MINISTERO DEL LAVORO - RIFORMA DEL
MERCATO DEL LAVORO - LEGGE N. 92/12 - COLLABORAZIONI A PROGETTO - CIRCOLARE N.
29/12
Con la
Circolare n. 29 dell’11 dicembre 2012, che si pubblica in calce alla presente
nota, il Ministero del Lavoro ha fornito chiarimenti in merito alle disposizioni introdotte dalla Legge n.
92 del 28 giugno 2012, cosiddetta “Riforma del mercato del lavoro” in materia
di collaborazioni a progetto.
La circolare in commento si sofferma in
particolare sui requisiti di ammissibilità di una collaborazione a progetto
c.d. “co.co.pro.”, quali il risultato finale da
raggiungere e la non coincidenza con l’oggetto sociale del committente,
fornendo al contempo indicazioni al personale ispettivo su come impostare la
vigilanza su tale tipologia contrattuale.
Sotto
questo profilo, peraltro, la circolare riporta un elenco di attività che,
comportando lo svolgimento di “compiti meramente esecutivi o ripetitivi”,
risultano poco compatibili con un contratto di co.co.pro.
e perciò oggetto di possibile contestazione.
Ministero
del Lavoro
Roma, 11
dicembre 2012
Circolare
n. 29
Oggetto: L
n.92/2012 (c.d. riforma lavoro)- collaborazione coordinata e continuativa a
progetto - indicazioni operative per il personale ispettivo.
La L. n.
92/2012 (c.d. riforma lavoro) è intervenuta a modificare, fra l’altro, la
disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative a progetto di cui
agli artt. 61e ss. del D.Lgs. n. 276/2003,
introducendo alcune “restrizioni finalizzate a contrastare un utilizzo non
corretto dell’istituto.
Il
Legislatore ha, infatti, modificato diversi aspetti di tale tipologia
contrattuale, tra i quali il requisito del progetto, il corrispettivo dovuto al
collaboratore, l’esercizio del diritto di recesso, nonché profili di carattere
più specificatamente sanzionatorio.
In
relazione alle novità introdotte dall’art. l,commi 23-25, della n. 9212012 si
forniscono di seguito alcuni chiarimenti interpretativi volti a consentire un
corretto svolgimento dell’attività di vigilanza nonché l’uniformità di
comportamento del personale ispettivo sull’intero territorio nazionale.
Requisiti
del progetto
Ai sensi
del novellato art. 61, comma 1, D.Lgs. n. 276/2003 il
“progetto” resta l’unico ed indispensabile requisito cui ricondurre i rapporti
di collaborazione coordinata e continuativa sottoscritti successivamente al 18
luglio 2012, data di entrata in vigore della L. n. 92/2012.
Secondo
la nuova disposizione. infatti, rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa devono essere riconducibili ad uno o più progetti specifici
determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore” e non
più, come nella precedente formulazione, .anche a “programmi di lavoro o fasi
di esso”. II riferimento al “”programma di lavoro” o alla sua “fase” risulta
peraltro eliminato anche in altri momenti di disciplinadel1 ‘istituto, attesa
la difficile individuazione, nel concreto, di tali fattispecie.
Collegamento
ad un determinalo risultato finale
Il
progetto deve essere “funzionalmente collegato ad un determinato risultato
finale” tant’è che, anche in relazione alla forma del contratto, è
esplicitamente richiesta la “descrizione del progetto” (prima si richiedeva la
mera “indicazione del progetto”) “con individuazione del suo contenuto
caratterizzante e del risultato finale che si intende conseguire”,
Alla luce
di quanto detto, si evince che il contenuto del progetto deve necessariamente
indicare l’attività prestata dal collaboratore in relazione alla quale si
attende il raggiungimento di un determinato risultato obiettivamente
verificabile.
In altri
termini il risultato finale che si attende dalla attività prestata del
collaboratore costituisce parte integrante del progetto e allo stesso tempo
elemento necessario ai fini della sua validità.
Attualmente,
pertanto. il Legislatore subordina la stipula di contratti a progetto alla
individuazione di un risultato compiuto. inteso quale modificazione della
realtà materiale che il collaboratore sì impegna a realizzare in un determinato
arco temporale (ad esempio sviluppo di uno specifico software e non l’attività
ordinariamente necessaria ai fini della sua gestione; l’ideazione di una
specifica scenografia per la rappresentazione di uno spettacolo teatrale e non
mero allestimento del palco).
