NUOVE NORME REGIONALI IN TEMA DI GOVERNO DEL TERRITORIO, EDILIZIA SOCIALE, EFFICIENZA ENERGETICA - COMMENTO ALLA LEGGE 3/2011

 

Sul Notiziario del precedente mese, il n. 3/2011, è stato riportato un commento sulle novità, specie in tema urbanistico, introdotte con il “Collegato Ordinamentale 2011”, approvato dal Consiglio Regionale.

Si comunica che tale disposizione è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale di Regione Lombardia (BURL n. 8, suppl. del 25 Febbraio 2011) come Legge n. 3 del 21 febbraio 2011, con titolo “Collegato Ordinamentale 2011 - Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione di disposizioni legislative”.

Il testo della norma è pubblicato sul sito internet del Collegio Costruttori www.ancebrescia.it.

In relazione agli aspetti prettamente urbanistici della norma in parola si riporta uno studio del geom. Antonio Gnecchi.

 

Legge regionale 21 febbraio 2011, n. 3

Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica e integrazione  di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2011.

 

Prime valutazioni sulle principali norme che riguardano i comuni e le loro applicazioni.

(a cura del geom. Antonio Gnecchi)

La Giunta regionale nell’ottica di migliorare ed adeguare talune disposizioni legislative ha approvato il PDL n. 69 del 23 dicembre 2010, che dopo l’istruttoria dei soggetti interessati, ha portato in aula del Consiglio Regionale il testo approvato con la legge regionale 21 febbraio 2011, n. 3 e pubblicato sul BURL, Supplemento n. 8 del 25 febbraio 2011.

Le novità che più di altre riguardano l’edilizia e l’urbanistica sono quelle contenute negli articoli:

art. 9 – (modifiche alla LR. 1/2000) – ricevimento denunce in cemento armato, esecuzione,  accertamenti ed adozione provvedimenti amministrativi

art. 10 – (modifiche alla LR 70/83) – collaudatori opere pubbliche

art. 12 – (modifiche alla LR 12/2005) – vari aspetti sulla legge del Governo del Territorio

art. 16 – (modifiche alla LR 13/01) – norme in materia di inquinamento amministrativo

art. 17 – (modifiche alla LR 24/06) – prevenzione e riduzione emissioni in atmosfera.

Analizzando, una ad una, le modifiche introdotte dalla legge regionale n. 3/2011, di seguito si evidenziano le novità introdotte e le dovute considerazioni che intendono mettere in evidenza le eventuali criticità delle stesse norme.

 

Articolo 9 – modifiche alla legge regionale n. 1 del 2000 (Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia – attuazione del  D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112).

Stante l’attuale disciplina che affida all’ufficio tecnico regionale l’emanazione, a mezzo di decreto, dell’ordine di sospensione dei lavori al committente, indirizzato al direttore dei lavori e al costruttore sull’inosservanza delle disposizioni in materia di opere in cemento armato, normale e precompresso ed a struttura metallica, nonché quella successiva di ripresa, dopo verifica degli stessi uffici regionali, si è ritenuto, per ragioni di semplificazione e rapidità dell’azione amministrativa, che siano i comuni stessi ad espletare direttamente i compiti affidati all’UTR.

In questo modo, saranno i responsabili degli uffici tecnici ad espletare le funzioni di verifica e di controllo di tutti gli adempimenti e le responsabilità in capo ai vari soggetti che progettano, dirigono e realizzano strutture con funzioni statiche, artt. 64 e segg. dPR n. 380/2001)

A questa determinazione si è giunti in quanto, in un primo momento il D.Lgs. 112/98 aveva conferito funzioni e compiti amministrativi, in questa materia, alle regioni le quali, appunto con la LR n. 1/2000, con l’articolo 3, comma 93, lettera a), aveva delegato ai comuni territorialmente competenti, le funzioni di ricevere in deposito e custodire le denunce ed i collaudi statici relativi alle strutture con funzioni statiche.

