INPS
- LEGGE 8/3/2000 N. 53 CONGEDI
PARENTALI - PRIME ISTRUZIONI INPS
Con
circolare 6 giugno 2000, n. 109, l'I.N.P.S. ha fornito le prime, organiche
istruzioni applicative della legge 8 marzo 2000, n. 53 nella parte in cui detta
la nuova disciplina sui congedi parentali (cfr. Suppl. n. 3 al Notiziario n.
3/2000).
In
particolare le istruzioni concernono i seguenti istituti:
-
astensione facoltativa dal lavoro;
-
riposi orari c.d. per allattamento;
-
flessibilità dell'astensione obbligatoria;
-
astensione post-partum riconosciuta, in presenza di determinate condizioni, al
padre lavoratore.
Di
seguito si illustrano i predetti istituti anche alla luce dei contenuti della
circolare in parola.
1)ASTENSIONE
FACOLTATIVA
L'astensione
facoltativa è disciplinata dal nuovo art. 7, legge n. 1204/1971, come
integralmente riscritto dall'art. 3, della legge n. 53/2000, quale diritto
individuale spettante a ciascun genitore.
Con
la nuova disciplina ai genitori sono riconosciuti pari diritti: l'ampliamento
di tutela, rispetto alle regole previgenti, riguarda il padre lavoratore, il
quale può fruire dall'astensione facoltativa, quale diritto proprio, in ogni
caso, a prescindere dallo status di lavoratrice della madre. Pertanto, nel
nuovo contesto normativo, il lavoratore padre ha diritto all'astensione
facoltativa anche nel caso in cui la madre sia:
-
inoccupata, disoccupata, ovvero lavoratrice autonoma;
-
appartenente ad una categoria di lavoratrici non aventi diritto (lavoratrice a
domicilio, addetta ai servizi domestici o familiari, ecc.).
Il
diritto compete al padre lavoratore, anche apprendista, con la sola eccezione
dei lavoratori a domicilio e agli addetti ai servizi domestici e familiari.
La
configurazione del diritto in questione quale diritto individuale comporta che
i genitori possano fruirne contemporaneamente, ed inoltre che il padre possa
goderne in contemporanea:
-
con l'astensione obbligatoria post-partum della madre, nonché
-
con il periodo in cui la madre beneficia dei riposi orari ex art. 10, legge n.
1204/1971 (riposi c.d. di allattamento).
Del
resto, lo stesso art. 7, comma 1, della legge da ultimo citata, nuovo testo,
pone, quale unico limite al diritto all'astensione facoltativa da parte del
padre lavoratore, che questi ne fruisca nei primi 8 anni di vita del bambino,
mentre laddove la legge ha voluto stabilire un esercizio alternato tra madre e
padre lo ha detto espressamente (cfr. al riguardo art. 7, comma 4, concernente
l'astensione durante la malattia del bambino di età inferiore a 8 anni).
Tempo
e durata del diritto
La
modifica dell'istituto in parola attiene, oltre al sopra evidenziato profilo di
ampliamento della tutela riconosciuta al padre lavoratore, anche ai limiti di
età del bambino entro cui il diritto può essere esercitato, alla durata
dell'astensione fruibile dal padre lavoratore, nonché al limite di durata complessiva
tra i due genitori.
Ciascuno
dei genitori può fruire, entro il giorno (compreso) dell'ottavo compleanno del
bambino, di un periodo di astensione facoltativa pari a 6 mesi, continuativo o
frazionato.
La
madre ne può fruire dopo il decorso dell'astensione obbligatoria post-partum.
I
sei mesi del padre sono elevati a 7 qualora egli si astenga dal lavoro per un
periodo non inferiore a 3 mesi. Al riguardo l'I.N.P.S. precisa che questi 3
mesi possono essere goduti anche in modo frazionato.
Complessivamente
i due genitori possono astenersi dal lavoro per dieci mesi entro gli otto anni
di vita del bambino (l'ultimo giorno di fruizione può al più tardi coincidere
con l'ottavo compleanno del minore). Il limite complessivo è elevato a undici
mesi, se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per almeno tre mesi fruiti
anche frazionatamente.
