OBBLIGO DELLA FORMA
ELETTRONICA PER I CONTRATTI DELLA P.A.: DIVERGENTI POSIZIONI DEL MINISTERO
DELLA FUNZIONE PUBBLICA E DELLA CORTE DEI CONTI LOMBARDIA
Ministero della Funzione Pubblica: obbligo della sottoscrizione dei
contratti con firma elettronica
Il Capo dell’Ufficio legislativo del Ministro per la pubblica
amministrazione e la semplificazione, con una nota del 28 febbraio u.s., si è
espresso in merito alla forma da osservare nella stipulazione dei contratti di
appalto pubblici.
La nota – oltre a rispondere ai quesiti sottoposti dall’ANCE alla
Funzione Pubblica - affronta la problematica interpretativa, concernente la
disposizione che, entrata in vigore a partire dal 1° gennaio 2013, prevede la
stipulazione dei contratti di appalto, “a pena di nullità, con atto pubblico
notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti
per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura
dell’Ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice o mediante scrittura
privata” (cfr. il comma 13 dell’art. 11 del codice dei contratti pubblici, come
modificato dal comma 3 dell’art. 6, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179).
In particolare, nella nota sopra citata è stato chiarito come la
disposizione prescriva l’utilizzo del “documento informatico” (espressione
equivalente, per la Funzione Pubblica, a “forma elettronica” o “documento
elettronico”) non solo per la validità dei contratti rogati con atto pubblico
notarile, ma anche per quelli stipulati con atto pubblico amministrativo o con
scrittura privata.
La posizione ora descritta non corrisponde completamente a quanto
espresso sul tema dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici con la
determinazione n. 1 del 19 dicembre 2013 (commentata sul Notiziario n. 3 del
2013), ed in particolare nella parte in cui viene evidenziato che esiste ancora
la possibilità per le parti di preferire la “forma cartacea o le forme
equipollenti ammesse dall’ordinamento” nel caso di stipulazione del contratto
tramite scrittura privata.
Pur nell’incertezza di un testo poco chiaro, l’Ufficio Legislativo
ritiene, infatti, più vicina al dato letterale e allo spirito della
disposizione l’interpretazione che, escludendo la forma cartacea, ritiene
quella elettronica o informatica “l’unica forma scritta richiesta a pena di
nullità per tutti i contratti pubblici in questione”.
Resta invece pacifico, sia per Autorità che per la Funzione Pubblica, lo
specifico potere dell’ufficiale rogante presso l’Amministrazione di sopperire
alla eventuale mancanza della firma digitale in capo alla parte privata; ciò
indipendentemente dalla riconducibilità di tale potere - nello specifico caso
dell’atto pubblico amministrativo - a quanto disposto dal D.lgs. n. 82/2005
(art. 25, comma 2 del cd. CAD) oppure a quanto disposto dalla disciplina
notarile.
Ciò appare in linea con quanto evidenziato dall’Ance, che ha ritenuto
come non sia ancora previsto un obbligo generale per le aziende di dotarsi
della firma digitale. Tale strumento, si ricorda, diventerà obbligatorio per
altro scopo, e cioè in relazione alla necessità di inserire documenti
all’interno del sistema AVCpass. Questo sistema di verifica dei requisiti dei
concorrenti alle gare di appalto pubbliche, entrato in vigore dal 1° gennaio
scorso, dovrebbe entrare a pieno regime gradatamente, con un sistema a
scaglioni suddiviso per importi e tipologie di appalti. Tuttavia, tale sistema
a partire dal prossimo 1° luglio sarà obbligatorio per la maggior parte degli
affidamenti.
In ragione di ciò, la nota dell’Ufficio Legislativo conferma, quindi, la
possibilità per le imprese di sottoscrivere contratti in forma elettronica con
le stazioni appaltanti, ancorché le prime possano non disporre di una firma
digitale. La veridicità della sottoscrizione apposta con una qualsiasi forma
elettronica (inclusa, al limite, una sottoscrizione autografa “scannerizzata”)
dall’impresa contraente al documento informatico verrà, infatti, garantita
dall’attestazione che l’ufficiale rogante compie delle operazioni di
sottoscrizione effettuate in sua presenza.
Tanto premesso è possibile comprendere che la posizione ministeriale è
tale da imporre non solo alle amministrazioni pubbliche, ma anche alle imprese
l’urgente dotazione di sistemi di sottoscrizione mediante firma digitale,
poiché, come osservato dall’Autorità, “in caso di scrittura privata, non
interviene alcun pubblico ufficiale rogante in grado di accertare la validità
dei certificati di firma digitale o la provenienza dalle parti della
sottoscrizione autografa scansionata ed allegata all’eventuale file del
contratto” (determinazione AVCP n. 1/2013).
A fronte di tale divergenza interpretativa si rende quindi opportuno, in
via prudenziale, rinnovare alle imprese associate l’invito a dotarsi di firma
elettronica (comunque
necessaria per il sistema AVCpass), considerato che laddove dovesse prevalere
la tesi ministeriale il mancato ricorso alle modalità elettroniche potrebbe
comportare la sanzione della nullità del contratto. E’ evidente, poi, che il
possesso della firma elettronica verrebbe ad eliminare qualsiasi difficoltà
operativa ai fini della sottoscrizione digitale dei contratti.
