REDDITO D’IMPRESA E IRRETROATTIVITA’ DEGLI STUDI DI SETTORE - CHIARIMENTI MINISTERIALI
(C.M. 28/E/2011)
Ai fini della determinazione del reddito d’impresa, in
caso di cessione di contratto di leasing, avente ad oggetto un fabbricato
industriale con area sottostante e di pertinenza, la sopravvenienza attiva che
ne deriva è determinata dal valore normale del bene, al netto dei canoni relativi
alla residua durata del contratto, del prezzo stabilito per il riscatto, ed
anche della quota capitale dei canoni, già pagati, indeducibile perchè riferibile al terreno.
In tema di Studi di Settore, inoltre, non è ammesso l’utilizzo
retroattivo degli studi per i quali sono stati previsti “correttivi
anti-congiunturali”, poichè non idonei a stimare
correttamente la capacità di produrre ricavi o compensi del contribuente per
annualità diverse da quelle per le quali sono stati appositamente costruiti.
Questi alcuni dei chiarimenti forniti dall’Agenzia
delle Entrate con la recente Circolare n.28/E del 21 giugno 2011, nella quale
vengono raccolte diverse risposte dell’Amministrazione alla stampa
specializzata, anche in tema di determinazione del reddito d’impresa ed
applicazione degli Studi di Settore.
In tale specifico ambito, le tematiche affrontate
nella citata C.M. 28/E/2011, riguardano:
1. la
determinazione delle sopravvenienze attive derivanti dalla cessione di
contratti di leasing.
In particolare, alla luce del principio di non ammortizzabilità, ai fini fiscali (con la conseguente
indeducibilità delle quote di ammortamento), delle aree occupate dai fabbricati
strumentali (introdotto dall’art.36, co.7-8 del D.L.
223/2006 - cd. “Decreto Visco-Bersani”, convertito
con modificazioni nella Legge 248/2006[1]) ed in virtù del principio di
equivalenza fiscale tra acquisto a titolo derivativo o realizzazione in proprio
di un bene ed acquisizione mediante contratto di locazione finanziaria, è stato
chiesto di conoscere quale sia la corretta modalità di determinazione della
sopravvenienza attiva derivante dalla cessione di un contratto di leasing
avente ad oggetto un fabbricato comprensivo di area sottostante e pertinenziale.
Come ricordato dalla stessa Amministrazione
finanziaria, ai fini della determinazione del reddito imponibile d’impresa, ed
in particolare delle “sopravvenienze attive” che concorrono alla sua
determinazione, ai sensi dell’art. 88, co. 5, del
TUIR- D.P.R. 917/1986, in caso di cessione di un contratto di locazione
finanziaria, la sopravvenienza attiva è costituita dal valore normale del bene
oggetto del negozio originario.
Come da prassi consolidata[2], in linea generale, il
suddetto valore normale deve essere assunto al netto dei canoni relativi alla
residua durata del contratto e del prezzo stabilito per il riscatto del bene
(cd . valore normale netto), corrisposti dall’acquirente del contratto di
leasing (cessionario) ed attualizzati alla data di cessione del medesimo.
In considerazione di quanto premesso, l’Agenzia delle
Entrate, nella pronuncia in esame, chiarisce che, quando il contratto di
leasing abbia ad oggetto un fabbricato industriale con area sottostante e di
pertinenza, la “sopravvenienza attiva” derivante dalla cessione, deve essere
determinata tenendo conto, in diminuzione, anche della quota capitale dei
canoni, già pagati, indeducibile in quanto riferibile al terreno.
Tale soluzione, ad avviso dell’Amministrazione
finanziaria, risulta coerente con il suddetto principio di equivalenza fiscale
tra acquisizione o realizzazione del bene in proprio e quella effettuata
tramite contratto di leasing[3], tenuto conto che, nell’ipotesi di mera
cessione della proprietà dell’area comprensiva di fabbricato industriale, infatti,
la “plusvalenza” generata (ai sensi dell’art.86, co.
1 del del TUIR- D.P.R. 917/1986) risulta pari alla
differenza tra il corrispettivo pagato e il relativo costo fiscalmente
riconosciuto, incrementato delle quote di ammortamento indeducibili, in quanto
relative al terreno[4].
2. la
possibilità di utilizzo retroattivo delle versioni evolute degli Studi di
Settore
In tema di Studi di Settore, con la presente C.M.
28/E/2011, l’Agenzia delle Entrate ritorna sul tema dell’utilizzo retroattivo
delle versioni evolute di tali strumenti, anche con riferimento a periodi
d’imposta precedenti.
Già nel passato[5], infatti, l’Amministrazione aveva
avuto modo di chiarire che, gli studi di settore evoluti possono essere
utilizzati in fase di accertamento, ove più favorevoli al contribuente e a
richiesta del medesimo, anche con riguardo a periodi d’imposta precedenti a
quello della loro entrata in vigore.
Tuttavia, con riferimento particolare ai periodi
d’imposta 2008 e 2009, si fa ora una distinzione precisa, affermando che
l’utilizzo retroattivo degli Studi di settore relativi a tali periodi
d’imposta:
• è ammesso, se
gli Studi sono stati approvati in evoluzione (di cui al D.M. 23 dicembre 2008
per il periodo d’imposta 2008, e al D.M. 12 marzo 2010 per il periodo d’imposta
2009) e non sono comprensivi degli interventi “correttivi anti-congiunturali”,
• non è ammesso
se gli Studi sono stati integrati dagli interventi “correttivi
anti-congiunturali” (di cui al D.M. 19 maggio 2009 per il periodo d’imposta
2008, e al D.M. 20 maggio 2010 per il periodo d’imposta 2009), poichè non risultano idonei a stimare correttamente la
capacità di produrre ricavi o compensi del contribuente per annualità diverse
da quelle per le quali sono stati appositamente costruiti[6].