In
presenza di un solo genitore, questi ha diritto a beneficiare di un periodo,
continuativo o frazionato, pari a 10 mesi entro gli 8 anni di età del bambino.
La fattispecie di "solo genitore" ricorre nei casi di:
-
morte dell'altro genitore;
-
abbandono del figlio da parte di uno dei genitori;
-
affidamento del figlio ad uno solo dei genitori, risultante da un provvedimento
formale.
Agli
effetti della condizione di "genitore solo" per l'elevazione del
periodo a 10 mesi, rilevano anche i fatti che si verifichino dopo che uno dei
genitori abbia fruito del proprio periodo individuale massimo. La condizione
può, ad esempio, realizzarsi nel caso, in cui successivamente a tale fruizione,
il padre o la madre siano deceduti: in questo caso, agli effetti
dell'elevazione del periodo a 10 mesi, previsto per il "genitore
solo", si devono sommare ai 6 ovvero 6/7 mesi già fruiti (a seconda che si
tratti della madre o del padre) quelli in precedenza fruiti anche dall'altro
genitore.
I
genitori sono liberi di decidere la ripartizione tra di loro dei periodi di
astensione, fermo restando il limite individuale (6 mesi per la madre, 6/7 per
il padre) e complessivo (10/11 mesi).
Genitori
adottivi o affidatari
Per espressa previsione dell'art. 3, comma 5,
legge n. 53/2000, le disposizioni concernenti l'astensione facoltativa trovano
applicazione anche nei confronti dei genitori adottivi o affidatari. Ne consegue
l'abrogazione tacita del comma 2 dell'art. 6, legge n. 907/1977, che regolava
in maniera più restrittiva il diritto di astensione facoltativa della madre
adottiva o affidataria. In base alle nuove regole il diritto di astensione
facoltativa (individuale e complessiva) può essere esercitato:
a)
fino a 8 anni di età del bambino adottivo o affidato, a prescindere dal momento
di ingresso del minore nel nucleo familiare. Entro il giorno dell'8º
compleanno, vale, infatti la regola
stabilita per i genitori naturali;
b)
entro tre anni dall'ingresso in famiglia, per i bambini che alla data del
provvedimento di adozione o affidamento hanno un'età compresa tra i 6 e i 12
anni. In questo caso vale una regola particolare, che consente ai genitori di
esercitare il diritto all'astensione facoltativa solo entro tre anni
dall'ingresso del bambino in famiglia e comunque l'astensione non può andare
oltre il giorno del 15º compleanno del minore.
Frazionabilità
dell'astensione
Come
già evidenziato, l'astensione facoltativa può essere fruita, oltre che come
periodo continuativo, anche in maniera frazionata. Il frazionamento è ammesso
non solo a mese, ma anche a giorni, e può riguardare anche una sola giornata.
Tra
un periodo e l'altro di astensione facoltativa deve essere effettuata una
ripresa effettiva del lavoro.
I
criteri di computo dei periodi di astensione restano quelli di cui alla
circolare I.N.P.S. 26 gennaio 1982, n. 134382, par. 1.4 e pertanto:
-
se la durata del periodo di astensione preso in considerazione è esattamente
pari ad un mese o ad un multiplo dello stesso (ad es.: dal 1º gennaio al 31
gennaio ovvero dal 18 febbraio al 17 marzo), ai fini del periodo massimo dei 6
mesi della madre e dei 7 mesi del padre, devono essere computati uno o più mesi
interi;
-
per i periodi di astensione inferiori al mese, si sommano le giornate di
assenza di ciascun periodo fino a raggiungere il numero di 30. Ogni gruppo di
30 giornate si considera pari ad un mese, mentre i giorni residui si tengono in
evidenza per sommarli successivamente ad eventuali ulteriori periodi;
-
per i periodi di astensione superiori ad un mese (ma non multipli dello stesso)
si computa il mese od il numero dei mesi inclusi nei periodi stessi secondo il
calendario comune, lasciando come resto il numero dei giorni che non
raggiungono il mese intero. Questi ultimi vengono tenuti in evidenza per
sommarli successivamente ad eventuali ulteriori periodi. A maggior chiarimento
valga il seguente esempio:
1º
periodo: dal 15 al 27 aprile = mesi 0+gg.13
2º
periodo: dal 10 maggio al 31 agosto = mesi 3+gg.22
3º
periodo: dal 9 settembre all'8 ottobre = mesi 1+gg. 0
4º
periodo: dal 17 al 19 ottobre = mesi 0 + gg. 3
5º
periodo: 8 novembre = mesi 0 + gg. 1
=
mesi 4 + gg. 39
Totale
= mesi 5 + gg. 9
Alla
lavoratrice o al lavoratore, per completare il 6º mese, restano ulteriori 21
giornate di astensione.
