quando si devono pagare gli oneri per gli interventi sull’esistente - un esame delle diverse casistiche
(A cura del Geometra Antonio Gnecchi)
Tanto si è detto su quali siano i requisiti che fanno
ricadere un intervento edilizio nella classificazione di “intervento di
ristrutturazione edilizia”. Nonostante ciò gli uffici tecnici comunali
spesso fanno ricadere ingiustamente molti dei progetti a loro proposti da
tecnici professionisti, nella categoria “intervento di ristrutturazione
edilizia”, invece che nella categoria “intervento di manutenzione
straordinaria”, al solo fine di far pagare agli interessati il contributo
di costruzione e quindi aumentare le entrate dell’amministrazione.
Si ricorda che l’articolo 3 del d.P.R.
6 giugno 2001, n. 380, ha definito le tipologie di interventi edilizi,
precisando che tali definizioni prevalgono sulle disposizioni degli strumenti
urbanistici generali e dei regolamenti edilizi.
Di seguito si riportano le definizioni rispettivamente
di “intervento di manutenzione straordinaria” e “intervento di
ristrutturazione edilizia”:
- art. 3, comma 1, lettera b) «interventi di
manutenzione straordinaria», le opere e le modifiche necessarie per rinnovare
e sostituire parti anche strutturali
degli edifici, nonché per realizzare ed intergare i servizi igienico sanitari e
tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole
unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;
- art. 3, comma 1, lettera d): «interventi di
ristrutturazione edilizia», gli interventi rivolti a trasformare gli organismi
edilizi in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono
il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio,
l’eliminazione, la modifica e inserimento di nuovi elementi ed impianti.
Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche
quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e
sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per
l’adeguamento alla normativa antisismica.
E’ opportuno, inoltre, richiamare l’articolo 10, comma
1, lettera c), stesso decreto, che individua gli interventi subordinati a
permesso di costruire: «gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino
ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che
comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma,
dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili
compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d ‘uso
».
Sia la definizione di intervento di ristrutturazione
edilizia di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), sia la tipologia di
intervento di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 10, comma 1, lettera
c), del d.P.R. 380/2001, furono modificate dal D. Lgs. n. 301 del 2002, introducendo due diverse tipologie di
intervento: intervento di ristrutturazione “leggera o ordinaria” e intervento
di ristrutturazione “pesante”, la prima realizzabile mediante denuncia di
inizio attività, la seconda subordinata a permesso di costruire.
Nell’impianto della norma, risulta che gli interventi
di manutenzione ordinaria e straordinaria, di recupero edilizio (restauro e
risanamento conservativo), di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’articolo
3, comma 1, lettera d), in via residuale, sono soggetti a denuncia di inizio
dell’attività; diversamente gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui
all’articolo 10, comma 1, lettera c), dPR 380/2001,
sono subordinati al permesso di costruire.
La norma ha quindi definito, oltre agli interventi di
ristrutturazione “pesante” (con modifica della sagoma, dei volumi ecc.),
soggetti a permesso di costruire,anche gli interventi di ristrutturazione
“ricostruttiva” (mediante ricostruzione fedele) o “residuale” (senza
demolizione/ricostruzione), previsti dell’articolo 3, comma 1, lettera d), del
Testo Unico dell’Edilizia.
Va segnalato che la Legge Delega n. 443/2001, così
come la previgente legislazione nazionale, non definiva una ristrutturazione
“leggera” o “pesante”, ma, in una visione unitaria, assoggettava a concessione
edilizia tutte le opere di ristrutturazione, con le relative conseguenze sul
piano penale.
Questa legge aveva introdotto la cosiddetta
“superdia”, ovvero la possibilità di realizzare interventi edilizi, in
alternativa alla concessione edilizia, in base a semplice denuncia di inizio
attività, senza affrontare espressamente il problema della gratuità o meno
della DIA, limitandosi a disporre che “l’esecuzione delle opere per cui si
esercitava la facoltà di DIA è subordinata alla medesima disciplina definita
dalle norme nazionali e regionali vigenti per le corrispondenti opere eseguite
su rilascio di concessione edilizia”.
Una tale formulazione ha dato luogo a due distinte
linee interpretative, l’una non onerosa, l’altra onerosa.
Gli interventi edilizi realizzabili mediante denuncia
inizio attività di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 22 del T.U. per l’Edilizia
non sono onerosi, salvo contraria disposizione regionale, anche se
l’interessato abbia presentato pratica di richiesta di permesso di costruire;
diversamente, gli interventi di cui al comma 3 dello stesso articolo 22, che
possono essere eseguiti mediante denuncia di inizio attività in alternativa al
permesso di costruire, sono onerosi, quindi soggetti anche al contributo di
costruzione.
