VERIFICA A CAMPIONE DEI REQUISITI DELLE IMPRESE PARTECIPANTI A GARA

 

Si segnala il contenuto della circolare - prot. n. 1285/508/333/UL del 25 ottobre u.s., con cui il Ministero dei Lavori Pubblici ha fornito agli uffici centrali e periferici da esso gerarchicamente dipendenti, nonchè al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ed all'ANAS, indirizzi interpretativi ai fini dell'applicazione delle disposizioni contenute nell'art. 10, comma 1-quater, della legge n. 109/94, come introdotto dalla legge n. 415/98, in tema di procedura di verifica dei requisiti autodichiarati dagli offerenti, ai fini dell'ammissione alle gare d'appalto.

Più in particolare, facendo seguito alle molteplici segnalazioni rappresentate dalle stazioni appaltanti, nonchè dall'Autorità di Vigilanza sui lavori pubblici, il Dicastero dei Lavori Pubblici, attesa la rilevanza delle questioni sollevate, ha ritenuto opportuno fornire alcuni chiarimenti circa le modalità applicative della disposizione sopra richiamata.

Tale pronunciamento non vincola l'operatività delle stazioni appaltanti diverse da quelle cui è indirizzato, ancorchè si prospetti come un ulteriore contributo al dibattito in essere sul tema.

Può essere utile rammentare alcuni aspetti tra i più significativi toccati dalla circolare ministeriale.

E' opportuno che il bando di gara, o la lettera di invito, prevedano il tipo di documentazione che gli offerenti sorteggiati saranno tenuti a produrre, per comprovare quanto dichiarato ai fini dell'ammissione alla gara;

Per quanto concerne l'ambito oggettivo di applicazione della norma in parola, si chiarisce che detta procedura deve essere effettuata anche nell'ipotesi di appalti di lavori di importo pari o inferiore a 1 milione di ECU, ancorchè l'accertamento dei requisiti di idoneità posseduti dagli offerenti vada compiuto esclusivamente sulla base del certificato di iscrizione all'ANC. In merito giova ricordare che il D.P.R. n. 403/98, solo marginalmente richiamato dalla circolare in questione, equipara il certificato originale di iscrizione all'Albo, con la relativa copia autentica e con la dichiarazione sostitutiva, ora resa con firma semplice purchè accompagnata da copia di documento di identità del sottoscrittore. Detta verifica, invece, non deve essere compiuta nelle procedure di appalto di importo inferiore a 75 milioni.

Il pronunciamento del ministero esprime perplessità circa recenti affermazioni giurisprudenziali che sembrano consentire l'espletamento della verifica in questione anche dopo l'aggiudicazione, in uno con l'analogo controllo effettuato sull'aggiudicatario.

Il termine di 10 giorni fissato dall'art. 10, comma 1-quater, ai fini della comprova del possesso dei requisiti, da parte degli offerenti sorteggiati, viene ritenuto "perentorio", posto che la legge ricollega all'inutile decorso del termine stesso una serie di conseguenze a carico degli offerenti medesimi, che escludono qualsiasi discrezionalità in capo alla stazione appaltante, in ordine alla disponibilità o meno delle conseguenze stesse.

Per quanto attiene il punto di maggior rilevanza, specie per le imprese partecipanti alle gare, ovvero l'obbligo di verifica degli elementi tecnico-organizzativi ed economico-finanziari per le gare fino all'importo di 1 milione di Ecu si possono svolgere le seguenti considerazioni in parte divergenti da quelle rinvenibili nella circolare ministeriale.

