NUOVA
DISCIPLINA DELLE LOCAZIONI - AGEVOLAZIONI FISCALI - CIRCOLARE MINISTERIALE
(C.M.
7/7/99, n. 150/E)
Il
Ministero delle finanze ha spiegato le agevolazioni fiscali contenute nella
nuova disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso
abitativo (legge n. 431/1998) e l'aumento, per l'anno d'imposta 1999, della
deduzione IRPEF spettante ai possessori di unità immobiliari adibite ad
abitazioni principali (legge n. 133/1999).
La
nuova legge sulle locazioni consente alle parti di scegliere tra diverse
metodologie contrattuali:
-
contratti di locazione di durata non inferiore ai quattro anni, decorsi i quali
i contratti sono rinnovati per un periodo di ulteriori quattro anni, fatti
salvi i casi, espressamente previsti, di facoltà per il locatore di rifiutare
il rinnovo del contratto;
-
contratti-tipo di locazione per i quali il valore del canone, la durata
(comunque non inferiore ai 3 anni, prorogabili di diritto per altri 2 anni) e
altre condizioni contrattuali sono definiti in base ad appositi accordi locali
tra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori.
Riduzione
del reddito dei fabbricati
Per
favorire la realizzazione dei contratti-tipo è stato previsto che per i
contratti di locazione di immobili ad uso abitativo situati nei comuni ad alta
tensione abitativa (art. 1, D.L. n. 551/1988), stipulati o rinnovati sulla base
della convenzione nazionale (D.M. 5 marzo 1999), il reddito imponibile dei
fabbricati locati è ulteriormente ridotto del 30 per cento, a condizione che,
nella dichiarazione dei redditi relativa all'anno in cui si intende usufruire
dell'agevolazione, siano indicati gli estremi di registrazione del contratto di
locazione, l'anno di presentazione della denuncia dell'immobile ai fini
dell'ICI e il comune dove lo stesso è situato.
Occorre,
quindi, raffrontare la rendita catastale dell'immobile oggetto di locazione e
il canone percepito ridotto del 15 per cento ed assumere, come reddito
imponibile, l'importo più elevato, sul quale applicare l'ulteriore riduzione
del 30 per cento.
Imposta
di registro
La
base imponibile per i contratti-tipo, ai fini dell'imposta di registro è
assunta nella misura del 70 per cento del corrispettivo annuo pattuito fino
all'eventuale aggiornamento periodico.
Imposta
comunale sugli immobili
Per
favorire la stipula di questi contratti di locazione, i comuni possono deliberare
aliquote ICI più favorevoli nei confronti dei contribuenti proprietari che
concedano immobili in locazione a titolo di abitazione principale, nel rispetto
delle condizioni definite dagli accordi locali.
Esclusione
dall'imponibile dei canoni non percepiti
La
disciplina tributaria dei redditi fondiari contenuta nel testo unico delle
imposte dirette stabilisce che tali redditi devono essere imputati al periodo
d'imposta in cui si è verificato il possesso, prescindendo dalla effettiva
percezione del reddito (art. 23, D.P.R. n. 917/1986).
In
deroga a tale principio generale, a decorrere dal 1° gennaio 1998, i redditi
derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo non concorrono
alla formazione del reddito dal periodo d'imposta in cui si è concluso il
procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del
conduttore.
Credito
d'imposta
Qualora
il giudice confermi la morosità dell'affittuario anche per periodi precedenti
l'atto giurisdizionale, è stato riconosciuto un credito d'imposta di ammontare
pari alle imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti.
Dichiarazione
dei redditi 1998
La
non imponibilità dei canoni non percepiti, per i quali lo stato di morosità del
locatario risulti da un accertamento giudiziale, trova applicazione fin dalla
dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta 1998 a condizione che
entro il termine della sua presentazione sia concluso il procedimento
giurisdizionale di convalida dello sfratto per morosità del conduttore.