Trattamento
economico
Immutate
sono le condizioni per il diritto all'astensione facoltativa, che presuppone,
all'inizio e durante il periodo di astensione facoltativa stessa:
-
il rapporto di lavoro in atto;
-
la vivenza del bambino.
Nuovi
criteri sono, invece, stati introdotti in tema di trattamento economico
spettante per i periodi di astensione facoltativa e di retribuzione da prendere
a riferimento per il calcolo dell'indennità.
Quanto
al primo profilo, al padre e alla madre lavoratori compete una indennità
giornaliera in misura pari al 30% della retribuzione:
A)
a prescindere dalla situazione reddituale, per un periodo di astensione
facoltativa massimo complessivo tra i genitori di sei mesi. Questa indennità
può essere erogata:
-
per i genitori naturali, fino al 3º anno di vita del bambino (cioè fino al
giorno compreso, del 3º compleanno);
-
per i genitori adottivi o affidatari di bambini fino al 6º anno di età (cioè
fino al giorno, compreso, del 6º compleanno);
-
per i genitori adottivi o affidatari di bambini adottati tra i 6 e i 12 anni,
entro i 3 anni successivi all'ingresso in famiglia;
B)
a prestabilite condizioni di reddito, per un periodo di astensione facoltativa
massimo fino a 10 (o 11) mesi.
Fuori
dai casi indicati al precedente punto A) l'indennità compete se il reddito
individuale del genitore interessato è inferiore a 2,5 volte l'importo del
trattamento minimo di pensione a carico dell'A.G.O., fermi i periodi massimi
fruibili individualmente (6/7 mesi) e complessivamente (10/11 mesi) e con i
seguenti limiti temporali:
-
per i genitori naturali, fino al compimento dell'8º anno di età del bambino. Le
condizioni di reddito diventano operative dopo che i genitori abbiano già
fruito dei sei mesi complessivi di astensione entro il 3º anno di età del
bambino, oppure, dopo il compimento del 3º anno, per gli eventuali periodi non
ancora fruiti;
-
per i genitori adottivi o affidatari quando l'astensione, fermi restando i
requisiti di diritto, viene richiesta o prosegue dopo la fruizione dei primi
sei mesi, tra i due genitori, oppure, per i periodi fino ai primi sei mesi,
eventualmente non fruiti ma teoricamente spettanti, dopo il 3º anno
dall'ingresso in famiglia (in questo punto la circolare I.N.P.S. non è dotata
della necessaria chiarezza).
Come
indicato, il diritto all'indennità nei casi di cui al presente punto B) è
subordinato a precisi limiti di reddito: più precisamente ne ha titolo il
lavoratore in astensione facoltativa con reddito individuale inferiore a 2,5
l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'A.G.O..
Il
limite di reddito, da confrontare con il reddito individuale del lavoratore
interessato, si determina assumendo l'importo del trattamento pensionistico
vigente nell'anno in cui inizia l'astensione o una frazione di essa,
moltiplicato per 2,5.
Il
risultato ottenuto rappresenta il limite di reddito al quale deve essere fatto
riferimento dall'inizio alla fine del singolo periodo di astensione facoltativa
richiesto dal lavoratore. Questo criterio comporta che nell'ipotesi in cui il
lavoratore chieda un periodo di astensione a cavaliere di due anni solari, ad
esempio, dal 1º novembre dell'anno A al 31 gennaio dell'anno B, il limite
massimo di reddito anche per la frazione del periodo richiesto che si colloca
nell'anno B (nell'esempio, il mese di gennaio) resta quello determinato con
riferimento all'anno A, in cui ha avuto inizio il periodo di astensione
considerato.