Ai sensi dell'articolo 10, comma 1-quater, della legge n. 109 del 1994, è necessario che il presidente della gara, dopo aver effettuato l'esame della documentazione e prima di procedere all'apertura delle buste delle offerte, proceda a sorteggiare un numero di concorrenti non inferiore al 10% (arrotondato all'unità superiore) ai quali domandare la verifica dei requisiti di capacità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria già richiesti nel bando e che in sede di gara sono dichiarati dal concorrente. Per le gare di importo da 1 a 5 milioni di Euro tali requisiti sono quelli prescritti dall'articolo 5, comma 2, lettere a) e b) del d.p.c.m. 10 gennaio 1990, n. 55. La dimostrazione deve avvenire presentando la documentazione indicata nel bando (così impone la norma), con le modalità di cui all'articolo 4 del decreto ministeriale 9 marzo 1989, n. 172, specificate nella Circolare del Ministero dei lavori pubblici 11 aprile 1990, n. 2411 (in quanto applicabile).

La circostanza che l'articolo 10, comma 1-quater, della legge quadro, parli letteralmente del "possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara" e tenuto conto che la legge disciplina le gare di qualsiasi importo (anche quelle relative ad appalti di importo inferiore a 1 milione di Euro, delle quali si dirà in seguito), il termine "eventualmente" dev'essere inteso nel senso che i requisiti sono richiesti solo dove tale adempimento è obbligatorio, esistendo gare (appunto quelle di importo non superiore a 1 milione di Euro) dove essi non potrebbero essere richiesti in quanto sostituiti dal certificato di iscrizione all'A.N.C. o addirittura inesistenti (per gli appalti di importo fino a 75 milioni di Lire).

Per l'apparente portata generale della verifica dei requisiti di cui all'articolo 10, comma 1-quater, potrebbe sembrare che ricadano nella procedura di verifica anche le gare di importo fino a 1 milione di Euro. Tuttavia a queste gare non è applicabile la norma citata, per i motivi che seguono.

Per gli appalti di importo fino a 1 milione di Euro la stazione appaltante deve richiedere, ai fini dell'accertamento dell'idoneità tecnica e finanziaria dell'impresa, il solo certificato d'iscrizione all'A.N.C. (articolo 5, comma 1, del d.p.c.m. n. 55 del 1990).

Ciò sta a significare che i predetti requisiti si intendono verificati a monte, con l'iscrizione all'A.N.C. e la revisione della stessa. Nell'ambito di una divisione che tenga conto del rapporto di economicità dei procedimenti è del tutto razionale la scelta della norma del 1990 di sollevare i concorrenti dalla dimostrazione specifica dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi per ogni gara rendendo sufficiente, ai fini della qualificazione, il possesso del certificato di iscrizione all'A.N.C. Il predetto certificato, pertanto, non costituisce un requisito di "capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa" bensì un ordinario requisito per la qualificazione (tanto che è richiesto, nelle gare di importo superiore a 1 milione di Euro, anche per i concorrenti che dimostrino dettagliatamente le proprie capacità). In tal senso depone l'articolo 17 della legge 19 marzo 1990, n. 55, norma della quale il d.p.c.m. citato costituisce il regolamento attuativo.

Ne deriva che la verifica, per queste gare minori, si ridurrebbe all'acquisizione del certificato in originale (o della sua copia autenticata che non può essere rifiutata) in luogo della dichiarazione sostitutiva presentata in sede di gara, come peraltro richiesto dal comune appaltante di cui al quesito.

Questa però non è una richiesta di comprova del possesso dei requisiti di "capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa" già dichiarati in un'atto unilaterale, bensì una semplice verifica circa la veridicità di una dichiarazione sostitutiva di certificazione.

Inoltre, per i concorrenti da verificare, la stazione appaltante assume la veste di amministrazione procedente, per cui è tenuta all'acquisizione d'ufficio delle certificazioni (articolo 18, comma 3, legge 7 agosto 1990, n. 241), ovvero a richiedere direttamente all'amministrazione competente per il rilascio del certificato la conferma scritta, anche con l'uso di strumenti informatici o telematici, della corrispondenza tra la dichiarazione sostitutiva e le risultanze dei registri conservati, senza l'acquisizione del certificato (articolo 11 del d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 403).

