MINISTERO DEL LAVORO -D.LGS. N. 150/2011 - OPPOSIZIONE AD ORDINANZA INGIUNZIONE - CIRCOLARE N.28/2011

 

Con circolare n. 28 del 2 novembre 2011, il Ministero del Lavoro ha fornito indicazioni sulle novità introdotte, nell’ambito dei giudizi di opposizione ad ordinanza ingiunzione, dall’art. 6 del D.Lgs. 1° settembre 2011, n. 150, recante “Disposizioni complementari al Codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’art. 54 della Legge 18 giugno 2009, n. 69”.

Se ne evidenziano di seguito gli aspetti di maggiore rilievo.

In via preliminare, il Ministero rimarca che il D.Lgs. n. 150/2011 ha ricondotto al rito del lavoro i giudizi di opposizione ad ordinanza ingiunzione, ivi compresi quelli relativi a violazioni della disciplina in materia di lavoro, di competenza degli uffici Affari legali delle Direzioni territoriali del lavoro, riscrivendo le norme speciali contenute negli articoli 22 e 23 della Legge 24 novembre 1981, n. 689.

Considerato che la riforma del processo civile effettuata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, aveva già apportato significative innovazioni, con l’introduzione automatica di tutti gli istituti processuali compatibili con il rito speciale previsto dalla L. n. 689/1981, attualmente sussiste la possibilità di applicazione di tre diversi regimi processuali, in ragione del momento in cui viene incardinata la controversia:

- il primo, per i giudizi incardinati anteriormente al 4 luglio 2009, data di entrata in vigore della L. n. 69/2009, è disciplinato dagli articoli 22 e 23 della Legge n. 689/1981, integrati dalle norme del rito ordinario, di cui al Codice di procedura civile antecedente alla riforma attuata dalla citata Legge n. 69/2009;

- il secondo, per i giudizi incardinati nel periodo ricompreso tra il 4 luglio 2009 ed il 5 ottobre 2011, ricalca sempre il modello delineato dagli articoli 22 e 23 della L. n. 689/1981, integrato dalle norme del rito ordinario, di cui al Codice di procedura civile, come riformato dalla L. n. 69/2009;

- il terzo, per i giudizi incardinati dal 6 ottobre 2011, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 150/2011, è strutturato sulla base dell’art. 6 di tale decreto, integrato dalle norme che regolano il processo del lavoro.

- Il procedimento di opposizione ad ordinanza ingiunzione rientra in quella particolare categoria di procedimenti nei quali il giudizio è circoscritto a quanto dedotto nel ricorso introduttivo, poiché, da una parte, l’opponente non può proporre domande, eccezioni o questioni diverse da quelle concernenti la legittimità dell’atto amministrativo impugnato e, dall’altra parte, il giudice, eccettuate le ipotesi di inesistenza o nullità assoluta dell’atto, decide sulla base dei motivi di opposizione.

Come già stabilito dalla previgente normativa, il ricorso deve essere proposto:

- davanti al Tribunale del luogo in cui è stata commessa la violazione,

- entro il termine perentorio di trenta giorni dalla notificazione del provvedimento (ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero).

In proposito, la nuova disposizione introduce la possibilità di depositare il ricorso anche a mezzo del servizio postale e prescrive al giudice di dichiarare l’inammissibilità del ricorso tardivo con sentenza (anziché con ordinanza), con i connessi riflessi in ordine alla soggezione di tale sentenza ai normali mezzi di impugnazione.

Per quanto attiene alle fasi processuali descritte ai commi 8 e 9 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 150/2011, il Ministero del Lavoro rileva che, rispetto alla precedente disciplina, non è stato più riproposto il comma 3 dell’art. 23 della Legge n. 689/1981, ai sensi del quale tra il giorno della notificazione e l’udienza di comparizione dovevano intercorrere obbligatoriamente novanta giorni.

Dal mancato recepimento della suddetta norma consegue l’applicazione del dettato dell’art. 415, comma 5, del Codice di procedura civile e, quindi, fra la data di notificazione al convenuto e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non inferiore a trenta giorni.

Secondo l’art. 5 del D.Lgs. n. 150/2011, il giudice può concedere, con ordinanza non impugnabile, la sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento opposto nei soli casi in cui la sospensione sia espressamente richiesta dall’opponente, sentite le parti, e soltanto quando ricorrano gravi e circostanziate ragioni, che devono essere indicate in modo esplicito nella motivazione.

Al riguardo, il Ministero osserva che, ai fini dell’attuazione del principio del contradditorio, l’ordinanza che sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento opposto non può essere normalmente emessa prima dell’udienza fissata per la comparizione delle parti.

Tuttavia, laddove il tempo occorrente per instaurare il contraddittorio tra le parti metta a rischio le ragioni dell’opponente, il giudice può disporre, con decreto pronunciato fuori udienza, la sospensione “inaudita altera parte”. In questo caso, la sospensione diventa inefficace se non viene confermata, con ordinanza, entro la prima udienza successiva.

Nelle ipotesi di mancata comparizione dell’opponente, o del suo difensore, alla prima udienza, l’art. 6, comma 10, lett. b), del D.Lgs. n. 150/2011, riconosce al giudice la possibilità, già contemplata dall’art. 23, comma 5, della Legge n. 689/1981, di convalidare, con ordinanza appellabile, il provvedimento opposto, salvo che l’illegittimità di quest’ultimo risulti dalla documentazione allegata dall’opponente, ovvero l’Autorità che ha emesso l’ordinanza abbia omesso il deposito in cancelleria dei documenti previsti dal comma 8 dello stesso art. 6 (cioè, copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione).