In tali disposizioni è rinvenibile il principio
generale per cui l’onerosità degli interventi è legata all’incidenza sul carico
urbanistico, a prescindere dal titolo edilizio necessario per l’esecuzione
delle relative opere.
In applicazione a detto principio, tuttavia, appare
ingiustificata la richiesta del pagamento del contributo per gli interventi di
ristrutturazione edilizia, cosiddetta “leggera”, di cui alla lettera d),
dell’articolo 3, laddove l’articolo 17, comma 3, del Testo Unico dell’Edilizia
elenca gli interventi edilizi per i quali il contributo non è dovuto, e dove
figura la sola ristrutturazione edilizia e l’ampliamento, in misura non
superiore al 20%, di edifici unifamiliari.
Le regioni possono individuare, a mezzo legge, altri
interventi da assoggettare al contributo di costruzione, definendo criteri e
parametri per la relativa determinazione.
Come già detto in precedenza, il Testo Unico per
l’Edilizia aveva istituito due tipologie di interventi di ristrutturazione
edilizia, subordinati a due diversi titoli abilitativi e a due diversi regimi
economici: quello non oneroso, per interventi di ristrutturazione “ordinaria” e
quello oneroso per interventi di ristrutturazione “pesante”.
Prima dell’entrata in vigore della legge regionale n.
12 del 11 marzo 2005, gli interventi di ristrutturazione edilizia erano
subordinati al d.P.R. n. 380/2001, che distingueva
tra:
- ristrutturazione ordinaria (articolo 3, comma 1,
lettera d), non onerosa;
- ristrutturazione pesante (articolo 10, comma 1,
lettera c), onerosa.
Con la L.R. n. 12/2005 si
introduce il concetto univoco di ristrutturazione edilizia, definito
all’articolo 27, comma 1, lettera d), che prevede inoltre demolizione e ricostruzione
nel solo rispetto della volumetria.
Le tipologie di interventi appena elencati sono
subordinati al permesso di costruire o alla DIA sostitutiva che, esclusi i casi
previsti espressamente dalla legge (articolo 17 del dPR
n. 380/2001), sono interventi soggetti alla corresponsione del contributo di
costruzione (articolo 43, comma 1, L.R. 12/2005).
La stessa legge regionale stabilisce inoltre criteri e
parametri per la determinazione del contributo di costruzione, introducendo il
concetto di ristrutturazione edilizia con demolizione e successiva
ricostruzione.
Per gli interventi di ristrutturazione edilizia senza
demolizione e ricostruzione, i progetti devono essere corredati da computo
metrico estimativo (CME) per determinare la superficie o il volume virtuali ai
quali applicare gli oneri di urbanizzazione (ovvero quelli reali in caso di
richiesta specifica), riferiti agli interventi di nuova costruzione, ridotti
della metà.Viceversa gli interventi di
ristrutturazione edilizia comportanti la demolizione e la ricostruzione sono
onerosi, senza riduzione del corrispettivo, sulla linea degli interventi di
nuova costruzione.
In entrambi i casi il relativo titolo abilitativo sarà
oneroso, salvo i casi indicati espressamente all’articolo 17 del T.U. per
l’Edilizia.
Il problema che si pone perciò è quello di definire la
qualificazione tecnico giuridica dell’intervento edilizio in modo da stabilire se si tratta di
una ristrutturazione edilizia o di una manutenzione straordinaria, dato per scontato che possono
esserci anche interventi di restauro e risanamento conservativo, volti al
rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’edificio, che
sono pure , nella stragrande maggioranza dei casi, non onerosi.
Vale forse la pena di mettere in evidenza, comparando
in generale gli interventi di risanamento conservativo e di ristrutturazione,
che la differenza tra gli stessi non è né la quantità delle opere (entrambi
ammettono un insieme sistematico di opere), né il cambio di destinazione d’uso
(entrambi lo consentono) e neppure l’aumento delle unità immobiliari.
La differenza sta invece nella finalità diversa dei
due interventi (conservare l’organismo edilizio e assicurarne la funzionalità
nel risanamento conservativo, trasformare in un organismo in tutto o in parte
diverso la ristrutturazione) e del fatto che il risanamento conservativo non
può oltrepassare la soglia del rispetto degli elementi tipologici, formali e
strutturali.
Naturalmente nessun ragionamento generale e nessuno
schema possono sostituire la responsabilità del tecnico, comunale o no, nella
valutazione del singolo intervento: l’importante è però avere un punto di
appoggio per la valutazione e soprattutto non pensare che la distinzione sia
solo tra manutenzione straordinaria e ristrutturazione edilizia.
