D.LGS. 151/2011 - TUTELA MATERNITÀ - MODIFICHE INTRODOTTE DAL D.LGS. N. 119/2011  -  G.U. N.173/2011

 

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 173 del 27 luglio 2011 è stato pubblicato il D.Lgs. 18 luglio 2011, n. 119, che ha dato attuazione alla delega conferita al Governo dall’art. 23 della Legge 4 novembre 2010, n. 183, per il riordino della disciplina relativa ai congedi, alle aspettative ed ai permessi.

si informa che il decreto in parola, di cui di seguito si evidenziano le principali innovazioni, è entrato in vigore lo scorso11 agosto.

In particolare il disposto normativo apporta modifiche al congedo di maternità, al congedo parentale, al congedo e ai permessi per assistenza a soggetti portatori di handicap grave, al congedo per cure per gli invalidi ed infine alle adozioni ed agli affidamenti.

Si fa riserva di tornare sugli argomenti esaminati anche alla luce delle istruzioni che verranno diramate dagli Enti competenti.

 

Congedo di maternità (art. 2)

L’art. 2 del nuovo provvedimento inserisce nell’art. 16 del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151, il comma 1-bis, ai sensi del quale, nel caso di interruzione spontanea o terapeutica della gravidanza verificatasi dopo il centottantesimo giorno dall’inizio della gestazione, nonché in casi di decesso del bambino alla nascita o durante il congedo di maternità, le lavoratrici hanno facoltà di riprendere in qualunque momento l’attività lavorativa.

Tale facoltà può essere esercitata a condizione che:

- il datore di lavoro riceva un preavviso di dieci giorni;

-il medico specialista del Servizio Sanitario Nazionale, o con esso convenzionato, ed il medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro attestino che l’opzione non arreca pregiudizio alla salute della lavoratrice.

 

Congedo parentale per i genitori di bambini con handicap in situazione di gravità (art. 3)

Viene sostituito il comma 1 dell’art. 33 del Decreto Legislativo n. 151/2001.

Nel testo riformulato, tale comma dispone ora che, per ogni minore con handicap in situazione di gravità, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto – entro il compimento dell’ottavo anno di vita del bambino – al prolungamento del congedo parentale, fruibile in modo continuativo o frazionato, per un periodo massimo non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in questo caso, sia richiesta dai sanitari la presenza del genitore.

Nel periodo massimo di tre anni devono essere computati anche i periodi di congedo parentale ordinario, riconosciuti dall’art. 32 del Decreto Legislativo n. 151/2001.

La nuova norma abroga quindi il primo periodo del comma 4 del citato art. 33, nel quale si affermava che “resta fermo il diritto di fruire del congedo di cui all’art. 32”.

 

Congedo per assistenza di soggetto portatore di handicap grave (art. 4)

L’art. 4 del provvedimento in esame:

- alla lett. a), riscrive il comma 2 dell’art. 42 del Decreto Legislativo n. 151/2001. In base alla nuova norma, il diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito, di cui all’art. 33, comma 3, della Legge 5 febbraio 1992, n. 104, viene riconosciuto – in alternativa alle misure previste dal comma 1 dello stesso art. 42 (due ore di riposo giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap grave) – ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, anche in modo continuativo, nell’ambito del mese;

- alla lett. b), sostituisce il comma 5 del citato art. 42, introducendo le disposizioni di seguito richiamate.

Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità ha diritto a fruire del congedo disciplinato dall’art. 4, comma 2, della Legge 8 marzo 2000, n. 53 (periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni per gravi e documentati motivi familiari), entro sessanta giorni dalla richiesta.

Nell’ipotesi di mancanza, decesso o patologia invalidante del coniuge convivente, hanno diritto a fruire del congedo il padre ovvero la madre, anche adottivi; laddove le predette cause di impedimento riguardino questi ultimi, il diritto a fruire del congedo viene riconosciuto in capo ad uno dei figli conviventi; in caso di impedimento, per le citate cause, anche dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi.

- Il congedo non può superare la durata complessiva di due anni per ciascun portatore di handicap nell’arco della vita lavorativa ed è riconosciuto a condizione che la persona da assistere non sia ricoverata a tempo pieno, sempreché non sia richiesta dai sanitari la presenza del soggetto che presta assistenza.

