QUALI PROCURATORI DEVONO RENDERE LE DICHIARAZIONI DELL’ART. 38 DEL
CODICE
(Consiglio di Stato, Sezioni Unite, n. 23 del 16/10/2013)
1. Nelle società di capitali la gestione dell’impresa è affidata in via
ordinaria agli amministratori (art. 2380 bis e 2475 cod. civ. ). Questi
compiono tutti gli atti e ogni operazione che si renda necessaria per attuare
l’oggetto sociale. Il munus di amministrazione può
essere esercitato in via individuale o collegiale. Nella seconda ipotesi lo
statuto societario può prevedere la costituzione di un consiglio di
amministrazione.
Lo spessore dei poteri degli amministratori si configura di massima
come prevalente rispetto ad ogni altro soggetto abilitato ad agire per
l’attuazione degli interessi societari, perché cumula in via ordinaria poteri
di gestione, di indirizzo e di controllo che esplicano effetto condizionante
dell’attività e delle scelte della compagine aziendale complessivamente
considerata.
Ai fini della verifica dell’assenza delle cause di esclusione dalla
gara l’art. 38, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006
enuclea fra gli amministratori quelli “muniti di potere di rappresentanza”.
Detti soggetti, in rapporto di rappresentanza organica, sono abilitati, a
formulare dichiarazioni negoziali che obbligano la società nei confronti dei
terzi ed a compiere tutte le operazioni necessarie all’attuazione dell’oggetto
sociale,
Con la locuzione di “amministratori muniti del potere di
rappresentanza” l’art. 38 lett. c) ha inteso, quindi,
riferirsi ad un’individuata cerchia di persone fisiche che, in base alla
disciplina codicistica e dello statuto sociale, sono
abilitate ad agire per l’attuazione degli scopi societari e che, proprio in
tale veste qualificano in via ordinaria, quanto ai requisiti di moralità e di
affidabilità, l’intera compagine sociale.
In diverso modo si atteggia la posizione del procuratore ad negotia
Questa figura è eventuale e non necessaria nell’assetto istituzionale
delle società di capitali. Elemento differenziale fra gli amministratori ed i
procuratori ad negotia è che ai primi è, di norma,
affidata l’attività gestoria dell’impresa con potere
di rappresentanza generale, mentre i secondi, oltre a derivare il proprio
potere dalla volontà (di regola) degli amministratori, operano di massima
nell’interesse societario per oggetto limitato e soggiacciono al controllo di
chi ha conferito la procura.
Nella modulazione degli assetti societari la prassi mostra tuttavia
l’emersione, in talune ipotesi, di figure di procuratori muniti di poteri
decisionali di particolare ampiezza e riferiti ad una pluralità di oggetti così
che, per sommatoria, possano configurarsi omologhi, se non di spessore
superiore, a quelli che lo statuto assegna agli amministratori. Anche in questo
caso si pone l’esigenza di evitare, nell’ottica garantista dell’art. 38, comma
1, lett. c), che l’amministrazione contratti con
persone giuridiche governate in sostanza, per scelte organizzative interne, da
persone fisiche sprovviste dei necessari requisiti di onorabilità ed
affidabilità morale e professionale, che si giovino dello schermo di chi per
statuto riveste la qualifica formale di amministratore con potere di
rappresentanza.
A ben vedere, in altre parole, in tal caso il procuratore speciale
finisce col rientrare a pieno titolo nella figura cui si richiama l’art. 38,
comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, poiché
da un lato si connota come amministratore di fatto ai sensi dell’art. 2639,
comma 1, cod. civ. e, d’altro lato, in forza della procura rilasciatagli,
assomma in sé anche il ruolo di rappresentante della società, sia pure
eventualmente solo per una serie determinata di atti.