La
soluzione interpretati va descritta conduce ad un’evidente cesura rispetto al
passato. Ciò in quanto, oggi. risulta imprescindibile l’individuazione di un
“risultato finale” che sia idoneo a realizzare uno specifico e circoscritto
interesse del committente.
Non
coincidenza con l’oggetto sociale del committente
La
disposizione di cui al comma. 1 dell’art. 61, D.Lgs.
n. 276/2003, così come novellato, stabilisce inoltre che il progetto “non può
consistere in unti mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente”.
La scelta
operata dal Legislatore non fa che avallare le conclusioni cui era già
pervenuta la prevalente giurisprudenza, in ordine alla necessaria “specificità”
del progetto. Più in particolare i Giudici hanno chiarito che il progetto “pur
avendo ad oggetto attività rientranti nel normale ciclo produttivo del ‘impresa
e, quindi, non necessariamente caratterizzato dalla straordinarietà od occasionalità. deve pur sempre distinguersi da essa,
costituendo un obiettivo o un tipo di attività che si affianca alt’attività
principale senza confondersi con essa” (cfr. ad es. sento Trib. Milano 18
luglio 2011).
In tal
senso il progetto, pur potendo rientrare “nel ciclo produttivo dell’impresa” e
insistere in attività che rappresentano il c.d. core
business aziendale, deve essere caratterizzato da una autonomia di contenuti e
obiettivi (ad esempio, nell’ambito di una azienda di software, creazione di un
programma informatico avente particolari caratteristiche; nell’ ambito di una
attività di rilevazione dati per finalità statistiche. raccolta degli stessi
finalizzata alla realizzazione uno specifico obiettivo di ricerca). Tale
requisito va dunque inteso come identificabilità di specifici contenuti e
obiettivi, anche qualora gli stessi si traducano in attività rientranti
nell’oggetto sociale del committente.
Viceversa,
nell’ipotesi in cui il progetto consista in una “mera riproposizione
dell’oggetto sociale” del committente (ad esempio “creazione software per la
clientela”), non sembra pertanto possibile coglierne la genuinità.
Svolgimento
compiti non meramente esecutivi o ripetitivi
L’art. 61
stabilisce ancora al comma l che “il progetto non può comportare lo svolgimento
di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai
contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente
più rappresentative sul piano nazionale.
L’intenzione
del Legislatore è stata quella di cristallizzare un ulteriore elemento, non
esplicitato nella precedente formulazione normativa, in funzione del quale
individuare la genuinità del contratto a progetto. In altri termini, è
necessario che dal contenuto del contratto, ovvero dalle modalità di
svolgimento della prestazione, non emergano i caratteri della “routinarietà” o “elementarietà”.
Al
riguardo va dunque evidenziato che i “compiti meramente esecutivi” sono quelli
caratterizzati dalla mera attuazione di quanto impartito, anche di volta in
volta, dal committente, senza alcun margine di autonomia anche operativa da
parte del collaboratore.
Ci si
riferisce a tutte quelle attività in cui, fermo restando il collegamento funzionale
con la struttura
organizzativa
del committente, al collaboratore non residua alcuna possibilità di
autodeterminazione nelle modalità. esecutive della attività.
Per
quanto attiene, invece, ai “compiti meramente: ( ... ) ripetitivi”, il concetto
di “ripetitività”
indica
quelle attività rispetto alle quali non
è necessaria alcuna indicazione da parte del committente. Si tratta infatti di
attività elementari, tali da non richiedere, per loro stessa natura nonché per
il contenuto delle mansioni nelle quali si articolano, specifiche indicazioni
di carattere operativo fornite dì volta in volta dal committente (ad esempio il
cameriere, barista ecc, v. infra).
Ne deriva
la possibilità di riconoscere una vera e propria collaborazione a progetto solo
nella misura in cui al collaboratore siano lasciati margini di autonomia anche
operativa nello svolgimento dei compiti allo stesso assegnati.
Occorre
poi ricordare, per quanto concerne la declinazione delle attività di natura
meramente esecutiva o ripetiti va, il molo svolto dalla contrattazione
collettiva, alla quale risulta attualmente assegnata la funzione di specificare
il principio di fonte legale, delimitando l’ambito applicativo attraverso
l’individuazione delle attività non consentite.
