RAPPORTO DI LAVORO - LEGGE N.
183/2010 - COLLEGATO LAVORO -
Si pubblica di seguito la
circolare Ance n. 1793 del 12 novembre 2010 che riporta le novità principali
introdotte dal nuovo testo di legge in materia di lavoro, di maggiore interesse
per il settore.
Delega al Governo per la
revisione della disciplina in tema di lavori usuranti (art. 1)
Confermata la delega al
Governo per l’adozione, entro tre mesi dall’entrata in vigore del provvedimento
normativo, di uno o più decreti legislativi al fine di concedere ai lavoratori
dipendenti, svolgenti attività o lavori particolari e che maturano l’accesso al
pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2008, la possibilità di conseguire il
diritto al pensionamento anticipato con requisiti inferiori rispetto agli altri
lavoratori dipendenti.
I decreti dovranno
contenere una clausola di salvaguardia, volta a prevedere che, in caso di
scostamento tra gli oneri derivanti dalle domande accolte e la copertura
finanziaria prevista, trovi applicazione un criterio di priorità, in ragione
della maturazione dei requisiti agevolati e, a parità degli stessi, della data
di presentazione della domanda.
Misure contro il lavoro
sommerso (art. 4)
Le sanzioni previste in
caso di impiego di lavoratori senza la
preventiva comunicazione di
instaurazione del rapporto di lavoro sono state aumentate.
È prevista, infatti, una
sanzione da 1500 euro a 12000 euro per ciascun lavoratore irregolare,
maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo.
Nel caso di una successiva
regolarizzazione la sanzione è da 1000 a
8000 euro, maggiorata di 30 euro per
ciascuna giornata di lavoro irregolare.
L’importo delle sanzioni
civili connesse all’evasione dei contributi e premi riferiti a ciascun lavoratore
irregolare è aumentato del 50%.
Tali sanzioni non verranno
comunque applicate nel caso in cui, attraverso l’ottemperanza agli obblighi
contributivi, si sia evidenziata la volontà di non occultare il rapporto di
lavoro.
Orario di lavoro (art.
7)
Il legislatore interviene
sulla disciplina sanzionatoria dettata dal d.lgs. n. 66/2003, come modificato
dal decreto legge n.112/2008 convertito nella legge n. 133/2008.
Con l’integrale
sostituzione dei commi 3 e 4 dell’art.18-bis, viene stabilito che in caso di
violazione:
- della durata media
dell’orario settimanale di lavoro (48 ore comprensive dello straordinario -
art. 4, comma 2) e/o della normativa sui riposi settimanali (art. 9, comma 1),
è applicabile la sanzione amministrativa compresa tra 100 e 750 euro, elevata
tra 400 e 1.500 euro qualora la violazione interessi più di 5 lavoratori e si
sia verificata in almeno tre periodi di riferimento, oppure tra 1.000 e 5.000
euro se si riferisce a più di 10 lavoratori e si sia verificata in almeno
cinque periodi di riferimento e non è ammesso il pagamento in misura ridotta;
- della normativa sulle
ferie (art. 10, comma 1), la sanzione amministrativa applicabile è compresa tra
100 e 600 euro, elevata tra 400 e 1.500 euro se interessa più di 5 lavoratori e
si sia verificata per almeno 2 anni, oppure tra 800 e 4.500 euro se riguarda
più di 10 lavoratori e si sia verificata per almeno 4 anni e non è ammesso il
pagamento in misura ridotta;
- della normativa sui
riposi giornalieri (art. 7, comma 1), la sanzione amministrativa applicabile è
compresa tra 50 e 150 euro, elevata tra 300 e 1.000 euro se interessa più di 5
lavoratori ovvero si sia verificata in almeno tre periodi di 24 ore, oppure tra
800 e 4.500 euro se riguarda più di 10 lavoratori o si sia verificata almeno in
cinque periodi e non è ammesso il pagamento in misura ridotta.
Restano ferme le
disposizioni contrattuali che, nel rispetto della legge, contemplino deroghe ai
principi generali.
È sostituito, inoltre, il
comma 7 dell’art. 11 del d.lgs. n. 271/1999, relativo ai lavoratori marittimi,
riconoscendo alla contrattazione collettiva nazionale, o se carente, alla
contrattazione territoriale o aziendale, la possibilità di derogare alla
normativa di riferimento per quanto concerne la fruizione dei periodi di
riposo.
