“IVA PER CASSA” - RISPOSTE
DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE ALLA STAMPA SPECIALIZZATA
Dall’esclusione
dell’ “IVA per cassa” nell’ipotesi di cessione del credito, all’applicabilità
di tale regime in presenza di pagamento non in contanti, nonché di note di
variazione rispetto alla fattura originaria.
Questi i
principali temi affrontati dall’Agenzia delle Entrate, in risposta ai quesiti
sollevati dalla stampa specializzata in occasione dell’incontro dello scorso 17
gennaio 2013[1], relativamente alle novità intervenute nel corso del 2012 in
materia fiscale.
Come noto,
il regime di “IVA per cassa” è in vigore dal 1° dicembre 2012, e consente, su
opzione, ai titolari di attività d’impresa ed agli esercenti arti o professioni,
con volume d’affari non superiore a 2 milioni di euro, di versare l’IVA solo al
momento dell’effettivo incasso dei corrispettivi contrattuali[2]. In estrema
sintesi, tale meccanismo:
- riguarda
il complesso delle operazioni (attive e passive) eseguite dal soggetto passivo
che se ne avvale, con riflessi anche sulla detrazione dell’IVA assolta per le
operazioni passive (acquisti di beni e servizi) effettuate dal medesimo
soggetto;
- riconosce
al cessionario/committente, che non opta per il medesimo regime, il diritto
alla detrazione dell’IVA assolta sulle operazioni passive, sin dal momento
dell’effettuazione delle operazioni stesse, a prescindere dall’effettivo
pagamento del corrispettivo ai propri fornitori.
Diversamente,
si ricorda che sono escluse da tale regime le cessioni di beni e le prestazioni
di servizi alle quali si applica il meccanismo dell’inversione contabile(cd.
“reverse charge” - ad es. cessioni di immobili imponibili ad IVA su opzione, o
subappalti nel settore edile).
Cessione del
credito
Al riguardo,
viene chiarito che la cessione del credito, in entrambe le forme
“pro-solvendo”, ovvero “pro-soluto”, non realizza il presupposto relativo
all’esigibilità dell’imposta, richiesto ai fini dell’applicabilità del
meccanismo dell’ “IVA per cassa”.
In sostanza,
l’incasso del prezzo derivante dalla cessione del credito «non è assimilabile
al pagamento del corrispettivo delle operazioni originarie», con la conseguenza
che, per il cedente/prestatore (che ha ceduto il proprio credito), il regime di
“IVA per cassa” si applica solo a seguito dell’effettivo pagamento, da parte
del cliente (debitore ceduto), al nuovo creditore.
Alla luce di
tale principio viene riconosciuta allo stesso cedente/prestatore la facoltà di
versare l’IVA relativa all’operazione:
- a seguito
del pagamento del corrispettivo da parte del debitore al cessionario del
credito, secondo le regole ordinarie dell’ “IVA per cassa” (ossia nella
liquidazione periodica relativa al mese, o trimestre, nel corso del quale
avviene il pagamento).
In tal caso,
il cedente/prestatore assume l’onere di verificare che il proprio cliente abbia
effettivamente eseguito il pagamento nei confronti del nuovo creditore;
o,
alternativamente:
- al momento
della cessione del credito, nella relativa liquidazione periodica, senza
attendere la notizia dell’avvenuto pagamento da parte del cliente/debitore
originario ed evitando, così, l’applicazione di sanzioni.
Al riguardo,
si ritiene che l’alternativa sia utilizzabile dal soggetto passivo per ogni
singola cessione del credito, fermo restando che la genericità della risposta
dell’Agenzia delle Entrate non consente di affrontare nel dettaglio le modalità
applicative connesse all’applicazione del meccanismo per tale fattispecie.
Pagamento
non in contanti
Nell’ipotesi
di utilizzo di mezzi diversi dal contante, l’Agenzia delle Entrate chiarisce
che il pagamento del corrispettivo si considera avvenuto nel momento in cui il
cedente/prestatore riceve l’accredito sul proprio conto corrente, a prescindere
dalla formale conoscenza a seguito dell’invio del relativo documento contabile
da parte dell’istituto di credito.
In sostanza,
il momento di incasso del corrispettivo coincide con la “data disponibile”, che
indica il giorno a partire dal quale l’importo accreditato può essere effettivamente
utilizzato, verificabile dal cedente/prestatore anche attraverso gli attuali
sistemi di internet banking.