A tal proposito, si ricorda che entrambi i citati
Decreti (D.M. 19 maggio 2009 D.M. 20 maggio 2010) hanno approvato la revisione
congiunturale speciale dello Studio di Settore per l’edilizia, rispettivamente
per il periodo d’imposta 2008 (Studio TG69U - “Costruzioni”) e per il 2009
(Studio UG69U - “Costruzioni” elaborato su base regionale), con contestuale
approvazione dei correttivi applicabili.
Pertanto, sia lo Studio TG69U sia lo Studio UG69U
rientrano tra quegli studi per i quali non è ammesso l’utilizzo retroattivo.
A tal proposito, si segnala inoltre che con il recente
D.M. 7 giugno 2011, è stata approvata la revisione congiunturale degli Studi di
Settore per il periodo d’imposta 2010, tra i quali è nuovamente ricompreso
anche lo Studio UG69U per l’edilizia.
Ciò porta a ritenere che le conclusioni a cui giunge
ora l’Agenzia delle Entrate possano essere confermate anche con riferimento al
periodo d’imposta 2010.
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[1] D.L. 4 luglio 2006, n. 223 - Disposizioni urgenti
per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione
della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di
entrate e di contrasto all’evasione fiscale
Art.36. Recupero di base imponibile
(omissis)
7. Ai fini del calcolo delle quote di ammortamento
deducibili il costo complessivo dei fabbricati strumentali è assunto al netto
del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne
costituiscono pertinenza. Il costo da attribuire alle predette aree, ove non
autonomamente acquistate in precedenza, è quantificato in misura pari al
maggior valore tra quello esposto in bilancio nell’anno di acquisto e quello
corrispondente al 20 per cento e, per i fabbricati industriali, al 30 per cento
del costo complessivo stesso. Per fabbricati industriali si intendono quelli
destinati alla produzione o trasformazione di beni.
7-bis. Le disposizioni del comma 7 si applicano, con
riguardo alla quota capitale dei canoni, anche ai fabbricati strumentali in
locazione finanziaria. Per la determinazione dell’acconto dovuto ai sensi del
comma 34 non si tiene conto della disposizione del periodo precedente.
8. In deroga all’articolo 3, comma 1, della legge 27
luglio 2000, n. 212, recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del
contribuente, le norme di cui ai precedenti commi 7 e 7-bis si applicano a
decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del
presente decreto anche per le quote di ammortamento e i canoni di leasing
relativi ai fabbricati acquistati o acquisiti a partire da periodi d’imposta
precedenti. In tal caso, ai fini della individuazione del maggior valore
indicato al comma 7, si tiene conto del valore delle aree esposto nell’ultimo
bilancio approvato prima della entrata in vigore della presente disposizione e
del valore risultante applicando le percentuali di cui al comma 7 al costo
complessivo del fabbricato, risultante dal medesimo bilancio, assunto al netto
dei costi incrementativi capitalizzati e delle rivalutazioni effettuate. Per
ciascun fabbricato il residuo valore ammortizzabile è pari alla quota di costo
riferibile allo stesso al netto delle quote di ammortamento dedotte nei periodi
d’imposta precedenti calcolate sul costo complessivo.
(omissis)
[2] Nella C.M. 28/E/2011, l’Agenzia rinvia, nello
specifico alla C.M. n.108/E del 3 maggio 1996, nella quale, al§6.11, a
specifica domanda sul tema, l’Amministrazione finanziaria già affermava che “ai
fini della determinazione della sopravvenienza attiva da assoggettare a
tassazione detto valore normale non può che essere assunto al netto dei canoni
relativi alla residua durata del contratto e del prezzo stabilito per il
riscatto, che dovranno essere pagati dal cessionario in dipendenza della
cessione, attualizzati alla data della cessione medesima”.
[3] Cfr. R.M. n. 19/e del 23 febbraio 2004.
[4] All’entrata in vigore delle disposizioni di cui
all’art. 36, co.7-8 del D.L.223/2006, così aveva già
precisato l’Agenzia delle Entrate nella C.M. n. 11/E del 16 febbraio 2007
al§9.5, ad avviso della quale “la cessione dell’area comprensiva di fabbricato
genera un’unica plusvalenza (ovvero minusvalenza) pari alla differenza tra il
corrispettivo pagato e il costo fiscalmente riconosciuto dell’area (non
ammortizzabile) comprensiva di fabbricato. Le norme in esame, infatti,
prevedono la necessità di effettuare lo scorporo tra il valore del terreno e
quello del fabbricato solo ai fini della determinazione della quota (riferibile
al fabbricato) che può essere ammortizzata e non anche ai fini della relativa plusvalenza
(ovvero minusvalenza) di cessione”.
[5] Cfr. la citata C.M. n.23/E del 22 giugno 2006.
[6] Cfr. le citate
C.M. n. 29/E del 18 giugno 2009 e C.M. n. 34/E del 18 giugno 2010.