In questa sede non viene trattata la ristrutturazione
edilizia comportante la demolizione e fedele ricostruzione, in quanto è
evidente che il relativo titolo abilitativo è oneroso, nei termini sopra
esposti. Dí seguito, invece, si espongono alcune
considerazioni che riguardano sia gli interventi di manutenzione straordinaria,
sia gli interventi di ristrutturazione edilizia, senza previa demolizione e
ricostruzione.
MANUTENZIONE STRAORDINARIA
La definizione di manutenzione straordinaria che
fornisce il T.U. per l’Edilizia riguarda “le opere e le modifiche necessarie
per rinnovare e sostituire parti anche
strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari
e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole
unità immobiliari e non comportino modifiche della destinazione d’uso”.
Si ha manutenzione straordinaria quando, secondo la
legge regionale n. 12 del 2005, gli interventi riguardano “le opere e le
modifiche riguardanti il consolidamento, il rinnovamento e la sostituzione di
parti anche strutturali degli edifici, la realizzazione ed integrazione dei
servizi igienico-sanitari e tecnologici,
nonché le modificazioni dell ‘assetto
distributivo di singole unità immobiliari. Sono di manutenzione straordinaria
anche gli interventi che comportano la trasformazione di una singola unità
immobiliare in due o più unità immobiliari, o l’aggregazione di due o più unità
immobiliari in una unità immobiliare”.
La prima differenza tra la definizione della L.R. n. 12
del 2005 e quella del Testo Unico è il mancato riferimento della L.R. n. 12 del 2005 all’alterazione del volume e della
superficie delle singole unità immobiliari; la seconda è la possibilità, data
dal T.U. dell’Edilizia, di modificare l’assetto distributivo di singole unità
immobiliari; la terza è il mancato riferimento della L.R.
n. 12 del 2005 a non modificare la destinazione d’uso; l’ultima è
l’inserimento, da parte della L.R. n. 12 del 2005,
della possibilità dí aggregare o di suddividere unità
immobiliari oggetto di intervento.
Con l’articolo 27 della legge regionale n. 12 del 2005
sono spariti í divieti che contraddistinguevano l’intervento di manutenzione
straordinaria fin dall’articolo 31 della legge n. 457 del 1978, come sopra
specificati; diventano così interventi di manutenzione straordinaria anche
quelli che modificano la superficie e il volume delle singole unità
immobiliari, ovvero gli accorpamenti ed i frazionamenti di unità immobiliari.
Possono essere interventi di manutenzione straordinaria anche quelli che
comportano il cambio di destinazione d’uso, purché conformi alle norme di zona
del PRG o PGT (vedi articolo 52, comma 1, L.R.
12/05).
Se ne deduce che l’ambito entro il quale possono
essere eseguite opere e modifiche alle
unità immobiliari, è limitato ai soli interventi manutentivi volti a mantenere
in efficienza gli edifici, senza comportare modificazioni della tipologia, dei
caratteri costruttivi e dell’assetto distributivo complessivo del fabbricato, né tanto meno mutarne la
destinazione d’uso, qualora risulti in difformità dalle vigenti previsioni urbanistiche comunali.
Specificatamente si possono eseguire opere di
consolidamento, di rinnovamento, e di sostituzione di parti anche strutturali, purché giustificate da
esigenze tecniche, nonché la realizzazione e l’integrazione di servizi igienici
sanitari che riguardano gli interi edifici, mentre le modifiche dell’assetto
distributivo devono riguardare le singole unità immobiliari.
In regione Lombardia, con la legge regionale n.
12/2005, la definizione di interventi di manutenzione straordinaria è stata
ulteriormente integrata rispetto a quella del T.U. per l’Edilizia, includendo
tra gli interventi di manutenzione straordinaria “anche gli interventi che
comportino la trasformazione di una singola unità immobiliare in due o più
unità immobiliari o l’aggregazione di due o più unità immobiliari in una unità
immobiliare”.
Questo significa che un appartamento può essere diviso
e trasformato in due o più alloggi, così come due o più appartamenti possono
essere uniti in un’unica unità immobiliare, senza l’onere del contributo di
costruzione.
Per “singola unità immobiliare”, a cui fa
riferimento la norma regionale, deve intendersi quella individuata
catastalmente.
A questo
proposito si deve tener conto del fatto che i lavori e le opere possono
riguardare non solo un edificio costituito da un’unica unità immobiliare, ma
ovviamente anche un fabbricato con due o più unità immobiliari.