Congedi, aspettative e
permessi (art. 23)
Il Governo è delegato ad
adottare, entro 6 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento, appositi
decreti legislativi, sentite le associazioni dei datori di lavoro e dei
lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, volti a
riordinare la normativa in materia di congedi, aspettative e permessi fruibili
dai lavoratori dipendenti sia nel settore pubblico che privato, in base ai
seguenti principi:
- coordinamento formale e
sostanziale delle disposizioni vigenti, con indicazione esplicita delle norme
abrogate, al fine di semplificare e aggiornare il quadro normativo;
- riordino delle tipologie
di permessi;
- revisione dei presupposti
oggettivi e dei requisiti soggettivi con razionalizzazione delle modalità e dei
documenti utili per la fruizione di congedi, aspettative e permessi, con
particolare riguardo alle persone disabili o in grave stato di salute, al fine
di garantire una disciplina certa ed uniforme.
Modifiche alla
disciplina in materia di permessi per l’assistenza a portatori di handicap in
situazione di gravità (art. 24)
È stato modificato il testo
normativo dell’art. 33, comma 3, della L. n. 104/1992 che prevede il diritto al
permesso mensile di tre giorni, anche continuativi, per coloro che assistono
persone con handicap in situazione di gravità, specificando in maniera più
dettagliata le persone alle quali la norma è rivolta, tra cui i genitori, anche
adottivi, del figlio con handicap grave, ai quali è riconosciuta la possibilità
di fruire anche alternativamente di tale permesso.
È stata, inoltre, aggiunta
la previsione di decadenza dal beneficio di cui sopra qualora l’Inps riscontri
l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste.
Certificati di malattia
(art. 25)
A partire dal 1° gennaio
2010, in tutti i casi di assenza per malattia dei dipendenti di lavoro privato,
sia per il rilascio che per la trasmissione dell’attestazione di malattia, si
applicano le norme del settore pubblico di cui all’art. 55-septies del D.Lgs. n. 165/2001, che prevede modalità telematiche per
tali adempimenti.
Clausole generali e
certificazione del contratto di lavoro (art. 30)
È stato confermato che
nella qualificazione del contratto di lavoro e delle relative clausole, il
giudice deve attenersi alla valutazione delle parti così come espressa in sede di certificazione dei contratti di
lavoro, salvo il caso in cui vi sia stata un’erronea qualificazione del
rapporto di lavoro o vi sia stato un vizio del consenso o una difformità tra il
programma negoziale e la sua successiva attuazione.
Per ciò che concerne il
licenziamento, il giudice, nel valutarne le motivazioni poste alla base, dovrà
tener conto dei parametri e delle condizioni fissate nei contratti collettivi
di lavoro stipulati dai sindacati maggiormente rappresentativi e nei contratti
individuali di lavoro ove stipulati con l’assistenza e la consulenza delle
commissioni di certificazione.
Laddove si tratti di
definire le conseguenze da riconnettersi eventualmente alla mancanza di giusta
causa o giustificato motivo nel licenziamento (cfr. art. 8 L. n. 604/1966), il
giudice dovrà tener conto, oltre che delle clausole previste nei contratti
collettivi e individuali, anche delle dimensioni e dell’attività svolta dal
datore di lavoro, della situazione del mercato del lavoro, delle condizioni del
lavoratore, dell’anzianità e del comportamento tenuto dalle parti prima del
licenziamento.
Conciliazione e
arbitrato (art. 31)
È stato introdotto il
carattere facoltativo del previo tentativo di conciliazione per chi intende proporre un giudizio di
lavoro, secondo la specifica procedura prevista mediante la modifica degli
artt. 410 e ss. del codice di procedura civile.
Rimane, invece,
obbligatorio il tentativo di conciliazione nel caso di cui all’art. 80, co. 4 del D.Lgs. n. 276/2003, in
tema di ricorso giurisdizionale contro la certificazione dei contratti di
lavoro.
Sono state introdotte le
modifiche sia all’art. 411 del codice di procedura civile, relativo al Processo
verbale di conciliazione, che all’art. 412 riferito alla Risoluzione arbitrale
della controversia.
Rispetto a quest’ultimo, è
stato precisato nel novellato articolo che le parti, in qualsiasi momento,
durante l’esperimento della conciliazione o al suo termine in caso di mancato
accordo, possano conferire mandato per la risoluzione arbitrale della
controversia, indicando il termine non oltre i 60 giorni per l’emanazione del
lodo, nonchè le norme invocate dalle parti a sostegno
delle proprie pretese e l’eventuale richiesta di decidere secondo equità.
Con la modifica dell’art.
412-ter, inoltre, è stato previsto che la conciliazione e l’arbitrato, nelle
materie di cui all’art. 409, possono essere svolti altresì presso le sedi e con
le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni
sindacali maggiormente rappresentative.
