AFFITTO CON PROMESSA DI VENDITA: IVA DA PAGARE SUBITO, NON AL ROGITO
(Articolo
pubblicato su Fiscooggi rivista telematica
dell’agenzia delle entrate)
Riportiamo
un interessante articolo pubblicato su FiscoOggi, la
rivista telematica dell’Agenzia delle Entrate che approfondisce la recente
sentenza della Corte di Cassazione n. 20975 del 13 settembre.
Affitto con promessa di vendita: Iva da pagare subito, non al rogito
Il
rinvio della contabilizzazione dei corrispettivi, che posticipa il pagamento
del tributo e realizza un indebito risparmio d’imposta, è equiparabile a una
elusione fiscale
Le
operazioni di locazione immobiliare con patto di futura vendita, o con prelazione
di vendita, devono essere assoggettate a Iva al momento della stipula del
contratto di locazione e non a quello del successivo rogito notarile per il
trasferimento della proprietà dell’immobile.
Il
rinvio della contabilizzazione dei corrispettivi, che di fatto posticipa il
pagamento del tributo e realizza un indebito risparmio d’imposta, è
equiparabile a un caso di elusione fiscale, poiché il contribuente non può
liberamente gestire le poste di bilancio e, quindi, decidere quando versare le
imposte relative al reddito imponibile.
Questi
i principi espressi dalla Corte di cassazione con la sentenza 20975 del 13
settembre.
Il fatto
Il
procedimento nasce dal processo verbale di constatazione redatto dai militari
della Guardia di finanza in seguito a una verifica fiscale condotta nei
confronti di una società immobiliare. Le risultanze del verbale, inerenti
violazioni in materia di Iva, avevano comportato l’emissione di un avviso di
irrogazione sanzioni e di un atto di contestazione, contro cui la società verificata
aveva proposto ricorso.
I
verificatori avevano constatato che la società aveva contabilizzato i
corrispettivi, relativi ai contratti di locazione con patto di futura vendita e
dei contratti di locazione con prelazione di vendita, al momento della stipula
del rogito per il trasferimento della proprietà dell’immobile e non a quello,
precedente, della stipula del contratto di locazione, rinviando di fatto il
versamento dell’Iva: da qui la contestazione delle sanzioni per tardivo
versamento dell’imposta.
Il
ricorso della società era respinto sia dalla Commissione tributaria provinciale
sia da quella regionale, che confermavano la legittimità degli avvisi impugnati
e della relativa pretesa erariale.
In
particolare, a parere dei giudici di secondo grado, i colleghi di prime cure
avevano ben giudicato quando avevano considerato che il momento impositivo
delle operazioni esaminate era quello della stipula dei contratti di locazione
immobiliare - con clausola di trasferimento della proprietà del bene locato “vincolante
per entrambe le parti” - non rilevando, invece, il successivo momento di
trasferimento della proprietà.
La
società immobiliare impugnava la sentenza d’appello.
La
Corte di cassazione, ritenendo infondati i motivi di doglianza della
ricorrente, ha rigettato il ricorso, con condanna alle spese.
La decisione
Il
caso sottoposto al giudizio della Cassazione attiene la corretta
contabilizzazione e l’esatto trattamento fiscale, ai fini delle imposte dirette
e Iva, delle locazioni immobiliari con successiva vendita, ossia di quelle
operazioni che prevedono l’impegno vincolante per le parti, dopo un periodo di
locazione, alla successiva vendita dell’immobile.
Dal
canto suo, la società immobiliare aveva contabilizzato i corrispettivi
dell’operazione, assoggettandoli a tassazione, solo al momento della stipula
del rogito relativo al trasferimento della proprietà dell’immobile a favore
dell’acquirente, al termine del periodo di locazione.
A
parere dei giudici di merito e della stessa Corte di legittimità, tale
comportamento risulta non corretto, sia dal punto di vista dei principi
contabili sia da quello fiscale.
Sotto
l’aspetto civilistico, la Cassazione ricorda che i principi contabili nazionali
stabiliscono che, in merito alle operazioni di vendita con riserva di
proprietà, la componente del ricavo in capo al cedente (e del correlato costo
in capo all’acquirente) deve essere rilevata al momento della consegna del bene
(principio contabile n. 19) e che, inoltre, il trattamento contabile di
un’operazione è strettamente legato alla sua sostanza economica, al di là della
sua origine, contrattuale o legislativa (principio n. 11).
