IL MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE CHIARISCE ALCUNE NORME DEL
REGOLAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI
Sulla
Gazzetta Ufficiale n. 265 del 13.11.2012 è stata pubblicata la circolare del
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 30 ottobre 2012, n. 4536 (in
allegato), contenente “Primi chiarimenti in ordine all’applicazione delle
disposizioni di cui al D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 in particolare alla luce
delle recenti modifiche e integrazioni intervenute in materia di contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture”.
La
circolare fornisce l’interpretazione del Ministero in ordine ad alcuni profili
dubbi della normativa in tema sia di affidamento di servizi e forniture, ed in
particolare di servizi di progettazione, sia di affidamento di lavori, dubbi
nascenti prevalentemente dal difettoso coordinamento tra la disciplina del
codice dei contratti pubblici, oggetto di recenti interventi normativi, e la
disciplina regolamentare.
La
circolare chiarisce i seguenti punti:
1.
Per l’affidamento in economia dei servizi di architettura ed ingegneria, la soglia per la modalità di affidamento
c.d. “diretto”, ossia senza consultare una pluralità di operatori, è pari a
40.000 euro e non più a 20.000 euro.
2.
Con riferimento ai criteri di selezione dell’offerta negli affidamenti dei
servizi di architettura ed ingegneria, la
circolare chiarisce che l’obbligo di utilizzo del criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa sussiste soltanto per gli affidamenti di importo
pari o superiore a 100.000 euro, mentre al di sotto di tale soglia
l’amministrazione può utilizzare anche il criterio del prezzo più basso.
3.
Sempre con riferimento ai servizi attinenti all’architettura ed
all’ingegneria, si chiarisce che le stazioni appaltanti che intendano
introdurre nelle procedure ristrette la c.d. “forcella” per individuare
i soggetti da invitare a presentare offerta, oltre a poter utilizzare i criteri
indicati dall’art. 265 del regolamento (per il 50% dei soggetti, i criteri di
cui all’allegato L - fatturato, servizi svolti, organico medio annuo - e per il
restante 50%, il sorteggio pubblico), possono utilizzare anche i criteri
definiti dall’amministrazione stessa, in base a quanto previsto dall’art. 62
del codice dei contratti. Quest’ultima disposizione, infatti, prevede che la
forcella possa essere delineata attraverso il ricorso a criteri oggettivi, non
discriminatori e rispettosi del principio di proporzionalità.
4.
In tema di avvalimento per i servizi e le forniture, si pone invece il
problema relativo all’applicabilità dell’art. 88 del regolamento, che
disciplina il contratto di avvalimento ma per i soli lavori, essendo inserito
nel capo III, titolo III della parte II, relativa appunto ai “contratti
pubblici relativi ai lavori nei settori ordinari”.
La
circolare chiarisce che la norma non è applicabile ai servizi e alle forniture,
nel senso dunque che soltanto per i lavori il contratto di avvalimento deve
determinare in modo specifico le risorse e i mezzi prestati, secondo il
disposto dell’art. 88. Ciò, tuttavia, non toglie che anche per i servizi e le
forniture il contratto di avvalimento debba sussistere al momento della gara,
secondo quanto prevede in linea generale l’art. 49, comma 2, lettera f). La
mancanza del contratto di avvalimento determinerebbe, infatti, l’esclusione del
soggetto concorrente. Alla mancanza materiale del contratto va poi equiparata
la presentazione di un contratto nullo. Tuttavia, mentre nel caso dei lavori il
contratto di avvalimento deve avere un oggetto determinato, e ciò in base alla
citata disposizione regolamentare, nel caso dei servizi e delle forniture il
contratto potrebbe avere anche un oggetto determinabile.
5. La circolare analizza anche il rapporto
tra l’istituto dell’avvalimento e quello del subappalto, fornendo
importanti indicazioni in merito.
Si
ricorda, infatti, che l’art. 49, comma 10 del codice prevede che il contratto
sia in ogni caso eseguito dall’impresa che partecipa alla gara, alla quale è
rilasciato il certificato di esecuzione, e che l’impresa ausiliaria può
assumere il ruolo di subappaltatore nei limiti dei requisiti prestati.