È stato, inoltre,
modificato l’art. 412-quater del codice di procedura civile introducendo la
novella altre modalità di conciliazione
e arbitrato.
Confermata la possibilità
che le parti contrattuali possano pattuire, solo ove ciò sia previsto da
accordi interconfederali o da contratti collettivi stipulati dalle
organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più
rappresentative al livello nazionale, clausole compromissorie che rinviino alle
modalità di espletamento dell’arbitrato.
Tali clausole
compromissorie dovranno essere certificate, a pena di nullità.
Le commissioni di
certificazione devono accertare, all’atto della sottoscrizione della clausola
compromissoria, l’effettiva volontà delle parti di devolvere eventuali
controversie nascenti dal rapporto di lavoro.
La clausola compromissoria,
in ogni caso, non può riguardare controversie relative alla risoluzione del
contratto di lavoro.
In assenza di tale
previsione da parte degli accordi interconfederali o dei contratti collettivi,
sarà un decreto del Ministero del Lavoro che, sentite le parti sociali,
definirà le modalità di attuazione e di piena operatività in materia di
clausole compromissorie.
Contratto di lavoro a
tempo determinato (art. 32)
Una delle novità più
rilevanti del ‘‘collegato lavorò’ è rappresentata dall’integrale sostituzione
dei commi 1 e 2 dell’art. 6 della legge n. 604/1966 sui licenziamenti
individuali, finalizzata a porre precisi limiti temporali all’esercizio dei
diritti del lavoratore nei casi di risoluzione del rapporto di lavoro.
Le nuove disposizioni
prevedono che l’impugnativa del licenziamento, a pena di decadenza, debba
essere effettuata entro 60 giorni dalla ricezione della relativa comunicazione
scritta, ovvero della comunicazione scritta dei motivi, con atto scritto, anche
stragiudiziale, idoneo comunque a rendere nota la volontà del lavoratore anche
attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale.
Viene stabilito, altresì,
che l’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro i successivi 270
giorni, dal deposito del ricorso presso la cancelleria del tribunale in
funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della
richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, salva la possibilità di
produrre nuovi documenti formatisi dopo il ricorso.
Qualora la conciliazione o
l’arbitrato richiesti siano stati rifiutati o non sia stato raggiunto il
relativo accordo, il lavoratore deve depositare il ricorso entro 60 giorni dal
rifiuto o dal mancato accordo.
Una volta effettuata
tempestivamente nei 60 giorni l’impugnativa del licenziamento, l’azione in
giudizio è quindi soggetta alla decadenza del termine di 270 giorni e non più
alla prescrizione quinquennale valevole in precedenza.
La procedura descritta
trova applicazione in tutte le ipotesi di invalidità del licenziamento, oltrechè nelle seguenti fattispecie:
1) licenziamenti che
presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del
rapporto di lavoro o alla legittimità
del termine apposto al contratto;
2) recesso del committente
nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, di
cui all’art. 409, n. 3, c.p.c..;
3) trasferimento in altra
unità produttiva ex art. 2103 c.c., con termine decorrente dalla data di
ricezione della comunicazione di trasferimento;
4) azione di nullità del
termine apposto al contratto di lavoro, ai sensi degli artt. 1, 2 e 4, del d.lgs. n. 368/2001 e s.m., con termine
decorrente dalla scadenza dello stesso;
5) contratti di lavoro a
termine in corso, con decorrenza dalla scadenza del termine;
6) contratti di lavoro a
termine stipulati anche in applicazione di norme previgenti al d.lgs. n.
368/2001 e già conclusi alla data di
entrata in vigore del provvedimento in esame, con decorrenza dalla medesima
data;
7) cessione di contratto di
lavoro per trasferimento dell’azienda ex art. 2112 c.c., con termine decorrente
dalla data del trasferimento;
8) in ogni altro caso,
compresa la somministrazione irregolare di cui all’art. 27 del d.lgs. n.
276/2003, in cui si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di
lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto.
Si evidenzia che la volontà
del legislatore, come risulta dagli atti parlamentari, sarebbe stata quella di
escludere dall’applicazione della procedura suddetta il licenziamento intimato
oralmente che, secondo l’orientamento giurisprudenziale, può farsi valere entro
il termine di prescrizione ordinaria decennale, ma poichè
secondo la disciplina civilistica le ipotesi di invalidità del licenziamento
richiamate nell’articolato comprendono i casi sia di nullità, che di
annullabilità e inefficacia, i termini di decadenza interesserebbero anche tale
forma di licenziamento.