Diverso
il caso in cui, dopo una effettiva ripresa dell'attività, il lavoratore chieda
di fruire, nell'anno B o nei successivi, di una ulteriore frazione del periodo
di astensione ad esso spettante. Per questo nuovo periodo, il limite di reddito
sarà determinato assumendo l'importo minimo del trattamento di pensione
relativo all'anno in cui ha inizio questo nuovo periodo, moltiplicato per 2,5.
Per
l'anno 2000 il limite di reddito è pari a Lire 23.429.250. A questo limite deve
essere raffrontato il reddito individuale del lavoratore richiedente.
Il
reddito individuale del lavoratore interessato è invece costituito dal reddito
imponibile ai fini fiscali, al netto dei soli contributi previdenziali ed
assistenziali, ed al lordo sia di oneri deducibili che di detrazioni d'imposta,
con esclusione:
-
dell'indennità di maternità richiesta dal lavoratore;
-
del reddito della casa di abitazione;
-
dei trattamenti di fine rapporto comunque denominati;
-
dei redditi derivanti da competenze arretrate sottoposte a tassazione separata;
-
dei redditi già tassati per intero alla fonte (interessi, premi, o altri frutti
corrisposti al possessore di obbligazioni);
-
i redditi esenti (pensioni di guerra, pensioni privilegiate ordinarie tabellari
spettanti ai militari di leva, rendite I.N.A.I.L., indennità di
accompagnamento, pensioni e indennità percepite da ciechi, invalidi civili e
sordomuti, pensioni erogate da organismi esteri aventi natura risarcitoria).
Vanno,
invece, ricompresi, tra l'altro, i redditi conseguiti all'estero o derivanti da
lavoro presso organismi internazionali che, se prodotti in Italia, sarebbero
assoggettati all'I.R.P.E.F..
Il
reddito individuale da raffrontare è quello percepito dal lavoratore
interessato nell'anno in cui ha inizio la prestazione o la frazione di essa.
Il
lavoratore deve dichiarare il reddito individuale presunto per l'anno in cui
chiede il godimento del periodo di astensione o di frazione di essa.
L'anno
successivo, alla scadenza dei termini per la denuncia dei redditi, dovrà
dichiarare all'I.N.P.S. il reddito effettivo, in relazione al quale saranno
effettuati gli eventuali conguagli, attivi o passivi. A questo ultimo proposito
la circolare non contiene indicazioni circa le modalità di conguaglio ed il
soggetto tenuto ad effettuarli. Vale, pertanto, la riserva di eventuali
successive istruzioni.
Misura
dell'indennità e periodo retributivo di riferimento per il calcolo
dell'indennità
Come
precisato, l'indennità per astensione facoltativa continua ad essere pari al 30
per cento della retribuzione.
Cambia,
tuttavia, rispetto alla previgente disciplina, il periodo retributivo da
prendere a riferimento per il calcolo dell'indennità: mentre, in precedenza, ai
sensi dell'art. 16, comma 1, legge n. 1204/1971, si assumeva la retribuzione
media globale giornaliera percepita dalla lavoratrice nel periodo di paga
mensile immediatamente precedente quello nel corso del quale ha avuto inizio
l'astensione obbligatoria, ora, secondo quanto dispone l'art. 15, comma 15,
della legge n. 1204/1971, si applicano i criteri previsti per l'erogazione
dell'indennità di malattia, esclusi - come precisa la circolare - i ratei di
mensilità aggiuntive (si continua, quindi, ad escludere dal computo della
retribuzione media globale giornaliera il rateo di tredicesima mensilità o
gratifica natalizia e d altri premi o mensilità aggiuntive eventualmente
spettanti).
Il
rinvio ai criteri della prestazione di malattia comporta che la retribuzione da
prendere a riferimento è quella del periodo mensile scaduto ed immediatamente
precedente ciascun periodo di astensione richiesto, anche frazionatamente.
