VOLUMI E SUPERFICI COPERTE RESIDUI VANNO CALCOLATI PREVIO DECURTAMENTO DI QUELLI IN PRECEDENZA REALIZZATI
(CdS, Sezione IV, sentenza n. 2941 del 22 maggio 2012)
Il Consiglio di Stato richiama il
concetto, più volte affermato, secondo il quale, qualora un lotto urbanisticamente unitario sia stato già oggetto di uno o
più interventi edilizi, la volumetria residua o la superficie coperta residua,
vanno calcolate previo decurtamento di quella in precedenza realizzata, con
irrilevanza di eventuali successivi frazionamenti catastali o alienazioni
parziali, onde evitare che il computo dell’indice venga alterato con
l’ipersaturazione di alcune superfici al fine di creare artificiosamente
disponibilità nel residuo.
Ne consegue che, ai fini della
costruzione di nuovi volumi, è irrilevante che un lotto unitario sia
catastalmente suddiviso in più particelle, essendo necessario considerare tutti
i volumi già esistenti sull’intera area di proprietà.
Contemporaneamente si esprime in
merito alla mancata indicazione del nominativo del responsabile del
procedimento, che, in linea di principio, esclusi concreti atti pregiudiziali,
costituisce semplice irregolarità che non refluisce in illegittimità del
provvedimento finale.
In difetto di tale designazione, è infatti
considerato responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto
all’unità organizzativa competente.
SENTENZA
FATTO
Con sentenza 15 luglio 2004, n.
10239, il Tribunale amministrativo regionale per la Campania – Napoli, Sezione
II, respingeva il ricorso proposto dal signor ... ..... contro il diniego
opposto dal Comune di . . . . . . . . . . . alla richiesta di concessione
edilizia per la realizzazione di un fabbricato da destinare a civile
abitazione. L’Amministrazione comunale aveva preso in considerazione la
circostanza che nel lotto di circa 1000 mq. (dal quale, per frazionamenti
successivi, è derivata la particella per cui è stata richiesta la concessione
edilizia) con successive licenze edilizie, a partire dal 1968, era stata
autorizzata l’edificazione di un albergo - ristorante e, all’esito di una
articolata istruttoria, aveva rigettato la richiesta sul presupposto che, per
accertare la volumetria edificabile sulla particella in questione, fosse
necessario scorporare la volumetria già edificata sul lotto unico originario.
Contro la sentenza interponeva
appello . . . .
In primo luogo, la sentenza
impugnata avrebbe trascurato che l’albergo-ristorante costruito sul lotto
originario non sarebbe stato oggetto di alcun asservimento, mancando qualunque
atto formale in tal senso, quale un impegno preso in sede di rilascio della
licenza o una clausola apposita.
Il giudice di primo grado avrebbe
errato nell’aver sottovalutato sia il carattere necessariamente formale
dell’asservimento, sia il fatto che, rientrando l’albergo-ristorante in una
tipologia di costruzioni all’epoca ricondotte all’edilizia di tipo produttivo
assoggettata - ai sensi dell’art. 17 della legge n. 765 del 1967 -
esclusivamente al limite della superficie coperta (nella misura di un terzo),
non potrebbe comunque essere considerato quale volumetria preesistente all’atto
di richiesta della concessione edilizia.
Erroneamente, inoltre, la
sentenza appellata avrebbe affermato l’irrilevanza, rispetto alla lamentata
illegittimità del diniego, della mancata comunicazione del nominativo del
responsabile del procedimento e della omessa acquisizione della proposta di
provvedimento da parte di quest’ultimo.
Il . . . . . . . . . . si
costituiva in giudizio per resistere all’appello e, in vista della pubblica
udienza, depositava memoria.
Alla udienza pubblica del 24
aprile 2012, l’appello veniva chiamato e trattenuto in decisione.
DIRITTO
Come ricordato in narrativa,
l’area alla quale si riferisce la concessione edilizia, richiesta dalla parte
privata e negata dall’Amministrazione, deriva per successivi frazionamenti da
un lotto originario, su cui è stato costruito un albergo-ristorante.
Si controverte sul rilievo che,
ai fini del rilascio del titolo edilizio, debba riconoscersi il volume relativo
all’opera già edificata.
Al riguardo il Giudice
amministrativo ha più volte avuto modo di affermare che, qualora un lotto urbanisticamente unitario sia stato già oggetto di uno o
più interventi edilizi, la volumetria residua (o la superficie coperta residua)
va calcolata previo decurtamento di quella in
precedenza realizzata, con irrilevanza di eventuali successivi frazionamenti
catastali o alienazioni parziali, onde evitare che il computo dell’indice venga
alterato con l’ipersaturazione di alcune superfici al fine di creare
artificiosamente disponibilità nel residuo (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12 luglio
2004, n. 5039; Id., Sez. III, 28 aprile 2009, n. 965).