In riferimento alle disposizioni concernenti le modalità di costituzione in giudizio dell’Amministrazione resistente, il Ministero del Lavoro precisa che, in tema di sanzioni amministrative, l’art. 6, co. 9, del D.Lgs. n. 150/2011, consente all’Autorità che ha emesso l’ordinanza ingiunzione di stare in giudizio personalmente e di avvalersi anche di un funzionario appositamente delegato, confermando la deroga alle regole dettate dal Regio-Decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, in materia di rappresentanza, patrocinio e assistenza in giudizio delle Amministrazioni dello Stato, spettante in via ordinaria all’Avvocatura dello Stato.

Quanto sopra evidenziato, il Ministero ritiene quindi che nei predetti procedimenti, in primo grado, non sia necessario avvalersi della assistenza tecnica normalmente riservata alla menzionata Avvocatura.

Relativamente al regime delle decadenze in ordine alle allegazioni documentali ed all’indicazione dei mezzi di prova, il Ministero del Lavoro sottolinea che, mentre per l’opponente il termine ultimo per le richieste probatorie e per il deposito dei documenti coincide ora con il ricorso introduttivo (così come previsto dall’art. 414, commi 4 e 5, del Codice di procedura civile), per l’Amministrazione convenuta operano le preclusioni stabilite dall’art. 416 dello stesso Codice.

In base alla norma da ultimo citata, le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio devono essere proposte, a pena di decadenza, nella memoria difensiva (da depositare almeno dieci giorni prima dell’udienza). Nella medesima memoria devono essere altresì indicati, sempre a pena di decadenza, i mezzi di prova, dei quali il convenuto intenda avvalersi, e i documenti da depositare.

Circa i poteri istruttori del giudice, la circolare di cui trattasi pone, fra l’altro, in rilievo che l’art. 23, comma 6, della Legge n. 689/1981 è stato abrogato e, pertanto, le norme di riferimento diventano l’art. 2 del D.Lgs. n. 150/2011 e l’art. 421 del Codice di procedura civile.

Al riguardo, il Ministero osserva, in particolare, che:

- ai sensi del comma 4 del richiamato art. 2, il giudice può disporre anche d’ufficio, in qualsiasi momento, l’ammissione dei mezzi di prova, nei limiti fissati dal Codice civile;

- la facoltà riconosciuta al giudice dall’ultimo comma dell’art. 421 del Codice di procedura civile, di ordinare la comparizione anche delle persone che siano incapaci di testimoniare a norma dell’art. 246 del medesimo Codice, per interrogarle liberamente sui fatti di causa, risolve l’annosa questione sulla capacità a testimoniare dei lavoratori.

Tali poteri “officiosi” del giudice costituiscono tuttavia una eccezione rispetto alla regola rappresentata dalla necessità della indicazione di parte.

Il Ministero del Lavoro precisa altresì che, ove l’Amministrazione convenuta, pur avendo indicato i testi nella memoria difensiva, ometta senza giustificato motivo di chiamarli, sarà dichiarata dal giudice decaduta dalla prova.

In ogni caso, come nel rito del lavoro, ora anche per i ricorsi in opposizione ad ordinanza ingiunzione è necessario, di norma, indicare i testi e predisporre i connessi capitoli di prova testimoniale, specificando di volersi avvalere del relativo mezzo in ordine alle circostanze di fatto allegate nella memoria di costituzione.

In merito alla fase conclusiva del giudizio di opposizione, la circolare in commento fa presente che, non essendo stata riproposta la disciplina delineata dall’art. 23, comma 7, della Legge n. 689/1981, valgono le regole stabilite dall’art. 429 del Codice di procedura civile, unitamente a quelle contenute nell’art. 6 del D.Lgs. n. 150/2011.

Nello specifico, i commi 11 e 12 di quest’ultimo articolo prevedono, rispettivamente, che:

- il giudice accoglie l’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente;

- con la sentenza che accoglie l’opposizione, il giudice può annullare, in tutto o in parte, l’ordinanza, ovvero modificarla anche limitatamente all’entità della sanzione dovuta, che è determinata in una misura non inferiore al minimo edittale.

Il Ministero del Lavoro ricorda inoltre che l’Avvocatura generale dello Stato ha escluso la possibilità di procedere ad atti transattivi in materia di crediti derivanti da sanzioni amministrative. Ciò in quanto la sanzione amministrativa, nel suo complesso, integra un credito dello Stato per sua natura sottratto alla disponibilità delle parti.

Ad avviso della predetta Avvocatura, data la natura di pena della sanzione amministrativa, il conseguente diritto alla esazione del dovuto è indisponibile anche nel “quantum”, fatta salva soltanto l’eventuale parziale o totale dichiarazione di inesigibilità del credito.

Da ultimo, il Ministero del Lavoro segnala che – pur mancando nella nuova disciplina una disposizione specifica sull’appello – la sentenza che definisce il giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione è assoggettata ai normali mezzi di impugnazione delle sentenze.

Riguardo al regime delle domande e delle eccezioni in appello, nonché dei mezzi di prova, il Ministero evidenzia che, con il passaggio dal rito ordinario a quello del lavoro, trova ora applicazione la disciplina stabilita dall’art. 437 del Codice di procedura civile, secondo la quale non sono ammissibili nuove domande ed eccezioni e nuovi mezzi di prova, salvo che il collegio, anche d’ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa.