PERGOLE FOTOVOLTAICHE
(commento a cura del geom. Antonio Gnecchi)
L’enorme utilizzo degli impianti fotovoltaici, nelle
loro diverse forme, ha sollevato, negli ultimi tempi, involontariamente, ma
significativamente, delle perplessità in ordine agli aspetti edilizi e
urbanistici.
In base alla normativa specifica di settore, infatti,
gli impianti si distinguono in:
- Ftv I 1 impianto integrato
installato sul tetto di edifici esistenti senza modificarne la sagoma
- Ftv I 2 impianto integrato
installato sui tetti degli edifici con la stessa inclinazione e lo stesso
orientamento della falda o aderente alla superficie degli edifici medesimi e i
cui componenti modificano la sagoma degli edifici medesimi
- Ftv PI 1 impianto parzialmente
integrato aderente al tetto e che rispetta contemporaneamente tutte le
condizioni di cui all’art. 11, D. Lgs. 115/08
- Ftv PI 2 impianto parzialmente
integrato che non rispetta contemporaneamente tutte le condizioni di cui
all’art. 11, D. Lgs. 115/08
- Ftv NI 1 impianto non
integrato ubicato al suolo < 20kW
- Ftv NI 2 impianto non
integrato ubicato al suolo > 20kW
Per ciascuna tipologia dei suddetti impianti
corrisponde una diversa procedura autorizzativa e competenza amministrativa.
Scartando quelli ubicati al suolo, per gli altri, va
detto che:
- per Ftv I 1 non serve
nessuna procedura autorizzativa, è attività edilizie
libera, ed è sufficiente una comunicazione preventiva al comune il quale riceve
la comunicazione da parte del proponente
- per Ftv I 2 serve la DIA
perché è considerata “manutenzione straordinaria”, oltre all’autorizzazione
paesaggistica se in zona a vincolo;
- per Ftv PI 1 non serve
nessuna procedura autorizzativa, è attività edilizie
libera, ed è sufficiente una comunicazione preventiva al comune il quale riceve
la comunicazione da parte del proponente
- per Ftv PI 2 serve la DIA
perché è considerata “manutenzione straordinaria”, oltre all’autorizzazione
paesaggistica se in zona a vincolo, interviene anche la regione in caso di
verifica di VIA.
E’ evidente che l’installazione degli impianti fotovoltaici, oltre a
sollevare il problema dell’integrazione architettonica degli edifici (vedi, ad
esempio, quelli in centro storico o ambiti e territori sottoposti a vincolo
ambientale o paesaggistico, etc), si devono confrontare
con le norme urbanistiche ed edilizie locali vigenti.
E’ altrettanto pacifico che l’installazione dei
pannelli fotovoltaici, integrati o parzialmente integrati sui tetti degli
edifici esistenti, non fanno sorgere perplessità sulla procedura autorizzativa e competenza amministrativa da seguire,
mentre se vengono collocati su altre e diverse strutture o manufatti,
sollevano, di fatto, uno scenario nuovo sull’osservanza o meno delle norme
urbanistiche ed edilizie stabilite dagli strumenti urbanistici locali, con i
quali si devono confrontare.
Le norme tecniche di attuazione degli strumenti
urbanistici, infatti, stabiliscono, al loro interno, parametri che comprendono
o escludono i manufatti edilizi tra le superfici coperte, le superfici lorde di
pavimento ovvero, i volumi.
Sebbene chi costruisce e/o vende
gli impianti fotovoltaici sostiene che le strutture a sostegno degli stessi,
non creino né superficie né cubatura (e come tali ammessi al massimo
incentivo), non sempre questi manufatti possono essere esclusi dai parametri e
dagli obblighi stabiliti dai vigenti PRG o PGT.
Il problema, infatti, per questi nuovi interventi,
indipendentemente da valutazioni legate alle normative sul risparmio o
contenimento energetico, si riflette su aspetti di carattere edilizio
urbanistico che, a livello comunale, hanno una valenza rilevante.