In
altre parole, mentre in precedenza, anche in caso di fruizione frazionata
dell'astensione facoltativa, il periodo di paga mensile da prendere in
considerazione per il calcolo della prestazione di maternità era sempre quello
immediatamente precedente quello nel corso del quale ha avuto inizio l'astensione
obbligatoria, la nuova disciplina determina il superamento di questo criterio:
in base alle nuove regole si assume la retribuzione del periodo mensile scaduto
ed immediatamente precedente ciascun periodo di astensione facoltativa
richiesto, anche frazionatamente. Il nuovo criterio può pertanto comportare, in
caso di fruizione frazionata del periodo di astensione, la necessità di
assumere una retribuzione di riferimento diversa dal periodo a periodo, con
correlativa determinazione di una prestazione di diverso ammontare.
Nulla
dispone la circolare per il caso in cui l'astensione facoltativa succeda
ininterrottamente all'astensione obbligatoria. In assenza di diverse
indicazioni dell'Istituto, in questo caso sembra necessario e corretto
riferirsi alla retribuzione corrisposta nel mese immediatamente precedente
quello nel corso del quale ha avuto inizio l'astensione obbligatoria stessa.
Documentazione
La
domanda di astensione facoltativa deve essere presentata all'I.N.P.S. e al
datore di lavoro dal genitore che intende fruirne, corredata dalla seguente
documentazione:
-
certificato di nascita da cui risulti la paternità e la maternità, o altra
certificazione che riporti gli stessi elementi. In alternativa il richiedente
può presentare una dichiarazione sostitutiva di certificazione, valida con la
semplice sottoscrizione dell'interessato (non richiede cioè autenticazione, ex
art. 2, legge n. 15/1968);
-
dichiarazione non autentica di responsabilità dell'altro genitore relativa agli
eventuali periodi di astensione facoltativa dallo stesso già fruiti per il
figlio di cui trattasi. La dichiarazione deve contenere:
-
l'indicazione del datore di lavoro presso cui i periodi sono stati fruiti, se
si tratta di lavoratore dipendente, ovvero
·
la dichiarazione relativa alla sua qualità di non avente diritto (libero
professionista, lavoratore/trice a domicilio o addetto ai servizi domestici,
ecc.);
-
analoga dichiarazione non autentica di responsabilità del lavoratore
richiedente concernente gli eventuali periodi di astensione facoltativa dallo
stesso eventualmente già fruiti;
-
impegno di entrambi i genitori a comunicare eventuali variazioni successive.
La
circolare risolve, pertanto, nella direzione della semplificazione il problema
di conoscere, agli effetti dei limiti individuale e complessivo della durata
dell'astensione facoltativa, i periodi di astensione già fruiti da entrambi i
genitori anche presso precedenti datori di lavoro, richiedendo agli stessi
genitori il rilascio di un dichiarazione di responsabilità, senza obbligo di
autentica.
2)
RIPOSI ORARI: ESTENSIONE DEL DIRITTO GIÀ RICONOSCIUTI AL PADRE
L'art.
6 ter aggiunto alla legge n. 907/77 dall'art; 13 della legge n. 53/2000,
estende il diritto, già riconosciuto al padre, ai riposi c.d. per allattamento
anche all'ipotesi in cui la madre sia lavoratrice, ma non abbia la qualifica di
dipendente, sia quindi lavoratrice autonoma, libera professionista, ecc..
In
esito alla richiamata norma, il diritto a fruire, entro l'anno di età del
bambino, dei riposi giornalieri di cui all'art. 10, della legge n. 1204/1971 ed
al relativo trattamento economico compete al padre lavoratore dipendente:
-
nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre, ovvero la madre sia
deceduta o sia colpita da grave infermità;
-
in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga. Questa
ipotesi ricomprende anche il caso della lavoratrice dipendente che non ha
diritto ai riposi giornalieri in quanto lavoratrice domestica o a domicilio;
-
nel caso in cui la madre sia lavoratrice, ma non dipendente, sia cioè
lavoratrice autonoma, libera professionista, ecc..
Il
padre lavoratore:
-
non ha diritto ai riposi nel caso in cui la madre non svolga attività
lavorativa (sia ad esempio disoccupata o casalinga);
-
non ne può fruire durante i periodi di astensione obbligatoria o facoltativa
della madre lavoratrice;
-
fruisce di un numero di ore di riposo in relazione al proprio orario
giornaliero di lavoro (in precedenza, poiché il diritto era configurato come
diritto derivato da quello della madre lavoratrice dipendente, il numero di ore
spettanti al padre era determinato in base all'orario della madre, non al
proprio orario).