Per questi motivi il bando di gara, limitatamente agli appalti di lavori di importo fino a 1 milione di Euro, non dovrebbe prevedere la verifica dei requisiti, pur essendo sempre possibile (e in molti casi auspicabile) che la stazione appaltante proceda al controllo della veridicità delle dichiarazioni sostitutive, sia per principio generale, sia in attuazione dell'articolo 11 del d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 403.

Il controllo circa la veridicità delle dichiarazioni sostitutive delle certificazioni, e quindi anche del certificato di iscrizione all'A.N.C. (a prescindere dall'importo dell'appalto), avvengono con le modalità che il presidente di gara, o prima ancora l'ente stesso, ritiene più efficaci e più celeri, senza seguire la procedura di cui all'articolo 10, comma 1-quater della legge quadro. Anche le conseguenze saranno diverse, perché oltre all'esclusione dalla gara (decadenza immediata dai benefici conseguiti sulla base della dichiarazione non veritiera) colui che non ha dichiarato il vero sarà soggetto alla sanzione penale di cui all'articolo 26 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, ma non potrà applicarsi la sanzione della perdita della cauzione provvisoria e della segnalazione all'Autorità di vigilanza.

Circolare del Ministero dei Lavori pubblici n. 1285/508/333 U.L. del 25 ottobre 1999

Problematiche connesse all'interpretazione dell'articolo 10, comma 1-quater, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modifiche e integrazioni

Al Consiglio Superiore dei Lavori pubblici

Agli Uffici centrali, decentrati e periferici dell'Amministrazione

All'ANAS

 

Sono pervenuti a questo ufficio numerosi quesiti vertenti sull'applicazione dell'articolo 10, comma 1-quater, della legge 109/1994, come introdotto dalla recente legge n.  415 del 1998.

Attesa la rilevanza di massima delle questioni poste, segnalata anche dall'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, e la loro incidenza sulle procedure di affidamento di lavori pubblici, si ritiene opportuna la trattazione unitaria del problema al fine di rendere il più possibile diffusa ed esaustiva la risposta.

La norma in questione, come è noto, così recita: "I soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, prima di procedere all'apertura delle buste delle offerte presentate, richiedono a un numero di offerenti non inferiori al 10% delle offerte presentate, arrotondato all'unità superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito. Quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione e nell'offerta, i soggetti aggiudicatori procedono all'esclusione del concorrente dalla gara, all'escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all'Autorità per i provvedimenti di cui all'articolo 4, comma 7, nonché per l'applicazione delle misure sanzionatorie di cui all'articolo 8 comma 7. La suddetta richiesta è, altresì, inoltrata, entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, anche all'aggiudicatario e al concorrente che segue in graduatoria, qualora gli stessi non siano compresi fra i concorrenti sorteggiati, e nel caso in cui essi non forniscano la prova o non confermino le loro dichiarazioni si applicano le suddette sanzioni e si procede alla determinazione della nuova soglia di anomalia dell'offerta e alla conseguente eventuale nuova aggiudicazione".

La disposizione, contrariamente a quello che potrebbe apparire a una prima lettura, non introduce un principio radicalmente nuovo nella contrattualistica pubblica.

Anche se sotto il vigore della normativa di recepimento delle direttive comunitarie (art. 19 della legge n. 584 del 1977 e art. 30 del d.lgs. n. 406 del 1991) la giurisprudenza aveva costantemente affermato l'illegittimità di un'imposizione a tutte le imprese dell'obbligo della preventiva dimostrazione del possesso dei requisiti economici e tecnici, riguardando tale obbligo solo ed esclusivamente l'aggiudicatario (vedi la precedente circolare di questo ministero 2 febbraio 1988, n. 2180), è però vero che si è sempre ritenuto appartenere in via generale all'amministrazione il potere di successivamente controllare la veridicità e l'effettività delle dichiarazioni di parte circa il possesso dei requisiti abilitanti alla partecipazione alla procedura, proprio in considerazione del carattere anticipatorio e "salvo verifica" che le stesse dichiarazioni hanno in seno alle procedure concorsuali (vedi conferma anche nel recente art. 1, comma 1, dello stesso d.P.R. n. 403 del 1998).