Le norme in materia di impianti fotovoltaici sono
state recentemente modificate a recepimento di direttive europee, in relazione
del sistema degli incentivi statali, ma soprattutto per i moduli collocati a
terra in aree agricole, alla potenza nominale di ciascun impianto, ad alcune
distanze da osservare, nonché del limite del 10% della superficie agricola.
Prima di intervenire sulle diverse ipotesi di impianti
fotovoltaici che possono interferire sulle normative edilizie urbanistiche
locali, riassumo le principali categorie di impianti che sono “nati” con
l’avvento del fotovoltaico, con le relative definizioni che danno gli operatori
del settore:
- serre fotovoltaiche
- pergole fotovoltaiche
- pensiline fotovoltaiche
- tettoie fotovoltaiche
Serre fotovoltaiche.
Rientrano in questa tipologia le installazioni nelle
quali i moduli fotovoltaici costituiscono gli elementi costruttivi della
copertura o delle pareti di manufatti adibiti, permanentemente per tutta la
durata degli incentivi, a serre, dedicate alle coltivazioni agricole o alla
floricultura. La struttura della serra, in metallo, legno o muratura, deve
essere chiusa (la chiusura può eventualmente essere stagionalmente rimovibile),
fissa ed ancorata al terreno. I moduli, ovvero la porzione di copertura della serra
in cui essi sono integrati, devono avere una distanza minima dal suolo di 2
metri.
Pergole fotovoltaiche.
Per pergola fotovoltaica si intende quella struttura
di pertinenza di unità a carattere residenziale, atta a consentire il sostegno
di verde rampicante su terrazzi, cortili o giardini, con una ridotta superficie
di copertura in pianta. Non rientrano in questa categoria specifica quelle
strutture realizzate in ampi spazi aperti scollegati da unità immobiliari,
anche con destinazione agricola, la cui finalità principale è quella di
sollevare da terra moduli fotovoltaici di impianti di media e grande
dimensione. I moduli, ovvero la porzione di copertura della pergola in cui essi
sono integrati, devono avere una distanza minima dal suolo di 2 metri.
Pensiline fotovoltaiche.
Per pensilina fotovoltaica si intende quella struttura
accessoria posta a copertura di parcheggi o percorsi pedonali. I moduli, ovvero
la porzione di copertura della pensilina in cui essi sono integrati, devono
avere una distanza minima dal suolo di 2 metri.
Tettoie fotovoltaiche.
Per tettoie fotovoltaiche si intende quella struttura
posta a copertura di ambienti esterni agli edifici formata da spioventi che
poggiano sul muro degli edifici stessi. I moduli, ovvero la porzione di copertura
della tettoia in cui essi sono integrati, devono avere una distanza minima dal
suolo di 2 metri.
Indipendentemente dalle suddette definizioni, mi pare
che, queste strutture, diversificate tra loro, debbano essere subordinate alla
disciplina edilizia e urbanistica dello strumento urbanistico vigente ed in
particolare ai parametri che definiscono le superfici coperte, le Slp , i volumi, ma anche le distanze dai confini ed i
distacchi dai fabbricati.
Il problema però di come devono essere considerati gli
impianti fotovoltaici che vengono collocati su strutture o manufatti diversi
dagli edifici esistenti, non è stato affrontato, risultando così difficile
stabilire come e se sono subordinati al rispetto della disciplina urbanistica
locale.
In primo luogo è utile ricordare che non esistono
norme nazionali o regionali che, esplicitamente, escludano tali manufatti dal
computo delle superfici coperte, dalla superficie lorda di pavimento, ovvero
del volume.
In secondo luogo, potrebbe apparire alquanto strano
che pergolati, gazebo, pensiline o tettoie, senza la superiore installazione di
pannelli fotovoltaici, abbiano l’obbligo di rispettare gli indici ed i
parametri delle NTA del PRG o del PdR del PGT, mentre
le pergole fotovoltaiche, le pensiline fotovoltaiche o le tettoie fotovoltaiche
siano escluse, a priori, dall’osservanza di tali norme solo perché assolvono ad
una funzione di contenimento e risparmio energetico.
