MINISTERO
DEL LAVORO - RAPPORTI DI
LAVORO A TEMPO DETERMINATO - CRITERI DI COMPUTO - INTERPELLO N.
30/2013
Si informa che il Ministero del Lavoro con interpello n. 30 del 19
novembre 2013,che si pubblica in calce alla presente nota, è intervenuta in merito al criterio utile per il computo dei rapporti di
lavoro a tempo determinato, ai fini dell’applicazione delle specifiche
disposizioni di legge.
In particolare, è stato richiesto di fornire delle precisazioni in
merito alla corretta interpretazione delle disposizioni di
cui all’art. 8 del D.Lgs n. 368/2001, ai fini del riconoscimento dei diritti sindacali previsti
dall’art. 35 della L. n. 300/70, delle diposizioni di cui all’art. 12 del D.Lgs n. 25/2007 sull’informazione e la consultazione
dei lavoratori, nonché sulle previsioni di cui all’art. 2, comma 2, del D.Lgs n. 113/2012 in merito ai Comitati Aziendali Europei (CAE).
Con riferimento alle prime due disposizioni e alla necessità che,
rispettivamente, il computo dei dipendenti e la definizione
della soglia numerica occupazionale si basino sul numero medio mensile dei
lavoratori a tempo determinato impiegati negli ultimi due anni, sulla base
dell’effettiva durata dei rapporti di lavoro, il Dicastero ha precisato quanto
segue.
Ai fini della determinazione della base di computo
sarà necessario sommare tutti i periodi di rapporto di lavoro a tempo
determinato, svolti a favore del datore di lavoro nell’ultimo biennio, e
dividerli per 24 mesi. Il valore così ottenuto dovrà essere arrotondato per difetto qualora sia compreso tra 0,01 e 0,50 e per eccesso qualora
sia compreso tra 0,51 e 0,99.
A titolo esemplificativo, nel caso di due lavoratori, rispettivamente,
con contratti a tempo determinato pari a 12 e 16 mesi, bisognerà sommare i due
valori (12+16= 28) e dividere per 24 (28/24=1,16). Nel caso specifico, tale
valore corrisponderà ad una unità lavorativa.
Con riferimento, poi, al criterio di computo di cui all’art. 2, comma 2
del D.Lgs n. 113/2012 concernente i Comitati Aziendali Europei (CAE), è stato chiarito che si applica il medesimo procedimento previsto
per le altre due disposizioni, in quanto il riferimento al numero medio
“ponderato” è da ritenersi relativo sia ai rapporti di lavoro a tempo
determinato che ai rapporti di lavoro a tempo
indeterminato, così come la disposizione di cui all’art. 12 del D.Lgs n. 25/2007.
Ministero del Lavoro
Roma, 19 novembre 2013
Interpello n. 30
Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 - criteri di computo dei rapporti di lavoro a tempo
determinato.
La Confindustria ha avanzato istanza di
interpello al fine di conoscere il parere di questa Direzione generale in
merito al criterio utile per il computo dei rapporti di lavoro a tempo
determinato, ai fini dell’applicazione di specifiche previsioni di legge.
In particolare, l’istante si riferisce alla
corretta interpretazione:
- dell’art. 8, D.Lgs. n. 368/2001 ai fini del riconoscimento dei diritti sindacali di cui
all’art. 35;
- L. n. 300/1970,dell’art. 12, D.Lgs. n. 25/2007, sulla disciplina dell’informazione e
della consultazione dei lavoratori;
- dell’art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 113/2012 concernente i CAE (Comitati Aziendali Europei).
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale delle
Relazioni Industriali e dei Rapporti di Lavoro, si rappresenta quanto segue.
Innanzitutto, occorre esaminare la di sposizione di cui all’art. 8 sopra citata, come modificato dalla L. n. 97/2013.
La norma nello specifico dispone che, a decorrere dal 31 dicembre p.v.,
“i limiti prescritti dal primo e dal secondo comma dell’articolo
35 della legge 20 maggio 1970, n. 300, per il computo dei dipendenti si basano
sul numero medio mensile di lavoratori a tempo determinato impiegati negli
ultimi due anni, sulla base dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro”.
Analogamente l’art. 3, D.Lgs. n. 25/2007 in ordine alla disciplina dell’informazione e della
consultazione dei lavoratori prevede che “la soglia numerica occupazionale è
definita nel rispetto delle norme di legge e si basa sul numero medio mensile
dei lavoratori subordinati, a tempo determinato ed indeterminato, impiegati negli ultimi due anni, sulla base
dell’effettiva durata dei loro rapporti di lavoro”.
Dalla lettura delle disposizioni sopra indicate si evince che, ai fini
della corretta determinazione della base di computo, occorre effettuare la
somma di tutti i periodi di rapporto di lavoro a tempo determinato, svolti a
favore del datore di lavoro nell’ultimo biennio e successivamente dividere il
totale per 24 mesi.
Il risultato così ottenuto consente infatti di
determinare, così come richiesto dal Legislatore, il numero medio mensile dei
lavoratori subordinati impiegati nell’arco di 24 mesi.
A titolo esemplificativo, nell’ipotesi di due lavoratori a tempo
determinato con rapporti di lavoro rispettivamente pari a 12 per ciascuno nel corso degli ultimi due anni, si procederà a
sommare la durata di ciascun rapporto (12 mesi + 12 mesi = 24 mesi ) per poi
dividere tale risultato per 24 mesi (24:24 = 1 unità lavorativa).
Ne consegue che il numero medio mensile dei lavoratori
subordinati impiegati nell’arco di 24 mesi è pari a 1 unità.
Con le medesime modalità, nel caso di due lavoratori a termine con
rapporti di lavoro rispettivamente pari a 12 e 16 mesi, si dovrà effettuare la somma di 12 mesi + 16 mesi = 28 mesi e divedere il
totale sempre per 24 mesi (28:24= 1,16) arrotondando il risultato ad una unità
lavorativa; la soluzione segue infatti il criterio dell’arrotondamento per
difetto nelle ipotesi in cui il risultato sia compreso tra 0,01 e 0,50,
mentre qualora sia compreso tra 0,51 e 0,99 si procede all’arrotondamento ad
unità (es. 1,50 = 1 unità; 1, 51 = 2 unità).
Per quanto attiene all’art. 2, comma 2, D.Lgs. n.113/2012, concernente i Comitati Aziendali Europei, il riferimento alla “ponderazione” non sembra modificare nella
sostanza il criterio di computo contemplato dalle due disposizioni innanzi
menzionate. Ai sensi di tale disposizione, infatti, “le soglie minime
prescritte per il computo dei dipendenti si basano sul numero medio ponderato
mensile di lavoratori impiegati negli ultimi due anni”, riferendosi in tal modo
sia ai rapporti di lavoro a tempo determinato che a quelli a tempo
indeterminato in linea con quanto stabilito dalla precedente disposizione normativa del 2007.
Ciò premesso si ritiene che il criterio di computo dei contratti a
tempo determinato sopra descritto possa trovare applicazione nelle fattispecie
richiamate dall’art. 8, D.Lgs. n. 368/2001, dall’art. 12, D.Lgs. n. 25/2007 e dall’art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 113/2012.