IL PROGETTO DEGLI IMPIANTI OVE NECESSARIO DEVE ESSERE ALLEGATO ALL’ISTANZA EDILIZIA
(Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4835 del 29/8/2011)
L’art 6 della legge n.46/90 (ora sostituita dal
D.M.37/2008) ritiene obbligatoria la redazione del progetto ed il suo deposito
contestualmente al progetto edificatorio; il testo della norma si riferisce
quindi del tutto chiaramente alla fase istruttoria della licenza edilizia ed
appare evidentemente finalizzato a garantire un controllo (come peraltro la
stessa concessione) sulla sicurezza “ab origine”
dell’edificio, con particolare riferimento ad una esigenza di rispetto dei
parametri di legalità che disciplinano le costruzioni residenziali. L’art. 4
D.P.R. 425/1994 è invece espressamente riferito alla fase del rilascio
dell’abitabilità (scansione notoriamente successiva alla realizzazione
dell’edificio) e pur essendo anch’esso inspirata da evidenti ragioni di
potenziamento della sicurezza, opera tuttavia nelle fattispecie concrete nei
quali, illegittimamente, la concessione edilizia sia stata parimenti (ed
illegittimamente) rilasciata in assenza del progetto inerente l’impianto
elettrico, quindi senza un obbligo della sua realizzazione, e mira ad impedire
di fatto un uso dell’immobile realizzato, che, in particolare se residenziale,
si realizzerebbe in forma che indiscutibilmente pericolosa. La norma,
nell’impedire il rilascio dell’abitabilità per carenza del progetto in parola,
lungi dal permettere all’istante di ottenere una concessione edilizia
residenziale in deroga all’art. 6 della legge n. 46, tende all’opposto a
sollecitare la c.d. “messa a norma” dell’edificio realizzato senza l’impianto e
concorre insieme all’altra all’opportuno obiettivo ordinamentale
di realizzare un sviluppo dell’attività edilizia secondo canoni di sicurezza.
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6612 del 2004,
proposto da:
Comune di Castelfranco Emilia, rappresentato e difeso
dall’avv. Benedetto Graziosi, con domicilio eletto presso lo studio Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
contro
Caredil S.r.l.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA:
SEZIONE I n. 00536/2004, resa tra le parti, concernente ARCHIVIAZIONE RICHIESTA
DI PERMESSO A COSTRUIRE TRE FABBRICATI RESIDENZIALI
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 giugno
2011 il Cons. Raffaele Potenza;
udito l’avvocato Benedetto Graziosi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con ricorso al TAR Emilia Romagna la società
CAREDIL impugnava il provvedimento in data 26.1.2004, con il quale il
Responsabile del Settore Pianificazione Economico Territoriale del Comune di
Castelfranco Emilia disponeva la archiviazione della richiesta di permesso di
costruire presentata dalla ricorrente in data 2.8.2003 (prot.
n. 16307), per la realizzazione di tre fabbricati residenziali.
L’archiviazione dell’istanza veniva disposta in quanto
il progetto di edificazione non risultava corredato da quello relativo agli
impianti elettrici.
1.1- Il Tribunale adito accoglieva il ricorso con
sentenza in forma semplificata, annullando il provvedimento e così motivando la
decisione, in sintesi, con le seguenti argomentazioni:
- la giurisprudenza amministrativa di I e II grado si
è espressa nel senso che “dopo l’entrata in vigore del regolamento attuativo
della l. 46/90 (n. 447/1991), il rilascio della concessione edilizia è
possibile solo dopo l’acquisizione del progetto degli impianti da parte di
professionisti iscritti negli albi professionali”;
- il collaudo previsto dall’art. 4 D.P.R. 425/1994 ai
fini del rilascio del certificato di abitabilità/agibilità richiede “anche il
rispetto della normativa in tema di impianti elettrici e di prevenzione
incendi, non essendo concepibile il rilascio della agibilità in assenza delle
condizioni idonee ad evitare rischi connessi alla utilizzazione dell’immobile”
(TAR Napoli, n. 3948 del 2003). Da tali indicazioni il primo giudice ha tratto
le seguenti conseguenze:
- il progetto degli impianti elettrici si pone come
requisito di idoneità del manufatto da realizzare, autonomo ed ulteriore
rispetto alla sua conformità alle prescrizioni urbanistiche;
- l’accertamento del suddetto requisito non entra a
far parte del procedimento istruttorio volto a verificare la regolarità sotto
il profilo urbanistico-edilizio dell’immobile, ma si situa
in una fase, comunque, successiva a detta verifica.