Nulla rileva, al riguardo, il tipo di materiale
utilizzato, né la sua maggiore o minore facilità di rimozione, la sua
tipologia, quanto invece la funzione cui essa è obiettivamente utilizzata, di
modo che tali costruzioni sono destinate ab origine
al soddisfacimento di esigenze continuative nel tempo e, come sopra si diceva,
soggette all’obbligo di titolo abilitativo.
Infatti i pergolati, le pensiline e le tettoie sono,
generalmente, disciplinate all’interno del PRG o PGT, sia tra gli indici e i
parametri della superficie coperta, della Slp o del
volume, sia dalle rispettive esclusioni, con la conseguenza che debbono o meno
rispettare le distanze dai confini e dalle strade e i distacchi dai fabbricati.
I pergolati, le pensiline e le tettoie, di norma,
consentono l’abbellimento dei giardini e degli spazi liberi aperti intorno agli
edifici, oppure offrono una protezione dagli agenti atmosferici ai fabbricati
nuovi o esistenti, ovvero, e più spesso, riparo ad autovetture, diventando, di
fatto delle autorimesse, anche se aperte
sui lati. Ne consegue che questi
manufatti costituiscono spazi utilizzabili e, quindi, finalizzati a soddisfare
esigenze non già temporanee, bensì ad un utilizzo tendenzialmente durevole, con
oggettivi caratteri di stabilità.
Se gli stessi vengono ricoperti con pannelli
fotovoltaici, non mutano la loro qualificazione tecnico giuridica di nuova
costruzione.
Ricordo che l’articolo 3, comma 1, lettera e.5) del
Testo unico dell’Edilizia, approvato con dPR n. 380/01 e l’articolo 27, comma 1, lettera
e.5), della legge regionale n. 12 del 2005, definiscono interventi di nuova
costruzione anche l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e
di strutture di qualsiasi genere, etc, che non siano
diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee.
Si tenga conto che la fantasia umana si è sbizzarrita
e continuerà a farlo nell’escogitare
strane forme e particolari soluzioni o strutture su cui agganciare i
pannelli fotovoltaici, ancorati al
terreno, agganciati alle pavimentazioni dei cortili o sulle aree libere attorno
agli edifici esistenti, in tutte le zone urbanistiche del territorio comunale,
se non dovessero essere ragionevolmente regolamentate.
Non ritengo, però, che le norme attuative degli
strumenti urbanistici debbano stabilire definizioni nuove e diverse che
identifichino queste strutture o manufatti, né che questi si possano
considerare impianti tecnologici, di carattere residenziale.
Ne consegue che queste strutture (come le definiscono
i produttori) debbano essere considerate alla stessa stregua dei pergolati, dei
gazebo, delle pensiline e delle tettoie, secondo gli indici ed i parametri
stabiliti da ciascun strumento urbanistico vigente, con specifico riferimento
alla superficie coperta, alla superficie lorda di pavimento e al volume, nel
rispetto delle distanze dai confini e dei distacchi tra fabbricati.
Anche la giurisprudenza, in generale, a vari livelli, non sottrae questi manufatti
all’obbligo di un titolo abilitativo, ma soprattutto li considera costruzioni a
tutti gli effetti, specialmente la giustizia
civile alla quale non sempre corrispondono le stesse valutazioni di
quella amministrativa.
Ricordo che la stessa normativa sui condoni edilizi e
le relative circolari ministeriali hanno sempre rimesso ai diritti di terzi la
sanatoria delle costruzioni abusive (piccole o grandi che fossero), dal primo
all’ultimo condono edilizio, proprio perché la disciplina legislativa speciale
consentiva di ottenere la sanatoria edilizia, garantendo i responsabili da
procedimenti penali, ma non assicurando loro il diritto a mantenere le
costruzioni abusive sotto il profilo civilistico.
Per il momento, mi
fermo qui.