Altro motivo che ha spinto la regione a trasferire tali competenze ai comuni è stata “trovato“ nell’articolo 69 del dPR n. 380/2001 là dove la vigilanza e l’accertamento dell’inosservanza degli adempimenti alla legge n. 1086 del 1971, compete ai funzionari e agenti comunali, con l’obbligo di segnalare all’autorità giudiziaria e all’ufficio tecnico regionale.

Da qui “la necessità di modificare la norma”, in modo di consentire ai comuni di “esercitare in modo completo e diretto tutte le funzioni anche in materia di repressione degli abusi strutturali”.

A questo proposito voglio solo ricordare due cose:

- a partire dal 1985, nei comuni soggetti alla normativa antisismica, venivano fatte, a campione, le verifiche tecniche alle costruzioni, mediante sopralluoghi ai quali presenziavano un geologo, un ingegnere strutturista e un dirigente dell’ex Genio Civile, i quali valutavano le denunce dei c.a. (o altro), verificavano in loco le strutture e, alla fine, procedevano a stendere un verbale di esito dell’accertamento.

Oggi, che tutti i comuni sono sismici anche se in classi diverse tra loro, mi chiedo come un funzionario e/o un agente comunale di quei comuni che non hanno, al loro interno, una figura professionale qualificata, possano valutare la corretta progettazione di una struttura, l’osservanza delle prescrizioni del progetto, la qualità dei materiali o la posa in opera di strutture prefabbricate, nonché il grado di attendibilità di un collaudo statico (parziale o finale).

Mi pare, invero, che la struttura tecnica regionale, fosse meglio attrezzata e qualificata a svolgere questo compito.

- l’altra considerazione è legata all’ulteriore impegno che viene scaricato addosso ai comuni in virtù della semplificazione, dell’evoluzione normative e dei risparmi economici.

 

Articolo 10 – modifiche alla legge regionale n. 70 del 1983 (Norme sulla realizzazione di opere pubbliche di interesse regionale).

La LR 70/83 ha istituito e regolamentato l’Albo regionale dei collaudatori al fine di creare un elenco selezionato di esperti  nelle varie materie a cui affidare incarichi di collaudo.

La norma nazionale, oltre a stabilire quanto e come deve svolgersi un collaudo di opere pubbliche, definisce anche i requisiti e modalità di scelta dei collaudatori.

In particolare l’articolo 188 del dPR n. 544/99, il D.Lgs. 163/06 Codice dei Contratti (art. 141) e l’art. 216 del Regolamento di Attuazione definiscono i requisiti professionali dei collaudatori in relazione alle caratteristiche dei lavori e le modalità di nomina con qualifica riferita al tipo dei lavori, alla complessità ed al loro importo con orientamento a funzionari interni alle amministrazioni (in servizio per almeno da cinque anni) e solo in mancanza di organico, a professionisti.

La norma pertanto abolisce l’albo regionale dei collaudatori (articolo 32) e tutti gli altri articoli a questo riferiti (artt. 33-34-35-36-37-55).

Il comma 2 fa espressamente salvi, in via transitoria, gli incarichi di collaudo già conferiti sulla base delle disposizioni oggetto di abrogazione.

Articolo 12 – Modifiche alla legge regionale n. 12 del 2005 (legge per il Governo del Territorio).

E’ senz’altro la novità più importante che riguarda la materia dell’edilizia e dell’urbanistica.

Gli articoli che, con diverse motivazioni, sono stati modificati, sono:

l’articolo 4 che riguarda la valutazione ambientale del Piani di Governo del Territorio

l’articolo 19 che riguarda i Piani Territoriali Regionali

l’articolo 22 che riguarda l’adeguamento dei PTR

l’articolo 25 che riguarda le norme transitorie

l’articolo 26 che riguarda l’adeguamento dei PGT

l’articolo 32 che riguarda la Sportello Unico dell’Edilizia

l’articolo 33 che riguarda le trasformazioni soggette a permesso di costruire

l’articolo 41 che riguarda gli interventi realizzati mediante DIA

l’articolo 44 che riguarda gli oneri di urbanizzazione

l’articolo 51 che riguarda i mutamenti di destinazione d’uso

l’articolo 71 che riguarda l’ambito di applicazione  degli edifici di culto

l’articolo 86 che riguarda gli interventi sostitutivi in caso di inerzia o di ritardi

l’articolo 99 che riguarda la norma finanziaria

l’articolo 103 che riguarda la disapplicazione di norme statali.