Detta conclusione non è smentita dal menzionato art. 45 della direttiva
U.E., il quale anzi, facendo riferimento, come già innanzi riportato, a
“qualsiasi persona” che “eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o
di controllo” dell’impresa, sembra mirare, conformemente del resto
all’orientamento generale del diritto dell’Unione, ad una interpretazione
sostanzialista della figura
2. L’onere di rendere detta la dichiarazione non emergeva, tuttavia, in
alcun modo dalla formulazione della lex specialis (con riguardo anche alla posizione rivestita dal
procuratore nell’azienda di cui un ramo è stato ceduto all’odierna appellante)
le cui disposizioni, stante il generico rinvio all’art. 38, comma 1 del d.lgs.
n. 163, non prendevano affatto in considerazione le posizioni dei procuratori
speciali, né di altro soggetto diverso da quelli desumibili in via immediata
dal menzionato art. 38 cui la regolamentazione di gara fa rinvio. Non è stato
inoltre dimostrata, né tantomeno assunta in via di ipotesi, l’esistenza di
mende a carico del procuratore, così che dall’invocata verifica potesse sortire
l’effetto preclusivo dell’ammissione alla gara per il difetto del requisito in
questione.
. . . omisis . . .
2. La questione sottoposta all’esame dell’Adunanza Plenaria investe gli
obblighi di dichiarazione dell’impresa partecipante del possesso dei requisiti
di moralità (art. 38, lett. b) e c), del d.lgs. n.
163 del 2006) prescritti per l’ammissione alle procedure di affidamento di
concessioni e di appalti pubblici.
La menzionata disposizione, nel selezionare plurime cause impeditive
dell’ammissione alla gara e della stipulazione del relativo contratto,
prescrive, in particolare, che l’accertamento è svolto nei confronti “degli
amministratori muniti del potere di rappresentanza o del direttore tecnico” se
si tratta di società o di consorzi organizzati nelle forme diverse dall’impresa
individuale, in accomandita, o in nome collettivo.
L’art. 45 della direttiva 2004/18/CE – di cui l’art. 38 del d.lgs. 163
del 2006 costituisce trasposizione nell’ordinamento nazionale – stabilisce
l’esclusione dalla partecipazione agli appalti pubblici del candidato o
dell’offerente che abbia riportato condanne per ipotesi di reato
nominativamente individuate. A tal fine le amministrazioni aggiudicatrici
richiedono riscontri documentali o atti dichiarativi di parte elencati al
paragrafo 3. Inoltre “in funzione del diritto nazionale dello stato membro in
cui sono stabiliti i candidati o gli offerenti, le richieste riguarderanno le
persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi i dirigenti delle imprese o
qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di
controllo del candidato offerente”.
3. La giurisprudenza di questo Consiglio vede il contrapporsi di due
indirizzi.
3.1. Il primo predica che si debba rimanere ancorati, con rigore
ermeneutico, al dato formale della norma, che richiede la compresenza della
qualità di amministratore e del potere di rappresentanza, in tal modo
“prevenendo malcerte indagini sostanzialistiche” (Sez. V, n. 513 del 25 gennaio
2011) che non sembrano permesse dal dato normativo ed i cui esiti sarebbero
imprevedibili ex ante da parte delle imprese (sez. III, n. 1471 del 16 marzo
2013; Sez. V, n. 95 del 10 gennaio 2013; n. 3340 del 6 giugno 2012; n. 2970 del
22 maggio 2012; n. 6163 del 21 novembre 2011).
Tale conclusione è sorretta dalla valenza limitativa della norma della
partecipazione alle gare e, quindi, non suscettibile di interpretazione
estensiva. Non sono, quindi dovute dichiarazioni nei confronti del procuratore
e dell’institore. Vale al riguardo anche il principio di tassatività delle
cause di esclusione enunciato al comma 1 bis dell’art. 46 del codice dei
contratti.
A sostegno di detto indirizzo sono, in particolare, sviluppati i
seguenti argomenti, che muovono dalla ricognizione della figura degli
“amministratori muniti di potere di rappresentanza” - che si rinviene nella
lettera dell’art. 38 del codice dei contratti pubblici – “in funzione del
diritto nazionale”, come predicato dalla direttiva U.E, e ciò muovendo dal dato
positivo della disciplina codicistica.