Per quanto riguarda il
punto 4), sarà da chiarire se la norma interessa anche il c.d. ‘‘contratto in derogà’ (il contratto ulteriore dopo la sommatoria dei 36
mesi) di cui all’art. 5, comma 4-bis, del d.lgs. n.68/2001, nonchè
i contratti dei lavoratori in mobilità e dei dirigenti richiamati nell’art. 10
del medesimo decreto.
In ordine al punto 8) si
segnala, invece, che bisognerà appurare la decorrenza del termine considerato
che la norma non la individua espressamente.
L’articolato prevede,
inoltre, che nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il
giudice condanni il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore con
un’indennità onnicomprensiva compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12
mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in base ai criteri di cui
all’art. 8 della legge n. 604/66.
Il limite massimo
dell’indennità predetta è ridotto alla metà, vale a dire a 6 mensilità, qualora
vi siano contratti o accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali,
stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative
sul piano nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato,
di lavoratori già occupati a tempo determinato nell’ambito di specifiche
graduatorie.
Tali disposizioni trovano
applicazione anche ai giudizi in corso, non passati in giudicato, per i quali,
ai fini della determinazione dell’indennità, se necessario, il giudice può
concedere alle parti un termine per l’eventuale integrazione della domanda e delle
relative eccezioni.
Nel merito appare
indiscutibile che il risarcimento del lavoratore non è sostitutivo della
conversione del contratto, ma si aggiunge ad essa.
Si ritiene che l’indennità
suddetta sia soggetta a trattenute fiscali, ma essendo, come specificato,
onnicomprensiva, non dovrebbe essere assoggettata a contribuzione
previdenziale.
Accesso ispettivo, potere di diffida e
verbalizzazione unica (art. 33)
Con la modifica dell’art.
13 del D.Lgs. n. 124/2004, è stato previsto l’obbligo
per il personale ispettivo di consegnare al datore di lavoro un verbale di
primo accesso, corredato dei dati prescritti (identificazione lavoratori, loro
attività, eventuali dichiarazioni, richieste documentali).
Rispetto alla precedente
formulazione oggi il legislatore ha previsto che la contestazione possa
riguardare l’inosservanza di norme di legge o del contratto cui la legge
ricollega sanzioni amministrative, per le quali l’ispettore del lavoro provvede
a diffidare il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido, alla
regolarizzazione.
Tale regolarizzazione,
questa l’ulteriore novità, dovrà riguardare
le inosservanze comunque materialmente sanabili e dovrà avvenire nel
termine ora stabilito per legge e non più a discrezione del personale ispettivo
di trenta giorni dalla notifica del verbale.
L’ottemperanza alla
diffida, unitamente al pagamento, entro 15 giorni, della sanzione
amministrativa, anche in misura ridotta, estingue il procedimento
amministrativo.
In caso contrario, il
verbale unico produrrà gli effetti della contestazione e della notificazione
degli addebiti accertati sia nei confronti del datore di lavoro che
dell’obbligato in solido.
Formazione professionale
(art. 36)
Con l’aggiunta del comma
3-ter all’art. 9 della legge n. 236/1993, si statuisce che il Ministero del
lavoro possa prevedere misure di sostegno al reddito per i lavoratori
disoccupati o a rischio di esclusione dal mercato del lavoro.
Omesso versamento delle
ritenute previdenziali (art. 39)
Il reato di omesso
versamento delle ritenute previdenziali, ex art. 2 della legge n.638/1983,
inerente i lavoratori dipendenti, viene esteso ai casi di omesso versamento
delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal committente sui
compensi dei lavoratori a progetto e dei titolari di collaborazioni coordinate
e continuative iscritti alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26,
della legge n. 335/1995.
Si rammenta che la relativa
sanzione, ossia la reclusione fino a tre anni e la multa fino a 1.033 euro, non
si applica in caso di versamento entro tre mesi dalla contestazione o dalla
notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.
Contribuzione figurativa
(art. 40)
Vengono modificati i
criteri di calcolo della contribuzione figurativa ai fini previdenziali e per
la liquidazione delle prestazioni a sostegno o integrazione del reddito, con
riferimento all’anzianità contributiva successiva al 31 dicembre 2004, in base
all’importo della normale retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore nel
mese in cui si colloca l’evento, come determinato dal datore di lavoro sulla
base degli elementi retributivi ricorrenti e continuativi.