Parto
plurimo
In
caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e delle ore
aggiuntive può fruire anche il padre.
In
particolare, in caso di parto plurimo:
-
il padre può fruire delle ore aggiuntive, ad avviso dell'I.N.P.S., anche
durante i periodi di astensione obbligatoria e facoltativa della madre;
-
in caso di fruizione dei riposi da parte di entrambi i genitori, le ore di cui
ciascuno può fruire sono individuate in base all'orario di lavoro del genitore
che esercita il diritto.
Documentazione
Per
fruire dei riposi nei casi elencati al precedente punto nonché per fruire delle
ore aggiuntive in caso di parto plurimo, il lavoratore padre deve presentare al
datore di lavoro e all'I.N.P.S. la seguente documentazione:
-
domanda del lavoratore;
-
certificato di nascita da cui risulti la paternità e la maternità, o altra
certificazione che riporti gli stessi elementi. In alternativa, il richiedente
può presentare un dichiarazione sostitutiva di certificazione, senza necessità
di autenticazione.
In
aggiunta alla predetta documentazione, ed in relazione alla ragione di utilizzo
dei riposi, il lavoratore deve altresì presentare:
-
per il caso di morte della madre, certificazione di morte o dichiarazione
sostitutiva;
-
in caso di grave infermità della madre, certificato medico, rilasciato dalla
ASL competente per territorio, attestante lo stato di grave infermità e
l'impossibilità della madre di accudire il minore;
-
in caso di affidamento esclusivo del bambino, sentenza o altro provvedimento
giudiziale (anche nella sola parte del dispositivo) che disponga l'affidamento
esclusivo al padre;
-
in alternativa alla madre lavoratrice dipendente, nonché nel caso di parto
plurimo, dichiarazione della madre che attesti la non fruizione delle ore di
riposo. La dichiarazione in parola deve essere confermata, in forma scritta,
dal datore di lavoro della madre;
-
nel caso in cui la madre sia lavoratrice, ma non dipendente, nonché nel caso di
parto plurimo, da una dichiarazione della madre relativa alla sua attività di
lavoro non dipendente.
Il
padre deve impegnarsi a comunicare eventuali variazioni successive.
3)
FLESSIBILITÀ DELL'ASTENSIONE OBBLIGATORIA
Il
nuovo art. 4 bis della legge n. 1204/1971, inserito dall'art. 12 della legge n.
53/2000, ha introdotto la facoltà della lavoratrice, ferma la durata
complessiva dell'astensione obbligatoria dal lavoro (5 mesi), di limitare
l'astensione ante partum al solo mese che precede la data presunta del parto e
di astenersi, quindi, per i quattro mesi successivi al parto stesso.
Per
l'esercizio di tale facoltà la lavoratrice deve presentare al datore di lavoro
due attestazioni sanitarie, rilasciate rispettivamente una dal ginecologo del
SSN o con esso convenzionato, e l'altra dal "medico competente", che
attestino che tale opzione non arreca pregiudizio alla salute della gestante e
del nascituro.
Nei
casi in cui la legge non prevede un obbligo di sorveglianza sanitaria è
sufficiente l'attestazione del ginecologo del SSN o con esso convenzionato.
La
legge demanda ad apposito decreto interministeriale l'individuazione dei lavori
per i quali non può trovare applicazione il diritto di opzione introdotto dalla
legge n. 53/2000.
Si
evidenzia che la circolare dell'I.N.P.S. non subordina l'applicazione della
disposizione all'adozione del predetto decreto, in attesa del quale, pertanto,
l'esercizio dell'opzione da parte delle lavoratrici resta rimesso al solo
giudizio dei sanitari citati.
4)
PARTI PREMATURI
Nei
casi in cui il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, ai
sensi dell'art. 11 della legge n. 53, i giorni non goduti di astensione
obbligatoria prima del parto vengono aggiunti al periodo di astensione obbligatoria
post-partum, mantenendo così inalterata la durata complessiva del periodo di
godimento (5 mesi, ex art. 4, legge n. 1204/1971).