- le determinazioni assunte dal Comune di Castelfranco
si rivelano contrastanti nell’applicazione di entrambi i cennati
ed emergenti principi e rivestirebbero un evidente “carattere dilatorio”.
2.- Il Comune di Castelfranco Emilia ha tuttavia
impugnato la sentenza del TAR, chiedendone la riforma e svolgendo, a supporto
dell’appello, motivi che risultano fondati.
Premesso che non risultano impugnate due diverse e
contrastanti determinazioni del Comune ma un unico provvedimento di
archiviazione di istanza concessoria edilizia, la
controversia sottoposta alla Sezione verte sul momento temporale di
acquisizione del progetto in questione in rapporto alle due normative che
vengono nella specie in rilievo e costituite dalla legge n. 46/90 (regolamento
DPR n. 447/1991), e dal D.P.R. n. 425/1994.
Col primo mezzo il Comune appellante lamenta in
sostanza che il TAR abbia del tutto trascurato l’art. 6, comma 1, della legge
n. 46/1990 affermando quindi illegittimamente che il progetto “de quo” deve
essere allegato alla domanda successivamente al rilascio della concessione. Al
contrario la tesi accolta dal TAR è che in base all’art. 4 del D.P.R. 425/1994,
la verifica del progetto degli impianti elettrici si attua in una fase
successiva al rilascio.
La tesi svolta dal primo giudice non può essere
accolta. Essa in effetti accoglie la tesi della necessità del progetto degli
impianti elettrici solo dopo il rilascio della concessione edilizia, con ciò
facendo (peraltro immotivatamente) prevalere l’art. 4 D.P.R. 425/1994 rispetto
all’art. 6 n. 46/1990.
Ma ciò non può condividersi poiché in realtà le due
norme hanno finalità parzialmente diverse, si inseriscono in momenti
procedimentali differenti, e pertanto non possono essere affatto considerate in
contraddizione tra loro.
L’art 6 della legge n.46 ritiene obbligatoria la
redazione del progetto ed il suo deposito contestualmente al progetto
edificatorio; il testo della norma si riferisce quindi del tutto chiaramente
alla fase istruttoria della licenza edilizia ed appare evidentemente
finalizzato a garantire un controllo (come peraltro la stessa concessione)
sulla sicurezza “ab origine” dell’edificio, con
particolare riferimento ad una esigenza di rispetto dei parametri di legalità
che disciplinano le costruzioni residenziali. Ciò considerato, l’art. 4 D.P.R.
425/1994 è invece espressamente riferito alla fase del rilascio
dell’abitabilità (scansione notoriamente successiva alla realizzazione
dell’edificio) e pur essendo anch’esso inspirata da evidenti ragioni di
potenziamento della sicurezza, opera tuttavia nelle fattispecie concrete nei
quali, illegittimamente, la concessione edilizia sia stata parimenti (ed
illegittimamente) rilasciata in assenza del progetto inerente l’impianto
elettrico, quindi senza un obbligo della sua realizzazione, e mira ad impedire
di fatto un uso dell’immobile realizzato, che, in particolare se residenziale,
si realizzerebbe in forma che indiscutibilmente pericolosa. La norma,
nell’impedire il rilascio dell’abitabilità per carenza del progetto in parola,
lungi dal permettere all’istante di ottenere una concessione edilizia
residenziale in deroga all’art. 6 della legge n. 46, tende all’opposto a sollecitare
la c.d. “messa a norma” dell’edificio realizzato senza l’impianto e concorre
insieme all’altra all’opportuno obiettivo ordinamentale
di realizzare un sviluppo dell’attività edilizia secondo canoni di sicurezza.
Legittima risulta pertanto l’archiviazione della
domanda edilizia (e ciò del tutto indipendentemente dalla portata dell’art. 7
del regolamento comunale), non essendo stata corredata dal progetto relativo
agli impianti elettrici, come richiesto dall’art.6 della legge suddetta e dal
Comune appellante; tali adempimenti, infine, sono quindi ben lungi dal
costituire un effetto dilatorio dei tempi di evasione della domanda concessoria, ravvisabile solo ove le richieste
amministrative risultino extra-legem o ripetitive o
comunque costituiscano un inutile aggravio del procedimento amministrativo.
2.2- Conclusivamente l’appello deve essere accolto con
conseguente riforma della sentenza impugnata e rigetto del ricorso di primo
grado.
2.3- Sussistono giuste ragioni per disporre la
compensazione delle spese, considerato l’esito del tutto contrastante dei due
gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione
IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, accoglie
l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il
ricorso di primo grado.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.