Il
chiarimento giunge ad integrazione di quanto già contenuto nella C.M.
44/E/2012, con la quale l’Agenzia delle Entrate ha precisato che per
individuare il momento del pagamento non effettuato in contanti, al verificarsi
del quale l’imposta diventa esigibile, il cedente/prestatore deve fare
riferimento alle risultanze dei propri conti bancari, dalle quali è ricavabile
la data di accreditamento del corrispettivo (es. assegni bancari, RI.BA, RID,
bonifico bancario).
Note di
variazione
E’ stato
chiesto all’Agenzia delle Entrate di intervenire nuovamente a proposito
dell’emissione di note di variazione (in aumento o diminuzione), riguardanti
l’imponibile o l’ammontare dell’imposta, in particolare quando emesse
successivamente al pagamento della fattura originaria.
Al riguardo,
circa gli effetti, riconducibili all’emissione di note di variazione, sul
computo del termine di 1 anno dall’effettuazione dell’operazione originaria
(trascorso il quale, come noto, l’IVA relativa all’operazione sottoposta a tale
disciplina diviene, comunque, esigibile), viene sostanzialmente confermato
quanto già chiarito nella C.M. 44/E/2012, in accordo alla quale:
in caso di
variazioni in aumento[3]intervenute prima del decorso di 1 anno, anche per il
nuovo ammontare dell’imponibile o dell’IVA, il termine annuale si calcola a
decorrere dall’effettuazione dell’operazione originaria.
In merito,
nel corso dell’incontro dello scorso 17 gennaio è stato precisato che,
nell’ipotesi in cui la nota di variazione sia stata emessa dopo il decorso di 1
anno dall’effettuazione dell’operazione, «l’imposta va computata nella prima
liquidazione utile».
Sul tema,
l’Agenzia delle Entrate non chiarisce, tuttavia, gli effetti della variazione
in aumento nell’ipotesi in cui la stessa venga effettuata, sempre entro l’anno,
successivamente al pagamento del corrispettivo.
A tal
proposito, si ritiene che la maggiore IVA debba essere versata nella prima
liquidazione utile, tenuto conto che il pagamento del corrispettivo ha già
integrato il presupposto relativo all’esigibilità dell’imposta.
Per
completezza, si ritiene che, nella diversa ipotesi in cui la variazione in
aumento intervenga, in pendenza del termine annuale, prima del pagamento del
corrispettivo, nell’imposta da liquidare si terrà già conto della variazione;
le
variazioni in diminuzione[4] effettuate:
- prima che
l’imposta diventi esigibile, rettificano direttamente l’imposta da liquidare,
-
successivamente al verificarsi dell’esigibilità (ossia dopo il pagamento del
corrispettivo), possono essere computate nella prima liquidazione utile.
Infine, si
segnala che l’Agenzia delle Entrate ha reso disponibile dal 21 gennaio scorso,
sul proprio sito internet www.agenziaentrate.gov.it., un depliant illustrativo,
nel quale vengono sinteticamente riepilogate le principali caratteristiche del
regime di “IVA per cassa”, nonché i contatti per l’assistenza ai contribuenti.
In ogni
caso, per le generali modalità operative del meccanismo si rinvia alle prime
linee guida messe a punto dall’ANCE.
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[1] Si
tratta del Videoforum organizzato dal quotidiano ItaliaOggi.
[2] La nuova
disciplina è stata introdotta dall’art.32-bis del D.L. 83/2012, convertito, con
modificazioni, nella legge 134/2012 - Cfr. ANCE “Nuova IVA per cassa –
Disposizioni attuative e primi chiarimenti dell’AdE” del 28 novembre 2012. In
ogni caso, la piena operatività del nuovo meccanismo resta subordinata
all’esito definitivo della consultazione del Comitato IVA dell’UE, ai sensi
dall’art.167-bis, par.2, della Direttiva 2006/112/CE, che ne impone
l’attivazione per applicare il regime di “IVA per cassa” alle imprese con
fatturato compreso tra 500 mila e 2 milioni di euro. Qualora in sede
comunitaria dovesse emergere un parere negativo, i soggetti che, nel frattempo,
hanno scelto di adottare il nuovo meccanismo dovranno procedere al versamento
dell’IVA con le modalità ordinarie, senza però scontare né interessi, né
sanzioni.
[3] Ai sensi
dell’art.26, co.1, del D.P.R. 633/1972.
[4] Ai sensi
dell’art.26, co.2-3, del D.P.R. 633/1972.