Ciò premesso, si chiede in primo luogo se la procedura di controllo a campione prevista dalla nuova disposizione sia obbligatoria o meno.

Sembra a tale proposito potersi affermare che essa non sia facoltativa, ma che l'amministrazione debba procedervi senza alcun margine di discrezionalità, a eccezione di quanto attiene alla mera individuazione del numero di imprese da assoggettare a verifica, nel rispetto comunque del limite minimo fissato: la norma infatti è formulata utilizzando il verbo all'indicativo ("i soggetti... richiedono"), in modo da non consentire diverse scelte in capo alla stazione appaltante. In altri termini, non vi è alcuna necessità di preventivamente indicare negli atti di gara né l'attivazione della procedura di verifica, né il numero di soggetti che ne saranno interessati la sola indicazione destinata a essere previamente espressa riguarda, per esplicita disposizione della norma in esame, il tipo di documentazione che le imprese sorteggiate saranno tenute a produrre per dimostrare la verità di quanto dichiarato.

Si pone in secondo luogo il problema dell'ambito oggettivo della norma, e del suo coordinamento con le norme in materia di semplificazione.

Il dubbio se essa riguardi tutte le gare indipendentemente dal loro valore deriva dalla formulazione letterale del testo, che impone la verifica di effettivo possesso solo in relazione ai requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa "eventualmente" richiesti nel bando di gara, così lasciando intendere che vi possano essere procedure nelle quali l'obbligo di verifica non operi.

Secondo una delle interpretazioni prospettate la norma non dovrebbe applicarsi nelle procedure di affidamento di appalti di valore pari o inferiore al milione di ecu, in quanto in esse nessun requisito sarebbe richiesto oltre al mero certificato di iscrizione all'albo nazionale costruttori in virtù delle disposizioni sul bando tipo attualmente ancora in vigore (d.p.c.m. n. 55 del 1991), mentre specifici requisiti aggiuntivi sarebbero invece richiesti per le gare di importo superiore.

Ad avviso di questo ufficio detta interpretazione, che sembra confondere il termine "eventualmente" con l'avverbio "ulteriormente", non può essere seguita. In realtà, anche per gli appalti di valore pari o inferiore al milione di ecu è richiesto il possesso di requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi, se non altro perché essi sono necessari per ottenere quell'iscrizione all'albo nazionale costruttori, obbligatoria ex art. 2 della legge n. 57 del 1962 per tutti gli esecutori di lavori pubblici. Non dovendosi peraltro nemmeno confondere il possesso dei requisiti con la loro dimostrazione, ne deriva che per partecipare a gare di valore pari o inferiore al milione di ecu devono essere posseduti i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria adeguati al lavoro da eseguire, solo che ai sensi dell'art. 5, comma 1, del d.p.c.m. 55 del 1991 (che, tra l'altro, espressamente menziona i requisiti di idoneità) il relativo accertamento non può che essere condotto alla stregua del certificato di iscrizione all'albo, per categoria e classifica corrispondente a quel lavoro.

Non potrebbe fondatamente dirsi dunque che per le gare in questione non è richiesto nei bandi di possesso di requisiti tecnici ed economici, in quanto tali devono intendersi anche quelli attestati dall'iscrizione all'albo, e che hanno natura uguale a quella degli ulteriori requisiti richiesti per gli appalti di valore superiore. Ne consegue quindi che non vi è ostacolo alcuno a eseguire verifica a campione alle procedure di importo pari o inferiore al milione di ecu.