Nulla però vieta che un progetto preveda interventi di
manutenzione straordinaria per ciascuna delle singole unità immobiliari, purché
gli stessi, singolarmente, prevedano le tipologie di opere indicate dalla L.R. n. 12 /2005. Anche se appare una contraddizione,
l’aggregazione o la separazione di unità immobiliari prevista dalla definizione
di interventi di straordinaria manutenzione, non contempla tipologie
d’intervento concettualmente analoghe, ma
formalmente diverse, come, ad esempio, la formazione di due nuove unità
immobiliari ricavate ciascuna da due porzioni di unità immobiliari, pur non
alterando il volume e la superficie complessive dell’edifico, né la
destinazione d’uso.
La norma prevede anche il consolidamento (es.
l’inserimento di strutture armate leggere sopra i solai esistenti, su cui
appoggiare la nuova pavimentazione), il rinnovamento e la sostituzione di parti
strutturali degli edifici, con questo intendendo che possono essere ricostruite
rampe di scale (TAR Campania, 23 marzo 1996, n. 210), sostituite parti di
struttura muraria dell’edificio (TAR Campania, 20 marzo 1970, n. 128),
consolidate le strutture verticali dell’edificio o di opere accessorie (TAR
Toscana, sez. II, 3 luglio 1997, n. 384).
Negli stessi interventi rientrano anche l’integrazione
di servizi igienico sanitari e tecnologici (se non ci sono), ovvero, il loro
adeguamento. Sono inoltre ammesse le modificazioni dell’assetto distributivo
delle singole UI il che può comportare una diversa disposizione dei locali
interni, con spostamento di tramezze che identifichino una diversa
conformazione dell’abitazione.
Potranno pertanto essere eseguite, assieme ad altre
opere di manutenzione, limitate modifiche e
spostamenti delle aperture esterne, senza, con questo, incorrere nella
ristrutturazione edilizia.
In definitiva sono cambiate, con la L.R. n. 12 del 2005, le opere ed i lavori che si
identificano nella straordinaria manutenzione.
Ad integrazione e specificazione delle opere di cui
sopra, negli edifici industriali, artigianali, commerciali e agricoli, si considerano di manutenzione straordinaria tutte le
opere di natura statica, igienica, tecnologica e funzionale necessarie per
conservare e integrare l’efficienza degli impianti produttivi esistenti e la
salubrità delle costruzioni che li ospitano, sempre che non comportino
l’incremento della superficie lorda di pavimento, né mutamento della
destinazione d’uso, non conforme alle previsioni urbanistiche comunali.
MANUTENZIONE STRAORDINARIA - ESEMPLIFICAZIONI
Di seguito si riassumono, a titolo esemplificativo, le
opere ed i lavori che si identificano negli interventi di manutenzione
straordinaria, fermo restando particolari limitazioni stabilite dallo strumento
urbanistico locale:
A - FINITURE ESTERNE (intonaci, rivestimenti,
tinteggiatura, infissi, elementi architettonici e decorativi, pavimentazioni,
manto di copertura): rifacimento e nuova formazione dí
intonaci e rivestimenti; tinteggiatura; sostituzione e rifacimento totale del
manto di copertura;
B - ELEMENTI STRUTTURALI (fondazioni, strutture
portanti verticali e orizzontali, scale e rampe, tetto): consolidamento,
rinnovamento e sostituzione di parti limitate di elementi strutturali. E’
ammesso il rifacimento di parti limitate di muri perimetrali portanti nei casi in
cui non siano tecnicamente o economicamente giustificabili interventi di
consolidamento, purché ne siano mantenuti il posizionamento e i caratteri
originari;
C - MURATURE PERIMETRALI, TAMPONAMENTI E APERTURE
ESTERNE: rifacimento di parti limitate di tamponamenti esterni, purché ne siano
mantenuti il posizionamento e i caratteri originari. Sono ammessi interventi di
ridefinizione delle facciate mediante la modifica di parte limitata delle
aperture;
D - TRAMEZZE E APERTURE INTERNE: realizzazione o
eliminazione di aperture interne, anche in muri portanti; realizzazione o
eliminazione di tramezzature e di muri divisori nella stessa unità immobiliare;
E - FINITURE INTERNE (tinteggiatura, intonaci e rivestimenti,
controsoffitti, pavimenti, infissi, elementi architettonici e decorativi):
riparazione e sostituzione;
F - IMPIANTI ED APPARECCHI IGIENICO-SANITARI:
installazione ed integrazione degli impianti e dei servizi igienico-sanitari;
G - IMPIANTI TECNOLOGICI E RELATIVE STRUTTURE E VOLUMI
TECNICI (impianti elettrici, di riscaldamento e condizionamento, del gas,
idrici, di scarico, di sollevamento, antincendio, reti e impianti di
trattamento, allontanamento e depurazione dei rifiuti liquidi, solidi ed aeriformi):
installazione degli impianti tecnologici e delle relative reti e realizzazione
dei conseguenti volumi tecnici;
H - AGGREGAZIONE O SUDDIVISIONE DI
UNITA’ IMMOBILIARI: deve trattarsi di opere e/o lavori che, sempre nei limiti
di interventi manutentivi di cui sopra, consentano di trasformare due o più
unità immobiliari in un’unica unità immobiliare o viceversa.
