LL.PP. - I DUE SOCI CHE POSSIEDONO
CIASCUNO IL 50% DEL CAPITALE DEVONO RENDERE LE DICHIARAZIONI DELL’ART. 38 DEL CODICE DEGLI APPALTI
(Consiglio
di Stato, Sentenza del 28/01/2013, n.
513)
Il socio
paritario è parificato ad un socio di maggioranza ai fini della disciplina
delle gare pubbliche. Il Consiglio di Stato si pronuncia sugli oneri di
dichiarazione ex art. 38 Codice Contratti in capo ai soci paritari
Nel caso di
una società costituita da due soci, ciascuno detentore del 50% del capitale
sociale, entrambi sono tenuti a rendere la dichiarazione sulla moralità
professionale di cui all’art. 38, comma 1, lett. b), c), m-ter), D. Leg.vo
12/04/2006, n. 163, e non solo il socio che rivesta anche la carica di legale
rappresentante dell’impresa concorrente.
I giudici
precisano che la dichiarazione in oggetto debba essere resa da entrambi i soci
poiché scopo della norma è quello di assicurare la stazione appaltante che in
capo a soggetti suscettibili, in ragione della loro quota sociale, di
esercitare un determinante potere di direzione o comunque di influenza sulle
scelte strategiche e sulla gestione di una società con scarso numero di soci,
non pendano né i procedimenti, né vi siano state condanne ovvero non risultino
le circostanze di cui al citato art. 38, comma 1, lett. b), c) ed m-ter.
Viene poi
rilevato che «nella gestione della società ciascun socio paritario, per quanto
non sia di maggioranza assoluta ha comunque il potere di impedire
l’approvazione di scelte che non condivide, poiché l’altro socio non può
imporle autonomamente, con l’effetto di condizionare in modo determinante la
direzione della società sia in negativo, impedendo scelte non concordate, che
in positivo permettendo soltanto quelle su cui consente».
Del resto,
anche l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture, nella determinazione n. 1 del 2012 e nei pareri n. 58 e n. 70 del
2012 ha precisato che due soci al 50% già «sono, ciascuno per suo conto,
espressione di una convergente potestà dominicale e direzionale della società»:
sicché ricadono nelle ragioni della previsione normativa.
. . . omissis. . .
DIRITTO
1. L’art.
38, comma 1, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici,
in seguito “Codice”) dispone, in sintesi, che sono esclusi dalla partecipazione
alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti pubblici i
soggetti nei cui confronti è pendente procedimento per l’applicazione di
specifiche misure di prevenzione (lett. b) ovvero siano stati condannati per
reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità
professionale (lett. c), venendo specificato, riguardo alle società di capitali
con più soci, che l’esclusione opera nei confronti “del socio di maggioranza in
caso di società con meno di quattro soci”.
2. Nella
sentenza di primo grado si afferma che, nel caso della società con meno di
quattro soci, i requisiti richiesti sono da riferire necessariamente al solo
socio che detenga la maggioranza del capitale sociale inteso come valore
economico assoluto; ciò per le due seguenti ragioni: a) letterale, poiché
l’espressione normativa “socio di maggioranza” esclude ogni altra relazione
proporzionale nella distribuzione del capitale sociale (come, nella specie, la
partecipazione paritaria) potendosi perciò individuare il socio di maggioranza
soltanto nel proprietario diretto del 50% + 1 del capitale, tanto più se si
considera la tipizzazione delle cause di esclusione disposta con il
decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70; b) logico-funzionale, essendo presupposta
dalla normativa l’assimilazione in fatto del ruolo del socio di maggioranza in
una società con meno di quattro soci a quello dell’amministratore che sia anche
legale rappresentante, dato il rilievo che assume la posizione del socio
maggioritario in una società con un basso numero di soci.
3.
Nell’appello si censura la sentenza di primo grado, poiché:
- l’obbligo
di rendere le dichiarazioni in questione, prima previsto per i soli soci delle
società di persone, è stato introdotto con il decreto-legge 13 maggio 2011, n.
70, per evitare che partecipino alle gare società i cui soci con posizione
azionaria idonea a influire sulle scelte gestionali abbiano precedenti penali
pur non essendo rappresentanti legali delle società;
- su questa
base il socio al 50% deve essere considerato come “maggioritario” potendo
condizionare le scelte della società quanto meno con il proprio voto in
assemblea contrario a scelte gestionali imposte dall’altro socio paritario;
- il
riferimento dell’obbligo al solo socio maggioritario rappresentante legale non
è previsto nella norma e sarebbe comunque contrario alla sua ratio, potendo in
concreto coesistere con un rappresentante legale senza precedenti penali soci
non formalmente maggioritari ma gravati da precedenti penali.
. . . omissis. . .