In tale prospettiva potrebbe persino dirsi che l'avverbio "eventualmente", ha nel testo un significato addirittura pleonastico, nel senso che la verifica dell'esistenza di determinati requisiti va condotta ogni qualvolta la legge ne esiga il possesso. Certo, poiché la legge deve essere interpretata attribuendo alle parole un significato logico piuttosto che nessun significato, ne conseguirebbe ulteriormente che la verifica non dovrebbe essere compiuta nella sola ipotesi in cui la legge non esiga il possesso di specifici requisiti tecnici e finanziari, e tale caso nell'ordinamento attuale pare essere quello dell'affidamento di appalti di valore inferiore ai 75 milioni di lire, ovviamente qualora la stazione appaltante intenda procedere a gara.

Stabilito l'ambito oggettivo di applicazione della norma in esame, le relative modalità non possono che essere individuate alla luce della vigente normativa, che nel caso di specie risulta dalla correlazione tra leggi in materia di lavori pubblici e le recenti disposizioni in materia di semplificazione.

Sennonché, è bene innanzitutto precisare che le due normative non hanno la medesima sfera di destinatari, dal momento che l'art. 10, comma 1-quater, della legge n. 109 del   1994 si rivolge a tutti i soggetti di cui all'art. 2, comma 2, della stessa legge (tra cui, come noto, figurano soggetti estranei alla pubblica amministrazione), mentre le disposizioni in materia di semplificazione si applicano nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari e gestori di servizi pubblici. Per alcune categorie di stazioni appaltanti, per esempio, gli enti pubblici economici e i soggetti privati, non si pone dunque alcun problema di coordinamento tra i due complessi normativi.

Per quanto riguarda gli altri soggetti, tuttavia, deve comunque propendersi per la tesi dell'integrale applicazione dell'art. 10, comma 1-quater da un lato infatti quest'ultima norma è contenuta in legge, la n. 415 del 1998, posteriore alle disposizioni di semplificazione, dall'altro lato in ogni caso essa sarebbe destinata a prevalere sulle altre in virtù del suo carattere di specialità. Pare quindi ragionevole affermare, anche per ovvi motivi di omogeneità di comportamento all'interno delle stazioni appaltanti, che la piena applicazione dell'articolo in esame, soprattutto per quanto concerne il rispetto delle modalità di verifica, non trovi ostacolo nelle disposizioni di cui alla legge n. 127 del 1997 e al d.P.R. n. 403 del 1998. E, del resto, lo stesso articolo 2 di quest'ultimo testo fa espressamente salve le eccezioni previste per legge.

Ne deriva che i soggetti individuati a seguito di sorteggio pubblico devono comprovare il possesso dei requisiti richiesti mediante la presentazione della necessaria documentazione, pure se questa consista in atti (come nel caso del certificato di iscrizione all'albo nazionale costruttori) già in possesso di altra pubblica amministrazione.

Sono inoltre stati formulati più specifici quesiti; in particolare è stato chiesto se la procedura di controllo a campione debba precedere la fase dell'ammissione delle offerte, se possa applicarsi alla trattativa privata, se possa riguardare anche altri elementi soggettivi oltre i requisiti tecnici e finanziari e infine quale sia la natura dei termini entro i quali la dimostrazione deve essere data.

Sotto il primo profilo, riferendosi la norma alle offerte "presentate" e non a quelle "ammesse", si pone il dubbio che la verifica debba precedere nel tempo ogni altra operazione di gara, ivi compresa quella dell'accertamento della regolarità formale e della tempestività delle offerte, che come è noto condiziona l'ammissione stessa alla gara. Seppure fondata su un'apparente imprecisione terminologica, l'incertezza interpretativa deve ad avviso di questo ufficio risolversi nel senso che la verifica a campione non può che riguardare le sole offerte ammesse a concorrere: da un lato, infatti, la stessa norma impone che il controllo avvenga prima dell'apertura delle buste di offerta, e quindi sembra presupporre esaurita la fase dei riscontri formali, dall'altro lato l'effettività stessa della verifica a campione sarebbe seriamente attenuata qualora si sottoponesse a verifica anche offerte destinate a non partecipare comunque alla gara, con evidente spreco di attività amministrativa. Peraltro, non può trascurarsi che la procedura di verifica prevista dalla norma in esame non costituisce un quid distinto dalla fase di ammissione delle offerte, attenendovi invece essa stessa in quanto ha a oggetto il controllo della veridicità di quanto l'impresa dichiara per essere ammessa a concorrere quello che la distingue è solo la sua collocazione cronologica tra le operazioni di gara, logicamente successiva a quelle proposte a controlli formali circa la regolarità delle offerte.