Per quanto riguarda gli edifici a destinazione
produttiva (industriale, artigianale,
commerciale e agricola), la manutenzione straordinaria comprende
l’installazione di impianti tecnologici e la realizzazione di impianti e opere
necessari al rispetto della normativa sulla tutela dagli inquinamenti e sulla
igienicità degli edifici e la sicurezza delle lavorazioni, sempre che non
comportino aumento delle superfici utili di calpestìo,
né mutamento delle destinazioni d’uso, difforme dalle previsioni urbanistiche
comunali.
MANUTENZIONE STRAORDINARIA, QUALE ATTIVITA’ EDILIZIA
LIBERA
Per quanto riguarda gli interventi di manutenzione
straordinaria, si tenga conto che, in applicazione del nuovo articolo 6, d.P.R. n. 380/2001, sostituito dall’articolo 5, D.L. 25
marzo 2010, n. 40, convertito con modificazioni dalla legge 22 maggio 2010, n.
73, alcuni interventi di manutenzione straordinaria sono ammessi attraverso la
semplice comunicazione al comune interessato, anche in via telematica,
dell’inizio lavori che riguardino le opere ed i lavori di cui all’articolo 3,
comma 1, lettera b), stesso decreto, ivi compresa l’apertura di porte interne e
lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti
strutturali dell’edificio, non comportino aumento del numero delle unità
immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici.
La stessa norma, però, prevede che per gli stessi
interventi, vengano allegate eventuali autorizzazioni obbligatorie ai sensi
delle norme dí settore, oltre ad una relazione
tecnica, corredata dagli opportuni elaborati progettuali a firma di un tecnico
abilitato, il quale dichiari, sotto la sua responsabilità, che i lavori sono
conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti
e che la normativa statale o regionale non prevede il rilascio di un titolo
abilitativo.
Al di fuori dei casi sopra illustrati (e cioè di
quelli ammessi dalla semplice comunicazione preventiva al comune), gli altri
interventi di manutenzione straordinaria sono ammessi mediante la presentazione
della DIA, ovvero della SCIA, interventi sempre e comunque non onerosi.
Indipendentemente dalle diverse definizioni che danno
il TU per l’Edilizia e la legge regionale n. 12 del 2005, la manutenzione
straordinaria, per essere non onerosa, deve rimanere in un ambito limitato
della trasformazione edilizia, senza perciò:
- modificare o alterare la volumetria, la sagoma, i
prospetti (in modo significativo) e la superficie dell’edificio;
- modificare o alterare la superficie delle singole
unità immobiliari, salvo che le stesse vengano aggregate o suddivise con opere
e/o lavori di modesta entità;
- comportare modifiche della destinazione d’uso che
non siano conformi alle previsioni dello strumento urbanistico comunale.
RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA
(in termini generali)
Come già detto, escluse le ipotesi di ristrutturazione
edilizia “pesante” (articolo 10, comma 1, lettera c), d.P.R.
380/2001) e quella della ristrutturazione edilizia “ricostruttiva” (articolo 3,
comma 1, lettera d). stesso decreto), soggette a contributo di costruzione, ma
non oggetto della presente disamina, gli interventi di ristrutturazione
edilizia cosiddetta “residuale”, comunque onerosi, NON si differenziano nelle
definizioni date dal T.U. dell’Edilizia e dalla LR 12/2005.
Il concetto di ristrutturazione edilizia, così come si
desume dall’articolo 3, comma 1, lettera d), dPR
380/2001, postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da
ristrutturare, ossia di un organismo edilizio dotato di mura perimetrali,
strutture orizzontali e copertura; se ne deduce che la ricostruzione su ruderi
o su un edificio già da tempo demolito costituisce nuova costruzione.
Si considerano interventi di ristrutturazione edilizia
“residuale” quelli che consistono nel rifacimento integrale di solai (anche a
quote diverse rispetto alla situazione preesistente) con la realizzazione di
unità abitative con volumi e sagome uguali rispetto a quelle originarie, nel
consolidamento strutturale, nella sostituzione ed integrazione degli elementi
strutturali (fondazioni, strutture portanti verticali e orizzontali, scale e
rampe, etc.), nella modificazione dell’assetto distributivo delle unità immobiliari,
e nell’esecuzione completa delle opere di finitura, esterne ed interne e
relativi impianti.
