DECORSI I TERMINI PER LA FORMAZIONE DEL SILENZIO ASSENSO LA CONCESSIONE EDILIZIA NON PUO’ PIU’ ESSERE REVOCATA
(Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione
Sicilia sentenza n. 243 del 1/12/2011)
L’articolo 2 della legge regionale n. 17 del 1994
stabilisce che il silenzio assenso si forma qualora entro 120 giorni (oggi
ridotti a 75 dall’articolo 19 L.R. 5 aprile 2011 n.
5) dal ricevimento dell’istanza non venga comunicato all’interessato il
provvedimento motivato di diniego (comma 5) e consente ai concessionari di
intraprendere i lavori, previo versamento al Comune degli oneri concessori
calcolati in via provvisoria in base ad una perizia da inoltrare, prima
dell’inizio dei lavori, al Comune (commi 6 e 7).
L’articolo 2 prevede, altresì, espressamente che
l’inizio dei lavori, una volta concretatisi i cennati
presupposti (formazione del silenzio assenso, trasmissione della perizia
giurata e versamento degli oneri concessori calcolati in via provvisoria in
base a detta perizia), sia comunicato all’amministrazione comunale.
Stabilisce, poi, il comma 8 dell’articolo 2 che la
formazione del silenzio assenso e l’avvio dei lavori non esimono gli uffici e
gli organi comunali dall’obbligo di completare l’esame delle domande di
concessione edilizia entro trenta giorni dalla comunicazione dell’inizio dei
lavori. Decorsi detti termini la
concessione è tacitamente assentita. Il privato. Il quale, nella specie, avendo
osservato le regole del procedimento, inclusa la produzione di documenti
attestanti la regolarità del progetto, aveva acquisito un legittimo affidamento
alla realizzabilità dell’opera.
D I R I T T O
La controversia in argomento concerne i lavori per la
demolizione e ricostruzione di un immobile sito in Cinisi,
via Capacioto, che, a parere dell’appellante,
sarebbero stati assentiti da concessione edilizia rilasciata per silenzio
assenso, ai sensi dell’art. 2 della L.R. n. 17/1994,
mentre il Comune intimato ritiene legittimo il provvedimento n. 4556/04 con cui
ha annullato detta concessione, tacitamente assentita, ed ordinato la
sospensione dei lavori in corso.
Con il primo motivo, riproposto in appello, il signor
Palazzolo deduce la violazione dell’articolo 2 della legge regionale 31 maggio
1994, n. 17, rilevando che sulla propria istanza di concessione edilizia si era
formato il silenzio assenso e che pertanto l’Amministrazione non avrebbe potuto
emettere il contestato provvedimento n. 4556/04, di annullamento della
concessione tacitamente assentita.
L’appello è fondato.
L’articolo 2 della legge regionale n. 17 del 1994
stabilisce, infatti, che il silenzio assenso si forma qualora entro 120 giorni
(oggi ridotti a 75 dall’articolo 19 L.R. 5 aprile
2011 n. 5) dal ricevimento dell’istanza non venga comunicato all’interessato il
provvedimento motivato di diniego (comma 5) e consente ai concessionari di
intraprendere i lavori, previo versamento al Comune degli oneri concessori
calcolati in via provvisoria in base ad una perizia da inoltrare, prima
dell’inizio dei lavori, al Comune (commi 6 e 7).
L’articolo 2 prevede, altresì, espressamente che
l’inizio dei lavori, una volta concretatisi i cennati
presupposti (formazione del silenzio assenso, trasmissione della perizia
giurata e versamento degli oneri concessori calcolati in via provvisoria in
base a detta perizia), sia co¬municato
all’amministrazione comunale.
Stabilisce, poi, il comma 8 dell’articolo 2 che la
formazione del silenzio assenso e l’avvio dei lavori non esimono gli uffici e
gli organi comunali dall’obbligo di completare l’esame delle domande di
concessione edilizia entro trenta giorni dalla comunicazione dell’inizio dei
lavori. Qualora, in detta fase, venga accertata la mancanza dei requisiti per
il rilascio della concessione, il sindaco deve provvedere “all’annullamento o
alla revoca” della concessione come sopra assentita.
Orbene, per quanto consta agli atti, si ritiene che
nella specie, il sig. Palazzolo abbia posto in essere tutti gli adempimenti
utili a dare inizio ai lavori assentiti, compreso l’invio della perizia giurata
ed il versamento degli oneri concessori.
L’odierno ricorrente, infatti, ha chiesto al Comune di
Cinisi il rilascio di una concessione edilizia per la
realizzazione di un immobile da adibire a magazzino, previa demolizione
dell’esistente, conformemente al regolamento urbanistico comunale allora
vigente ed in applicazione dell’art. 10 della L. 765/1967, da realizzare su
lotto di proprietà, allegando i documenti prescritti.
La pratica è stata assunta dall’Ente comunale al
protocollo n. 17872 in data 18 ottobre 2002.
Trascorsi i prescritti 120 giorni, di cui al superiore
comma 5, senza aver ottenuto alcun riscontro, il sig. Palazzolo, ai sensi dei
successivi commi 6 e 7, con apposita nota ha comunicato al Comune che avrebbe
dato inizio ai lavori ed, all’uopo, ha allegato la quietanza di versamento
degli oneri di urbanizzazione e dei costi di costruzione. Nella circostanza, ha
prodotto altresì una perizia giurata attestante la conformità delle opere
edilizie da realizzare, come previsto dalla l.r. 47/94.
Detta nota è stata assunta al protocollo del Comune di
Cinisi al n. 8645 del 12 maggio 2003.
