importo
della prestazione integrativa spettante e il reddito percepito attraverso il
nuovo lavoro.
Analogamente, il lavoratore
percettore di sostegno al reddito, assunto con contratto di lavoro subordinato
a tempo determinato o part time (a tempo determinato
o indeterminato), avrà diritto al cumulo parziale dell’integrazione salariale
con il reddito percepito, risultando compatibile tali tipologie contrattuali
con la prestazione integrativa spettante.
Anche in questo caso
infatti, se il reddito derivante dalla nuova attività è inferiore rispetto alla
integrazione salariale, sarà possibile effettuare il cumulo tra la stessa
integrazione salariale e il reddito, fino a concorrenza dell’importo totale
dell’integrazione spettante.
Nel caso di attività
autonoma, invece, a nulla rileva il fatto che il lavoratore, percettore del
trattamento integrativo, intraprenda un lavoro a tempo pieno o parziale. In
tale circostanza, infatti, spetterà allo stesso lavoratore dimostrare,
attraverso apposita documentazione, l’effettivo ammontare dei guadagni e la
relativa collocazione temporale, al fine di consentire all’Inps l’erogazione
della eventuale quota differenziale di integrazione salariale.
In merito alla
contribuzione figurativa, l’accreditamento contributivo avverrà in quota
integrativa, ossia sarà riconosciuta una quota retributiva pari alla
differenza tra l’intera retribuzione presa a base per il calcolo dell’integrazione
salariale e la retribuzione percepita in relazione all’attività svolta. La
contribuzione obbligatoria relativa all’attività effettivamente svolta verrà
accreditata nella gestione di competenza.
Con riferimento alla
contribuzione figurativa, ai fini della determinazione della retribuzione
pensionabile, non si pongono particolari problemi nelle ipotesi di
compatibilità tra la nuova attività di lavoro e l’integrazione salariale in
quanto la contribuzione per cassa integrazione guadagni e quella obbligatoria
per l’attività effettivamente prestata si riferiscono a periodi temporalmente
non coincidenti o comunque non sovrapposti. In tali fattispecie, il
riconoscimento della contribuzione figurativa per CIG verrà effettuato in base ai
criteri generali.
Nei casi di percezione di
un importo di integrazione salariale proporzionalmente ridotto in conseguenza
dello svolgimento di un’attività di lavoro, subordinato o autonomo (incumulabilità relativa) l’accreditamento dei contributi
figurativi va eseguito in quota integrativa, nel senso che deve essere
riconosciuta una quota retributiva pari alla differenza tra l’intera
retribuzione presa a base per il calcolo dell’integrazione salariale e la
retribuzione percepita in relazione all’attività svolta. La contribuzione
obbligatoria relativa all’attività effettivamente svolta verrà accreditata
nella gestione di competenza e darà luogo, laddove ne ricorrano le condizioni,
alle prestazioni previste dall’ordinamento delle medesime gestioni.
Il criterio dell’accredito
dei contributi figurativi in quota integrativa trova applicazione, per espressa
previsione legislativa, anche nell’ipotesi di compatibilità e cumulabilità
delle integrazioni salariali con le prestazioni di lavoro accessorio, in
quanto, in base al co. 1 bis dell’art.70 del D.lgs.
n.276/2003 “ … l’Inps provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa
relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli
accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio”.