La ristrutturazione edilizia è volta al riutilizzo di
edifici attraverso interventi di trasformazione edilizia e di destinazione
d’uso. La ristrutturazione è quindi la tipologia di intervento che permette le
maggiori e più sistematiche trasformazioni dei fabbricati, salvaguardandone gli
eventuali elementi di pregio. Tra gli interventi di ristrutturazione edilizia rientrano anche
gli interventi di demolizione e fedele ricostruzione.
Come già detto in precedenza, gli interventi che
prevedono l’incremento di volume o di superficie lorda di pavimento devono
avere il consenso dello strumento urbanistico vigente.
RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA - ESEMPLIFICAZIONI
(senza previa demolizione)
Di seguito si riassumono, a titolo
esemplificativo, opere e lavori facenti
parte degli interventi di ristrutturazione edilizia, che non sia totale
demolizione e successiva ricostruzione, fermo restando particolari limitazioni
stabilite dallo strumento urbanistico locale.
A - FINITURE ESTERNE (intonaci, rivestimenti,
tinteggiature, infissi, elementi architettonici e decorativi, pavimentazioni,
manto di copertura): rifacimento e nuova formazione delle finiture, con
conservazione degli eventuali elementi di pregio.
B - ELEMENTI STRUTTURALI (fondazioni, strutture
portanti verticali e orizzontali, scale e rampe, tetto): consolidamento,
sostituzione ed integrazione degli elementi strutturali con tecniche
appropriate. E’ ammesso il parziale rifacimento delle strutture perimetrali
portanti dei muri perimetrali e di spina, nel rispetto dell’area di sedime, del volume e della sagoma. Sono ammesse
modificazioni delle quote degli orizzontamenti e delle scale. E’ consentita la
realizzazione di nuovi elementi strutturali necessari per la trasformazione di
organismi edilizi o di loro parti.
C - MURATURE PERIMETRALI, TAMPONAMENTI E APERTURE
ESTERNE: sono consentite la realizzazione o l’eliminazione di aperture, nonché
modificazioni ed integrazioni dei tamponamenti esterni. E’ ammesso il
rifacimento parziale dei muri perimetrali e di spina, anche portanti, purché
limitati alle necessità costruttive, ovvero per esigenze di adeguamento
antisismico, nel rispetto del loro posizionamento e siano conservati gli
eventuali elementi di pregio.
D - TRAMEZZE E APERTURE INTERNE: sono ammesse, per
mutate esigenze distributive o d’uso, modificazioni dell’assetto planimetrico,
nonché l’aggregazione o la suddivisione di unità immobiliari che portino ad un
organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
E - FINITURE INTERNE (tinteggiature, intonaci e
rivestimenti, controsoffitti, pavimenti, infissi, elementi architettonici e
decorativi): rifacimento e nuova formazione delle finiture, con conservazione e
valorizzazione degli eventuali elementi di pregio.
F - IMPIANTI ED APPARECCHI IGIENICO-SANITARI:
realizzazione ed integrazione degli impianti e dei servizi igienico-sanitari.
G - IMPIANTI TECONOLOGICI E RELATIVE STRUTTURE E
VOLUMI TECNICI (impianti elettrici, di riscaldamento e condizionamento, del
gas, idrici, di scarico, di sollevamento, antincendio, reti e impianti di
trattamento, allontanamento e depurazione dei rifiuti liquidi, solidi ed
aeriformi): installazione degli impianti tecnologici e delle relative reti; i
volumi possono essere realizzati, se necessario, anche all’esterno degli
edifici, purché non configurino un incremento della superficie utile di
calpestio.
H - DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE: come detto in
precedenza, in questa sede non viene trattata la demolizione e la successiva
fedele ricostruzione. Si ricorda però che la giurisprudenza amministrativa ha
da sempre sostenuto, anche recentemente, che la ristrutturazione edilizia,
previa demolizione e ricostruzione, deve avvenire nel pieno rispetto dell’area
di sedime, della sagoma e del volume. Quanto detto
viene precisato soprattutto in relazione alla definizione che la legge
regionale della Lombardia da a tale tipologia d’intervento, limitandola al solo
rispetto del volume.
La ristrutturazione edilizia, cosiddetta “residuale”,
non può prevedere la demolizione e la ricostruzione di un edificio, ma
l’esecuzione di un insieme di opere e di lavori di trasformazione edilizia,
come sopra illustrato.