Trascorsi i prescritti ulteriori trenta giorni da
quest’ultima comunicazione, il sig. Palazzolo, nel perdurante silenzio del
Comune, ritenendo di avere tacitamente conseguito la concessione edilizia
richiesta, ai sensi dell’art. 2 della citata l.r. n. 17/94, ha dato inizio ai
lavori.
Senonché, con nota prot. n.
4556/2004, il Capo Settore Territorio ed Ambiente del Comune di Cinisi - considerato che la proposta progettuale non era
conforme alle norme urbanistiche vigenti, in quan¬to
“il progetto non rispetta gli elementi tipologici e formali tradizionali del
fabbricato (previsione del piano cantinato, etc.)
giusta L.R. n. 40/95 art. 12” - disponeva la sospensione
dei lavori, già in fase di realizzazione, ed annullava “la concessione
assentita per silenzio assenso ai sensi dell’art. 2 L.R.
17/94 ...”.
Tanto premesso, il Collegio ritiene di non condividere
le conclusioni cui è pervenuto il Giudice di prime cure, secondo cui, nella
fattispecie per cui è causa, non sarebbero stati soddisfatti gli specifici
requisiti indicati dal suddetto comma 2 dell’art. 2 della L.R.
n. 17/1994 (mancherebbe la certificazione di ricevimento da parte del Comune
con l’indicazione all’interessato del nome del responsabile del procedimento),
per cui, conseguentemente, non potrebbe ritenersi formato alcun
silenzio-assenso sulla richiesta di concessione edilizia.
Invero, rilevato che il Comune di Cinisi
ha ritualmente ricevuto le comunicazioni del sig. Palazzolo, come attestato
dagli estremi sopra citati, di cui al registro protocollo tenuto presso l’Ente
suddetto, si ritiene che il comportamento omissivo del Comune, insito
nell’omessa comunicazione al ricorrente del nome del responsabile del
procedimento, come prescritto dal sopra richiamato art. 2, comma 2, l.r. 17/94,
non possa legittimamente farsi ricadere sul sig. Palazzolo che, al contrario,
per gli aspetti di sua competenza, ha percorso correttamente l’iter prescritto
affinché la concessione edilizia richiesta gli venisse legittimamente concessa,
come poi è avvenuto, sia pure ai sensi del comma 5 dell’art. 2, più volte sopra
richiamato, della legge regionale n. 17/94.
D’altra parte, per quel che concerne la sussistenza o
meno della concessione tacitamente assentita, va rilevato che tale circostanza
è stata positivamente ammessa dallo stesso Comune intimato, allorché ne ha
disposto “l’annullamento” con il provvedimento n. 4556/04, ex adverso contestato.
Detto provvedimento, inoltre, risulta illegittimo per
difetto di motivazione, non potendosi ritenere tale la generica affermazione se¬condo cui “la proposta progettuale non è conforme alle
norme urbanistiche vigenti in quanto: 1) il progetto non rispetta gli elementi
tipologici e formali tradizionali del fabbricato (previsione del piano cantinato etc. ...) giusta L.r. n. 40/95 art. 12”;
motivazione priva di qualsiasi ulteriore precisazione sull’interesse pubblico a
rimuovere un titolo ormai perfezionato e consolidato; la norma (art. 2, co. 5, l.r. 17/94) consente infatti di verificare la
conformità del progetto entro il termine (allora stabilito) di 120 giorni,
trascorsi i quali residua il generale potere di autotutela, che deve però
esplicarsi secondo le regole proprie degli atti di annullamento d’ufficio, la
cui natura discrezionale impone una valutazione puntuale dell’interesse
pubblico alla rimozione, confrontato con le aspettative del privato. Il quale,
nella specie, avendo osservato le regole del procedimento, inclusa la produzione
di docu¬menti attestanti la regolarità del progetto,
aveva acquisito un legittimo affidamento alla realizzabilità dell’opera.
Parte appellata, a sostegno della legittimità
dell’atto impugnato, cita il parere contrario al rilascio della concessione
richiesta dal ricorrente, reso al riguardo dalla C.E.C.;
parere che, invero, si ritiene che non possa rilevare ai fini del presente
giudizio, in quanto, nella circostanza, il Comune ha adottato una procedura non
conforme a quella dettata dal comma 4, art. 2, della l.r. 17/94, secondo cui:
“Il sindaco adotta il provvedimento finale entro i successivi trenta giorni.
Qualora la Commissione edilizia non dovesse rendere il parere nei termini di
cui al comma 3, il sindaco provvede sulla scorta della proposta motivata del
responsabile del procedimento”.
Nel caso di specie, invece, è accaduto che il parere
della C.E.C., anziché precedere il provvedimento
conclusivo impugnato, è stato reso in data 4/3/2004 e, quindi, successivamente
alla emissione del predetto provvedimento n. 4556/04, avvenuta il 26 febbraio
2004, oggetto della presente controversia.
Dette conclusioni rendono superflua la disamina delle
eccezioni di rito solevate dal Comune appellato, in quanto esse presuppongono
che il procedimento per il rilascio di detta concessione per silenzio assenso
non si sia perfezionato, il ché, invece, è stato riconosciuto dal Collegio con
le superiori argomentazioni in fatto ed in diritto.
In conclusione, l’appello va accolto, perché fondato.
Ritiene il Collegio che ogni altro motivo od eccezione
di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante
ai fini della presente decisione.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate
come da dispositivo.
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la
Regione siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando,
accoglie l’appello in epigrafe, e per l’effetto annulla il provvedimento
impugnato in primo grado.
Condanna il Comune
appellato al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, determinate in
complessivi € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre agli accessori di legge, in
favore dell’odierno ricorrente.