Il congedo ed i permessi di cui all’art. 33, comma 3, della Legge 104/1992, non possono essere riconosciuti a più di un lavoratore per l’assistenza alla medesima persona.

In caso di assistenza del figlio con handicap in situazione di gravità, i diritti sono riconosciuti ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, ma negli stessi giorni l’altro genitore non può godere dei benefici previsti dagli articoli 33, commi 2 (due ore di permesso giornaliero retribuito) e 3 (tre giorni di permesso mensile retribuito), della Legge n. 104/1992, e 33, comma 1, del Decreto Legislativo n. 151/2001 (prolungamento del congedo parentale: v. il precedente paragrafo).

- Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un’indennità corrispondente all’ultima retribuzione, con riferimento alle voci fisse e continuative del trattamento, e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa.

L’indennità e la contribuzione figurativa spettano fino ad un importo complessivo massimo, per il congedo di durata annuale, pari a € 43.579,06. Tale importo è rivalutato annualmente, a decorrere dall’anno 2011, sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai ed impiegati.

L’indennità è corrisposta dal datore di lavoro secondo le modalità stabilite per la corresponsione dei trattamenti economici di maternità. I datori di lavoro privati, nella denuncia contributiva, detraggono l’importo dell’indennità dall’ammontare dei contributi previdenziali dovuti all’Ente competente. Per i dipendenti dei predetti datori di lavoro privati, compresi quelli per i quali non è prevista l’assicurazione per le prestazioni di maternità, l’indennità è corrisposta con le modalità indicate dall’art. 1 del Decreto-Legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito con modificazioni dalla Legge 29 febbraio 1980, n. 33.

- I soggetti che usufruiscono dei congedi in discorso per un periodo continuativo non superiore a sei mesi hanno diritto ad usufruire di permessi non retribuiti in misura pari al numero di giorni di congedo ordinario che avrebbero maturato nello stesso arco di tempo lavorativo, senza riconoscimento del diritto a contribuzione figurativa.

- Il periodo di congedo di cui trattasi non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e del trattamento di fine rapporto.

 

Assistenza ai soggetti con handicap grave (art. 6)

Al comma 3 dell’art. 33 della Legge n. 104/1992, viene aggiunto, alla fine, un ulteriore periodo, nel quale si afferma che il dipendente ha diritto a prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado, qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Nel menzionato art. 33 viene inoltre inserito il comma 3-bis, ai sensi del quale il lavoratore che assiste un soggetto portatore di handicap in situazione di gravità, residente in un comune situato ad una distanza stradale superiore a 150 chilometri rispetto al proprio comune di residenza, deve attestare, con titolo di viaggio o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito.

 

Congedo per cure per gli invalidi (art. 7)

L’art. 7 del decreto legislativo in esame stabilisce che:

- i lavoratori mutilati e invalidi civili ai quali sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50% possono fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a trenta giorni;

- il congedo è accordato dal datore di lavoro a seguito di domanda del dipendente, accompagnata dalla richiesta del medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica, dalla quale risulti la necessità della cura in relazione all’infermità invalidante riconosciuta;

- durante il periodo di congedo, che non rientra nel periodo di comporto, il dipendente ha diritto a percepire il trattamento calcolato secondo il regime economico per le assenze di malattia;

- il lavoratore è tenuto a documentare in maniera idonea l’avvenuta sottoposizione alle cure. Nel caso di trattamenti terapeutici continuativi, a giustificazione dell’assenza può essere prodotta anche una attestazione cumulativa.

Al comma 4, l’art. 7 in questione abroga gli articoli 26 della Legge 30 marzo 1971, n. 118, e 10 del Decreto Legislativo 23 novembre 1988, n. 509.

 

Adozioni ed affidamenti (art. 8)

L’art. 8 del provvedimento in discorso apporta modifiche all’art. 45, comma 1, del Decreto Legislativo n. 151/2001.

Per effetto di tali modifiche, le disposizioni in materia di riposi giornalieri, contenute negli articoli 39, 40 e 41dello stesso decreto, trovano applicazione anche in caso di adozione e affidamento entro il primo anno dall’ingresso del minore nella famiglia.