LE SANZIONI PENALi IN MATERIA EDILIZIA SONO CORRELATE ALLA CONSISTENZA DELL’INTERVENTO
(Cds, III Sezione penale,
sentenza n. 19440 del 23 maggio 2012)
La Corte di Cassazione, con la sentenza in oggetto,
ricordando la differenza fra interventi di ristrutturazione edilizia e di nuova
costruzione (la ristrutturazione edilizia ricomprende gli interventi di
demolizione e ricostruzione nei quali la volumetria e sagoma debbono rimanere
identiche), sottolinea che la disciplina sanzionatoria in materia edilizia
penale non è correlata alla tipologia del titolo abilitativo, bensì alla
consistenza concreta dell’intervento.
A tal proposito si riporta di seguito un estratto
della sentenza in parola.
SENTENZA
CONSIDERATO IN DIRITTO
“[…] 2.2 L’art. 10, 1° comma -
lett. C), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal D.Lgs.
n. 301/2002, assoggetta a permesso di costruire quegli interventi di
ristrutturazione edilizia “che portino ad un organismo edilizio in tutto o in
parte diverso dal precedente, che comportino aumento di unità immobiliari,
modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici”.
L’art. 22, 3° comma - lett. a),
dello stesso T.U., come modificato dal D.Lgs. n.
301/2002, prevede, comunque, che - a scelta dell’interessato - possono essere
realizzati anche in base a semplice denunzia di inizio attività interventi di
ristrutturazione edilizia che comportino integrazioni funzionali e strutturali
dell’edificio esistente, pure con incrementi limitati di superficie e di
volume.
Le “modifiche del volume” previste dall’art. 10 possono consistere, però, in
diminuzioni o trasformazioni dei volumi preesistenti ed in incrementi
volumetrici modesti (tali da non configurare apprezzabili aumenti di
volumetria) poiché, qualora si ammettesse la possibilità di un sostanziale
ampliamento dell’edificio, verrebbe meno la linea di distinzione tra
“ristrutturazione edilizia” e “nuova costruzione”.
L’art. 3, 1° comma - lett. d), del T.U. n. 380/2001,
come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002, ha esteso,
inoltre, la nozione di “ristrutturazione edilizia” ricomprendendovi pure gli
interventi ricostruttivi “consistenti nella demolizione e ricostruzione con la
stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole
innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica”.
Volumetria e sagoma, dunque, debbono rimanere
identiche nei casi di ristrutturazione attuata attraverso demolizione e
ricostruzione, mentre non si pongono come limiti per gli interventi di
ristrutturazione che non comportino la previa demolizione.
Nella vicenda in esame, al contrario, il risultato
finale dell’attività demolitorio-ricostruttiva non si
prospetta coincidente, nella volumetria e nella sagoma, con il manufatto
precedente, sicché l’intervento eseguito è stato esattamente qualificato come
“nuova costruzione”, assoggettata esclusivamente al permesso di costruire (vedi
Cass., Sez. III, 18 marzo, 2004, Calzoni. Vedi pure, in tal senso, C. Stato:
Sez. V, 29 maggio 2006, n. 3229; Sez. IV, 22 maggio 2006, n. 3006; Sez. II, 1
marzo 2006, n. 2687/04). 2.3 Non risulta esperito, inoltre, un procedimento di
DIA puntualmente correlato, prima del loro inizio, all’esecuzione dei lavori in
oggetto e, nei casi previsti dal 3° comma dell’art. 22 del T.U. n. 380/2001 -
in cui la DIA si pone come alternativa al permesso di costruire - la totale
difformità delle opere eseguite rispetto alla DIA effettivamente presentata
integra il reato di cui al successivo art. 44 (vedi Cass.: Sez. III, 9 marzo
2006, n. 8303; Sez. III, 26 gennaio 2004, n. 2579, Tollon;
Sez. V, 26 aprile 2005, Giordano).
Tale principio é stato
espressamente dichiarato dal D.Lgs. 27-12-2002, n.
301, attraverso l’introduzione del comma 2-bis all’art. 44 del T.U. n.
380/2001, secondo il quale “Le disposizioni del presente articolo si applicano
anche agli interventi edilizi suscettibili di realizzazione mediante denuncia
di inizio attività ai sensi dell’art. 22, comma 3, eseguiti in assenza o in
totale difformità dalla stessa”.
Va affermato,
conseguentemente, che - in materia edilizia - la disciplina sanzionatoria
penale non è correlata alla tipologia del titolo abilitativo, bensì alla
consistenza concreta dell’intervento. [...]”