MINISTERO DEL LAVORO - VERSAMENTO DEI CONTRIBUTI PREVIDENZIALI A SEGUITO DI LICENZIAMENTO DICHIARATO ILLEGITTIMO - INTERPELLO
N. 12/2012

 

Con interpello n. 12/2012 del 30 maggio 2012, il Ministero del Lavoro ha espresso il proprio parere circa la sussistenza, in capo al datore di lavoro, dell’obbligo di versamento dei contributi previdenziali in favore di un proprio dipendente, per il periodo che intercorre tra il giorno del licenziamento e quello della reintegrazione nel posto di lavoro, disposta con ordinanza cautelare ai sensi dell’art. 700 del Codice di procedura civile.

In via preliminare, il menzionato Dicastero ricorda che la Legge 11 maggio 1990, n. 108, ha innovato la disciplina dei licenziamenti individuali, di cui alle Leggi 15 luglio 1966, n. 604 e 20 maggio 1970, n. 300, collegando gli effetti della declaratoria di illegittimità del licenziamento al numero dei dipendenti occupati presso l’azienda.

Nello specifico, l’art. 8 della Legge n. 604/1966, prevede, per i datori di lavoro con organico aziendale fino a quindici dipendenti, la riassunzione del lavoratore, licenziato senza giusta causa o giustificato motivo, ovvero la corresponsione di un’indennità parametrata all’ultima retribuzione di fatto (fra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità), tenendo conto delle dimensioni dell’impresa, dell’anzianità di servizio del prestatore di lavoro, del comportamento e delle condizioni delle parti.

Al riguardo, il Ministero sottolinea che la cosiddetta “tutela obbligatoria”, di cui alla citata norma, implica l’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro, a far data dal giorno della riassunzione, e, pertanto, il datore di lavoro non è tenuto all’assolvimento degli obblighi contributivi per il periodo intercorrente tra il licenziamento e la riassunzione stessa.

L’art. 18 della Legge n. 300/1970, contempla, invece, la cosiddetta “tutela reale”, per le aziende che occupano alle loro dipendenze più di quindici prestatori di lavoro. Tale disposizione comporta che il giudice, nel sancire l’illegittimità del licenziamento, ordini il reintegro del lavoratore nel posto di lavoro e contestualmente condanni il datore di lavoro al pagamento di una indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto (comunque non inferiore a cinque mensilità di retribuzione) dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegra ed al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per lo stesso periodo.

Ciò premesso, il Ministero del Lavoro richiama l’orientamento avallato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 15143 del 5 luglio 2007, in ordine al principio della necessaria autonomia tra retribuzione ed obbligo contributivo, obbligo quest’ultimo considerato indifferente alle vicende conseguenti al licenziamento e alla successiva reintegrazione.

La Suprema Corte, pur affermando che la prestazione lavorativa costituisce il presupposto dell’obbligazione contributiva, ritiene tuttavia che il rapporto previdenziale assicurativo non integri semplicemente il corrispettivo della prestazione lavorativa.

Questa considerazione trae le mosse dal principio della sussistenza del rapporto di lavoro nell’arco temporale che va dal giorno del licenziamento illegittimo e quello dell’ordine di reintegrazione e della conseguente continuità del rapporto previdenziale per il medesimo periodo.

Nei confronti del datore di lavoro continua, quindi, a gravare l’adempimento dell’obbligo contributivo, proprio in virtù del fatto che il rapporto di lavoro non si è mai estinto.

In proposito, il Ministero sottolinea che l’obbligazione contributiva deve essere commisurata all’effettivo importo delle retribuzioni maturate e dovute per il periodo dal licenziamento alla data della reintegrazione, sebbene tale misura non coincida con l’ammontare del danno liquidato in applicazione degli ordinari criteri risarcitori.

Ad analoghe conclusioni - aggiunge il Ministero - è pervenuta anche la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, n. 402 del 13 gennaio 2012, laddove viene evidenziato che, nell’ipotesi di licenziamento dichiarato illegittimo con conseguente ordine di reintegrazione, il rapporto assicurativo risulta assistito dalla medesima “fictio iuris” che caratterizza il rapporto di lavoro, poiché proprio la previsione legislativa, secondo cui la parte datoriale deve essere condannata “al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione”, determina la non interruzione “de iure” anche del rapporto assicurativo previdenziale collegato a quello lavorativo.

Da ultimo, il Ministero rammenta che la dichiarazione di illegittimità del licenziamento disposta con ordinanza cautelare ai sensi dell’art. 700 del Codice di procedura civile assicura al lavoratore le medesime tutele conseguenti ad eventuale sentenza con analogo contenuto, emessa in sede di giudizio di merito, sostanziandosi, pertanto, in un’anticipazione dei relativi effetti. In definitiva, il Ministero del Lavoro esprime l’avviso che, a seguito dell’adozione del suddetto provvedimento cautelare di reintegrazione del prestatore nel posto di lavoro, il datore di lavoro risulta tenuto all’adempimento di tutti gli obblighi connessi al rapporto di lavoro, tra i quali, l’obbligazione del versamento delle somme dovute a titolo di contribuzione.