INPS - LEGGE 8/3/2000 N. 53  CONGEDI PARENTALI - PRIME ISTRUZIONI INPS

 

Con circolare 6 giugno 2000, n. 109, l'I.N.P.S. ha fornito le prime, organiche istruzioni applicative della legge 8 marzo 2000, n. 53 nella parte in cui detta la nuova disciplina sui congedi parentali (cfr. Suppl. n. 3 al Notiziario n. 3/2000).

In particolare le istruzioni concernono i seguenti istituti:

- astensione facoltativa dal lavoro;

- riposi orari c.d. per allattamento;

- flessibilità dell'astensione obbligatoria;

- astensione post-partum riconosciuta, in presenza di determinate condizioni, al padre lavoratore.

 

Di seguito si illustrano i predetti istituti anche alla luce dei contenuti della circolare in parola.

 

1)ASTENSIONE FACOLTATIVA

L'astensione facoltativa è disciplinata dal nuovo art. 7, legge n. 1204/1971, come integralmente riscritto dall'art. 3, della legge n. 53/2000, quale diritto individuale spettante a ciascun genitore.

Con la nuova disciplina ai genitori sono riconosciuti pari diritti: l'ampliamento di tutela, rispetto alle regole previgenti, riguarda il padre lavoratore, il quale può fruire dall'astensione facoltativa, quale diritto proprio, in ogni caso, a prescindere dallo status di lavoratrice della madre. Pertanto, nel nuovo contesto normativo, il lavoratore padre ha diritto all'astensione facoltativa anche nel caso in cui la madre sia:

- inoccupata, disoccupata, ovvero lavoratrice autonoma;

- appartenente ad una categoria di lavoratrici non aventi diritto (lavoratrice a domicilio, addetta ai servizi domestici o familiari, ecc.).

Il diritto compete al padre lavoratore, anche apprendista, con la sola eccezione dei lavoratori a domicilio e agli addetti ai servizi domestici e familiari.

La configurazione del diritto in questione quale diritto individuale comporta che i genitori possano fruirne contemporaneamente, ed inoltre che il padre possa goderne in contemporanea:

- con l'astensione obbligatoria post-partum della madre, nonché

- con il periodo in cui la madre beneficia dei riposi orari ex art. 10, legge n. 1204/1971 (riposi c.d. di allattamento).

Del resto, lo stesso art. 7, comma 1, della legge da ultimo citata, nuovo testo, pone, quale unico limite al diritto all'astensione facoltativa da parte del padre lavoratore, che questi ne fruisca nei primi 8 anni di vita del bambino, mentre laddove la legge ha voluto stabilire un esercizio alternato tra madre e padre lo ha detto espressamente (cfr. al riguardo art. 7, comma 4, concernente l'astensione durante la malattia del bambino di età inferiore a 8 anni).

 

Tempo e durata del diritto

La modifica dell'istituto in parola attiene, oltre al sopra evidenziato profilo di ampliamento della tutela riconosciuta al padre lavoratore, anche ai limiti di età del bambino entro cui il diritto può essere esercitato, alla durata dell'astensione fruibile dal padre lavoratore, nonché al limite di durata complessiva tra i due genitori.

Ciascuno dei genitori può fruire, entro il giorno (compreso) dell'ottavo compleanno del bambino, di un periodo di astensione facoltativa pari a 6 mesi, continuativo o frazionato.

La madre ne può fruire dopo il decorso dell'astensione obbligatoria post-partum.

I sei mesi del padre sono elevati a 7 qualora egli si astenga dal lavoro per un periodo non inferiore a 3 mesi. Al riguardo l'I.N.P.S. precisa che questi 3 mesi possono essere goduti anche in modo frazionato.

Complessivamente i due genitori possono astenersi dal lavoro per dieci mesi entro gli otto anni di vita del bambino (l'ultimo giorno di fruizione può al più tardi coincidere con l'ottavo compleanno del minore). Il limite complessivo è elevato a undici mesi, se il padre lavoratore si astiene dal lavoro per almeno tre mesi fruiti anche frazionatamente.

