MINISTERO DEL LAVORO - D.
LGS. N. 124/2004 - DIFFIDA ACCERTATIVA PER CREDITI PATRIMONIALI - ATTIVITA’ ISPETTIVA - CIRCOLARE N. 1/2013
Con circolare n. 1 dell’8 gennaio 2013,
il Ministero del Lavoro ha diramato istruzioni operative in merito alla natura,
ai contenuti ed alle finalità dell’istituto della diffida accertativa per crediti patrimoniali, disciplinato dall’art. 12 del D. Lgs. n. 124/2004.
In riferimento all’istituto della diffida
accertativa per crediti patrimoniali, il Ministero del Lavoro ha già fornito
indicazioni con circolare n. 24/2004 del 24 giugno 2004 (Cfr. Not. N. 11/2004).
Tale norma prevede che, qualora
nell’ambito dell’attività di vigilanza emergano inosservanze alla disciplina
contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori
di lavoro, il personale ispettivo delle Direzioni territoriali
del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti
dagli accertamenti, pena la formazione di un titolo esecutivo che il lavoratore
può immediatamente azionare.
La diffida deve essere notificata al
datore di lavoro, il quale, entro trenta giorni
dall’avvenuta notifica, ha la facoltà di promuovere il tentativo di
conciliazione innanzi alla Direzione territoriale del lavoro.
Trascorso il termine di trenta giorni
dalla notifica della diffida senza che il datore di lavoro abbia promosso il tentativo di conciliazione presso la Direzione territoriale
del lavoro, ovvero nel caso in cui il tentativo di conciliazione,
tempestivamente promosso, non conduca ad un accordo, comprovato da apposito
verbale, la diffida, a seguito del provvedimento del Direttore della suddetta
Direzione territoriale, acquista valore di accertamento tecnico con efficacia
di titolo esecutivo.
Avverso la diffida “convalidata” dal
Direttore della Direzione territoriale del lavoro può essere proposto ricorso
al Comitato regionale per i rapporti di lavoro.
La proposizione del ricorso sospende
l’esecutività della diffida.
In primo luogo, la circolare ministeriale
sottolinea che la norma sopra riportata ha introdotto, nel peculiare sistema
delle tutele lavoristico-previdenziali, uno specifico strumento
finalizzato “in primis” al diretto soddisfacimento degli interessi di natura
patrimoniale dei lavoratori, unitamente agli istituti di derivazione
pubblicistica volti all’individuazione delle violazioni ed alla comminazione delle relative sanzioni.
In virtù della disposizione in discorso -
osserva il Ministero - l’ambito della vigilanza demandata agli ispettori del
lavoro viene ampliato sino a ricomprendere la tutela patrimoniale dei rapporti
obbligatori privati: in questo contesto, infatti, per i crediti
accertati con la diffida di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004, il
legislatore delinea un procedimento amministrativo attraverso il quale, in
assenza di adempimento spontaneo o di conciliazione, la diffida accertativa costituisce titolo per l’esecuzione forzata.
Quanto al contenuto dell’accertamento
tecnico in cui si sostanzia il provvedimento di diffida, la circolare in esame
rimarca che:
- l’oggetto di tale accertamento può
riguardare sia l’ “an” che il “quantum” del diritto
spettante al prestatore di lavoro;
- la preventiva certezza del diritto non
rappresenta una “condicio sine qua non” del provvedimento ispettivo ma, invece,
costituisce l’obiettivo cui deve tendere l’accertamento stesso.
Relativamente ai poteri di accertamento di cui sono dotati gli ispettori di vigilanza, insiti nel
procedimento di diffida, il Ministero del Lavoro contesta l’assunto secondo cui
ogni qual volta la attività ispettiva involga “accertamenti di fatto” sia
esclusa la diffidabilità dei relativi crediti.
Ciò in quanto, in tutti i casi in cui sia
necessario procedere ad accertamenti circa la legittimità dei rapporti di
lavoro posti in essere allo scopo di rilevare le “inosservanze alla disciplina
contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali
in favore dei prestatori di lavoro”, l’ispettore di vigilanza dovrà sempre
compiere accertamenti anche nei fatti per poter correttamente qualificare le
diverse fattispecie che hanno dato luogo alle predette circostanze.
Tutto ciò premesso, la circolare di cui trattasi riporta una classificazione dei crediti
“diffidabili” sulla base dei correlati poteri di accertamento necessari alla
loro individuazione e liquidazione.
Nello specifico, ad avviso del Ministero,
la diffida accertativa può essere legittimamente applicata nelle ipotesi di:
- crediti retributivi da omesso
pagamento;
- crediti di tipo indennitario, da
maggiorazioni, trattamento di fine rapporto, ecc.;
- crediti legati al demansionamento o a
prestazioni di lavoro sommerso ovvero retribuite in modo
non conforme al dettato normativo ed all’art. 36 della Costituzione (nel caso
in cui l’organo ispettivo abbia accertato rapporti di lavoro “in nero”, in
fattispecie nelle quali sia comunque individuabile il contratto collettivo
nazionale di lavoro applicato dal datore di lavoro, il
verbale unico di accertamento, oltre a contenere la diffida ai sensi dell’art.
13 del D.Lgs. n. 1124/2004 a regolarizzare tali posizioni sul piano
amministrativo e previdenziale, deve essere completato dalla diffida accertativa di cui all’art. 12 a corrispondere le somme accertate e dovute ai
lavoratori “in nero” ai fini della regolarizzazione sostanziale sul piano dei
rapporti di lavoro).
La diffida accertativa non deve invece
essere applicata nei casi di:
- crediti connessi
ad elementi pecuniari non predeterminati o legati a particolari scelte di
merito del datore di lavoro (come, ad esempio, premi di risultato, premi di
produzione, promozioni). In quest’ultimo caso, in mancanza della valutazione di
merito del datore di lavoro non è possibile adottare la
diffida accertativa in quanto l’operato dell’ispettore di vigilanza dovrebbe
andare oltre l’accertamento tecnico a lui demandato dalla norma in oggetto, per
sfociare in una scelta di tipo discrezionale o negoziale allo stesso evidentemente preclusa;
- crediti retributivi derivanti da
riqualificazione di un rapporto di lavoro (ad esempio, da parasubordinato a
subordinato). In queste fattispecie il Ministero ritiene preferibile non
adottare la diffida, stante la necessità, da parte dell’organo ispettivo,
di procedere ad una diversa qualificazione rispetto a quella negoziale data
dalle parti del rapporto, qualificazione che spetta in via definitiva al
giudice e presenta delicati profili di valutazione.