La prima modifica riguarda l’individuazione dell’autorità competente in materia di VAS a supporto del PGT. (articolo 4, LR 12/05)

La regione Lombardia aveva disciplinato la VAS con due DGR che avevano trovato opposizione del TAR Lombardia con la sentenza n. 1526/2010, con la quale evidenziava che l’autorità procedente e l’autorità competente per la VAS del PGT non potevano in alcun modo essere collocate all’interno dello stesso ente.

Recentemente il C.d.S., sezione IV, con sentenza 12 gennaio 2011, n. 133, ha osservato che il presupposto su cui si basavano le conclusioni raggiunte dal primo giudice, secondo cui l’autorità competente alla VAS deve essere necessariamente individuata in una pubblica amministrazione diversa da quella avente qualità di “autorità procedente”, non trova supporto nella vigente normativa comunitaria e nazionale e, pertanto, ha accolto gli appelli della regione Lombardia sancendo, in questo modo, che l’autorità competente alla VAS sia identificata in un organo o ufficio interno alla stessa autorità procedente.

Da qui le modifiche all’articolo 4 che ribadiscono come le funzioni amministrative relative alla VAS di piani e programmi del PGT sono esercitate dall’ente procedente (co 3-bis), e che l’autorità competente è individuata “prioritariamente” all’interno dell’ente, pur in possesso di alcuni requisiti (co 3-ter).

Il comma 3-quater dispone le competenze e le attribuzioni dell’autorità competente.

E’ consentito ai piccoli comuni di costituire o aderire, con i comuni limitrofi, a forme associative per l’espletamento delle procedure di verifica di assoggettabilità e di VAS (co 3-quinquies), così come i comuni possano avvalersi del supporto tecnico regionale per lo svolgimento del ruolo di autorità competente ( co 3- sexies).

Le modifiche all’articolo 19 e all’articolo 99, traggono origine dalla necessità di coerenziare le norme che riguardano il PTR con quelle dell’articolo 55 per il Governo delle acque, la difesa del suolo e la prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici.

Con le modifiche introdotte all’articolo 25 sulle norme transitorie, si è ritenuto opportuno prorogare l’efficacia degli strumenti urbanistici locali vigenti al 31 dicembre 2012.

Tuttavia, proprio perché la modifica proposta mira a far riconoscere come prioritaria l’approvazione del PGT per un corretto Governo del Territorio, per quei comuni che entro il 31 dicembre 2011 non abbiano adottato il nuovo strumento di pianificazione urbanistica, è previsto che non possano approvare piani attuativi del vigente PRG (nuovo comma 3-quater dell’articolo 26, LR 12/2005).

Oltre agli adempimenti dello SUE stabiliti nell’articolo 32, è stato previsto che, dietro pagamento dei diritti e spese dovute, lo stesso ufficio produca tutti i certificati il cui rilascio sia di sua competenza, sia a corredo delle domande di permesso di costruire che per le DIA.

A questo proposito non  si capisce perché, pur avendo aderito all’alternatività tra la DIA ordinaria e la SCIA, la regione Lombardia non abbia fatto alcun riferimento alla nuova procedura introdotta con il nuovo articolo 19, della legge 241 del 1990.

Le modifiche apportate all’articolo 33 e all’articolo 103, co. 1, lettera a), si fondono sulla necessità di adeguare l’ordinamento regionale  alla nuova disciplina in tema di attività edilizia libera, prevista dal nuovo articolo 6, del dPR 380/2001, novellato dalla legge n. 73 del 2010.