La
disposizione ha sempre posto il problema di chiarire se il richiamo ivi
contenuto al subappalto implichi anche l’applicazione di tutta la disciplina
vincolistica prevista per tale istituto, ovvero se si tratti di una ipotesi
particolare di subappalto, non assoggettabile ai limiti previsti dall’art. 118.
Il
Ministero opta chiaramente per la prima soluzione, partendo dal principio che
l’art. 118 è norma di ordine pubblico e che pertanto non può intendersi
implicitamente derogata dall’art. 49, comma 10. Quest’ultima disposizione deve
dunque essere coordinata con la disciplina generale del subappalto, di cui
all’art. 118 del codice. Ciò, pertanto, per il settore dei lavori comporta che:
1) l’esecuzione in subappalto da parte dell’ausiliaria dei lavori relativi alla
categoria prevalente può avvenire solo nel limite del 30% della stessa; 2) deve
trovare applicazione la disciplina prevista per le c.d. categorie
superspecializzate, di cui all’art. 37, comma 11; 3) il subappalto deve
comunque essere assoggettato ad autorizzazione della stazione appaltante; 4) il
prezzo praticato all’ausiliaria subappaltatrice non può avere un ribasso
superiore al 20% del prezzo di appalto.
Naturalmente,
a questi limiti desumibili dalla disposizione generale che regola il
subappalto, si aggiunge il limite desumibile dallo stesso art. 49, comma 10,
secondo il quale l’impresa ausiliaria può assumere la veste di subappaltatrice
nei limiti dei requisiti prestati.
La posizione assunta dal Ministero circa il limite di subappaltabilità nei confronti dell’avvalente, pur ben
fondata, potrebbe anche portare a conclusioni diverse.
Posto
che l’istituto dell’avvalimento poggia sul presupposto che l’ausiliaria mette a
disposizione dell’impresa partecipante “le risorse necessarie di cui è
carente”, come peraltro rimarcato da tutta la recente giurisprudenza, rimane il problema di quale strumento giuridico
utilizzare per consentire nella concreta esecuzione dei lavori l’utilizzo delle
competenze possedute dall’avvalsa, il ricorso alle quali ha reso necessario
l’avvalimento.
Così,
a titolo di esempio, si ipotizzi il caso di un operatore che, nel giustificare
il ricorso all’avvalimento, abbia dichiarato in sede di gara, come richiesto
dalla norma e dalla giurisprudenza recente, che l’apporto esterno le era
necessario ai fini del raggiungimento del requisito della manodopera da
impiegare per l’esecuzione dei lavori. In tal caso, quale strumento giuridico
utilizzare per poter rendere possibile tale ricorso alla manodopera
dell’impresa avvalsa?
Alla
luce del quadro normativo vigente, pare di poter sostenere che l’unico –
legittimo – strumento utilizzabile sia quello dell’appalto /subappalto.
L’alternativa teoricamente percorribile porterebbe ad un facile sconfinamento o
nella somministrazione illecita di manodopera o a ridurre l’avvalimento a mero
strumento formale e non sostanziale.
Si
ritiene pertanto che l’assunto del comma 10 dell’art. 49 del Codice degli
appalti (“l’impresa ausiliaria può assumere il ruolo di subappaltatore nei
limiti dei requisiti prestati”) sia stato formulato proprio per concedere una
forma lecita di attuazione del prestito dei requisiti. Ora, tornando
all’esempio precedente non si vede come possa l’avvalente eseguire lavorazioni
per le quali non possiede manodopera adeguata (cioè professionalmente formata),
motivo per il quale ha dovuto ricorrere all’avvalimento, se l’apporto
dell’avvalso viene limitato al 20 o 30%, specie laddove la categoria prevalente
copra il 100% dei lavori assunti e abbia dichiarato di avvalersi di tale
requisito nella misura del 100%.
In
conclusione si ritiene sostenibile la tesi, di segno contrario rispetto a
quella del ministero, che individua nel citato comma 10 dell’art. 49 una deroga
agli usuali limiti al subappalto, per fissarli in quelli dei “requisiti
prestati”, per i quali, in questo contesto, non permangono i motivi “antimafia”
che hanno dato luogo ad una limitazione al subappalto.
6.
