LEGGE N. 104/1992 -ALTERNANZA NELL’ASSISTENZA AI DISABILI
- ACCERTAMENTO PROVVISORIO DELLA SITUAZIONE DI
HANDICAP GRAVE - MINISTERO DEL LAVORO - INTERPELLO N. 32/11
Con interpello n. 32/2011
del 9 agosto 2011, il Ministero del Lavoro ha espresso il proprio parere sulla
corretta interpretazione della disciplina relativa al referente unico per
l’assistenza alla persona in situazione di handicap grave, contenuta nell’art.
33 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104, come da ultimo modificato dall’art. 24,
comma 1, lett. a), della Legge 4 novembre 2010, n. 183, ed ha altresì fornito
chiarimenti in merito all’accertamento provvisorio della condizione di
disabilità grave.
Nello specifico, è stato
chiesto al Ministero se:
- i permessi previsti dal
predetto art. 33 possano essere concessi in alternanza a più di un lavoratore
per l’assistenza di un disabile, laddove quest’ultimo assuma il domicilio, per
determinati periodi di tempo, presso la residenza di diversi parenti entro il
secondo grado e, in caso affermativo, quale sia il tempo minimo di assistenza
esclusiva ammissibile (annuale, mensile, settimanale);
- l’Inps sia legittimato a
richiedere al dipendente la restituzione delle prestazioni percepite a titolo
di permesso, ai sensi dell’art. 33, Legge n. 104/1992, qualora l’accertamento definitivo
da parte della commissione istituita presso l’ASL di appartenenza del disabile
disconosca la sussistenza della situazione di handicap riconosciuta in via
provvisoria dal medico specialista nella patologia denunciata, e, in caso
affermativo, da quale data debba decorrere la restituzione.
Riguardo
al primo quesito, il Ministero del Lavoro pone in evidenza che il riformulato
art. 33, comma 3, della Legge n. 104/1992, sancisce in modo espresso che il
diritto alla fruizione dei permessi “non può essere riconosciuto a più di un
lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in
situazione di gravità”.
Sebbene
dal dettato normativo non emerga più l’esplicito richiamo all’esclusività
dell’assistenza, l’attuale disciplina sembra tuttavia tipizzare tale requisito
laddove dispone espressamente che i permessi sono riconosciuti ad un unico
avente diritto per assistere il medesimo disabile.
Il
Ministero ricorda inoltre che anche il Consiglio di Stato ha definito il
referente unico come il soggetto che assume “il ruolo e la connessa
responsabilità di porsi quale punto di riferimento della gestione generale
dell’intervento, assicurandone il coordinamento e curando la costante verifica
della rispondenza ai bisogni dell’assistito”.
Sulla
base delle precedenti considerazioni, il Ministero del Lavoro ritiene che,
qualora il disabile assuma il domicilio, anche solo per un determinato periodo
di tempo, presso la residenza di diversi parenti entro il secondo grado, sarà
comunque necessario che ciascun avente diritto presenti, di volta in volta,
l’istanza per ottenere il riconoscimento dei permessi di cui all’art. 33 della
Legge n. 104/1992, al fine di prestare legittimamente la dovuta assistenza.
Ciò in
quanto i permessi in discorso, ai sensi della nuova disposizione, possono
essere riconosciuti esclusivamente ad un unico soggetto per ciascun disabile,
senza che sia possibile stabilire preventivamente che, rispetto ad un
determinato arco temporale, siano più d’uno i soggetti che usufruiranno dei
permessi stessi.
Relativamente
al secondo quesito, il Ministero rammenta che condizione necessaria ai fini
della concessione dei permessi in oggetto è la sussistenza di una situazione di
handicap grave della persona affetta da disabilità, accertata da una apposita
commissione medica, a norma dell’art. 4 della Legge n. 104/1992.
Nel
richiamare le circolari della Direzione Generale dell’Inps n. 32 del 3 marzo
2006 e n. 53 del 29 aprile 2008, il Ministero del Lavoro sottolinea che, se la
commissione medica non si pronuncia entro novanta giorni dalla presentazione
della domanda, gli accertamenti sono effettuati, in via provvisoria, ai soli
fini previsti dall’art. 33 della Legge n. 104/1992, da un medico specialista
nella patologia denunciata, in servizio presso l’ASL da cui è assistito
l’interessato.
L’accertamento
in questione, è quindi, di carattere provvisorio, in quanto esplica i suoi
effetti sino all’emissione dell’accertamento definitivo ad opera della
commissione che deve, in ogni caso, pronunciarsi entro centottanta giorni dalla
data di presentazione della domanda.
Come
segnalato dall’Inps nelle circolari sopra menzionate, il lavoratore è tenuto ad
allegare alla richiesta copia della domanda presentata alla citata commissione
ed una dichiarazione liberatoria con la quale si impegna alla restituzione
delle prestazioni che, a procedimento definitivamente concluso, risultassero
indebite.
Ad
avviso del Ministero, nell’ipotesi in cui, pur dopo i centottanta giorni
fissati per la pronuncia, la commissione medica non riconosca la sussistenza
della situazione di handicap grave, è possibile sostenere che l’Inps sia
legittimato a richiedere al dipendente la restituzione di quanto fruito a
titolo di permesso, trattandosi di una prestazione non dovuta e, pertanto,
indebita.
In
altri termini, in caso di pronuncia definitiva da parte della competente
commissione che non convalidi lo stato di handicap in situazione di gravità,
sono considerati indebiti i permessi fruiti sulla base della certificazione
provvisoria, sin dal primo giorno dalla presentazione della domanda.