CONSIDERAZIONI FINALI
Si tenga comunque conto, al riguardo, delle seguenti
precisazioni:
1) l’articolo
3, comma 2, del d.P.R. 380/2001 e l’articolo 27,
comma 2, della LR 12/2005, dispongono che le definizioni delle rispettive norme
prevalgono sulle disposizioni degli atti di pianificazione territoriale
(strumenti urbanistici) e dei regolamenti edilizi, qualora dette disposizioni
stabiliscano diversamente;
2) quanto
sopra per precisare che le definizioni in ambito di interventi di
ristrutturazione edilizia presenti nella L.R. n. 12
del 2005 sono prevalenti sulle definizioni presenti negli strumenti urbanistici
(generici o attuativi) o nei regolamenti edilizi, indipendentemente dal fatto
che siano più restrittive o più permissive. Non c’è bisogno che le norme
comunali siano abrogate, modificate o annullate dal TAR affinché le definizioni
della L.R. 12/2005 possano essere applicate. Queste
definizioni sono prevalenti, dunque si applicano automaticamente al posto di
quelle comunali in contrasto;
3) la
prevalenza riguarda però esclusivamente le definizioni e non, cosa molto
diversa, se un determinato intervento edilizio sia o no ammesso in certe parti
del territorio comunale, o se un determinato intervento edilizio possa essere
ammesso esclusivamente con particolari limitazioni. Ad esempio, può esserci uno
strumento urbanistico che ammette, in condizioni specifiche, gli interventi di
ristrutturazione edilizia soltanto quando comportano la demolizione e la
ricostruzione. In questo caso la norma non dà una definizione della
ristrutturazione edilizia diversa e/o in contrasto con la legge regionale, ma
definisce cosa si può o non si può fare. La norma definisce perciò l’ambito in
cui gli strumenti urbanistici comunali hanno piena ed esclusiva potestà;
4) Le
indicazioni della legge regionale non possono sostituirsi agli strumenti
urbanistici comunali nel decidere quali interventi si possono fare. È però
evidente che perciò gli strumenti urbanistici consentono senza alcuna
precisazione, interventi di manutenzione straordinaria o di ristrutturazione
edilizia. Tali interventi possono legittimamente comprendere tutto ciò che
prevedono le definizioni della L.R. n. 12 del 2005
(ad esempio l’aggregazione o la suddivisione di unità immobiliari per la
straordinaria manutenzione, la demolizione-ricostruzione per la
ristrutturazione);
5) se lo
strumento urbanistico approvato prevede specifiche prescrizioni per gli edifici
esistenti di particolare interesse tipologico, architettonico, conservativo,
etc., è necessario che i progetti, pur proponendo interventi di manutenzione
straordinaria o di ristrutturazione edilizia, si attengano a tali previsioni.
Propongo, inoltre, altre e ulteriori considerazioni
sulla corretta applicazione delle norme nazionali e regionali:
1- il
tecnico professionista è tenuto, in sede di richiesta di permesso di costruire
o di presentazione della DIA, a individuare la tipologia di intervento proposto
(ad esempio la ristrutturazione edilizia piuttosto che le opere di manutenzione
straordinaria);
2- l’ufficio
tecnico comunale (UTC) deve a sua volta, attraverso i propri istruttori,
verificare che si tratti effettivamente dell’una o dell’altra tipologia di
intervento, attenendosi scrupolosamente alle definizioni che sono state date
dalla legge regionale o dal T.U. per l’Edilizia, tenendo conto di eventuali
limitazioni stabilite dallo strumento urbanistico comunale;
3- si tenga
presente che, come spesso ho potuto constatare, non esistono interventi edilizi
come la “sistemazione interna dell’edificio”, ”opere di completamento”,
“l’esecuzione di opere interne”, la “trasformazione interna dell’edificio”,
etc., ma solo interventi di ristrutturazione edilizia o di straordinaria
manutenzione, a seconda che le opere ed i lavori previsti rientrino nella prima
o nella seconda tipologia di intervento;
4- è
importante quindi che vengano considerate e valutate, già al momento di
presentare il progetto, tutte le condizioni ed i presupposti che determinano
l’individuazione dell’una o dell’altra tipologia di intervento, quali:
• se si tratta esclusivamente di interventi
manutentivi (escluse le strutture portanti orizzontali e verticali), atti a
mantenere in efficienza gli edifici, senza modificarne la tipologia edilizia e
i caratteri costruttivi, senza alterare l’assetto distributivo complessivo,
dell’edifico da recuperare;
• se si tratta di interventi che alterano o meno il
volume, le superfici ovvero, l’assetto distributivo dell’edificio da
recuperare, o comportanti modifiche della destinazione d’uso, non conformi alle
previsioni urbanistiche comunali;
• se si modifica l’assetto distributivo delle singole
unità immobiliari (escluso il caso di aggregazione o separazione come
precedentemente chiarito);
• se l’intervento modifica, in tutto o in parte,