In materia di affidamenti di servizi e forniture, la circolare chiarisce
che la norma prevista per il settore dei lavori (art. 137 del regolamento),
secondo cui tra la documentazione contrattuale devono essere
materialmente allegati al contratto soltanto il capitolato speciale e l’elenco
dei prezzi, trova applicazione analogica anche per gli altri settori dei
contratti pubblici.
7. In materia di documento unico di
regolarità contributiva per gli affidamenti di servizi e forniture, il
Ministero chiarisce la portata della norma prevista dal D.L. n. 70/2011
convertito con legge n. 106/2011 (art. 4, comma 14 bis), secondo la quale per i
contratti di servizi e forniture fino a 20.000 euro i soggetti contraenti possono
produrre una dichiarazione sostitutiva in luogo del DURC e l’amministrazione è
tenuta ad effettuare la verifica d’ufficio della veridicità di tale
dichiarazione.
La
problematica sollevata da tale norma attiene alla determinazione della fase in
cui può farsi ricorso alla dichiarazione sostitutiva al posto del documento
unico, tra le diverse fasi individuate dall’art. 6, comma 3 del regolamento,
che prevede l’acquisizione d’ufficio del DURC sia in sede di verifica della
dichiarazione sostitutiva resa in gara, che di aggiudicazione del contratto, di
stipula dello stesso, di pagamento degli stati di avanzamento, del certificato
di collaudo e di pagamento dello stato finale. A parere del Ministero, stante
la ratio della disposizione introdotta dal decreto legge n. 70/2011 di
semplificare e ridurre gli oneri amministrativi per gli affidamenti di importo
limitato, la dichiarazione sostitutiva della regolarità contributiva, al posto
dell’acquisizione d’ufficio del DURC, può essere ammessa per tutte le fasi previste
dall’art. 6, comma 3 del regolamento, fermo restando l’obbligo di verifica a
campione da parte della stazione appaltante circa la veridicità delle
dichiarazioni rilasciate.
8.La
circolare esamina, inoltre, le condizioni alle quali per le imprese è possibile
la partecipazione alle procedure di gara in pendenza della verifica
triennale dell’attestazione SOA.
Si
ricorda che in base all’art. 77, comma 1 del D.P.R. n. 207/2010, l’impresa è
tenuta a sottoporsi alla verifica triennale “in data non antecedente a novanta
giorni prima della scadenza del previsto termine triennale” e che qualora
l’impresa si sottoponga alla verifica dopo la scadenza del triennio, “la stessa
non può partecipare alle gare nel periodo decorrente dalla data di scadenza del
triennio sino alla data di effettuazione della verifica con esito positivo”. Il
successivo comma 7 prevede che in caso di esito negativo della verifica
l’attestato decade dalla data di comunicazione della stessa e comunque non
oltre la scadenza del triennio. In caso di esito positivo l’efficacia della
verifica decorre dalla scadenza del triennio; ove però la verifica sia compiuta
dopo la scadenza del triennio, detta efficacia decorre dalla data di adozione
della verifica.
Il
Ministero interviene a chiarire la corretta interpretazione della normativa in
esame, aderendo alla posizione espressa dal Consiglio di Stato con la recente
sentenza n. 27 del 18 luglio del 2012.
Il
Giudice amministrativo ha chiarito, infatti, che, in pendenza del rilascio
della verifica triennale, l’impresa può partecipare alle gare sempre che la
stessa abbia richiesto di sottoporsi a detta verifica prima della scadenza del
triennio. In sostanza, si distingue il regime applicabile in base alla
tempestività o meno della richiesta di verifica triennale presentata
dall’impresa: se la richiesta è stata formulata una volta scaduto il termine
triennale, il comma 1 dell’art. 77 prevede espressamente il divieto di
partecipazione alle gare; diverso il caso in cui la richiesta sia stata
effettuata tempestivamente, poiché in tale caso opera una sorta di ultravigenza dell’attestazione, in pendenza
dell’espletamento della procedura di verifica.
Vi sono buoni motivi per non tener conto della soluzione fornita dal
ministero.
Nessun
aspetto della norma concede di poter ipotizzare una valenza del certificato
dopo la sua scadenza.
Prima
considerazione che si impone è quella della competenza. Il codice degli appalti
affida all’Autorità e non ad altri il potere di vigilanza sull’applicazione del
Codice dei contratti e soprattutto “sul sistema di qualificazione”(lett. m), comma 7, art. 6 del Codice).