In
ragione di tali principi, a parere dei giudici di legittimità, la rilevazione
contabile della società è errata in quanto la stessa, non contabilizzando i
corrispettivi al momento della stipula del contratto di locazione, coincidente
con la consegna del bene, “non si sarebbe conformata alla sostanza
dell’operazione economica e alla sua ragione pratica”.
Dal
punto di vista fiscale, il trattamento delle operazioni in oggetto è
disciplinato, in materia di imposte dirette, dall’articolo 75, comma 2, lettera
a), del Dpr 917/1986, che prevede l’assimilazione
della “locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per
ambedue le parti” alla “vendita con riserva di proprietà.”
Tale
criterio d’imputazione è riproposto anche in ambito Iva, laddove l’articolo 2,
comma 2, del Dpr 633/1972, elencando le operazioni
assimilate alle cessioni di beni, include le vendite con riserva di proprietà e
le locazioni con clausola di trasferimento vincolante per ambedue le parti.
Se
ne deriva, dunque, che “tanto nel caso di vendita con riserva di proprietà che
in quello della locazione con patto di futura vendita, il differimento del
trasferimento della proprietà non rileva ai fini Iva e l’operazione, quanto
all’individuazione del momento di contabilizzazione, deve essere trattata come
una ordinaria cessione di beni, soggetta a Iva per l’intero corrispettivo al
momento in cui viene effettuata ai sensi dell’articolo 6 del Dpr 633/1972”.
I
giudici di legittimità considerano corrette le determinazioni della Commissione
tributaria regionale quando ha ritenuto che i contraenti volevano il
verificarsi dell’effetto traslativo della proprietà sin dal momento della
stipula della locazione, in linea con la finalità antielusiva perseguita dal
summenzionato articolo 75 del Tuir, “rivolta a
evitare che, mediante la stipulazione di un contratto di locazione con patto di
futura vendita, fosse indebitamente rinviata al futuro, da parte del venditore
o del locatore, l’imputazione a periodo dei componenti di reddito”.
In
altre parole, il Legislatore ha previsto la disposizione in commento per
impedire che il contribuente, mediante la locazione di un immobile con patto di
futura vendita vincolante per le parti, abbia la possibilità di posticipare
indebitamente la rilevazione contabile della plusvalenza emergente dalla
cessione solo al momento successivo del trasferimento formale della proprietà.
Sul
tema della corretta imputazione temporale dei componenti positivi e negativi di
reddito, i giudici della Corte suprema hanno fornito un ulteriore contributo,
affermando che “le regole sull’imputazione temporale dei componenti di reddito
sono inderogabili, sia per il contribuente che per l’ufficio finanziario e,
pertanto, il recupero a tassazione di ricavi nell’esercizio di competenza non
può trovare ostacolo nella circostanza che essi siano stati dichiarati in un
diverso esercizio: ciò infatti finirebbe per lasciare il contribuente arbitro
della scelta del periodo più conveniente in cui dichiarare i propri componenti
di reddito con innegabili riflessi sulla determinazione del proprio reddito
imponibile” (cfr Cassazione 26665/2009, 3947/2011 e
1648/2013).
La
Corte di cassazione ha ritenuto altresì infondate le doglianze della società
verificata, che nel giudizio aveva richiesto l’annullamento delle sanzioni in
ragione dell’incertezza normativa sulla disciplina in tema di contabilizzazione
dei corrispettivi relativi alle locazioni con patto di futura vendita.
Nel
rigettare le ragioni della ricorrente, i giudici hanno precisato che
l’incertezza normativa oggettiva, causa di esenzione del contribuente dalla
responsabilità amministrativa tributaria, “postula una condizione di
inevitabile incertezza su contenuto, oggetto e destinatari della norma
tributaria, ossia insicurezza ed equivocità del risultato conseguito attraverso
il procedimento di interpretazione, in presenza di pluralità di prescrizioni di
coordinamento difficoltoso per via di elementi positivi di confusione, che è
onere del contribuente allegare; detta insicurezza ed equivocità, inoltre,
vanno riferite non già a un generico contribuente, né a quei contribuenti che,
per loro perizia professionale, siano capaci di interpretazione normativa
qualificata, all’ufficio finanziario, ma al giudice, unico soggetto
dell’ordinamento cui è attribuito il potere - dovere di accertare la
ragionevolezza di una determinata interpretazione - cfr
ex plurimis, Cassazione 4522/13”.
Emiliano
Marvulli
Pubblicato
Martedì 1 Ottobre 2013