Al
riguardo va tuttavia segnalato che l’intervento delle parti sociali non
condiziona l’applicabilità della presunzione, atteso che lo stesso appare
meramente facoltativo (possono essere individuali dai contratti collettivi
stipulati...)
Premesso
quanto sopra si ritiene opportuno indicare, a titolo meramente esemplificativo
e non esaustivo, sulla base di orientamenti giurisprudenziali già esistenti,
quelle attività difficilmente inquadrabili nell’ambito dì un genuino rapporto
di collaborazione coordinata e continuativa a progetto, ancorché astrattamente
riconducibili ad altri rapporti di natura autonoma.
Pertanto,
rispetto alle figure di seguito elencate il personale ispettivo, essendo
difficilmente riconducibile la relativa attività ad un progetto specifico
finalizzato ad un autonomo risultato obiettivamente verificabile, procederà a
ricondurre nell’alveo della subordinazione gli eventuali rapporti posti in
essere, adottando i conseguenti provvedimenti sul piano lavoristico
e previdenziale:
- addetti
alla distribuzione di bollette o alla consegna di giomali1 riviste ed elenchi
telefonici;
- addetti
alle agenzie ippiche;
- addetti
alle pulizie;
- autisti
e autotrasportatori;
- baristi
e camerieri;
-
commessi e addetti alle vendite;
- custodi
e portieri;
-
estetiste e parrucchieri;
-
facchini;
-
istruttori di autoscuola;
-
letturisti di contatori;
-
magazzinieri;
-
manutentori:
-
muratori e qualifiche operaie dell’edilizia;
- piloti
e assistenti dì volo;
-
prestatori di manodopera nel settore agricolo;
- addetti
alle attività di segreteria e terminalisti;
- addetti
alla somministrazione dì cibi o bevande;
-
prestazioni rese nell’ambito di call center per
servizi cosiddetti in bound.
Il
corrispettivo nel contratto a progetto
Di
rilievo sono, altresì, le novità introdotte in tema di compenso del
collaboratore a progetto.
In
particolare, dopo aver esplicitato che il compenso, come in passato, essere
proporzionato alla quantità e qualità dell’attività svolta, il novellato art.
63, comma 1 del D.Lgs. n. 276/2003 dispone che lo
stesso “non può essere inferiore ai
minimi stabiliti in modo specifico per settore di attività (...) in ogni caso
sulla base dei minimi salariali applicali nel settore medesimo alle mansioni
equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti
dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro
comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, a livello
interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega. ai livelli decentrati”.
In virtù
della nuova disposizione, pertanto, il compenso minimo del collaboratore a
progetto va individuato, dalla contrattazione collettiva, sulla falsariga di
quanto avviene per i rapporti di lavoro subordinato, in applicazione dei
principi di cui all’art. 36 Cost. ..
Laddove
non vi sia una contrattazione collettiva specifica, il singolo committente
dovrà garantire che il compenso non sia inferiore “a parità di estensione
temporale dell’attività aggetto della prestazione, alle retribuzioni minime
previste dai contratti collettivi di categoria applicati nel settore di
riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di
esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto”.
Si
sottolinea peraltro che il riferimento normativo è alle “retribuzioni minime”,
ossia ai minimi tabellari determinati dai contratti collettivi di categoria e
non a tutto il complesso delle voci retributive eventualmente previste da tali
contratti.
Già in
passato, con l’art. l, comma 772, della L. n, 296/2006 (Finanziaria per il
2007), il Legislatore aveva introdotto, ai fini dell’individuazione del
corrispettivo dovuto al collaboratore, un parametro desumibile da disposizioni
fissate dai contratti collettivi di categoria, facendo riferimento ai “compensi
normalmente corrisposti per prestazioni di analoghe professionalità, anche
sulla base dei contratti collettivi di riferimento”.
Con
l’entrata in vigore della nuova disposizione, dunque, non solo si deve ritenere
interamente novellato il testo originario di cui all’art. 63, D.Lgs. n. 276/2003, ma si realizza anche un’ abrogazione
implicita della disciplina sul compenso del lavoro a progetto introdotta dalla
Finanziaria per il 2007.