Contribuzione figurativa
per periodi di malattia (art. 45)
Viene introdotto il comma
1-bis all’art. 1 del d.lgs. n. 564/96 con il quale si stabilisce che il limite
di durata di 22 mesi non si applichi, a decorrere dall’insorgenza dello stato
di inabilità, ai soggetti la cui inabilità sia conseguenza di infortunio sul
lavoro, con la precisazione che in tal caso non è corrisposta dall’ente
previdenziale l’indennità di malattia.
Ammortizzatori sociali,
servizi per l’impiego, incentivi all’occupazione, apprendistato e occupazione
femminile (art. 46)
Sono apportate modifiche
alla legge n. 247/2007, con la previsione che il Governo dovrà intervenire,
entro 24 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento di cui trattasi, per il
riordino delle seguenti materie: istituti a sostegno del reddito, servizi per
l’impiego, incentivi all’occupazione, apprendistato, occupazione femminile.
In particolare, per quanto
attiene l’occupazione femminile, dovranno essere rispettati i seguenti
principi:
- incentivi e sgravi
contributivi volti a favorire i regimi di orario flessibile per l’aumento dell’occupazione femminile;
- revisione della normativa
sui congedi parentali, con l’intento di estenderne la durata e incrementare la
relativa indennità;
- orientamento dei Fondi
comunitari in via prioritaria per l’occupazione femminile, a supporto di
attività formative, di accompagnamento e inserimento al lavoro;
- rafforzamento del
part-time e del telelavoro;
- potenziamento delle
azioni mirate a favorire l’imprenditorialità femminile, la parità di
trattamento tra uomini e donne nell’ambito del lavoro, i servizi per l’infanzia
e per gli anziani non autosufficienti;
- realizzazione di sistemi
di elaborazione dati volti a far emergere le discriminazioni di genere;
- potenziamento;
- interventi per una
formazione professionale mirata all’accesso e al rientro delle donne nel
mercato del lavoro;
- definizione degli
adempimenti del datore di lavoro in materia di attenzione al genere.
Modifiche al decreto
legislativo n. 276/2003 (art. 48)
Sono state introdotte
alcune modifiche all’art. 2 e all’art. 5 del suddetto decreto in tema di
agenzie per il lavoro, prevedendo alcune novità riguardanti l’interconnessione
con la borsa lavoro e le comunicazioni che devono essere oggetto di tale
interconnessione.
È stata aggiunta alla
previsione della possibilità di essere autorizzati allo svolgimento
dell’attività di intermediazione per le associazioni dei datori di lavoro e dei
prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e
per gli enti bilaterali, la previsione che tale attività venga svolta anche per
il tramite delle associazioni territoriali e delle società di servizi
controllate.
Ulteriori modifiche sono
state apportate alla gestione e al funzionamento del fondo previsto dall’art.
12 del D.Lgs. n. 276/2003 per la formazione e l’integrazione del reddito dei lavoratori
in somministrazione, le cui risorse sono garantite dai versamenti dei soggetti
autorizzati alla somministrazione.
Il presente articolo
prevede, inoltre, quale rilevante novità, la possibilità di assolvere l’obbligo
formativo previsto dall’art. 1, comma 622 della L. n. 296/2006 anche mediante i
percorsi di apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e
formazione e, pertanto, la possibilità di assolvere tale obbligo per l’ultimo
anno mediante un percorso di apprendistato.
Collaborazioni
coordinate e continuative (art. 50)
Disposizioni specifiche
vengono introdotte per le collaborazioni coordinate e continuative, a fronte
delle procedure di stabilizzazione fissate dall’art. 1 della legge n. 296/2006
per le quali fu prevista una particolare procedura.
Fatte salve le sentenze
passate in giudicato, nell’ipotesi di accertamento della natura subordinata di
tali rapporti, anche se riconducibili ad un progetto o programma di lavoro, qualora
il datore di lavoro abbia offerto al lavoratore un contratto di lavoro
subordinato entro il 30 settembre 2008 (data ultima per la procedura di
stabilizzazione) o, successivamente all’entrata in vigore della legge in esame,
abbia ulteriormente offerto la conversione a tempo indeterminato del contratto
in corso ovvero l’assunzione a tempo indeterminato per mansioni equivalenti a
quelle svolte durante il precedente rapporto di lavoro, è tenuto unicamente a
corrispondere al lavoratore medesimo un’indennità di importo compreso tra un
minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità di retribuzione, sulla base dei
criteri di cui all’art. 8 della legge n. 604/1966 (numero dei dipendenti,
dimensione dell’impresa, anzianità del lavoratore, comportamenti e condizioni delle
parti).
Si fa riserva di ulteriori
comunicazioni sulla materia a seguito di eventuali chiarimenti che dovessero
intervenire da parte delle istituzioni competenti.