Le considerazioni che precedono inducono a perplessità di fronte ad alcune recenti affermazioni giurisprudenziali che sembrano consentire l'espletamento della verifica in questione anche dopo l'aggiudicazione, in uno con l'analogo controllo effettuato sull'aggiudicatario. Se infatti la verifica a campione attiene alla fase dell'ammissione, e non potrebbe essere diversamente, dovendo precedere l'apertura delle buste, essa non può svolgersi dopo l'aggiudicazione, soprattutto tenendo conto che i suoi risultati sono potenzialmente idonei a condizionare l'individuazione stessa dell'aggiudicatario soggetto alla verifica finale, in forza di eventuali precedenti esclusioni capaci di influire sulla determinazione della media.

Sotto il secondo profilo, pare si debba escludere che la norma in commento si possa riferire all'ipotesi della trattativa privata. A prescindere dal fatto che la ratio sottesa alla verifica discende dalla necessità di evitare che la partecipazione alla procedura di gara da parte di imprese non aventi i requisiti dichiarati possa condizionare le regole della gara stessa, e in particolare l'effettività di quella media delle offerte che assume decisivo rilievo ai fini della disciplina dell'anomalia ai sensi dell'art. 21 comma 1-bis, della legge quadro (situazione che non ricorre evidentemente nella trattativa privata, ancorché preceduta da gara informale), non può non osservarsi che nell'ipotesi di affidamento diretto, anche secondo quanto previsto nello schema di regolamento approvato in via preliminare dal consiglio dei ministri, il possesso dei requisiti viene in rilievo esclusivamente con riguardo al migliore offerente, senza che alcuna dichiarazione sia richiesta agli altri soggetti interpellati.

Sotto il terzo profilo la questione appare più delicata, dal momento che la norma in esame prevede l'assoggettabilità a controllo delle sole dichiarazioni aventi a oggetto il possesso dei requisiti tecnici e finanziari.

Peraltro, sarebbe notevolmente illogico se solo questi ultimi fossero suscettibili di controllo, e non lo fossero invece quelli, altrettanto importanti e condizionanti in merito alla gara, di natura soggettiva legati all'inesistenza di condanne penali, di fallimento e altri analoghi.

Se tuttavia si deve aver riguardo al principio di carattere generale sopra ricordato, per cui rientra nel generale potere dell'amministrazione procedere alla verifica dell'effettività e della veridicità delle dichiarazioni ricevute, principio di recente ribadito dall'art. 11 del d.P.R. n. 403 del 1998, non sembra esservi dubbio circa l'esistenza in capo alla stazione appaltante del potere di verificare tutte le dichiarazioni di parte, anche oltre lo specifico ambito di applicazione. dell'art. 10, comma 1-quater, della legge quadro. La sola conseguenza che discende da quanto detto è che l'eventuale falsità delle dichiarazioni relative ai requisiti soggettivi non potrà trovare disciplina, quanto alle conseguenze, nella norma della legge n. 109 del 1994 (per esempio per ciò che attiene alla titolarità dell'onere di dimostrazione e alle sanzioni), ma dovrà obbedire alle regole ordinarie sulle modalità di verifica a carico della pubblica amministrazione e sulle responsabilità, salva naturalmente l'esclusione dalla gara.

