URBANISTICA - LA DISTANZA DI 10 MT TRA PARETI fINESTRATE E PARETI DI
EDIFICI ANTISTANTI E’ INDEROGABILE E VINCOLA GLI STRUMENTI URBANISTICI
(Consiglio di Stato, Sezione IV^ , Sentenza del 12 febbraio 2013, n.
844)
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In ordine alla valenza direttamente precettiva tra privati del decreto
ministeriale sulle distanze già il Consiglio di Stato (v. Sentenza sez. IV, 27
ottobre 2011, n. 5759) e alla eventuale disapplicazione di strumenti
urbanistici con esso contrastanti nel senso della minore tutela, ha già avuto
modo di osservare che le prescrizioni di cui al d.m.
2 aprile 1968 n. 1444 integrano con efficacia precettiva il regime delle
distanze nelle costruzioni, sicché l’inderogabile distanza di 10 m tra pareti
finestrate e pareti di edifici antistanti vincola anche i comuni in sede di
formazione o revisione degli strumenti urbanistici. La prescrizione di cui
all’art. 9 d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 relativa alla
distanza minima di 10 m. tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti è
volta non alla tutela del diritto alla riservatezza, bensì alla salvaguardia di
imprescindibili esigenze igienico-sanitarie, ed è, dunque, tassativa ed
inderogabile (per tali principi consolidati, ex plurimis,
Consiglio Stato, sez. IV, 12 giugno 2007, n. 3094). Infatti, nella suddetta
materia deve ritenersi che in tema di distanze tra costruzioni, applicabile,
come detto, anche alle sopraelevazioni, l’adozione da parte dei Comuni di
strumenti urbanistici contenenti disposizioni illegittime perché contrastanti
con la norma di superiore livello dell’art. 9 DM 2 aprile 1968 n.1444 - che
fissa in dieci metri la distanza minima assoluta tra pareti finestrate e pareti
di edifici antistanti - comporterebbe l’obbligo per il giudice di applicare, in
sostituzione delle disposizioni illegittime, quelle dello stesso strumento
urbanistico, nella formulazione derivate, però, dalla inserzione in esso della
regola sulla distanza fissata nel decreto ministeriale (così Cassazione civile,
II, 27 marzo 2001, n.4413 su richiamata; così anche Consiglio di Stato, IV, 12
giugno 2007, n.3094). La disposizione di cui all’art. 9, comma 1, n. 2, d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, essendo tassativa ed
inderogabile, impone al proprietario dell’area confinante col muro finestrato altrui
di costruire il proprio edificio ad almeno dieci metri da quello, senza alcuna
deroga, neppure per il caso in cui la nuova costruzione sia destinata ad essere
mantenuta ad una quota inferiore a quella dalle finestre antistanti e a
distanza dalla soglia di queste conforme alle previsioni dell’art. 907 comma 3,
c.c. Conseguentemente, ogni previsione regolamentare in contrasto con
l’anzidetto limite minimo è illegittima e va annullata ove oggetto di
impugnazione, o comunque disapplicata, stante la sua automatica sostituzione
con la clausola legale dettata dalla fonte sovraordinata, oltre alla
considerazione che nella specie la disciplina è stata integrata dal regolamento
comunale in senso ancora più rispettoso e rigoroso. L’art. 9 d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, che detta disposizioni in tema
di distanze tra costruzioni, stante la natura di norma primaria, sostituisce
eventuali disposizioni contrarie contenute nelle norme tecniche di attuazione.
D’altra parte, come visto, nella specie non solo la norma comunale ha tenuto
conto della disposizione ministeriale esistente, ma l’ha appunto integrata in
senso ancora più rigoroso.
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