per
LA REALIZZAZIONE DI pensiline e tettoie E’ NECESSARIO
il permesso di costruire
(Corte suprema di
Cassazione, sentenza del 07/09/2011, n. 33267)
Gli interventi posti in atto per la realizzazione di
tettoie e pensiline, in quanto definiti come elementi di riparo o protezione
anche dagli agenti atmosferici, necessitano del permesso di costruire nei casi
in cui sia da escludere la natura precaria o pertinenziale
dell’intervento, cioè quando non possono essere classificate come opere
provvisorie e accessorie. Tale espressione deriva dalla Corte Suprema di
Cassazione tramite sentenza del 07/09/2011, n. 3326. La corte infatti ritiene
che pensilina e tettoia siano possibile mezzo per un aumento futuro della
superficie abitabile dell’immobile.
La Cassazione ha ricordato che il
permesso di costruire deve essere richiesto non solo per la creazione di nuovi
volumi, ma per tutti gli interventi che non possono essere considerati minori
poiché implicano una modifica del territorio. Sono tali gli interventi che
incidono sul tessuto urbanistico del territorio, determinando la trasformazione
in via permanente del suolo inedificato. Mentre i
pergolati (la cui realizzazione non è soggetta a richiesta di permesso di
costruire) sono costituiti da una struttura aperta sia nei lati esterni che
nella parte superiore e sono destinati solitamente alla produzione di ombra, la
tettoia può essere utilizzata anche come riparo ed aumenta l’abitabilità
dell’immobile.
Corte di Cassazione, sentenza n. 3326 del 07/09/2011,
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 28 gennaio 2011, la Corte d’Appello
di Salerno confermava la pronuncia con la quale, in data 10 giugno 2006, il
Tribunale di Sala Consilina condannava [Omissis] per
violazione dell’articolo 44, lettera c) D.P.R. 380\01 in relazione alla
costruzione, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, di una pensilina con
struttura in ferro e copertura in plexiglas avente superficie di mq 18 circa ed
altezza di metri 3, assolvendola dal reato ascrittole al capo b) della rubrica
e dichiarando estinte per intervenuta sanatoria le altre violazioni
urbanistiche contestate.
Avverso tale decisione la predetta proponeva ricorso
per cassazione.
Con un unico motivo di ricorso deduceva l’erronea
applicazione dell’articolo 44, lettera c) D.P.R. 380\01, rilevando che l’opera
oggetto di contestazione non era suscettibile di sanzione penale in quanto
soggetta a d.i.a. semplice come gli altri interventi
eseguiti, per i quali era stata rilasciata sanatoria, efficace anche con
riferimento alla pensilina realizzata, cosicché i giudici del gravame avevano
errato nell’applicare la disposizione richiamata e la giurisprudenza di questa
Corte.
Faceva altresì rilevare, in subordine, che dovendosi
cronologicamente collocare la data di consumazione del reato al 7 agosto 2006,
doveva ritenersi maturata la prescrizione
Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
Occorre preliminarmente osservare che la Corte
territoriale ha ritenuto accertato, in fatto, che la pensilina è stata
realizzata in area sottoposta a vincolo paesaggistico e che tale assunto non è
contestato dalla ricorrente.
Sulla base di tale presupposto, correttamente i
giudici del gravame hanno stigmatizzato, incidentalmente, l’evidente errore in
cui è incorso il giudice di prime cure ritenendo insussistente la violazione
paesaggistica concorrente e ritenuto corretta la collocazione della condotta posta
in essere nella fattispecie contemplata dalla lettera c) del menzionato
articolo 44 D.P.R. 380\01.
trasformazione urbanistica del territorio di natura
permanente e tale da richiedere, quale titolo abilitativo, il permesso di
costruire.
Invero, sono in genere soggetti a permesso di
costruire, sulla base di quanto disposto dal T.U. Edilizia (articoli 3 e 10),
tutti gli interventi che, indipendentemente dalla realizzazione di volumi,
incidono sul tessuto urbanistico del territorio, determinando la trasformazione
in via permanente del suolo inedificato (Sez. III n.
6930, 19 febbraio 2004 conf. Sez. III n. 8064, 24
febbraio 2009) per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio
in relazione alla sua condizione naturale ed alla sua qualificazione giuridica
(Sez. III n. 28547, 10 luglio 2009).
In tale tipologia di interventi è certamente
collocabile la realizzazione di una pensilina quale quella realizzata dalla
ricorrente che era certamente qualificabile come intervento di nuova
costruzione ai sensi del T.U. edilizia e per la quale non è neppure ipotizzata
l’eventuale natura pertinenziale.