E’ stato, in particolare, posto in rilievo che:
- ai sensi dell’art. 2380-bis c.c., la gestione dell’impresa spetta
esclusivamente agli amministratori e può essere concentrata in un unico
soggetto (amministratore unico) o affidata a più persone, che sono i componenti
del consiglio di amministrazione (in caso di scelta del sistema monistico ex
artt. 2380 e 2409-sexiesdecies c.c.) o del consiglio di gestione (in caso di
opzione in favore del sistema dualistico ex artt. 2380 e 2409-octiesdecies
c.c.): ad essi, o a taluni tra essi, spetta la rappresentanza istituzionale
della società;
- l’art. 38 del d.lgs. n. 163/06 richiede la compresenza della
qualifica di amministratore e del potere di rappresentanza (che può essere
limitato per gli amministratori ex art. 2384, comma 2, c.c.) e non vi è alcuna
possibilità per estendere l’applicabilità della disposizione a soggetti, quali
i procuratori, che amministratori non sono;
- si versa a fronte di norma che limita la partecipazione alle gare e
la libertà di iniziativa economica delle imprese, essendo prescrittiva dei
requisiti di partecipazione e che, in quanto tale, assume carattere eccezionale
e non può formare oggetto di applicazione analogica a situazioni diverse, quale
è quella dei procuratori;
- ogni applicazione analogica sarebbe opinabile, in presenza di una
radicale diversità della situazione dell’amministratore, cui spettano compiti
gestionali e decisionali sugli indirizzi e sulle scelte imprenditoriali, e
quella del procuratore il quale, benché possa essere munito di poteri di
rappresentanza, è soggetto dotato di limitati poteri rappresentativi e
gestionali, ma non decisionali (nel senso che i poteri di gestione sono svolti
nei limiti delle direttive fornite dagli amministratori);
- l’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 - nell’individuare i soggetti
tenuti a rendere la dichiarazione - fa riferimento soltanto agli
“amministratori muniti di potere di rappresentanza”: ossia, ai soggetti che
siano titolari di ampi e generali poteri di amministrazione, senza estendere
l’obbligo ai procuratori; oltre ad essere maggiormente rispondente al dato
letterale del citato art. 38, evita che l’obbligo della dichiarazione possa
dipendere da sottili distinzioni circa l’ampiezza dei poteri del procuratore,
inidonee a garantire la certezza del diritto sotto un profilo di estrema
rilevanza per la libertà di iniziativa economica delle imprese, costituito
dalla possibilità di partecipare ai pubblici appalti.
3.2. Un secondo indirizzo, che si può definire sostanzialista, supera
il dato formale dell’art. 38 ed estende l’obbligo della dichiarazione della
sussistenza dei requisiti morali e professionali a quei procuratori che, per
avere consistenti poteri di rappresentanza dell’impresa, “siano in grado di
trasmettere, con il proprio comportamento, la riprovazione dell’ordinamento nei
riguardi della propria condotta al soggetto rappresentato” (Cons.
St., sez. VI, n. 178 del 18 gennaio 2012; n. 6374 del 12 dicembre 2012; n. 5150
del 28 settembre 2012: sez. IV, n. 6664 del 21 dicembre 2012).
Tale seconda opzione assegna un’area di discrezionalità valutativa
della stazione appaltante in ordine alla selezione delle posizioni per le quali
vada assolto l’obbligo di dichiarazione ex art. 38, in base allo spessore
dell’ingerenza del procuratore nella gestione societaria, e dà luogo alla
possibile emersione ex post di condizioni impeditive della partecipazione alle
gare. L’indirizzo in questione trae preminente giustificazione nella ratio
dell’art. 38 che, attraverso l’indagine sulle persone fisiche che operano
nell’interesse dell’impresa, tende a prevenire ogni ricaduta di condotte che
siano incorse in giudizi riprovevoli sull’affidabilità e moralità dell’ente che
aspira all’affidamento della pubblica commessa. Verrebbe meno ogni possibile schermo
o copertura di amministratori strictu jure dotati dei requisiti di onorabilità rispetto
procuratori che non ne siano sprovvisti.