In presenza di un solo genitore, questi ha diritto a beneficiare di un periodo, continuativo o frazionato, pari a 10 mesi entro gli 8 anni di età del bambino. La fattispecie di "solo genitore" ricorre nei casi di:

- morte dell'altro genitore;

- abbandono del figlio da parte di uno dei genitori;

- affidamento del figlio ad uno solo dei genitori, risultante da un provvedimento formale.

 

Agli effetti della condizione di "genitore solo" per l'elevazione del periodo a 10 mesi, rilevano anche i fatti che si verifichino dopo che uno dei genitori abbia fruito del proprio periodo individuale massimo. La condizione può, ad esempio, realizzarsi nel caso, in cui successivamente a tale fruizione, il padre o la madre siano deceduti: in questo caso, agli effetti dell'elevazione del periodo a 10 mesi, previsto per il "genitore solo", si devono sommare ai 6 ovvero 6/7 mesi già fruiti (a seconda che si tratti della madre o del padre) quelli in precedenza fruiti anche dall'altro genitore.

I genitori sono liberi di decidere la ripartizione tra di loro dei periodi di astensione, fermo restando il limite individuale (6 mesi per la madre, 6/7 per il padre) e complessivo (10/11 mesi).

 

Genitori adottivi o affidatari

Per  espressa previsione dell'art. 3, comma 5, legge n. 53/2000, le disposizioni concernenti l'astensione facoltativa trovano applicazione anche nei confronti dei genitori adottivi o affidatari. Ne consegue l'abrogazione tacita del comma 2 dell'art. 6, legge n. 907/1977, che regolava in maniera più restrittiva il diritto di astensione facoltativa della madre adottiva o affidataria. In base alle nuove regole il diritto di astensione facoltativa (individuale e complessiva) può essere esercitato:

a) fino a 8 anni di età del bambino adottivo o affidato, a prescindere dal momento di ingresso del minore nel nucleo familiare. Entro il giorno dell'8º compleanno, vale, infatti  la regola stabilita per i genitori naturali;

b) entro tre anni dall'ingresso in famiglia, per i bambini che alla data del provvedimento di adozione o affidamento hanno un'età compresa tra i 6 e i 12 anni. In questo caso vale una regola particolare, che consente ai genitori di esercitare il diritto all'astensione facoltativa solo entro tre anni dall'ingresso del bambino in famiglia e comunque l'astensione non può andare oltre il giorno del 15º compleanno del minore.

 

Frazionabilità dell'astensione

Come già evidenziato, l'astensione facoltativa può essere fruita, oltre che come periodo continuativo, anche in maniera frazionata. Il frazionamento è ammesso non solo a mese, ma anche a giorni, e può riguardare anche una sola giornata.

Tra un periodo e l'altro di astensione facoltativa deve essere effettuata una ripresa effettiva del lavoro.

I criteri di computo dei periodi di astensione restano quelli di cui alla circolare I.N.P.S. 26 gennaio 1982, n. 134382, par. 1.4 e pertanto:

- se la durata del periodo di astensione preso in considerazione è esattamente pari ad un mese o ad un multiplo dello stesso (ad es.: dal 1º gennaio al 31 gennaio ovvero dal 18 febbraio al 17 marzo), ai fini del periodo massimo dei 6 mesi della madre e dei 7 mesi del padre, devono essere computati uno o più mesi interi;

- per i periodi di astensione inferiori al mese, si sommano le giornate di assenza di ciascun periodo fino a raggiungere il numero di 30. Ogni gruppo di 30 giornate si considera pari ad un mese, mentre i giorni residui si tengono in evidenza per sommarli successivamente ad eventuali ulteriori periodi;

- per i periodi di astensione superiori ad un mese (ma non multipli dello stesso) si computa il mese od il numero dei mesi inclusi nei periodi stessi secondo il calendario comune, lasciando come resto il numero dei giorni che non raggiungono il mese intero. Questi ultimi vengono tenuti in evidenza per sommarli successivamente ad eventuali ulteriori periodi. A maggior chiarimento valga il seguente esempio:

1º periodo: dal 15 al 27 aprile = mesi 0+gg.13

2º periodo: dal 10 maggio al 31 agosto = mesi 3+gg.22

3º periodo: dal 9 settembre all'8 ottobre = mesi 1+gg. 0

4º periodo: dal 17 al 19 ottobre = mesi 0 + gg. 3

5º periodo: 8 novembre = mesi 0 + gg. 1

= mesi 4 + gg. 39

Totale = mesi 5 + gg. 9

 

Alla lavoratrice o al lavoratore, per completare il 6º mese, restano ulteriori 21 giornate di astensione.

