INAGILITÀ DELL’IMMOBILE: RICHIESTA
LA PROVA EFFETTIVA IN CASO DI ABBANDONO
(Corte di
cassazione, sentenza n. 22923 del 13/12/2012)
Tale
sentenza afferma il principio secondo il quale un proprietario che, a causa di
lavori condominiali non eseguiti a regola d’arte, lamenti infiltrazioni
nell’appartamento non può lasciare la propria abitazione e chiedere il
risarcimento del danno per mancato utilizzo della casa, se non prova
rigorosamente che l’abbandono dell’immobile sia dipeso dalle oggettive malsane
condizioni che lo avevano reso di fatto inabitabile. la sentenza esamina il
caso nel quale il pavimento dell’appartamento al piano terra di un condominio è
stato rimosso per consentire riparazioni alle tubature dell’impianto di
riscaldamento condominiale. Le imprese incaricate, però, non hanno eseguito le
opere di ripristino a regola d’arte e, di conseguenza, il condomino del piano
terra ha trovato l’appartamento danneggiato da infiltrazioni provenienti dalle
reti fognarie condominiali e dai connessi fenomeni di presenza di muffe
organiche. Secondo il danneggiato l’appartamento non poteva più essere abitato.
ciò confermatao anche da un tecnico a cui è stata richiesta una perizia sullo
stato dei luoghi.
La Corte
mette in evidenza che il condomino aveva allegato esclusivamente alcune
argomentazioni e comunicazioni di dati fornite dal consulente di parte,
omettendo di trascrivere integralmente elementi decisivi, e che alla perizia
andava attribuito esclusivamente valore di indizio: il suo apprezzamento, cioè,
andava comunque affidato alla valutazione discrezionale del giudice.
Alla luce di
queste considerazioni i giudici rilevano la carenza di valida prova sul
carattere necessitato dell’abbandono e delle condizioni di inabitabilità
dell’immobile e, conseguente, dichiarano inammissibile il risarcimento del
danno subito.