LL.PP. - PER L’AMMISSIONE ALLA GARA NON E’ NECESSARIO MENZIONARE CONDANNE OVE E’ RAGIONEVOLMENTE GIUSTIFICABILE UN GIUDIZIO SULLA LORO IRRILEVANZA
(Consiglio di Stato sez. VI
27/3/2012 n. 1799)
Nel caso in cui il bando non ponga un obbligo
incondizionato di dichiarare qualsiasi condanna riportata, si potrebbe non
ritenere “falsa” la dichiarazione di un concorrente che ometta di menzionare la
condanna penale di un amministratore, qualora fosse ragionevolmente
giustificabile – in riferimento agli interessi perseguiti dalla normativa sui
contratti pubblici - il suo giudizio di irrilevanza di condanne per fatti da
lui stesso ritenuti scarsamente offensivi, ovvero non attinenti agli interessi
che presiedono ai requisiti richiesti per la partecipazione.
Una tale evenienza non ricorre però nel caso in cui la
questione si pone con riferimento ad un reato che è da considerare
oggettivamente “grave” e perciò direttamente incidente sull’affidabilità
dell’impresa in relazione al rispetto delle norme di sicurezza dettate a tutela
dei lavoratori.
FATTO e DIRITTO
Con atto di appello n. 7422/08, notificato il 15
settembre 2008, il Consorzio Stabile Costruttori, in persona del legale
rappresentante ing. Angelo Luperto, contesta la
sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia-Romagna, Bologna,
I, 3 aprile 2008, n. 1253, con la quale è stato respinto il ricorso dal
medesimo proposto avverso l’aggiudicazione all’ATI Procest
s.r.l. e FI-MA Elettro-Meccanica s.r.l. dell’appalto per lavori di restauro e
adeguamento normativo e funzionale di una porzione del fabbricato sito in
Modena,, denominato Palazzo Solmi, già Bellentani-Rangoni.
Le questioni qui sottoposte all’esame del Collegio
riguardano le seguenti censure, respinte in primo grado e riproposte nella
presente sede dal citato Consorzio, risultato secondo in graduatoria:
1) omessa dichiarazione di condanne penali, riportate
da due amministratori, il primo dei quali, tuttavia, cessato dalla carica da
più di tre anni (con preclusa rilevanza di tale condanna per la società, come
in precedenza riconosciuto dalla stessa ricorrente), mentre per il secondo
amministratore sarebbe stata (secondo l’appellante) illegittimamente esclusa la
rilevanza di una condanna, benché patteggiata dieci anni prima della gara, non
essendo automatica l’estinzione del reato e non risultando congrua la decisione
della stazione appaltante di escludere l’incidenza della stessa sulla moralità
professionale del concorrente, anche per l’autonoma rilevanza dell’omessa
dichiarazione (pur richiedendo il bando di effettuare la dichiarazione di cui
trattasi nei termini di cui all’art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163);
2) . . . omissis . . .
Per quanto riguarda infatti, in primo luogo, l’omessa dichiarazione
di condanne penali, richiesta ai sensi dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, il
Collegio ricorda che occorre distinguere – nell’ambito della disposizione – fra
i requisiti il cui accertamento è oggettivo e non richiede alcuna valutazione
(come il fallimento, o la pendenza di procedura di prevenzione) e i requisiti
rimessi all’apprezzamento discrezionale della stazione appaltante, come appunto
l’intervenuta condanna per reati “gravi” ed “incidenti sulla “moralità
professionale”.
Per questi ultimi, la mera ripetizione, da parte del
bando, della disposizione di legge, così come il rinvio alla stessa, appaiono
di fatto costitutivi di una causa di legittimazione anche per il concorrente,
che potrebbe ritenersi esonerato dal dichiarare infrazioni penalmente
rilevanti, ma di lieve entità. L’omessa dichiarazione sarebbe senz’altro
sanzionabile in sede di gara, pertanto, solo in presenza di un più stringente
obbligo, imposto dal bando, di dichiarare qualsiasi condanna penale, spettando
in via esclusiva all’amministrazione la predetta valutazione di gravità (Cons.
Stato, VI, 4 agosto 2009, nn.
4905, 4906 e 4907).
Nella situazione in esame, il bando di gara prevedeva
(punto 5, lettera h)) la dichiarazione di cui trattasi per reati che
incidessero “sull’affidabilità morale e professionale” dei rappresentanti delle
imprese, indicati al precedente punto e), “anche se cessati dalle cariche nel
triennio antecedente alla data di pubblicazione del bando, fatta salva la
dimostrazione da parte dell’impresa di avere adottato atti o misure di completa
dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata”.