Sotto il quarto profilo infine, deve ritenersi che i termini fissati dalla norma in esame abbiano natura perentoria. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, i termini stabiliti all'interno del procedimento hanno natura ordinatoria se la legge diversamente non statuisce o se dalla loro inosservanza non discende decadenza (vedi per tutti Cons. Stato, sez. IV, 6 aprile 1987, n. 204); poiché nel caso di specie è la stessa legge a ricollegare all'inutile decorso del termine di dieci giorni una serie di conseguenze sfavorevoli per l'impresa offerente, esclusione dalla gara, escussione della cauzione provvisoria, inizio del procedimento sanzionatorio, e poiché ancora al rispetto del termine stesso sono connesse esigenze di celerità dell'azione amministrativa e di continuità del procedimento di gara, non pare possa dubitarsi della natura perentoria del termine stesso, anche nella considerazione che la tutela della par condicio fra i concorrenti esclude che la stazione appaltante possa godere del benché minimo margine di discrezionalità in ordine alla disponibilità o meno delle conseguenze derivanti dall'inutile decorso del tempo.

Diversa conclusione deve invece assumersi con riferimento all'analogo termine stabilito dall'ultima parte del comma 1-quater dell'art. 10 con riguardo alla verifica dei requisiti in capo all'aggiudicatario e al secondo classificato. Nella vigenza dell'art. 19 della legge n. 584 del 1977 e dell'art. 30 del d.lgs. n. 406 del 1991, che, com'è noto, prevedevano la stessa verifica dei requisiti in esito alla gara, la giurisprudenza ha affermato la natura non perentoria del relativo termine e il carattere non vincolante dalla comminatoria della decadenza dall'aggiudicazione (Cons. Stato, sez. V, 789/1996; Tar Toscana 723/1989; Tar Umbria, 268/1988).

Vero è che in questo caso la formulazione della norma, con l'espressa previsione di sanzioni e di nuova media, sembra più categorica delle precedenti, ma è altrettanto vero che, in coerenza con la natura disponibile della decadenza, deve ritenersi permanere in capo all'amministrazione il potere di avvalersi o meno del decorso del termine, se ciò non determini violazione di norme inderogabili, soprattutto in considerazione dell'interesse pubblico all'affidamento dell'opera secondo l'offerta più vantaggiosa. Nessuna discrezionalità invece può configurarsi se l'esito della verifica riveli la falsità delle dichiarazioni rese, in quanto tale situazione incide sull'esistenza dei presupposti soggettivi per l'affidamento del lavoro.

Ultima notazione relativamente all'aspetto trattato riguarda il rapporto tra le vicende della gara e il potere dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici in materia.

La legge ricollega i provvedimenti dell'amministrazione aggiudicatrice (esclusione dell'offerente, incameramento della cauzione, riformulazione della media e segnalazione all'Autorità) al fatto obiettivo dell'inutile decorso del termine di dieci giorni o della mancata conferma dei dati dichiarati, senza che possano rilevare altri elementi di giudizio, le stesse stazioni appaltanti devono dunque procedere a quanto di competenza ove il soggetto sorteggiato non fornisca nei dieci giorni la necessaria dimostrazione confermativa delle dichiarazioni già rese, salvi naturalmente gli ordinari rimedi giurisdizionali.

Ulteriori valutazioni attinenti all'elemento psicologico dell'omissione, all'eventuale esistenza di cause di giustificazione e a quant'altro possa influire sul comportamento dell'offerente, attengono più propriamente all'esercizio del potere sanzionatorio da parte dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, al fine di applicare o graduare la sanzione prevista dall'art. 4, comma 7, della legge quadro, ma si ritiene non debbano interferire sulle operazioni di gara già concluse.

Ulteriori aspetti della complessa problematica potranno essere esaminati in seguito, se gli uffici ne segnaleranno la rilevanza.