4. Si è in precedenza accennato che l’art. 45 della direttiva
2004/18/CE. stabilisce un nesso funzionale con il “diritto nazionale dello
stato membro in cui sono stabiliti i candidati o gli offerenti” ai fini della
verifica dei requisiti di ammissione e precisa che “le richieste riguarderanno
le persone giuridiche e/o le persone fisiche, compresi i dirigenti delle imprese
o qualsiasi persona che eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o di
controllo del candidato offerente”.
L’approccio interpretativo muove con riguardo a fattispecie – qual è
quella di cui è controversia – in cui gli obblighi di dichiarazione dei
partecipanti alla gara si individuano con stretto rinvio ai contenuti
prescrittivi di cui all’art. 38 del d.lgs. n. 163.
Si deve, inoltre, tener conto, su un piano sistematico, che la verifica
dei requisiti di ammissione si inserisce nella delicata fase del sub
procedimento di qualificazione ed ammissione delle imprese alla gara.
Valgono al riguardo i principi enunciati dall’art. 1 della legge n. 241
del 1990 di trasparenza, e cioè con riguardo al caso di specie, di chiarezza ex
ante degli oneri adempitivi del privato, nonché di efficacia, che postula
scelte provvedimentali garanti, su un piano di
effettività, del favor partecipationis
al concorso, con prevenzione di reprimende occulte del diritto di accesso alle
pubbliche gare.
Il principio di proporzionalità di matrice comunitaria (avuto riguardo
alle conseguenze espulsive che seguono alla verifica di segno negativo dei
requisiti di ammissione alla gara) induce, inoltre, a ripudiare una scelta
interpretativa dell’art. 38 comma 1, lett. c), del
d.lgs. n. 163 del 2006, disancorata da margini di certezza.
Ciò posto, il dato letterale di detto art. 38, comma 1, lett. c), collega la causa di esclusione dalla gara per
mancanza dei requisiti di moralità e di affidabilità, nelle ipotesi
esemplificate nella disposizione medesima, agli “amministratori muniti del
potere di rappresentanza” oltreché al “direttore tecnico”.
Alla stregua delle regole codicistiche, nelle
società di capitali la gestione dell’impresa è affidata in via ordinaria agli
amministratori (art. 2380 bis e 2475 cod. civ. ). Questi compiono tutti gli
atti e ogni operazione che si renda necessaria per attuare l’oggetto sociale.
Il munus di amministrazione può essere esercitato in
via individuale o collegiale. Nella seconda ipotesi lo statuto societario può
prevedere la costituzione di un consiglio di amministrazione.
Lo spessore dei poteri degli amministratori si configura di massima
come prevalente rispetto ad ogni altro soggetto abilitato ad agire per
l’attuazione degli interessi societari, perché cumula in via ordinaria poteri
di gestione, di indirizzo e di controllo che esplicano effetto condizionante
dell’attività e delle scelte della compagine aziendale complessivamente
considerata.
Ai fini della verifica dell’assenza delle cause di esclusione dalla
gara l’art. 38, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006
enuclea fra gli amministratori quelli “muniti di potere di rappresentanza”.
Detti soggetti, in rapporto di rappresentanza organica, sono abilitati, a
formulare dichiarazioni negoziali che obbligano la società nei confronti dei
terzi ed a compiere tutte le operazioni necessarie all’attuazione dell’oggetto
sociale,
Con la locuzione di “amministratori muniti del potere di
rappresentanza” l’art. 38 lett. c) ha inteso, quindi,
riferirsi ad un’individuata cerchia di persone fisiche che, in base alla
disciplina codicistica e dello statuto sociale, sono
abilitate ad agire per l’attuazione degli scopi societari e che, proprio in
tale veste qualificano in via ordinaria, quanto ai requisiti di moralità e di
affidabilità, l’intera compagine sociale.
In diverso modo si atteggia la posizione del procuratore ad negotia
Questa figura è eventuale e non necessaria nell’assetto istituzionale
delle società di capitali. Elemento differenziale fra gli amministratori ed i
procuratori ad negotia è che ai primi è, di norma,
affidata l’attività gestoria dell’impresa con potere
di rappresentanza generale, mentre i secondi, oltre a derivare il proprio
potere dalla volontà (di regola) degli amministratori, operano di massima
nell’interesse societario per oggetto limitato e soggiacciono al controllo di
chi ha conferito la procura.