l’organismo edilizio dell’edificio;
• se vi sia un aumento delle unità immobiliari che non
sia la semplice aggregazione di U.I., come già detto al punto precedente;
• se vi sia una modifica del volume, della sagoma, dei
prospetti (significativi) o delle superfici dell’edificio da recuperare;
5- se le
opere ed i lavori che si intendono realizzare si identificano tra quelli di
manutenzione straordinaria si presenta la DIA (o richiesta di permesso di
costruire), ovvero la SCIA, fermo restando i casi ammessi a semplice comunicazione
preventiva al comune, e non si dovrà pagare nulla; diversamente si dovrà
proporre un intervento di ristrutturazione edilizia attraverso richiesta di
permesso di costruire (o DIA sostitutiva) e si dovrà pagare il contributo di
costruzione (oneri e costo);
6 - la
corretta applicazione delle definizioni delle norme vigenti (nazionali e
regionali) deve servire a stabilire la qualificazione tecnico-giuridica
dell’intervento ed evitare che il privato e l’UTC abbiano visioni diverse che
possono portare a ricorsi al TAR;
7 - è chiaro
però che, qualora l’intervento sia di ristrutturazione edilizia cosiddetta
“residuale”, il contributo di costruzione è dovuto e deve essere corrisposto
nella misura equa e ciò pagare:
a) gli oneri di urbanizzazione calcolati applicando al
volume virtuale (o reale se più favorevole) per destinazioni residenziali,
ovvero alla superficie virtuale (o reale se più conveniente) per destinazioni
produttive, le tariffe comunali stabilite per ciascuna destinazione d’uso,
riferite agli interventi di recupero edilizio, tenuto conto che il CME per la
determinazione del volume virtuale o della superficie virtuale sarà limitato
alle sole opere previste dal progetto presentato,
b) costo di costruzione (per destinazioni
residenziali) applicando al costo delle opere così come risulta dal CME
allegato al progetto (comunque non superiore all’importo stabilito per le nuove
costruzioni), la percentuale riferita agli interventi di recupero edilizio,
corrispondente alla classe dell’edificio determinata con il prospetto
ministeriale del 1977. A questo proposito c’è da precisare che, qualora il
richiedente assuma come proprio il costo base previsto per le nuove
costruzioni, allo stesso non andranno applicate le maggiorazioni ed andranno
applicate le aliquote delle ristrutturazioni e non quelle delle nuove
costruzioni.
c) il costo di costruzione (per destinazioni
terziarie, direzionali e commerciali), applicando al costo delle opere, così
come risulta dal CME allegato al progetto, la corrispondente percentuale
riferita agli interventi di recupero edilizio, stabilita dal comune con
apposita deliberazione.
8- I
progettisti non devono però dimenticare che il costo delle opere non può essere
irrisorio o inattendibile in relazione al progetto presentato perché si
rischiano contestazioni da parte dell’UTC il quale potrà, d’ufficio,
rettificare tali importi qualora risultino chiaramente bassi e non rispondenti
alle opere previste dal progetto.
Alla luce, pertanto, di quanto sopra detto, è
auspicabile che í progettisti, anche nell’interesse dei loro committenti, si
adoperino per presentare le richieste di permesso di costruire, ovvero le DIA
(anche sostitutive), allegando i progetti che rispondano alla giusta tipologia
di intervento edilizio, e che gli uffici tecnici comunali abbiano, ovviamente,
a verificare la qualificazione tecnico-giuridica degli stessi, ma che
correttamente valutino anche se gli interventi edilizi proposti rientrino tra
quelli di manutenzione straordinaria (quindi non onerosi), ovvero tra quelli di
ristrutturazione edilizia (quindi onerosi).
Non è pensabile che i comuni inquadrino tutti i
progetti nella ristrutturazione edilizia solo per far cassa, e far pagare ai
cittadini un contributo non dovuto per interventi edilizi per i quali la legge
prevede la gratuità.
Mi chiedo quali siano gli interventi di manutenzione
straordinaria se qualsiasi modifica interna o esterna ad un edificio la si
vuole ricondurre nella ristrutturazione edilizia, sebbene le definizioni del
Testo Unico per l’Edilizia e della legge regionale n. 12 del 2005, pur con le
ovvie distinzioni, consentono di individuare l’esatta tipologia di intervento.
Un’ultima annotazione merita la qualificazione
dell’intervento, Bisogna in ogni modo tenere in considerazione che per una
corretta qualificazione dell’intervento, si devono valutare tutte le attività
nel loro complesso, eseguite sul medesimo immobile, anche senza soluzione di
continuità. A tale proposito si veda la sentenza del TAR Lombardia n. 843/1996.
“...Ai fini della qualificazione dell’attività edilizia posta in essere, non
possono valutarsi fraziontamente opere eseguite sul
medesimo immobile, in stretta successione cronologica e senza soluzione di
continuità, chiaramente riconducibili a un disegno unitario...”.