Tenuto
conto dell'unitarietà del periodo d'imposta, sono quindi interessati i
procedimenti di convalida di sfratto conclusi nel periodo d'imposta in corso
alla data del 30 dicembre 1998, data di entrata della nuova normativa.
Calcolo
del credito d'imposta
Per
determinare il credito d'imposta spettante in relazione ai periodi precedenti
l'atto del giudice, è necessario riliquidare le dichiarazioni dei redditi di
ciascuno degli anni per i quali sono state pagate maggiori imposte per effetto
dei canoni non riscossi, cosi come accertato dal procedimento giurisdizionale.
Le
istruzioni per la dichiarazione dei redditi relativa al 1998 hanno precisato
che, nell'effettuare la riliquidazione, si deve tener conto di eventuali
rettifiche e accertamenti compiuti dagli Uffici e dell'ILOR pagata fino al
1992.
Ai
fini del calcolo del credito d'imposta non rileva, invece, quanto pagato a
titolo di contributo al Servizio sanitario nazionale.
In
sostanza, per ciascun anno ricompreso nell'ordinanza del giudice, occorre
sottrarre dal reddito complessivo l'importo dei canoni non percepiti e imputare
la rendita catastale del fabbricato per poi rideterminare le imposte dovute
(IRPEF o IRPEG e ILOR).
La
differenza tra le imposte effettivamente pagate e quelle risultanti da tale
calcolo costituisce il credito d'imposta spettante.
Successiva
riscossione dei canoni
Qualora
i canoni per i quali si è usufruito del credito d'imposta vengano
successivamente riscossi, anche parzialmente, è necessario dichiarare il
maggior reddito imponibile rideterminato tra i redditi soggetti a tassazione
separata, salva l'opzione per la tassazione ordinaria.
Prescrizione
del credito
Il
credito d'imposta, che può essere riportato nella prima dichiarazione dei
redditi utile successiva alla conclusione del procedimento giurisdizionale di
convalida dello sfratto, e comunque non oltre il termine ordinario di
prescrizione decennale, può essere utilizzato, senza limiti quantitativi di
impiego, scomputandolo dall'IRPEF o dall'IRPEG dovute in base alla medesima
dichiarazione, compresi gli acconti.
L'eventuale
eccedenza può essere utilizzata in compensazione o chiesta a rimborso.
In
base al termine di prescrizione ordinaria di dieci anni, il calcolo del credito
d'imposta può essere effettuato con riferimento alle dichiarazioni presentate
negli anni precedenti, ma non oltre quelle relative ai redditi 1989, semprechè
per ciascuna delle annualità risulti accertata la morosità del conduttore
nell'ambito del procedimento di convalida dello sfratto conclusosi nel 1998.
Deduzione
per la prima casa
Il
collegato fiscale alla finanziaria 1999 ha previsto che, per l'abitazione
principale e le sue pertinenze, la deduzione dal reddito complessivo del
contribuente (e non più direttamente dal reddito dell'unità immobiliare) di
lire 1.100.000 è elevata a lire 1.400.000 per il periodo d'imposta 1999 (art.
18, legge , n. 133/1999).
La
circolare delle Finanze sulle agevolazioni fiscali introdotte dalla nuova
disciplina delle locazioni delle abitazioni, in merito alla deduzione per la
prima casa, ha ribadito che l'aumento non esplica effetti ai fini del calcolo
dell'IRPEF dovuta a titolo di acconto per lo stesso periodo d'imposta 1999.
Pertanto,
in sede di determinazione dell'acconto da effettuare nel 1999 (prima e seconda
rata), non si deve tenere conto del maggiore importo della deduzione spettante.
MINISTERO
DELLE FINANZE
CIRCOLARE
7/7/99, N. 150
OGGETTO:
Redditi dei fabbricati. Agevolazioni fiscali stabilite dalla nuova disciplina
delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.