Non rilevava quindi, in primo luogo (e la stessa
attuale appellante aveva rinunciato a tale censura, con memoria prodotta in
primo grado di giudizio), la condanna riportata dall’amministratore delegato di
. . . . . s.r.l. (sig. . . . . . . ),
cessato dalla carica in data 11 febbraio 2002 (ovvero oltre tre anni prima
della dichiarazione di cui trattasi): l’irrilevanza di tale condanna ai fini
della partecipazione alla gara era infatti prevista dalla disposizione del
bando sopra riportata, peraltro in conformità all’art. 75, comma 1, lettera c) d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, come successivamente
integrato e assorbito dal d.lgs. n. 163 del 2006.
Per quanto riguarda, invece, la posizione del legale
rappresentante della ditta . . . . .
(sig. . .. . . . . . ), il Collegio non ritiene ragionevole – in
applicazione dell’indirizzo giurisprudenziale ricordato – un apprezzamento
discrezionale di “non gravità”, compiuto dall’impresa partecipante alla gara in
rapporto ad una condanna patteggiata per omicidio colposo commesso per
“imprudenza, imperizia, negligenza e colpa specifica, consistente nella
violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro”, punito ai
sensi dell’art. 589, commi 1 e 2, Cod. pen. dalla
Pretura circondariale di Terni con sentenza in data 13 ottobre 1995. Tale
condanna riguardava infatti un delitto per detta qualificazione incidente su
beni e interessi comunque rilevanti per quanto concerne l’affidabilità
dell’impresa partecipante ad appalti pubblici, chiamata al sistematico rispetto
delle condizioni di sicurezza dei lavoratori (cfr. Cons. Stato, sez. I, 23
gennaio 2008, n. 4436/07): il precedente in questione non poteva pertanto
scendere al di sotto della soglia della “gravità”, ai fini della dichiarazione
di cui trattasi.
Il fatto che la condanna fosse risalente nel tempo e
la prospettata maturazione dei presupposti di estinzione del reato potevano
essere (come sono stati) oggetto di specifica valutazione da parte della
stazione appaltante: ma resta comunque fermo che quest’ultima doveva farsi
carico della questione – comunque rilevante, – dell’omissione della
dichiarazione, prescritta dal bando, circa l’esistenza di una tale condanna
(cfr. sul punto artt. 75 e 76 d.P.R. 28 dicembre
2000, n. 445).
L’apprezzamento di “non gravità”, che può ritenersi
rimesso alla valutazione del concorrente, non è in effetti speculare a quello
esercitabile dalla stazione appaltante: al primo (in presenza di un rinvio
generico, o di una testuale reiterazione della disposizione di legge nel bando
di gara) compete solo un apprezzamento limitato al possibile superamento della
soglia di interesse della valutazione; ma la valutazione concreta spetta poi
alla stazione appaltante, in ragione degli interessi tutelati dalla legge.
In altre parole, nel caso in cui il bando non ponga un
obbligo incondizionato di dichiarare qualsiasi condanna riportata, si potrebbe
non ritenere “falsa” la dichiarazione di un concorrente che ometta di
menzionare la condanna penale di un amministratore, qualora fosse
ragionevolmente giustificabile – in riferimento agli interessi perseguiti dalla
normativa sui contratti pubblici - il suo giudizio di irrilevanza di condanne
per fatti da lui stesso ritenuti scarsamente offensivi, ovvero non attinenti
agli interessi che presiedono ai requisiti richiesti per la partecipazione.
Una tale evenienza non ricorre però nel caso di
specie, in cui la questione si pone con riferimento ad un reato che, per le
dette ragioni, è da considerare oggettivamente “grave” e perciò direttamente
incidente sull’affidabilità dell’impresa in relazione al rispetto delle norme
di sicurezza dettate a tutela dei lavoratori.
In tale contesto – essendo incontestabile la gravità”
(indifferente – per quanto concerne il dovere di presentare le dichiarazioni di
cui si verte - rispetto all’ulteriore questione dell’avvenuta successiva
estinzione, o meno, del reato) spettava alla sola Amministrazione la
responsabile scelta, in ordine all’eventuale superamento della presunzione
relativa di inaffidabilità, conseguente alla condanna stessa. Risultava
inammissibile, invece, che il concorrente potesse ritenersi non tenuto
all’obbligo di dichiarazione imposto dall’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 e dal bando
di gara, in quanto tale obbligo, legato esclusivamente alla natura della
condotta penalmente sanzionata, prescindeva dalle ulteriori – non pacifiche –
valutazioni in ordine all’eventuale riabilitazione del condannato o
all’estinzione del reato, Il bando richiedeva, d’altra parte, un’attestazione
circa l’oggettiva insussistenza di condanne, che potessero in astratto essere
incidenti sull’affidabilità morale e professionale dei rappresentanti delle
imprese concorrenti, e non rimetteva loro una valutazione di attenuazione per
fatti estrinseci e successivi come quelli addotti.
. . . . omissis . . . .