DISTACCO NELL’AMBITO DELL’UNIONE EUROPEA - MINISTERO DEL LAVORO - APPLICABILITA’ AI LAVORATORI COMUNITARI DELLE MEDESIME CONDIZIONI PREVISTE DALLA LEGISLAZIONE ITALIANA - INTERPELLO N. 33/2010

 

Il Ministero del Lavoro, con interpello n. 33/2010 del 12 ottobre 2010, pubblicato sul sito del Collegio in calce alla presente notizia, in materia di distacco di lavoratori inviati da imprese comunitarie in Italia e, con specifico riferimento alle disposizioni previste dal D.Lgs. n. 72/2000 circa le medesime condizioni di lavoro previste per i lavoratori italiani, da garantire ai lavoratori distaccati, ha precisato quanto segue.

È stato preliminarmente sottolineato che la ratio della norma in oggetto, con particolare riferimento all’art. 3 del suddetto decreto legislativo, deve rinvenirsi nell’assicurare la parità di trattamento tra i lavoratori italiani e quelli comunitari distaccati presso il nostro Paese, al fine di scongiurare fenomeni di dumping sociale.

Peculiarità di tali tipi di distacco, avente ad oggetto una prestazione di servizi transazionale, si rinvengono nell’invio di lavoratori nell’ambito del contratto concluso con il destinatario della prestazione di servizi, o nell’invio, presso sedi dell’impresa comunitaria in Italia o presso una società del gruppo, è la sussistenza del rapporto organico con il distaccante, nel senso che è quest’ultimo che determina la natura del lavoro svolto dal soggetto distaccato, oltre a rimanere titolare dei tipici obblighi del datore di lavoro.

In tali fattispecie, devono necessariamente garantirsi ai lavoratori le medesime condizioni di lavoro di coloro che risiedono nel Paese nel quale si esplica l’attività lavorativa, sia perciò che concerne i periodi massimi di lavoro, anche con riferimento a riposi, ferie, salute e sicurezza sul lavoro, maternità, sia  per quanto riguarda le tariffe minime salariali.

In tal senso si è espressa anche la Commissione Europea sottolineando che sono gli stati membri ad avere l’obbligo di garantire tali trattamenti equivalenti, con riferimento ai minimi salariali, comprensivi anche delle tariffe maggiorate per lavoro straordinario.

Laddove poi, come in Italia, tali minimi salariali siano fissati dalla contrattazione collettiva, dovrà aversi riguardo anche alle altre eventuali voci retributive previste contrattualmente.

Il Dicastero ha così concluso che, al fine di poter garantire tale trattamento equo, deve essere considerata la retribuzione intesa quale ‘’reddito da lavoro dipendente” valida ai fini fiscali, comprensiva delle eventuali indennità specifiche riconosciute per il distacco.

Analoghe conclusioni devono trarsi per ciò che concerne la somministrazione transnazionale.

Quanto invece al regime contributivo, il Ministero ha ribadito la vigenza del principio di personalità che si contrappone a quello della territorialità e, pertanto, ai lavoratori distaccati saranno applicate le disposizioni vigenti in materia contributiva presso il paese di origine, dove il datore di lavoro continuerà a versare i relativi trattamenti contributivi.

Resta fermo, naturalmente, che l’imponibile previdenziale sarà dato dalla retribuzione calcolata secondo i criteri di parità sopra esposti.

Infine, il Dicastero ha diffuso istruzioni operative per gli organi ispettivi prevedendo che, laddove si rinvengano criticità nelle fattispecie di distacco comunitario, si potrà adottare la diffida accertativa ex art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004, da notificarsi sia all’impresa distaccante che alla committente, in quanto responsabili in solido.