POSSIBILE RISOLUZIONE DEL CONTRATTO IN CASO DI CONDANNA DEFINITIVA PER RICICLAGGIO ED USURA
Dal 29 febbraio è enrata in
vigore la Legge 27 gennaio 2012 n. 3, contenente ‘‘disposizioni in materia di
usura e di estorsione, nonchè di composizione delle
crisi da sovraindebitamento’’, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 24 del 30 gennaio 2012.
L’articolo 5 della legge in esame interviene in
modifica del primo comma dell’articolo 135 del Codice dei contratti pubblici
(D.lgs. 163 del 2006) allargando anche ad usura e riciclaggio l’elenco dei
reati giustificanti, in caso d’intervenuta condanna definitiva a carico
dell’appaltatore, la possibile richiesta di risoluzione del contratto.
Al riguardo, si ricorda che, attualmente, il primo comma
dell’articolo 135 del Codice prevede, tra le situazioni soggettive che possono
dar luogo alla risoluzione del contratto d’appalto, l’intervento di una
condanna definitiva dell’appaltatore per frode nei riguardi di una stazione
appaltante, di subappaltatori, di fornitori, di lavoratori o di altri soggetti
comunque interessati ai lavori, nonchè per violazione
delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.
Sono ricomprese, altresì, tra le situazioni rilevanti
ai fini della risoluzione, anche i provvedimenti definitivi che dispongano
l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all’art. 3 della legge
27 dicembre 1956 n. 1423 ed agli artt. 2 e seguenti della legge 31 maggio 1956
n. 575.
E’ tuttavia opportuno rilevare che il verificarsi
delle sopraesposte condizioni, in capo all’appaltatore, non comporta
l’automatica risoluzione del contratto, bensì l’attivazione del responsabile
del procedimento che, qualora lo ritenga opportuno, propone alla stazione
appaltante di risolvere il contratto, in considerazione dello stato dei lavori
e delle eventuali conseguenze nei riguardi della finalità dell’intervento.
In aggiunta a quanto segnalato, si può osservare che
la modifica normativa descritta risulta coerente con il sistema di esclusioni in materia di requisiti
generali previsto dal Codice dei contratti.
L’articolo 38 comma 1, lett. c) del Codice, infatti,
include, tra le cause soggettive di esclusione dalle procedure di gara, la
sussistenza di condanne definitive per reati gravi in danno dello Stato e della
Comunità incidenti sulla moralità professionale, la cui valutazione e’ rimessa
alla stazione appaltante, nonchè’, senz’altro, per
reati di partecipazione ad un’organizzazione criminale, corruzione, frode e
riciclaggio.
Da tale disposizione emerge come, in fase di
affidamento, sia prevista l’esclusione dalla gara in caso di condanna
definitiva per riciclaggio; quanto all’usura, detto reato può senz’altro
ricomprendersi tra i reati gravi che incidono sulla moralità professionale.
Pertanto, a seguito della modifica normativa
segnalata, l’eventuale sopravvenienza della condanna definitiva in fase
esecutiva, potrà dare luogo alla risoluzione del contratto.
In ogni caso, la decisione di risolvere il contratto
dovrà contemperarsi con l’esigenza di garantire l’interesse pubblicistico
all’esecuzione dell’opera, essendo, infatti, rimessa al R.U.P.
l’effettuazione della valutazione del rapporto costo - benefici connesso alla
risoluzione del contratto in corso di esecuzione.