Articolo 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431 - Deduzione per l'abitazione
principale per il periodo d'imposta 1999. Articolo 18 della legge 13 maggio
1999, n. 133.
Premessa
La
legge 9 dicembre 1998, n. 431, pubblicata sul Supplemento Ordinario n. 103/L
alla Gazzetta Ufficiale n. 292 del 15 dicembre 1998, ha introdotto la nuova
disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso
abitativo, abrogando, tra le altre, le previgenti disposizioni contenute nella
legge 27 luglio 1978, n. 392 (equo-canone) e ha, inoltre, adottato talune
agevolazioni in materia di locazione di fabbricati.
Sempre
in materia di redditi dei fabbricati, la legge 13 maggio 1999, n. 133,
pubblicata sul Supplemento Ordinario n. 96/L alla Gazzetta Ufficiale n. 113 del
17 maggio 1999, in attesa dell'attuazione della delega ivi contenuta, relativa
alla riforma della tassazione dei redditi medesimi, ha aumentato, per l'anno
d'imposta 1999, la deduzione spettante ai possessori di unità immobiliari
adibite ad abitazioni principali.
Al
riguardo, vengono di seguito illustrate le disposizioni sopra richiamate al
fine di fornire gli opportuni chiarimenti e gli indirizzi generali, così da
consentirne una uniforme interpretazione.
1.
Agevolazioni fiscali
L'articolo
2, commi 1 e 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, ha stabilito nuove
modalità di stipula e di rinnovo dei contratti di locazione, consentendo alle
parti di scegliere tra diverse metodologie contrattuali.
Infatti,
secondo quanto previsto dal comma 1, possono essere stipulati contratti di
locazione di durata non inferiore ai quattro anni, decorsi i quali i contratti
sono rinnovati per un periodo di ulteriori quattro anni, fatti salvi i casi
espressamente previsti dell'articolo 3 che prevedono la facoltà per il locatore
di diniego del rinnovo del contratto.
In
alternativa a questa tipologia contrattuale, il comma 3 dell'articolo 2 prevede
la possibilità per le parti di stipulare contratti di locazione definendo il
valore del canone, la durata del contratto ed altre condizioni contrattuali
sulla base degli appositi accordi definiti in sede locale tra le organizzazioni
della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori che provvedono alla
definizione di contratti-tipo. Con riferimento alla durata del contratto,
occorre, inoltre, tener presente che il successivo comma 5 dello stesso
articolo prevede in ogni caso una durata del contratto non inferiore ai 3 anni,
prorogabili di diritto per altri 2 anni, fatta salva la possibilità di disdetta
da parte del locatore per le ipotesi previste dell'articolo 3. Unica eccezione
al limite triennale è stata prevista dall'articolo 5 per la stipula di
contratti di locazione aventi natura transitoria che possono avere anche durata
inferiore ai limiti previsti, al fine di soddisfare particolari esigenze delle
parti (es. quelle di studenti universitari che stipulano contratti - tipo
promossi dai comuni sede di università).
Per
favorire la realizzazione dei contratti-tipo è prevista la definizione di una
convenzione nazionale. In attuazione a tale disciplina, con decreto 5 marzo
1999 del Ministro dei Lavori Pubblici, di concerto con il Ministro delle
finanze, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 22 marzo 1999 n. 67, sono
stati definiti i criteri generali per la realizzazione degli accordi da
definire in sede locale per la stipula dei predetti contratti di locazione e
sono state indicate le agevolazioni fiscali previste dall'art. 8 della citata
legge n. 431 del 1998.
In
particolare, è stato previsto che ai contratti di locazione di immobili ad uso
abitativo situati nei comuni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30
dicembre 1988, n. 551, convertito dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61,
stipulati o rinnovati a norma del suddetto decreto ministeriale, si applica la
seguente disciplina fiscale.
Il
reddito imponibile dei fabbricati locati, determinato ai sensi dell'articolo 34
del Tuir, è ulteriormente ridotto del 30 per cento, a condizione che nella
dichiarazione dei redditi relativa all'anno in cui si intende usufruire
dell'agevolazione, siano indicati gli estremi di registrazione del contratto di
locazione, nonchè l'anno di presentazione della denuncia dell'immobile ai fini
dell'ICI e il comune di ubicazione dello stesso.
Sussistendo
tali condizioni, al fine della determinazione del reddito di fabbricati da
assoggettare alle imposte sui redditi, occorre, in via preliminare, raffrontare
la rendita catastale dell'immobile oggetto di locazione ed il canone percepito
ridotto del 15 per cento ed assumere, come reddito imponibile, l'importo più
elevato; su tale maggior importo trova applicazione l'agevolazione fiscale
prevista, ossia l'ulteriore riduzione del 30 per cento.
Ad
esempio: ipotizzando una rendita catastale di importo pari a lire 2.500.000 e
un canone di locazione annuo pari a lire 18.000.000. Dal confronto tra la
rendita catastale e il canone ridotto del 15 per cento, il reddito imponibile
del fabbricato è pari a lire 15.300.000. Tale reddito va assunto al netto
dell'ulteriore deduzione del 30 per cento, ossia per un importo di lire
10.710.000.
Ipotizzando,
invece, una rendita catastale di importo pari a lire 3.800.000 e un canone di
locazione annuo pari a lire 4.000.000, il reddito imponibile del fabbricato è,
in tal caso, pari a lire 3.800.000 il quale va assunto al netto della deduzione
del 30 per cento, ossia per un importo di lire 2.660.000, in quanto il canone
di locazione abbattuto del 15 per cento (lire 3.400.000) è inferiore alla
rendita catastale.
Inoltre,
con riferimento ai medesimi contratti la base imponibile ai fini della imposta
di registro è assunta nella misura del 70 per cento del corrispettivo annuo
pattuito fino all'eventuale aggiornamento periodico eseguito ai sensi
dell'articolo 8, c. 4, della citata legge n. 431 del 1998.
L'articolo
2, comma 4, ha altresì previsto che, al fine di favorire la stipula dei
predetti contratti di locazione, i Comuni possono deliberare, nel rispetto
dell'equilibrio di bilancio, aliquote dell'Imposta Comunale sugli Immobili
(ICI) più favorevoli nei confronti dei contribuenti proprietari che concedano
immobili in locazione a titolo di abitazione principale, nel rispetto delle
condizioni definite dagli accordi locali.
Pertanto,
rientrano nell'ambito applicativo delle agevolazioni, previste dal citato
articolo 8 della legge n. 431 del 1998, unicamente le unità immobiliari:
1.
classificate o classificabili nel gruppo A delle categorie catastali;
2.
situate nei comuni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n.
551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e
successive modificazioni; si tratta, in particolare, degli immobili
situati:
-
nei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo,
Roma, Torino e Venezia, nonchè nei comuni confinanti con gli stessi;
-
negli altri comuni capoluoghi di provincia;
-
nei comuni, considerati ad alta tensione abitativa, individuati nella delibera
CIPE 30 maggio 1985, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del 19 giugno
1985, non compresi nei punti precedenti;
-
nei comuni di cui alla delibera CIPE 8 aprile 1987, n. 152, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 93 del 22 aprile 1987, non compresi nei punti
precedenti;
-
nei comuni della Campania e della Basilicata colpiti dagli eventi tellurici dei
primi anni ottanta;
3.
locate mediante contratti stipulati o rinnovati, definendo il valore del
canone, la durata del contratto, ai sensi del comma 3 dell'articolo 2, della
citata legge n. 431 del 1998, a seguito degli accordi definiti in sede locale e
nel rispetto dei criteri indicati dal citato decreto interministeriale del 5
marzo 1999, ovvero nel rispetto delle condizioni fissate dal decreto di cui al
comma 3 dell'articolo 4 della stessa legge, previsto nel caso non siano
definiti tali accordi. Rientrano nella previsione normativa anche taluni
contratti di locazione volti a soddisfare esigenze abitative di natura
transitoria, quali quelli stipulati dagli enti locali in qualità di conduttori
e dai proprietari che, come già detto, lochino gli immobili a studenti
universitari mediante contratti-tipo stipulati sulla base degli accordi locali
di cui all'articolo 5, comma 3.
Alla
stregua di quanto precisato, le agevolazioni di cui trattasi si rendono
applicabili esclusivamente alle unità locate ad uso abitativo, comprese quelle
che, ai sensi dell'articolo 57 del Tuir, non costituiscono beni strumentali per
l'esercizio dell'impresa, nè beni alla cui produzione o al cui scambio è
diretta l'attività d'impresa.
Va
da ultimo evidenziato che, secondo quanto disposto dal comma 4 del medesimo
articolo 8, il CIPE, su proposta del ministro di lavori pubblici, d'intesa con
i ministri dell'interno e di grazia e giustizia, provvede ad aggiornare, con
cadenza biennale, il suddetto elenco dei comuni. In tal caso, qualora il numero
dei soggetti beneficiari delle agevolazioni fiscali dovesse aumentare, è
previsto che la percentuale di determinazione della base imponibile ai fini
dell'imposta di registro venga corrispondentemente aumentata con decreto del
Ministro delle finanze, di concerto con il ministro del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica.
1.1
Credito d'imposta per i canoni non percepiti.
Il
comma 1 dell'articolo 23 del Tuir sancisce che i redditi fondiari concorrono a
formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono l'immobile ai titolo
di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale. Sulla base del
criterio di imputazione temporale contenuto nel medesimo articolo, tale reddito
deve essere imputato al periodo d'imposta in cui si è verificato il possesso,
prescindendo dalla effettiva percezione del reddito.
Come
è noto, ciò implica che i redditi dominicali e quelli dei fabbricati vengono
imputati al possessore in quanto tale, senza tenere in alcun conto
dell'esistenza o meno di un reddito nè del momento in cui lo stesso è
percepito. Infatti, il reddito dominicale si considera fiscalmente prodotto,
anche se il terreno non viene adibito a coltura, salva la previsione di
un'imposizione in misura ridotta. I redditi dei fabbricati, a loro volta,
concorrono alla formazione del reddito complessivo anche se non viene di fatto
percepito alcun reddito, come avviene, ad esempio, per gli immobili adibiti ad
abitazione principale del possessore o comunque non locati, per i quali il
reddito continua ad essere determinato sulla base della rendita catastale,
salva l'eventuale applicazione, a seconda dei casi, di coefficienti di
maggiorazione o di riduzione.
Con
riferimento a tale categoria reddituale, infatti, il presupposto dell'imposta
non scaturisce, come stabilito dal principio generale contenuto nell'articolo 1
del Tuir, dal mero possesso del reddito, inteso come disponibilità reale dello
stesso, bensì dal possesso qualificato del cespite patrimoniale che di per sè è
considerato dal legislatore rappresentativo di capacità contributiva.
Non
vi è dubbio, infatti, che il reddito fondiario vada in ogni caso dichiarato dal
possessore anche qualora l'immobile venga temporaneamente sottratto alla sua
disponibilità, come può verificarsi, ad esempio, nell'ipotesi di un'occupazione
abusiva dello stesso, fermo restando la possibilità di adire le vie legali per
ottenere il risarcimento del danno derivante dalla perdita di detta
disponibilità.
In
conclusione, si ritiene che il reddito fondiario non è considerato dal
legislatore come un diretto e prevedibile risultato di un'attività produttiva,
secondo un rapporto di causa-effetto, trattandosi di un reddito meramente
potenziale e figurativo, tant'è che è costituito da un "reddito medio
ordinario" determinato mediante l'applicazione di tariffe d'estimo.