Nella modulazione degli assetti societari la prassi mostra tuttavia
l’emersione, in talune ipotesi, di figure di procuratori muniti di poteri
decisionali di particolare ampiezza e riferiti ad una pluralità di oggetti così
che, per sommatoria, possano configurarsi omologhi, se non di spessore
superiore, a quelli che lo statuto assegna agli amministratori.
Anche in questo caso, come sottolineato nella stessa ordinanza di
remissione, si pone l’esigenza di evitare, nell’ottica garantista dell’art. 38,
comma 1, lett. c), che l’amministrazione contratti
con persone giuridiche governate in sostanza, per scelte organizzative interne,
da persone fisiche sprovviste dei necessari requisiti di onorabilità ed
affidabilità morale e professionale, che si giovino dello schermo di chi per
statuto riveste la qualifica formale di amministratore con potere di
rappresentanza.
A ben vedere, in altre parole, in tal caso il procuratore speciale
finisce col rientrare a pieno titolo nella figura cui si richiama l’art. 38,
comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 163 del 2006, poiché
da un lato si connota come amministratore di fatto ai sensi dell’art. 2639,
comma 1, cod. civ. e, d’altro lato, in forza della procura rilasciatagli,
assomma in sé anche il ruolo di rappresentante della società, sia pure
eventualmente solo per una serie determinata di atti.
Detta conclusione non è smentita dal menzionato art. 45 della direttiva
U.E., il quale anzi, facendo riferimento, come già innanzi riportato, a
“qualsiasi persona” che “eserciti il potere di rappresentanza, di decisione o
di controllo” dell’impresa, sembra mirare, conformemente del resto
all’orientamento generale del diritto dell’Unione, ad una interpretazione
sostanzialista della figura.
Naturalmente, in aderenza a quanto affermato da questa medesima
Adunanza plenaria con sentenza n. 10 del 2012 a proposito delle fattispecie
relative alla cessione di azienda o di ramo di azienda, stante la non univocità
della norma circa l’onere dichiarativo dell’impresa nelle ipotesi in esame (cui
va aggiunta, per il passato, l’incertezza degli indirizzi giurisprudenziali)
deve intendersi che, qualora la lex specialis non contenga al riguardo una specifica comminatoria
di esclusione, quest’ultima potrà essere disposta non già per la mera omessa
dichiarazione ex art. 38 cit., ma soltanto là dove sia effettivamente
riscontrabile l’assenza del requisito in questione.
5. Con riguardo alla fattispecie di cui è controversia la
regolamentazione di gara (punto 10.2. del disciplinare) imponeva di produrre, a
pena di esclusione, nella busta A (relativa alla documentazione amministrativa)
una dichiarazione sostitutiva con la quale il concorrente “attesta, indicandole
specificamente, di non trovarsi nelle cause di esclusione previste dall’art.
38, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006”.
Il T.A.R., con interpretazione estensivo/analogica – non consentita per
le ragioni innanzi esposte - ha ritenuto dovuta detta dichiarazione anche
relativamente al procuratore speciale, traendo da ciò con carattere di
automatismo la comminatoria di espulsione dalla gara.
L’onere
di rendere detta la dichiarazione non emergeva, tuttavia, in alcun modo dalla
formulazione della lex specialis
(con riguardo anche alla posizione rivestita dal procuratore nell’azienda di
cui un ramo è stato ceduto all’odierna appellante) le cui disposizioni, stante
il generico rinvio all’art. 38, comma 1 del d.lgs. n. 163, non prendevano
affatto in considerazione le posizioni dei procuratori speciali, né di altro
soggetto diverso da quelli desumibili in via immediata dal menzionato art. 38
cui la regolamentazione di gara fa rinvio. Non è stato inoltre dimostrata, né
tantomeno assunta in via di ipotesi, l’esistenza di mende a carico del
procuratore, così che dall’invocata verifica potesse sortire l’effetto
preclusivo dell’ammissione alla gara per il difetto del requisito in questione.