E’ infatti stato abrogato il comma 2 dell’articolo 33 che trattava l’attività edilizia libera, subordinando gli interventi a permesso di costruire,ad esclusione di quelli disciplinati appunto dall’articolo 6, dPR 380/01, fermo restando le altre ipotesi: interventi realizzabili mediante DIA, le opere pubbliche approvate con deliberazione del progetto (validato) con medesimi effetti del pdc e gli interventi di realizzazione dei bacini idrici per la pesca sportiva, la piscicoltura, l’irrigazione per i quali è richiesta l’autorizzazione di cui all’articolo 36, legge regionale n. 14 del 1998.

La regione ritiene, con la sostituzione del comma 2, dell’articolo 41, di aver semplificato la procedura per gli interventi realizzabili mediante DIA (e non la SCIA).

La norma sostituita prevedeva, nei casi di interventi assentiti con permesso di costruire, di presentare una DIA prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori per varianti che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modifichino la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterino la sagoma dell’edificio e non violino le eventuali prescrizioni contenute nel permesso.

La modifica del testo riguarda sia gli interventi assentiti in base al pdc o a seguito della presentazione della DIA e consente all’interessato di presentare una semplice “comunicazione di eseguita attività” sottoscritta da tecnico abilitato.

Già l’articolo 41, comma 1, consentiva in alternativa al pdc, di presentare la DIA, salvo i casi di esplicita esclusione.

Era altrettanto pacifico che le eventuali varianti di cui al comma 2, potevano altresì essere presentate con la DIA, anche essa prima della dichiarazione di ultimazione lavori.

L’aver, quindi, precisato che anche le varianti agli interventi possono essere assentite in forza di DIA, alle condizioni e limiti stabiliti, era superfluo.

Se mai, ancora una volta non si capisce perché non si fa alcun riferimento alla SCIA sostitutiva della DIA ordinaria prevista per queste varianti postume, dal momento che, come sopra si diceva, la regione

Lombardia ha ammesso l’alternativa tra i due titoli abilitativi.

 

Altre considerazioni:

1) l’aver previsto la comunicazione di eseguita attività sottoscritta da tecnico abilitato non credo costituisca una parte integrante del procedimento,

2) la semplice comunicazione del tecnico abilitato attestante che le varianti  non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modifichino la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterino la sagoma dell’edificio e non violino le eventuali prescrizioni contenute nel permesso, non potrà certo sostituire un minimo di allegati progettuali necessari per consentire le verifiche di competenza dell’amministrazione

3) la comunicazione non consentirà di stabilire se gli interventi di variante siano gratuiti o onerosi

4) la comunicazione non comporterà l’asseverazione del progettista delle opere da realizzare in conformità agli strumenti urbanistici vigenti e adottati, al Regolamento edilizio, al rispetto delle norme di sicurezza o di quelle igienico-edilizie, oltre ad altri, tra i quali le norme civilistiche,

5) la presentazione della comunicazione non accelera il “procedimento”  del titolo abilitativo in quanto, come in precedenza per la DIA, la comunicazione va presentata sino alla dichiarazione di ultimazione dei lavori, tenuto conto che l’articolo 25, del dPR n. 380/2001, prescrive che, entro 15 giorni dall’ultimazione lavori di finitura dell’intervento, il titolare del pdc o della DIA, è tenuto a presentare allo SUE la domanda di rilascio del certificato di agibilità. Quindi presentando la DIA o la comunicazione  entro la dichiarazione di ultimazione dei lavori, non si risparmia tempo,

6) non ultimo resta il problema di eventuali violazioni edilizie che si applicano agli abusi edilizi in modo differenziato a seconda che si tratti di interventi subordinati a pdc (comprese le varianti), ovvero, a SUPERDIA, piuttosto che si tratti di interventi ammessi con DIA ordinaria o SCIA alternativa.

La correzione dell’articolo 44, comma 13, è determinata dall’opportunità di uniformare il disposto di legge alla disciplina di cui all’articolo 38, comma 7-bis, della legge regionale n. 12/05, introdotto dalla legge regionale n. 4/08.