Ne consegue che, ai fini della
costruzione di nuovi volumi, è irrilevante che un lotto unitario sia
catastalmente suddiviso in più particelle, essendo necessario considerare tutti
i volumi già esistenti sull’intera area di proprietà (cfr. Cons. Stato, Sez.
IV, 21/09/2009, n. 5637).
Tanto è consolidato questo orientamento
che l’Adunanza plenaria ha rilevato che, in sede di determinazione della
volumetria assentibile su una determinata area secondo l’indice di densità
fondiaria in vigore, è computabile anche la costruzione realizzata prima della
legge 17 agosto 1942, n. 1150, quando cioè lo “ius aedificandi” era considerato pura estrinsecazione del
diritto di proprietà, trattandosi di circostanza ininfluente in sede di
commisurazione della volumetria assentibile in base alla densità fondiaria,
cioè a quella riferita alla singola area e che individua il volume massimo
consentito su di essa.
Ciò comporta la necessità di
tener conto del dato reale costituito dagli immobili che su detta area si
trovano e delle relazioni che intrattengono con l’ambiente circostante (Cons. Stato,
Ad. plen., 23 aprile 2009, n. 3).
Rileva, in definitiva, la
situazione di fatto, apprezzata con riguardo al lotto originario.
Il che nella fattispecie il .....
non contesta, concentrando piuttosto il primo motivo dell’appello sul profilo –
del tutto giuridico e non fattuale – della mancanza di un formale atto di
asservimento del precedente fabbricato e di un diverso rilievo di quest’ultimo
secondo la normativa urbanistica dell’epoca.
Circostanze queste che, per le
ragioni sopra dette, devono considerarsi ininfluenti, non ritenendo il Collegio
di doversi discostare da una giurisprudenza cospicua e consolidata.
Neppure sono fondati i due
profili dell’ulteriore motivo dell’appello.
Non ha pregio il rilievo relativo
alla mancata indicazione del nominativo del responsabile del procedimento ex
art. 4, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241.
A questo proposito, la
giurisprudenza ha ripetutamente chiarito che tale omissione costituisce in
linea di principio (e cioè salve le ipotesi in cui sia dimostrato un concreto
pregiudizio, il che nella specie non è avvenuto) semplice irregolarità, che non
refluisce in illegittimità del provvedimento finale.
Trova infatti applicazione la
norma suppletiva recata dal successivo art. 5, comma 2, della stessa legge n.
241 del 1990, secondo il quale, in difetto di tale designazione, è considerato
responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto all’unità
organizzativa competente (cfr. ex plurimis C.d.S.,
Sez. II, 16/05/2007, n. 866; Id., Sez.
IV, 17/12/2008, n. 6242; Id., Sez. IV, 12 /05/2009,
n. 2910; Id., Sez.V, 20/06/2011, n. 3681).
Neppure è fondato l’altro
rilievo, concernente la mancanza di una proposta del responsabile del
procedimento.
Dal combinato disposto degli
artt. 4 e 6 della citata legge n. 241 del 1990 risulta che il compito
essenziale di quest’ultimo è quello di accertare i fatti “disponendo il
compimento degli atti all’uopo necessari”; pertanto la legge affida
all’apprezzamento del responsabile del procedimento il compito di individuare i
mezzi istruttori più idonei per l’accertamento dei fatti da porre a fondamento
del provvedimento conclusivo.
La scelta dei mezzi può ritenersi viziata sotto il
profilo della legittimità solo allorché appaia incongrua rispetto al fine
voluto dal legislatore ovvero porti a risultati aberranti o a travisamento dei
fatti (cfr. Cds, Sez. VI,
20/05/2009, n. 3097).
Il Giudice di primo grado ha
correttamente osservato che, nel caso in questione, l’Amministrazione ha posto
in essere un’ampia e approfondita istruttoria (del che peraltro il .....,
almeno nel ricorso di primo grado, sembra con qualche contraddizione dolersi).
Il vizio denunciato perciò non sussiste.
Dalle considerazioni che
precedono discende che l’appello è infondato e va perciò respinto.
Conformemente alla legge le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come
da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello,
come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza
impugnata. Condanna l’appellante alle spese, che liquida nell’importo di euro .
. . . . ( . . . . . ) oltre agli accessori di legge. Ordina che la presente
sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.