Rappresenta, in ultimo, un positivo elemento di certezza la precisazione
della Funzione Pubblica secondo cui il bando dovrà indicare la disciplina
applicabile in materia di sottoscrizione del contratto da parte
dell’aggiudicatario. In questo modo, l’impresa che partecipa ad una gara di
appalto potrà, infatti, sapere anticipatamente se sia in possesso, o meno, dei
neo-introdotti requisiti per la sottoscrizione dei contratti.
Corte dei Conti Lombardia: ancora ammissibile la forma cartacea dei
contratti pubblici
Anche la sezione regionale di controllo per la Lombardia della Corte dei
Conti con deliberazione n.91/Pareri del 18 marzo 2013 interviene in merito alla
forma da osservare nella stipulazione dei contratti di appalto pubblici.
Tale interpretazione, pervenuta in risposta ad un quesito posto dal
comune di Varese, si aggiunge a quanto già espresso dall’Autorità di vigilanza
sui contratti pubblici (commentata sul Notiziario 3 del 2013), con
determinazione n. 1 del 19 dicembre 2013, e dal Capo dell’Ufficio legislativo
del Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione, con una
nota del 28 febbraio u.s. (commentata su questo Notiziario) di risposta ad un
quesito dell’ANCE.
La ben nota questione interpretativa concerne la stipulazione dei
contratti di appalto che, “a pena di nullità”, dovrebbero essere stipulati “con
atto pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le
norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica
amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante dell’amministrazione
aggiudicatrice o mediante scrittura privata” (cfr. art. 11, comma 13, del
Codice dei contratti, D.lgs. n. 163/2006, così come modificato dall’art. 6,
comma 3, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, e convertito con modificazioni dalla
l. 17 dicembre 2012, n. 221, il cd. decreto sviluppo bis).
In particolare, la risposta della Corte dei Conti sopra citata si
distingue nettamente dalle precedenti interpretazioni già elaborate,
evidenziando come la disciplina generale sulla forma dei contratti pubblici sia
contenuta nella legge di contabilità generale dello Stato (artt. 16, 17,18 del
RD 18 novembre 1923, n.2440) tutt’ora vigente. Rispetto alla quale il Codice
dei contratti si trova in rapporto di mera specialità.
In sintesi, la Corte dei Conti individua nella difformità testuale
rispetto alla precedente formula legislativa la volontà del legislatore di
superare la tassatività della forma scritta cartacea, mediante la previsione di
altre forme ad substantiam, ma sempre alternative alla vigente forma cartacea,
che non appare soppressa.
In tal modo, chiarisce la Corte dei Conti, “la disposizione ha inteso
adeguare alle moderne tecnologie l’utilizzo delle forme contrattuali in cui è
trasfusa la volontà della pubblica amministrazione, aggiungendo, ma non
sostituendo alle tradizionali forme scritte cartacee la forma pubblica
elettronica e/o digitale, con l’avvertenza che qualora le norme vigenti per la
singola stazione appaltante (regolamentari o di legge) prevedessero l’adozione
della sola modalità elettronica, l’utilizzo di altra metodologia di
documentazione, ancorché scritta o cartacea, in violazione delle norme
speciali, sarebbe affetta da nullità assoluta.”
In conformità a quest’analisi, la Corte dei Conti perviene alle seguenti
conclusioni:
1. la sanzione di nullità, prevista dalla normativa del codice dei contratti,
è riferita a tutte le forme ad substantiam di stipulazione previste dal comma
13, dell’art. 11;
2. in quanto forme scritte peculiari di scrittura privata (scambio di
proposta ed accettazione nei contratti inter absentes), in caso di trattativa
privata, conservano piena validità le forme di stipulazione, previste dall’art.
17 del r.d. n. 2440/1923, essendo ancora prevista la scrittura privata anche
nell’art. 11, comma 13;
3. la stipulazione in forma pubblica amministrativa deve avvenire in
modalità elettronica solo se essa è prevista quale metodologia esclusiva da
specifiche norme di legge o di regolamento applicabili alla stazione
appaltante, essendo ancora validamente stipulabile il contratto in forma
pubblica amministrativa su supporto cartaceo.
4. l’adozione del rogito notarile condurrà, invece, all’utilizzo
esclusivo del documento informatico notarile.
La posizione ora descritta sembrerebbe seguire l’apertura alla forma
cartacea che il Ministero delle infrastrutture, Servizio contratti, aveva
evidenziato nella risposta n. 4185, ad un quesito del 17 gennaio 2013. In
particolare, in tale occasione il Ministero aveva fornito un’interpretazione
che valorizzava fortemente l’intervento regolamentare della stazione
appaltante, sottolineando che “solo l’atto pubblico notarile deve essere
redatto in forma informatica a pena di nullità. L’atto pubblico amministrativo
deve essere predisposto in modalità elettronica secondo le norme vigenti per
ciascuna stazione appaltante”.
L’ANCE pur nel condividere le ragioni sottese all’interpretazione della
Corte dei Conti, alla luce delle difficoltà in un panorama applicativo in cui
sono già intervenuti in modo discorde l’Autorità di vigilanza e il Dipartimento
della Funzione Pubblica, ritiene auspicabile un intervento del legislatore al
fine di ottenere un’interpretazione autentica sull’argomento.