La norma infatti riguarda i casi di interventi su edifici esistenti comportanti modificazioni delle destinazioni d’uso, per quanto attiene all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nelle ipotesi di un maggior importo dovuto per la nuova destinazione rispetto a quella precedente. La nuova norma prevede che l’eventuale maggior somma dovuta va sempre riferita ai valori stabiliti dal comune alla data di presentazione della richiesta del permesso di costruire ovvero di presentazione della DIA (e non della SCIA alternativa).

La regione ha ravvisato, inoltre, la necessità di integrare l’articolo 51 (mutamenti di destinazione d’uso), prevedendo che le amministrazioni comunali definiscano per gli ambiti del TUC criteri per l’individuazione delle destinazioni d’uso nel rispetto dei valori architettonici e ambientali, del contesto sociale, della morale pubblica, nonché della salvaguardia e promozione dell’identità e della cultura locale.

Un aspetto che il legislatore regionale non ha toccato in ordine alla disciplina dei mutamenti di destinazione d’uso di immobili, è quello che disciplina il  mutamento di destinazione d’uso, senza opere, correlato all’eventuale sua onerosità.  Spesso gli uffici tecnici dei comuni sono messi nelle condizioni di considerare l’articolo 52, comma 2, della LR 12/05, applicabile unicamente alle ipotesi di cui al successivo comma 3, stesso articolo e cioè di far pagare il contributo di costruzione nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione, determinata con riferimento al momento dell’intervenuta variazione, qualora la destinazione d’uso sia stata modificata nei dieci anni successivi all’ultimazione.

Cosa diversa, ma non troppo, è il mutamento di destinazione d’uso, senza opere, ancorché sottratto a qualunque atto di assenso, che è soggetto al pagamento del contributo qualora la nuova destinazione comporti un maggior carico urbanistico. La circostanza che le modifiche di destinazione d’uso senza opere non soggette a preventivo titolo abilitativo, non comporta, di diritto, l’esenzione dagli oneri di urbanizzazione e quindi la gratuità dell’operazione. Il contributo non è geneticamente collegato al rilascio di un nuovo permesso di costruire, per cui il mutamento di destinazione d’uso, anche se non soggetto a nessun titolo abilitativo (in quanto senza opere), cui consegua un maggior carico urbanistico comporta l’onere del pagamento della differenza tra gli oneri connessi alla destinazione originaria e quelli dovuti per la nuova destinazione impressa.

Il mutamento di destinazione, se riconducibile ad una classe contributiva diversa e più onerosa della precedente, tale che, se il titolo abilitativo fosse stato richiesto fin dall’origine per la nuova destinazione, avrebbe comportato un diverso e meno favorevole contributo urbanistico, impone l’applicazione della norma di cui all’ex articolo 10, della legge n. 10/1977, ora confluito nell’articolo 19, del dPR n. 380/2001.

Il contributo diviene privo di causa se la costruzione autorizzata non viene eseguita, ma se viene eseguita e utilizzata secondo la sua destinazione, l’onere contributivo non manca di causa. La partecipazione agli oneri non è legata ad un periodo minimo di utilizzazione ma è connessa col potenziale godimento, e non misurabile nel tempo, delle opere di urbanizzazione e non ne può quindi essere richiesta la restituzione ove il carico urbanistico dell’opera venga a mutare in quanto in tal caso sorge un nuovo obbligo che prescinde da quello assolto in precedenza per un’opera di diverso carico urbanistico.

In definitiva, a fronte dell’accertato mutamento di destinazione d’uso (comunicazione dell’interessato in questo caso), l’amministrazione può legittimamente calcolare di nuovo il quantum dovuto in relazione al diverso carico urbanistico derivante dall’insediamento di un’attività di tipo direzionale piuttosto che di una residenza, tenuto presente che, come già illustrato, il contributo di urbanizzazione non è genericamente collegato al rilascio di un nuovo titolo abilitativo, ma rappresenta la compartecipazione posta a carico del titolare dell’alloggio alle utilità derivanti dalla presenza delle opere di urbanizzazione.

