COLLEGATO LAVORO - CONTRATTO a tempo determinato -
DIFFERIMENTO DEL TERMINE DI IMPUGNAZIONE
Sul Supplemento Ordinario
n. 53 della Gazzetta Ufficiale n. 47/2011 è stata pubblicata la Legge 26
febbraio 2011, n. 10 di conversione del D.L. n. 225/2010 (c.d. Milleproroghe), che, tra l`altro, apporta modifiche
all`art. 32 della Legge 4 novembre 2010, n. 183 (cfr. Not.
n. 12/2010).
L`articolo 2, comma 54, del
provvedimento aggiunge al predetto articolo 32, relativo al contratto a tempo
determinato, il comma 1-bis, che fa decorrere l`efficacia delle disposizioni
innovate dell`art. 6 della L n. 604/1966 al 31 dicembre dell`anno in corso.
Pertanto, mentre ai sensi
della precedente norma del Collegato lavoro, i lavoratori con un contratto a
termine scaduto prima del 24 novembre 2010 (data di entrata in vigore della
legge), avrebbero dovuto impugnare l`eventuale licenziamento irregolare
obbligatoriamente entro il 23 gennaio 2011 - diversamente l`azione sarebbe
diventata improcedibile - a seguito delle disposizioni
del decreto c.d. Milleproroghe, il termine di 60
giorni per l`impugnazione del licenziamento acquista efficacia a decorrere dal
31 dicembre 2011.
Di seguito si pubblica il
testo dell’art. 32 della Legge n. 183/2010 come modificato dalla legge in
commento:
Art.32 - Decadenze e
disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato
1. Il primo e il secondo
comma dell’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, sono sostituiti dai
seguenti: «Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro
sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta,
ovvero dalla comunicazione, anch’ essa in forma scritta, dei motivi, ove non
contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere
nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento
dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso.
L’impugnazione e’ inefficace se non e’ seguita, entro il successivo termine di
duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del
tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla
controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma
restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito
del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o
non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al
giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal
rifiuto o dal mancato accordo».
1-bis. In sede di prima
applicazione, le disposizioni di cui all’articolo 6, primo comma, della legge
15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo,
relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento,
acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011.
2. Le disposizioni di cui
all’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1
del presente articolo, si applicano anche a tutti i casi di invalidità del
licenziamento.
3. Le disposizioni di cui
all’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1
del presente articolo, si applicano inoltre: a) ai licenziamenti che
presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del
rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto; b)
al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa, anche nella modalità a progetto, di cui all’articolo 409, numero
3), del codice di procedura civile; c) al trasferimento ai sensi dell’articolo
2103 del codice civile, con termine decorrente dalla data di ricezione della
comunicazione di trasferimento; d) all’azione di nullità del termine apposto al
contratto di lavoro, ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, e successive
modificazioni, con termine decorrente dalla scadenza del medesimo.
4. Le disposizioni di cui
all’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1
del presente articolo, si applicano anche: a) ai contratti di lavoro a termine
stipulati ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del D.Lgs. 6 settembre 2001, n. 368, in corso di
esecuzione alla data di entrata in vigore della presente legge, con decorrenza
dalla scadenza del termine; b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati
anche in applicazione di disposizioni di legge previgenti al D.Lgs. 6 settembre
2001, n. 368, e già conclusi alla data di entrata in vigore della presente
legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata in vigore della presente
legge; c) alla cessione di contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’articolo
2112 del codice civile con termine decorrente dalla data del trasferimento; d)
in ogni altro caso in cui, compresa l’ipotesi prevista dall’articolo 27 del D.Lgs. 10 settembre
2003, n. 276, si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di
lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto.
5. Nei casi di conversione
del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al
risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella
misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima
retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo
8 della legge 15 luglio 1966, n. 604.
6. In presenza di contratti
ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le
organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di
lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche
graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata dal comma 5 e’ ridotto
alla metà.
7. Le disposizioni di cui
ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i giudizi, ivi compresi quelli
pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Con riferimento a
tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della
indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un termine per
l’eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita i
poteri istruttori ai sensi dell’articolo 421 del codice di procedura civile.