 

Trattamento economico

Immutate sono le condizioni per il diritto all'astensione facoltativa, che presuppone, all'inizio e durante il periodo di astensione facoltativa stessa:

- il rapporto di lavoro in atto;

- la vivenza del bambino.

Nuovi criteri sono, invece, stati introdotti in tema di trattamento economico spettante per i periodi di astensione facoltativa e di retribuzione da prendere a riferimento per il calcolo dell'indennità.

Quanto al primo profilo, al padre e alla madre lavoratori compete una indennità giornaliera in misura pari al 30% della retribuzione:

A) a prescindere dalla situazione reddituale, per un periodo di astensione facoltativa massimo complessivo tra i genitori di sei mesi. Questa indennità può essere erogata:

- per i genitori naturali, fino al 3º anno di vita del bambino (cioè fino al giorno compreso, del 3º compleanno);

- per i genitori adottivi o affidatari di bambini fino al 6º anno di età (cioè fino al giorno, compreso, del 6º compleanno);

- per i genitori adottivi o affidatari di bambini adottati tra i 6 e i 12 anni, entro i 3 anni successivi all'ingresso in famiglia;

 

B) a prestabilite condizioni di reddito, per un periodo di astensione facoltativa massimo fino a 10 (o 11) mesi.

Fuori dai casi indicati al precedente punto A) l'indennità compete se il reddito individuale del genitore interessato è inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'A.G.O., fermi i periodi massimi fruibili individualmente (6/7 mesi) e complessivamente (10/11 mesi) e con i seguenti limiti temporali:

- per i genitori naturali, fino al compimento dell'8º anno di età del bambino. Le condizioni di reddito diventano operative dopo che i genitori abbiano già fruito dei sei mesi complessivi di astensione entro il 3º anno di età del bambino, oppure, dopo il compimento del 3º anno, per gli eventuali periodi non ancora fruiti;

- per i genitori adottivi o affidatari quando l'astensione, fermi restando i requisiti di diritto, viene richiesta o prosegue dopo la fruizione dei primi sei mesi, tra i due genitori, oppure, per i periodi fino ai primi sei mesi, eventualmente non fruiti ma teoricamente spettanti, dopo il 3º anno dall'ingresso in famiglia (in questo punto la circolare I.N.P.S. non è dotata della necessaria chiarezza).

Come indicato, il diritto all'indennità nei casi di cui al presente punto B) è subordinato a precisi limiti di reddito: più precisamente ne ha titolo il lavoratore in astensione facoltativa con reddito individuale inferiore a 2,5 l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'A.G.O..

Il limite di reddito, da confrontare con il reddito individuale del lavoratore interessato, si determina assumendo l'importo del trattamento pensionistico vigente nell'anno in cui inizia l'astensione o una frazione di essa, moltiplicato per 2,5.

Il risultato ottenuto rappresenta il limite di reddito al quale deve essere fatto riferimento dall'inizio alla fine del singolo periodo di astensione facoltativa richiesto dal lavoratore. Questo criterio comporta che nell'ipotesi in cui il lavoratore chieda un periodo di astensione a cavaliere di due anni solari, ad esempio, dal 1º novembre dell'anno A al 31 gennaio dell'anno B, il limite massimo di reddito anche per la frazione del periodo richiesto che si colloca nell'anno B (nell'esempio, il mese di gennaio) resta quello determinato con riferimento all'anno A, in cui ha avuto inizio il periodo di astensione considerato.

Diverso il caso in cui, dopo una effettiva ripresa dell'attività, il lavoratore chieda di fruire, nell'anno B o nei successivi, di una ulteriore frazione del periodo di astensione ad esso spettante. Per questo nuovo periodo, il limite di reddito sarà determinato assumendo l'importo minimo del trattamento di pensione relativo all'anno in cui ha inizio questo nuovo periodo, moltiplicato per 2,5.