La Giurisprudenza, sia dei TAR che del CdS, in diverse occasioni, hanno sostenuto quanto sopra affermato, ma la regione Lombardia, diversamente da altre occasioni, non ha ritenuto di adeguare la sua disciplina di intervento.

All’articolo 71, co 1, è aggiunta la lettera c-bis), norma che classifica come attrezzature di interesse comune  per i servizi religiosi anche gli immobili sedi di associazioni, società o comunità di persone, le cui finalità siano da ricondurre comunque alla religione. In tal modo anche tali tipologie di immobili sono sottoposte alla disciplina di cui agli articoli 70 e seguenti della LR 12/05.

Questo significa che nel PdS devono essere individuati chiaramente, non solo gli immobili, ma anche i luoghi sedi di associazioni e comunità di persone in qualsiasi forma costituita.

Al di fuori di queste aree o immobili non potranno essere realizzati o recuperati edifici di culto di qualsiasi genere o adibiti all’esercizio di culto o alla professione religiosa, nonché scuole o centri culturali.

Infine le modifiche apportate all’articolo 86, comma 1, in tema di interventi sostitutivi in caso di inerzia o di ritardo per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, che conseguono alla riscrittura dell’articolo 146 del D.Lgs  42/04, operata dal D.Lgs. 63/08.

Se l’amministrazione competente non rilascia o diniega l’autorizzazione paesaggistica nei termini di legge, l’interessato può chiederla, in via sostitutiva, alla regione che vi provvede, entro 60 giorni.

 

Articolo 16 . modifica alle legge regionale n. 13/2001 (norme in materia di inquinamento acustico).

La norma attuale dell’articolo 8 della legge n. 13 del 2001, relativa alle attività temporanee (che spaziano dai cantieri ai grandi concerti), ha un carattere generale che non coglie la specificità di alcune tipologie di eventi di rilevanza eccezionale per gli aspetti mediatici, artistici, culturali e sociali.

La mancanza di una previsione specifica relativa ad eventi di rilevanza eccezionale comporta gravi difficoltà per lo svolgimento di tali eventi che vengono spesso autorizzati in deroga ai limiti di rumore ma spesso con una serie di prescrizioni limitative che finiscono per smontarli e vanificarli.

La proposta prevede l’aggiunta all’articolo 8 della legge di due ulteriori commi e propone di valorizzare l’eccezionale rilevanza di tali eventi facendo salve in ogni caso le esigenze di tutela della salute della popolazione. Prevede la vigenza di un regime speciale di deroga che si applica a quegli eventi la cui particolare rilevanza è stata riconosciuta con modalità definite con DGR

La proposta prevede altresì che il provvedimento comunale di autorizzazione in deroga motivi specificatamente e dettagliatamente le comprovate esigenze di tutela della salute della popolazione.

In buona sostanza, mi pare di cogliere l’intenzione di legittimare le vecchie autorizzazioni in deroga dei comuni che, per motivare il superamento dei limiti dei rumori, imponevano una serie innumerevole di prescrizioni, ma che certo non potranno completamente salvaguardare la salute della popolazione.

 

Articolo 17 – Modifiche alla legge regionale  n. 24 del 2006 (norme per la prevenzione e la riduzione delle emissioni in atmosfera a tutela della salute e dell’ambiente).

Alla legge regionale n. 24/2006 sono state apportate numerose modifiche e sostituzioni che, principalmente, riguardano:

1) l’adeguamento alle previsioni delle direttive europee del 2010, sostituendo il comma 1 dell’articolo 9, elencando gli obiettivi delle disposizioni, disciplinando i singoli aspetti:

la  GRL detterà disposizioni per eliminare il consumo energetico in relazione alle diverse destinazioni d’uso degli edifici e alle zone climatiche di ubicazione, il fabbisogno energetico degli edifici esistenti, da ristrutturare e nuove costruzioni, stabilendo i requisiti dell’involucro edilizio e degli impianti termici, nonché il fabbisogno energetico da fonti rinnovabili.