Tale qualificazione è certamente ricavabile dalle
dimensioni e dalle caratteristiche costruttive indicate nell’imputazione,
indipendentemente dalla corretta individuazione della nozione di “pensilina”
Invero, la giurisprudenza di questa Corte si è
ripetutamente soffermata sul concetto di “tettoia” e sulla differenza tra
questa ed il “pergolato”, osservando che la diversità strutturale delle due
opere è rilevabile dal fatto che, mentre il pergolato costituisce una struttura
aperta sia nei lati esterni che nella parte superiore ed è destinato a creare
ombra, la tettoia può essere utilizzata anche come riparo ed aumenta
l’abitabilità dell’immobile (Sez. III n. 19973, 19 maggio 2008; conf. Sez. III n. 10534, 10 marzo 2009).
Si è poi ritenuto che la realizzazione di tettoie
assuma rilevanza sotto il profilo urbanistico, richiedendo quindi il permesso
di costruire, allorché difetti dei requisiti richiesti per le pertinenze e per
gli interventi precari, come peraltro avviene con riferimento a tutte le
tipologie di manufatti. Le tettoie sono state sempre considerate, pertanto,
come parti di un edificio preesistente o autonomamente valutate come interventi
di nuova costruzione (v., tra le più recenti, Sez. III n.27264 , 14 luglio
2010; Sez. III n. 21351, 4 giugno 2010; Sez. III n. 25530, 18 giugno 2009; Sez.
III n. 17083, 18 maggio 2006; Sez. III n. 40843, 10 novembre 2005).
Con riferimento alle pensiline, invece, sebbene si sia
ritenuta, in un caso, la necessità della concessione edilizia, ora permesso di
costruire (Sez. III n. 2733, 31 gennaio 1994, citata anche nell’impugnata
decisione), non si rinviene alcuna indicazione che ne qualifichi puntualmente
il concetto.
Alcuni regolamenti comunali, ivi compreso quello del
Comune ove le opere in contestazione sono state realizzate, prevedono
effettivamente una distinzione tra tettoia e pensilina, solitamente fondata
sulle diverse caratteristiche costruttive.
In particolare, il Regolamento Edilizio del Comune di Teggiano (adottato con delibera n. 65 del 3 ottobre 1993)
individua le pensiline come assimilabili agli “sbalzi” ed ai “corpi aggettanti
aperti”, distinguendole, in senso evidentemente riduttivo, dalle tettoie ma
indica come necessaria la concessione edilizia (ora permesso di costruire) per
quelle insistenti in area sottoposte a vincolo paesaggistico o storico —
architettonico.
Sotto un profilo eminentemente lessicale, tuttavia, la
pensilina viene sostanzialmente equiparata alla tettoia con la quale condivide
comuni finalità di arredo o di riparo e protezione e dalla quale non può
distinguersi neppure per la conformazione, stante le diversità di materiali con
i quali possono essere realizzate entrambe le strutture e le modalità di
ancoraggio al suolo o in aggetto rispetto ad altro edificio.
Sulla base di tale considerazione, pertanto, può
affermarsi il principio secondo il quale la sostanziale identità delle nozioni
di tettoia e pensilina ricavabile dalle medesime finalità di arredo, riparo o
protezione anche dagli agenti atmosferici, determina la necessità del permesso
di costruire nei casi in cui sia da escludere la natura precaria o pertinenziale dell’intervento .
Alla luce delle considerazioni sopra esposte consegue
che l’abuso in contestazione, indipendentemente dalla qualificazione, era
comunque soggetto a permesso di costruire come correttamente ritenuto anche
dalle competenti autorità comunali che, rilasciata la sanatoria per gli altri
interventi, l’avevano invece negata per la pensilina.
Va infine rilevato che, contrariamente a quanto
affermato in ricorso, il reato non è affatto prescritto.
Come si è accennato in premessa, infatti, la data del
commesso reato è individuata in data antecedente e prossima al 7 agosto 2006 né
si rinvengono indicazioni diverse che consentano di collocare diversamente nel
tempo la realizzazione delle opere.
Tenuto conto anche della sospensione del termine per
35 giorni, dal 20 ottobre 2008 al 2 dicembre 2008, il termine massimo va
individuato nella data del 12 settembre 2011.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con le
consequenziali statuizioni indicate in dispositivo
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma 7 settembre 2011.