Per l'anno 2000 il limite di reddito è pari a Lire 23.429.250. A questo limite deve essere raffrontato il reddito individuale del lavoratore richiedente.

Il reddito individuale del lavoratore interessato è invece costituito dal reddito imponibile ai fini fiscali, al netto dei soli contributi previdenziali ed assistenziali, ed al lordo sia di oneri deducibili che di detrazioni d'imposta, con esclusione:

- dell'indennità di maternità richiesta dal lavoratore;

- del reddito della casa di abitazione;

- dei trattamenti di fine rapporto comunque denominati;

- dei redditi derivanti da competenze arretrate sottoposte a tassazione separata;

- dei redditi già tassati per intero alla fonte (interessi, premi, o altri frutti corrisposti al possessore di obbligazioni);

- i redditi esenti (pensioni di guerra, pensioni privilegiate ordinarie tabellari spettanti ai militari di leva, rendite I.N.A.I.L., indennità di accompagnamento, pensioni e indennità percepite da ciechi, invalidi civili e sordomuti, pensioni erogate da organismi esteri aventi natura risarcitoria).

Vanno, invece, ricompresi, tra l'altro, i redditi conseguiti all'estero o derivanti da lavoro presso organismi internazionali che, se prodotti in Italia, sarebbero assoggettati all'I.R.P.E.F..

Il reddito individuale da raffrontare è quello percepito dal lavoratore interessato nell'anno in cui ha inizio la prestazione o la frazione di essa.

Il lavoratore deve dichiarare il reddito individuale presunto per l'anno in cui chiede il godimento del periodo di astensione o di frazione di essa.

L'anno successivo, alla scadenza dei termini per la denuncia dei redditi, dovrà dichiarare all'I.N.P.S. il reddito effettivo, in relazione al quale saranno effettuati gli eventuali conguagli, attivi o passivi. A questo ultimo proposito la circolare non contiene indicazioni circa le modalità di conguaglio ed il soggetto tenuto ad effettuarli. Vale, pertanto, la riserva di eventuali successive istruzioni.

 

Misura dell'indennità e periodo retributivo di riferimento per il calcolo dell'indennità

Come precisato, l'indennità per astensione facoltativa continua ad essere pari al 30 per cento della retribuzione.

Cambia, tuttavia, rispetto alla previgente disciplina, il periodo retributivo da prendere a riferimento per il calcolo dell'indennità: mentre, in precedenza, ai sensi dell'art. 16, comma 1, legge n. 1204/1971, si assumeva la retribuzione media globale giornaliera percepita dalla lavoratrice nel periodo di paga mensile immediatamente precedente quello nel corso del quale ha avuto inizio l'astensione obbligatoria, ora, secondo quanto dispone l'art. 15, comma 15, della legge n. 1204/1971, si applicano i criteri previsti per l'erogazione dell'indennità di malattia, esclusi - come precisa la circolare - i ratei di mensilità aggiuntive (si continua, quindi, ad escludere dal computo della retribuzione media globale giornaliera il rateo di tredicesima mensilità o gratifica natalizia e d altri premi o mensilità aggiuntive eventualmente spettanti).

Il rinvio ai criteri della prestazione di malattia comporta che la retribuzione da prendere a riferimento è quella del periodo mensile scaduto ed immediatamente precedente ciascun periodo di astensione richiesto, anche frazionatamente.

In altre parole, mentre in precedenza, anche in caso di fruizione frazionata dell'astensione facoltativa, il periodo di paga mensile da prendere in considerazione per il calcolo della prestazione di maternità era sempre quello immediatamente precedente quello nel corso del quale ha avuto inizio l'astensione obbligatoria, la nuova disciplina determina il superamento di questo criterio: in base alle nuove regole si assume la retribuzione del periodo mensile scaduto ed immediatamente precedente ciascun periodo di astensione facoltativa richiesto, anche frazionatamente. Il nuovo criterio può pertanto comportare, in caso di fruizione frazionata del periodo di astensione, la necessità di assumere una retribuzione di riferimento diversa dal periodo a periodo, con correlativa determinazione di una prestazione di diverso ammontare.