Eccezionalmente
per le unità immobiliari locate, l'articolo 34 del Tuir ha dettato una diversa
disciplina ai fini della determinazione del relativo reddito. Tale norma
comporta l'effettuazione di un confronto tra il canone di locazione risultante
dal contratto ridotto del 15 per cento e la rendita catastale e
l'assoggettamento a tassazione del valore più elevato.
Per
i soli fabbricati concessi in locazione in regime legale di determinazione del
canone (equo canone), l'articolo 129 del Tuir stabilisce che il reddito
imponibile è direttamente costituito dal canone di locazione ridotto del 15 per
cento.
Pertanto,
anteriormente alle modifiche apportate all'articolo 23 del Tuir in commento, in
caso, ad esempio, di locazione di un fabbricato, vigendo il criterio di
imputazione temporale di competenza, il reddito effettivo doveva essere
dichiarato indipendentemente dal momento dell'effettiva percezione dei canoni.
In
deroga a tale principio generale in base al quale i redditi fondiari sono
assoggettati a tassazione indipendentemente dalla loro percezione, a decorrere
dal 1 gennaio 1998, l'articolo 8, comma 5, della citata legge n. 431 del 1998,
introducendo due nuovi periodi all'articolo 23 del Tuir, ha stabilito che i
redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo non
concorrono alla formazione del reddito dal periodo d'imposta in cui si è
concluso il procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità
del conduttore. Nel caso in cui il giudice confermi la morosità
dell'affittuario anche per periodi precedenti l'atto giurisdizionale, è,
altresì, riconosciuto un credito d'imposta di ammontare pari alle imposte
versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti.
In
tal modo, il legislatore ha derogato, anche se soltanto con riferimento ai
redditi derivanti dalla locazione di immobili adibiti ad uso abitativo, al
principio generale di imputazione dei redditi fondiari contenuto nel comma 1
dell'articolo 23 del Tuir.
Sulla
base di tale deroga, i canoni che non sono stati percepiti non concorrono a
formare il reddito complessivo del locatore a condizione che lo stato di
morosità del locatario risulti da un accertamento giudiziale il cui
procedimento abbia avuto termine. La disposizione fa riferimento al
procedimento per convalida di sfratto disciplinato dagli articoli 657 e
seguenti del codice di procedura civile, procedimento che consente di ottenere
provvedimenti che realizzano, in via anticipata, effetti esecutivi analoghi a
quelli resi al termine di ordinario giudizio di cognizione.
La
non imponibilità dei canoni di locazione, limitatamente all'ammontare di questi
che il giudice ha accertato come non riscossi, decorre dal momento della
conclusione del procedimento anzidetto che si realizza, a norma dell'articolo
663 del c.p.c., se l'intimato non compare o pur comparendo non si oppone, ovvero,
a norma dell'articolo 665 del c.p.c., in caso di opposizione dell'intimato. In
quest'ultima ipotesi, infatti, anche se ha inizio il procedimento ordinario,
quello a carattere sommario - cui la norma fa riferimento - può ritenersi
concluso.
Verificandosi
queste condizioni, il giudice convalida lo sfratto e dispone con ordinanza, in
calce alla citazione, l'apposizione su di essa della formula esecutiva.
Come
precisato nelle istruzioni per la dichiarazione dei redditi relativa al periodo
d'imposta 1998, la modifica all'articolo 23 del Tuir trova applicazione fin
dalla suddetta dichiarazione, semprechè entro il termine della sua
presentazione sia concluso, come sopra specificato, il procedimento
giurisdizionale di convalida dello sfratto per morosità del conduttore.
A
tal fine, tenuto conto dell'unitarietà del periodo d'imposta, si ritiene che
assumono valenza i procedimenti di convalida di sfratto conclusi nel periodo
d'imposta in corso alla data del 30 dicembre 1998, data di entrata in vigore
della citata legge n. 431 del 1998.
