LL.PP. - CHI E’ IL SOCIO DI MAGGIORANZA NELLE SOCIETÀ CON MENO DI 4
SOCI
(Consiglio di Stato –Adunanza Plenaria, n. 33/2013)
“L’espressione “socio di maggioranza” di cui alle lettere b) e c)
dell’art. 38, comma 1, del d.lgs n. 163 del 2006, e
alla lettera m-ter) del medesimo comma, si intende riferita, oltre che al socio
titolare di più del 50% del capitale sociale, anche ai due soci titolari
ciascuno del 50% del capitale o, se i soci sono tre, al socio titolare del
50%.”.
1) Nel caso di due soci al
50% nessuna decisione può essere
presa se uno dei due è contrario mentre entrambi devono concordare su ciascuna
decisione.
Ciò rilevato risulterebbe contrastante con la ratio della normativa che
nessuno dei due soci provveda alle dichiarazioni richieste dalla legge
necessarie Consiglio di Stato Adunanza plenariaper il controllo dell’idoneità morale della
società, pur potendo ciascuno dei due condizionare, da solo, le decisioni
societarie, dovendosi quindi concludere che entrambi i soci devono rendere le
dichiarazioni prescritte.
Nella situazione di una società con tre soci la conclusione è diversa a
seconda che nessuno dei tre soci partecipi al 50% ovvero ve ne sia uno titolare
di tale partecipazione.
2) Nel primo caso la
percentuale della partecipazione di ciascun socio è variabile secondo le
diverse situazioni concrete inclusa l’ipotesi che un socio sia titolare del 49%
e gli altri due concorrano, con la propria partecipazione, a raggiungere il
restante 51%.
Ne consegue che nessun socio ha potere determinante poiché ognuno può
essere sostituito da uno degli altri due per raggiungere la maggioranza
decisionale; ciascun socio può perciò concorrere ad adottare la decisione ma
non è mai esclusivamente e sempre da solo determinante, poiché se uno dei tre
soci è contrario a una decisione questa può essere comunque assunta per accordo
tra gli altri due, potendo ogni socio accordarsi con ciascuno degli altri in
quanto non costretto a consentire con uno solo di essi data la ripartizione del
capitale sociale (cfr. anche Cons. Stato, sez. V, 25
luglio 2013, n.3963).
Nessuno dei soci ha perciò l’obbligo delle dichiarazioni poiché nessuno
esercita un potere decisionale condizionante in quanto imprescindibile, tale
perciò da farne qualificare la relativa posizione sostanziale come quella di un
socio di maggioranza; il concorso alle decisioni di volta in volta possibile da
parte di ciascun socio non autorizza infatti la conclusione che ognuno di essi
debba rendere le previste dichiarazioni, poiché la latitudine interpretativa
consentita dalla norma, che comunque si riferisce al “socio di maggioranza”,
non è tale da giustificare l’obbligo delle dichiarazioni per il socio che non
sia di maggioranza neanche nel significato sostanziale di cui si è detto.
Neppure varrebbe perciò, contro quanto esposto, affermare che ciascun socio
sarebbe, in tesi, dotato di potere condizionante in quanto nessuno di essi
concordi con nessun altro sulle decisioni da adottare, dovendosi ritenere che
la normativa sia riferita all’ipotesi fisiologica della gestione attiva della
società, che esiste per operare, come appunto provato dal riferimento al “socio
di maggioranza”, cioè a un soggetto in posizione tale da condizionare la
gestione nell’adozione di scelte operative.
3) Il caso della società
con tre soci in cui uno sia partecipante al 50%, variando le partecipazioni degli altri due a
concorrenza del restante 50%, risulta diverso sulla base delle medesime
considerazioni sinora svolte.
Il socio al 50% condiziona infatti, da solo, le decisioni sociali
poiché in nessun caso possono essere adottate senza il suo consenso, che è
quindi sempre necessario e imprescindibile mentre egli può accordarsi con l’uno
o l’altro dei due restanti soci senza l’obbligo di farlo con uno solo di essi,
nessuno dei quali esercita perciò un potere determinante.
Ne consegue che nel caso in esame obbligato a rendere le previste
dichiarazioni è soltanto il socio al 50% in quanto titolare di potere
condizionante le decisioni della società.