saranno fissate nuove regole per gli impianti termici civili

sarà esteso l’obbligo dei sistemi per la termoregolazione degli ambienti e la contabilizzazione autonoma del calore, a partire dal 1 agosto 2012, a tutti gli impianti di riscaldamento al servizio di più unità immobiliari, anche se già esistenti, per le caldaie di maggior potenza e vetustà e dall’inizio di ciascuna stagione termica dei due anni successivi alla scadenza del 1 agosto 2012, per le caldaie di potenza e vetustà progressivamente inferiore,

di rendere obbligatoria la dichiarazione della classe e dell’indice di prestazione energetica all’edificio o della singola unità immobiliare, per la vendita e la locazione, come si vedrà in seguito,

riduzione dell’impatto ambientale degli edifici, di nuove costruzioni mediante nuovi sistemi impiantistici e costruttivi.

2) L’estensione delle sanzioni previste per l’attuazione del rendimento energetico nell’edilizia anche al proprietario o al conduttore dell’impianto termico che non dimostri di avere posto in essere tutti gli atti e le attività, di sua competenza, necessari affinché il soggetto responsabile dell’esercizio e della manutenzione dell’impianto termico possa realizzare gli interventi previsti dalla normativa vigente (nuovo comma 1-ter, articolo 9).

3) A decorrere dal 1 agosto 2012, l’installazione di impianti termici civili a biomassa legnose, anche se costituiti dal solo generatore di calore, è subordinata alla redazione di un progetto ai sensi DM n. 37 del 22 gennaio 2008. La realizzazione, le modifiche e la manutenzione di tali impianti, fatta eccezione per la pulizia delle canne fumarie, sono affidate ad imprese abilitate ai sensi stesso decreto. Le imprese che svolgono la manutenzione e la pulizia delle canne fumarie e del generatore di calore assicurano la corretta gestione dei rifiuti derivanti dalla stessa attività.

4) Sempre in tema di utilizzo delle biomasse in ambito civile sono stati determinati i requisiti e le modalità per l’installazione, l’esercizio, il controllo, la manutenzione e l’ispezione degli impianti, nonché i requisiti per l’utilizzo dei generatori di calore. Sono state inoltre individuate le tipologie di biomasse utilizzabili e le condizioni per renderle obbligatorie, a decorrere dal 1 gennaio 2012.

5) A decorrere dal 1 settembre 2011, l’ACE, redatto secondo le indicazioni della stessa legge regionale, acquista efficacia con l’inserimento dei suoi dati nel sistema informatico della regione e, dalla suddetta data, è obbligatorio allegarlo, in originale (o copia conforme) agli atti di trasferimento a titolo oneroso. Sempre a decorrere dal 1 settembre 2011 i comuni non provvedono più a rilasciare la certificazione energetica degli edifici (co. 4-bis, dell’articolo 25).

6) E’ stata introdotta la possibilità per i comuni, qualora il proprietario di un edificio intenda avvalersi di incentivi subordinati al conseguimento di prestazioni energetiche superiori ai valori limite stabiliti dalla disciplina regionale, di subordinare l’inizio dei lavori al versamento di un contributo, predeterminato su base volumetrica dal comune medesimo, nel rispetto delle indicazioni emanate con idoneo provvedimento regionale, con cui finanziare i costi di controllo sulla conformità dei progetti e il rispetto di quanto realizzato. Il versamento del contributo non è dovuto per gli edifici monofamiliare e comunque quelli con volume inferiore a 2000 metri cubi.

7) C’è pure il capitolo delle sanzioni che riguardano il responsabile dell’impianto e gli enti che effettuano i controlli (da euro 500 a euro 3.000); i titolari di attività commerciali di immobili o di locazione che non evidenziano la classe e la prestazione energetica dell’edificio (da euro 1.000 a euro 5.000), nonché il direttore dei lavori che realizzano l’intervento in difformità a quanto dichiarato nella relazione tecnica di cui all’articolo 28 della legge n. 10 del 1991, con sanzione pecuniaria da euro 5.000 ad euro 15.000.