Resta
fermo, naturalmente, che per gli immobili locati per uso diverso da quello
abitativo, nonchè in assenza di un procedimento giurisdizionale concluso, il
canone di locazione va comunque sempre dichiarato così come risultante dal
contratto di locazione, ancorchè non percepito, rilevando in tal caso il
momento formativo del reddito e non quello percettivo.
Sulla
base delle considerazioni che precedono, nonchè del tenore letterale della
suddetta deroga alla imponibilità dei canoni non percepiti inserita nell'ambito
dell'articolo 23 del Tuir, recante le disposizioni generali di imputazione
temporale dei redditi fondiari sulla base del criterio di maturazione
contrattuale, piuttosto che nell'ambito delle specifiche disposizioni che stabiliscono
le modalità di determinazione dei redditi dei fabbricati, resta fermo in ogni
caso l'obbligo di assoggettare a tassazione le suddette unità immobiliari sulla
base della rendita catastale. Tale obbligo discende anche dalla circostanza che
il legislatore ha ritenuto definire non imponibili esclusivamente "i
canoni di locazione non percepiti" e non il reddito dei fabbricati,
intendendo assoggettare a tassazione in ogni caso la rendita catastale quale
reddito figurativo dell'immobile. Come sopra precisato, infatti, per i redditi
domenicali dei terreni e per quelli dei fabbricati il presupposto dell'imposta
è costituito dal possesso a titolo di proprietà e altro diritto reale e non
dalla detenzione dell'immobile.
Come
accennato, sulla base di quanto disposto dal secondo periodo aggiunto al comma
1 del medesimo articolo 23 del Tuir, nel caso in cui il giudice confermi la
morosità dell'affittuario anche per periodi precedenti l'atto giurisdizionale,
viene riconosciuto un credito d'imposta di ammontare pari alle imposte pagate
per effetto della concorrenza alla formazione del reddito complessivo dei
canoni non riscossi.
Per
determinare il credito d'imposta spettante, è necessario riliquidare le
dichiarazioni dei redditi di ciascuno degli anni per i quali sono state pagate
maggiori imposte per effetto dei predetti canoni, così come accertato dal
procedimento giurisdizionale.
Come
specificato nelle istruzioni per la dichiarazione dei redditi relativa al 1998,
nell'effettuazione delle predette operazioni di riliquidazione, si deve tener
conto di eventuali rettifiche ed accertamenti effettuati dagli Uffici e
dell'Ilor pagata fino al 1992; non rileva, invece, ai fini del calcolo del
credito d'imposta, quanto pagato a titolo di contributo al Servizio sanitario nazionale.
In
sostanza, per ciascun anno ricompreso nell'ordinanza del giudice, occorre
sottrarre dal reddito complessivo l'importo dei canoni non percepiti ed
imputare la rendita catastale del fabbricato per poi rideterminare le imposte
dovute (Irpef o Irpeg e Ilor). La differenza tra le imposte effettivamente
pagate e quelle risultanti da tale calcolo costituisce il credito d'imposta
spettante.
Qualora
venga effettuato detto calcolo con riferimento ad un periodo d'imposta nel
quale era dovuta l'Ilor e tale imposta costituiva un onere deducibile dal
reddito complessivo dell'anno successivo, considerato che si viene a
determinare un'imposta minore di quella pagata, tale differenza deve essere
indicata tra i redditi soggetti a tassazione separata nella dichiarazione in
cui viene esposto il credito d'imposta in questione. Tale ipotesi, infatti,
rientra nella disposizione prevista dall'articolo 16, comma 1, lettera n-bis),
del Tuir.
Si
evidenzia altresì che nel caso in cui i canoni per i quali si è usufruito del
credito d'imposta vengano successivamente riscossi, anche parzialmente, è
necessario dichiarare il maggior reddito imponibile rideterminato tra i redditi
soggetti a tassazione separata, salva l'opzione per la tassazione ordinaria.