Nulla dispone la circolare per il caso in cui l'astensione facoltativa succeda ininterrottamente all'astensione obbligatoria. In assenza di diverse indicazioni dell'Istituto, in questo caso sembra necessario e corretto riferirsi alla retribuzione corrisposta nel mese immediatamente precedente quello nel corso del quale ha avuto inizio l'astensione obbligatoria stessa.

 

Documentazione

La domanda di astensione facoltativa deve essere presentata all'I.N.P.S. e al datore di lavoro dal genitore che intende fruirne, corredata dalla seguente documentazione:

- certificato di nascita da cui risulti la paternità e la maternità, o altra certificazione che riporti gli stessi elementi. In alternativa il richiedente può presentare una dichiarazione sostitutiva di certificazione, valida con la semplice sottoscrizione dell'interessato (non richiede cioè autenticazione, ex art. 2, legge n. 15/1968);

- dichiarazione non autentica di responsabilità dell'altro genitore relativa agli eventuali periodi di astensione facoltativa dallo stesso già fruiti per il figlio di cui trattasi. La dichiarazione deve contenere:

- l'indicazione del datore di lavoro presso cui i periodi sono stati fruiti, se si tratta di lavoratore dipendente, ovvero

· la dichiarazione relativa alla sua qualità di non avente diritto (libero professionista, lavoratore/trice a domicilio o addetto ai servizi domestici, ecc.);

- analoga dichiarazione non autentica di responsabilità del lavoratore richiedente concernente gli eventuali periodi di astensione facoltativa dallo stesso eventualmente già fruiti;

- impegno di entrambi i genitori a comunicare eventuali variazioni successive.

La circolare risolve, pertanto, nella direzione della semplificazione il problema di conoscere, agli effetti dei limiti individuale e complessivo della durata dell'astensione facoltativa, i periodi di astensione già fruiti da entrambi i genitori anche presso precedenti datori di lavoro, richiedendo agli stessi genitori il rilascio di un dichiarazione di responsabilità, senza obbligo di autentica.

 

2) RIPOSI ORARI: ESTENSIONE DEL DIRITTO GIÀ RICONOSCIUTI AL PADRE

L'art. 6 ter aggiunto alla legge n. 907/77 dall'art; 13 della legge n. 53/2000, estende il diritto, già riconosciuto al padre, ai riposi c.d. per allattamento anche all'ipotesi in cui la madre sia lavoratrice, ma non abbia la qualifica di dipendente, sia quindi lavoratrice autonoma, libera professionista, ecc..

In esito alla richiamata norma, il diritto a fruire, entro l'anno di età del bambino, dei riposi giornalieri di cui all'art. 10, della legge n. 1204/1971 ed al relativo trattamento economico compete al padre lavoratore dipendente:

- nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre, ovvero la madre sia deceduta o sia colpita da grave infermità;

- in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga. Questa ipotesi ricomprende anche il caso della lavoratrice dipendente che non ha diritto ai riposi giornalieri in quanto lavoratrice domestica o a domicilio;

- nel caso in cui la madre sia lavoratrice, ma non dipendente, sia cioè lavoratrice autonoma, libera professionista, ecc..

Il padre lavoratore:

- non ha diritto ai riposi nel caso in cui la madre non svolga attività lavorativa (sia ad esempio disoccupata o casalinga);

- non ne può fruire durante i periodi di astensione obbligatoria o facoltativa della madre lavoratrice;

- fruisce di un numero di ore di riposo in relazione al proprio orario giornaliero di lavoro (in precedenza, poiché il diritto era configurato come diritto derivato da quello della madre lavoratrice dipendente, il numero di ore spettanti al padre era determinato in base all'orario della madre, non al proprio orario).

 

Parto plurimo

In caso di parto plurimo, i periodi di riposo sono raddoppiati e delle ore aggiuntive può fruire anche il padre.

In particolare, in caso di parto plurimo:

- il padre può fruire delle ore aggiuntive, ad avviso dell'I.N.P.S., anche durante i periodi di astensione obbligatoria e facoltativa della madre;

- in caso di fruizione dei riposi da parte di entrambi i genitori, le ore di cui ciascuno può fruire sono individuate in base all'orario di lavoro del genitore che esercita il diritto.