Per
fruire del prolungamento dell'astensione post-partum la lavoratrice madre è
tenuta a presentare all'I.N.P.S. e al datore di lavoro, entro 30 giorni
dall'evento, la certificazione relativa alla data del parto, o una
dichiarazione sostitutiva.
Anche
in relazione alle istruzioni nel tempo diramate dall'I.N.P.S. la lavoratrice
può documentare la data dell'evento attraverso il certificato di assistenza al
parto, ma, alternativamente, anche attraverso un certificato di stato di
famiglia, ovvero una dichiarazione dello stesso sostitutiva.
5)
ASTENSIONE POST-PARTUM RICONOSCIUTA AL PADRE LAVORATORE
L'art;
13 della legge n. 53 riconosce al padre lavoratore il diritto di astenersi dal
lavoro nei primi 3 mesi dalla nascita del figlio nei seguenti casi:
-
morte o grave infermità della madre;
-
abbandono da parte della madre;
-
affidamento esclusivo del bambino al padre.
Il
diritto può essere esercitato fino al giorno del compimento del 3º mese di età
del bambino.
Si
tratta di un diritto individuale del padre, che prescinde dalla condizione di
lavoratrice o meno della madre.
Rispetto
al passato, la tutela accordata dalla disposizione in parola al padre
lavoratore è estesa al caso di abbandono.
Per
avvalersi del diritto in parola il lavoratore padre deve presentare al datore
di lavoro e all'I.N.P.S. la certificazione relativa alle suddette condizioni,
vale a dire:
-
in caso di morte, certificato di morte della madre, o, in alternativa,
dichiarazione sostitutiva;
-
in caso di grave infermità della madre, certificato medico, rilasciato dalla
ASL competente per territorio,
attestante lo stato di grave infermità e l'impossibilità della madre di
accudire il minore;
-
in caso di affidamento esclusivo del bambino, sentenza o altro provvedimento
giudiziale (anche nella sola parte del dispositivo) che disponga l'affidamento
esclusivo al padre;
-
in caso di abbandono, dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà resa dal
padre.
Dal
momento dell'abbandono, che avvenga nei primi tre mesi dalla data del parto,
alla madre non compete più l'indennità; da tale momento la prestazione può
essere corrisposta al padre per il restante periodo, fino al giorno del
compimento del 3º mese del figlio.
Durante
il periodo di astensione obbligatoria post-partum, al padre è riconosciuta
l'indennità a carico I.N.P.S. nella misura dell'80% della retribuzione.
6)
SITUAZIONI IN CORSO - APPLICABI-LITA' DELLA LEGGE
Le
disposizioni contenute nella legge n. 53/2000, nonché le relative istruzioni
operative contenute nella circolare n. 109 in oggetto, si applicano anche alle
situazioni in corso. Regolano, quindi, anche le astensioni facoltative ed i
riposi orari in corso di fruizione alla data del 28 marzo 2000, data di entrata
in vigore della legge.
Al
riguardo la circolare precisa che nel caso in cui la madre si sia già astenuta
dal lavoro per 6 mesi ai sensi della previgente normativa, il diritto al
prolungamento fino agli 8 anni di età del bambino può essere esercitato dal
solo padre, fino a un massimo di ulteriori 5 mesi. Il lavoratore avrà anche
diritto all'indennizzabilità se il suo reddito individuale nell'anno in cui
inizia il periodo di astensione richiesto, o la frazione di esso, è inferiore a
2,5 volte l'importo minimo del trattamento di pensione (per l'anno 2000, lire
23.429.250). In caso contrario l'astensione non potrà essere indennizata.
Anche
per i figli nati prima dell'entrata in vigore della legge n. 53/2000 (cioè
prima del 28 marzo 2000), la domanda relativa ai periodi di astensione
facoltativa deve essere corredata dalla documentazione indicata al paragrafo
che precede; non è necessario ripresentare il certificato di nascita da cui
risulti la paternità e la maternità (o dichiarazione sostitutiva) se è già
stato presentato all'I.N.P.S. e al datore di lavoro dal lavoratore richiedente
in precedente occasione.