Le
disposizioni sopra riportate assumono rilevanza anche ai fini della
determinazione del reddito d'impresa. L'articolo 57 del Tuir, infatti,
stabilisce che i redditi degli immobili che non costituiscono beni strumentali
per l'esercizio dell'impresa, nè beni alla cui produzione o al cui scambio è
diretta l'attività d'impresa, concorrono a formare il reddito secondo le
disposizioni del capo II dello stesso Tuir, ossia secondo quelle previste per i
redditi fondiari.
Il
credito d'imposta in questione, che può essere riportato nella prima
dichiarazione dei redditi utile successiva alla conclusione del procedimento
giurisdizionale di convalida dello sfratto, e comunque non oltre il termine
ordinario di prescrizione decennale, può essere utilizzato senza limiti
quantitativi di impiego scomputandolo dall'Irpef o dall'Irpeg dovute in base
alla medesima dichiarazione, compresi gli acconti. L'eventuale eccedenza può,
inoltre, essere utilizzata in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9
luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni, ovvero può
essere chiesta a rimborso.
In
ogni caso, qualora il contribuente non intenda avvalersi del credito d'imposta
nell'ambito della dichiarazione dei redditi, ha la facoltà di presentare agli
uffici finanziari competenti, entro i termini di prescrizione sopra indicati,
apposita istanza di rimborso.
Da
ultimo, si fa presente che il legislatore non ha fissato un termine
relativamente ai periodi d'imposta utili cui fare riferimento per la
rideterminazione delle imposte e del conseguente credito. Al riguardo si
ritiene che possa valere il termine di prescrizione ordinaria di dieci anni e,
pertanto, si possa effettuare detto calcolo con riferimento alle dichiarazioni
presentate negli anni precedenti, ma non oltre quelle relative ai redditi 1989,
semprechè per ciascuna delle annualità risulti accertata la morosità del
conduttore nell'ambito del procedimento di convalida dello sfratto conclusosi
nel 1998.
2.
Deduzione per l'abitazione principale per il periodo d'imposta 1999.
L'articolo
18 della legge 13 maggio 1999, n. 133, contenente una delega al Governo per la
modifica dei criteri di determinazione del reddito delle unità immobiliari,
dispone al comma 4 l'abrogazione, con effetto dal periodo d'imposta 1999, del
comma 4-quater dell'articolo 34 del Tuir il quale prevede che dal reddito
dell'unità immobiliare adibito ad abitazione principale del contribuente e da
quello delle sue pertinenze si deduce, fino a concorrenza dello stesso, un
importo fino ad un massimo di lire 1.100.000, rapportato alla percentuale di
possesso e al periodo in cui sussiste tale destinazione. La soppressione non
comporta modifiche sostanziali per i contribuenti, in quanto contestualmente il
successivo comma 5 del medesimo articolo 18 introduce una identica deduzione da
effettuare, però, dal reddito complessivo del contribuente e non direttamente
dal reddito dell'unità immobiliare.
Conseguentemente
i riferimenti alla deduzione dell'abrogato comma 4-quater dell'articolo 34 del
Tuir, contenuti nell'articolo 1, quarto comma, lettere b), b-bis) e c), del
D.P.R. n. 600 del 1973, sono stati adeguati alla deduzione prevista dal comma 5
dell'articolo 18 della citata legge n. 133 del 1999.
Va,
peraltro, rilevato che il comma 7 della disposizione in argomento ha innalzato
la predetta deduzione da lire 1.100.000 a lire 1.400.000 per il periodo
d'imposta 1999.
Tuttavia,
è disposto che tale aumento non esplica effetti ai fini del calcolo dell'Irpef
dovuta a titolo di acconto per lo stesso periodo d'imposta 1999.
Pertanto,
in sede di determinazione dell'acconto da effettuare nel 1999 (prima e seconda
rata) non si deve tener conto del maggiore importo della deduzione spettante.