Nel
merito si ritiene che a fronte della nuova formulazione della norma non
sussistano dubbi interpretativi. L’attestato di qualificazione SOA viene
inizialmente rilasciato con una validità triennale riportata sull’attestato
stesso. L’impresa che voglia sottoporsi a revisione per godere di ulteriori due
anni di qualificazione, senza che vi sia un’interruzione della propria
qualificazione, è sufficiente che presenti apposita istanza completa entro il
90° giorno dalla scadenza triennale. La norma infatti impone alla Soa di esprimersi sulla domanda di revisione entro 45
giorni dalla scadenza triennale, salvo interruzioni del termine che non
superino ulteriori 45 giorni. Il termine massimo che perciò la Soa potrà utilizzare per rilasciare il nuovo attestato dopo
l’esito positivo della revisione (ovvero per esprimersi negativamente in
merito) è di 90 giorni.
9.La
circolare interviene, infine, sul tema dei costi della sicurezza, fornendo
un chiarimento relativo all’art. 32, comma 4, lettera e).
Tale
norma include nell’ambito delle spese generali comprese nel prezzo dei lavori,
e pertanto soggette a ribasso da parte del concorrente, “le spese per
l’impianto, la manutenzione, l’illuminazione ed il ripiegamento finale dei
cantieri, ivi inclusi i costi per la utilizzazione di
aree diverse da quelle poste a disposizione dal committente”, precisando,
tuttavia, che “sono escluse le spese relative alla sicurezza dei cantieri
stessi non assoggettate a ribasso”.
Il
Ministero evidenzia che gli oneri della sicurezza, in base all’art. 131, comma
3 del codice dei contratti pubblici, devono essere evidenziati nel bando e non
sono soggetti al ribasso d’asta. Pertanto, in linea con tale norma, l’art. 32,
comma 4, lettera e) esclude dalle spese generali quelle relative alla sicurezza
nel cantiere e soltanto queste non sono assoggettate al ribasso d’asta.
Tuttavia, se in base alla disposizione in esame le spese generali per la
sicurezza del cantiere non sono soggette a ribasso, altrettanto non può dirsi
per l’utile di impresa. Quest’ultima, infatti, costituisce voce autonoma
rientrante nella parte del prezzo suscettibile di ribasso.
La
precisazione fornita dal Ministero appare sostanzialmente condivisibile in
quanto l’utile di impresa non è mai stato considerato parte dei costi della
sicurezza.
Problematica,
invece, è sempre stata la delineazione delle spese generali rientranti negli
oneri per la sicurezza inclusi nel P.S.C e non seggette a ribasso. La
circolare, tuttavia, non entra nel merito di tale tematica e, pertanto, non
sembra porre in dubbio il principio generale secondo cui i costi della
sicurezza relativi all’opera, non soggetti a ribasso, sono quelli c.d.
contrattuali, oggetto di stima nel P.S.C., quali le spese connesse al
coordinamento delle attività nel cantiere, alla gestione delle interferenze o
sovrapposizioni, nonché quelle degli apprestamenti, servizi e procedure
necessari per la sicurezza dello specifico cantiere.
L’interpretazione
del Ministero non sembra neppure porre in dubbio la lettura corrente relativa
alla lettera o) dello stesso art. 32, comma 4, secondo cui tale disposizione
riguarda, invece, esclusivamente l’altra categoria di spese, ossia le spese
c.d. ex lege. Sul punto, infatti, si ritiene
prevalentemente che, ai sensi di tale disposizione, costituiscano spese
generali, e perciò soggette a ribasso, soltanto quelle spese che attengono ad
adempimenti in materia di sicurezza ricadenti sull’impresa nel suo complesso e
non riferibili alle specifiche esigenze del singolo cantiere, quali ad esempio
i dispositivi di protezione individuali necessari all’esecuzione ordinaria
delle varie lavorazioni, la formazione dei lavoratori etc. (cfr. determinazione
AVCP n. 4/2006).
Soltanto
per queste ultime sussiste, dunque, l’assoggettabilità al ribasso.
In
merito al profilo in esame, ci si riserva comunque ulteriori approfondimenti,
anche tramite il confronto con gli organi competenti.