Ciononostante,
nelle more che la contrattazione collettiva si esprima al riguardo, declinando
la quantificazione dei compensi dei collaboratori coordinati e continuati-vi a
progetto, si ritiene che
il
personale ispettivo dovrà di norma astenersi dall’adottare eventuali
provvedimenti di diffida accertativa, fatta salva
l’ipotesi in cui non sia controversa la quantificazione del credito in quanto,
come più volte ripetuto in precedenti orientamenti interpretativi, tale
provvedimento deve fondarsi su parametri certi oggettivi e quindi
inequivocabili
Va
peraltro ricordato che. in relazione al lavoro a progetto, l’assoggettamento
contributivo è legato alle somme “effettivamente erogate” al collaboratore, a
prescindere inoltre da una valutazione di “congruità” delle stesse.
Profili
sanzionatori
L’art 69,
comma l dispone che la mancata individuazione del progetto determina la
costituzione di un rapporto di lavoro di natura subordinata a tempo
indeterminato.
Del resto
la mancanza dell’elemento progettuale, che costituisce parte integrante della
fattispecie contrattuale, consente di ricondurre il rapporto posto in essere a
quello che il Legislatore considera il “contratto dominante” e “la forma comune
di rapporto di lavoro” ossia il rapporto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato (art. l, commi 1 lett. a e 91ett. a, della L n, 92/2012).
Al
riguardo occorre inoltre evidenziare che il Legislatore è intervenuto con una
norma di interpretazione autentica chiarendo, con l’art. l, comma 24, della L
n. 92/2012, che il citato articolo “si interpreta nel senso che
l’individuazione di uno ,specifico progetto costituisce elemento essenziale di
validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la cui
mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato”,
In chiave
operativa è possibile ritenere “assente il progetto” qualora lo stesso sia
carente dei requisiti indicati (collegamento ad un determinato risultato
finale, autonoma identificabilità nell’ambito dell’oggetto sociale del
committente. non coincidenza con l’oggetto sociale del committente” svolgimento
di compiti non meramente esecutivi o ripetitivi).
Ne
consegue che il personale ispettivo potrà procedere ad una riqualificazione del
rapporto di collaborazione in un rapporto dì natura subordinata a tempo
indeterminato, interessando conseguentemente gli Istituti previdenziali per i
profili di competenza, quando non ravvisi nel contratto uno “specifico
progetto” ovvero verifichi che l’individuazione del progetto si traduce in un
insieme di “clausole di stile”.
Prestazioni
svolte con modalità analoghe a quelle dei lavoratori subordinati
Il comma
2 dell’art. 69 disciplina invece l’ipotesi in cui il collaboratore a progetto
esegua le prestazioni in maniera non autonoma, bensì con modalità analoghe a
quelle dei lavoratori subordinati. In questo caso - ferma restando la
sussistenza delle ipotesi di “assenza del progetto” - opera una presunzione
relativa di subordinazione, suscettibile di prova contraria da parte del
committente, il quale potrà quindi dimostrare in giudizio la genuinità della
collaborazione.
AI
riguardo il personale ispettivo deve pertanto accertare che il collaboratore
svolga in maniera prevalente e con carattere di continuità le proprie attività
“con modalità analoghe a quella svolta dai Iavoratori
dipendenti dell’impresa committente”.
La
disposizione pertanto non preclude che il collaboratore svolga le medesime
attività dei lavoratori dipendenti, purché !e svolga con modalità organizzative
radicalmente diverse.
Di
contro, anche qualora il collaboratore svolga attività “diverse” ma con le
medesime modalità caratterizzanti la prestazione resa da lavoratori dipendenti
della stessa impresa (ad es. rispetto di un orario di lavoro. assoggettamento a
potere direttivo ecc...) la presunzione trova ovviamente applicazione.
Da ultimo
occorre ricordare che la presunzione relativa di cui all’art. 69, comma 2, non
si applica per le prestazioni di professionalità meglio declinate dalla
contrattazione collettiva comparativamente più rappresentativa sul piano
nazionale mediante specifiche clausole.
Anche in
tal caso va tuttavia segnalato che l’intervento delle parti sociali non
condiziona l’applicabilità della presunzione, atteso che lo stesso appare
meramente facoltativo (fatte salve le prestazioni di elevata proféssionalità
che possono essere individuale dai contratti collettivi stipulati dalle
organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale”).
Si
ricorda che le novità introdotte dalla L. n. 92/2012 trovano applicazione
esclusivamente per i contratti di collaborazione stipulati successivamente al
18 luglio 2012, data di entrata in vigore della stessa L n. 92.