 

Documentazione

Per fruire dei riposi nei casi elencati al precedente punto nonché per fruire delle ore aggiuntive in caso di parto plurimo, il lavoratore padre deve presentare al datore di lavoro e all'I.N.P.S. la seguente documentazione:

- domanda del lavoratore;

- certificato di nascita da cui risulti la paternità e la maternità, o altra certificazione che riporti gli stessi elementi. In alternativa, il richiedente può presentare un dichiarazione sostitutiva di certificazione, senza necessità di autenticazione.

In aggiunta alla predetta documentazione, ed in relazione alla ragione di utilizzo dei riposi, il lavoratore deve altresì presentare:

- per il caso di morte della madre, certificazione di morte o dichiarazione sostitutiva;

- in caso di grave infermità della madre, certificato medico, rilasciato dalla ASL competente per territorio, attestante lo stato di grave infermità e l'impossibilità della madre di accudire il minore;

- in caso di affidamento esclusivo del bambino, sentenza o altro provvedimento giudiziale (anche nella sola parte del dispositivo) che disponga l'affidamento esclusivo al padre;

- in alternativa alla madre lavoratrice dipendente, nonché nel caso di parto plurimo, dichiarazione della madre che attesti la non fruizione delle ore di riposo. La dichiarazione in parola deve essere confermata, in forma scritta, dal datore di lavoro della madre;

- nel caso in cui la madre sia lavoratrice, ma non dipendente, nonché nel caso di parto plurimo, da una dichiarazione della madre relativa alla sua attività di lavoro non dipendente.

Il padre deve impegnarsi a comunicare eventuali variazioni successive.

 

3) FLESSIBILITÀ DELL'ASTENSIONE OBBLIGATORIA

Il nuovo art. 4 bis della legge n. 1204/1971, inserito dall'art. 12 della legge n. 53/2000, ha introdotto la facoltà della lavoratrice, ferma la durata complessiva dell'astensione obbligatoria dal lavoro (5 mesi), di limitare l'astensione ante partum al solo mese che precede la data presunta del parto e di astenersi, quindi, per i quattro mesi successivi al parto stesso.

Per l'esercizio di tale facoltà la lavoratrice deve presentare al datore di lavoro due attestazioni sanitarie, rilasciate rispettivamente una dal ginecologo del SSN o con esso convenzionato, e l'altra dal "medico competente", che attestino che tale opzione non arreca pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.

Nei casi in cui la legge non prevede un obbligo di sorveglianza sanitaria è sufficiente l'attestazione del ginecologo del SSN o con esso convenzionato.

La legge demanda ad apposito decreto interministeriale l'individuazione dei lavori per i quali non può trovare applicazione il diritto di opzione introdotto dalla legge n. 53/2000.

Si evidenzia che la circolare dell'I.N.P.S. non subordina l'applicazione della disposizione all'adozione del predetto decreto, in attesa del quale, pertanto, l'esercizio dell'opzione da parte delle lavoratrici resta rimesso al solo giudizio dei sanitari citati.

 

4) PARTI PREMATURI

Nei casi in cui il parto avvenga in data anticipata rispetto a quella presunta, ai sensi dell'art. 11 della legge n. 53, i giorni non goduti di astensione obbligatoria prima del parto vengono aggiunti al periodo di astensione obbligatoria post-partum, mantenendo così inalterata la durata complessiva del periodo di godimento (5 mesi, ex art. 4, legge n. 1204/1971).

Per fruire del prolungamento dell'astensione post-partum la lavoratrice madre è tenuta a presentare all'I.N.P.S. e al datore di lavoro, entro 30 giorni dall'evento, la certificazione relativa alla data del parto, o una dichiarazione sostitutiva.

Anche in relazione alle istruzioni nel tempo diramate dall'I.N.P.S. la lavoratrice può documentare la data dell'evento attraverso il certificato di assistenza al parto, ma, alternativamente, anche attraverso un certificato di stato di famiglia, ovvero una dichiarazione dello stesso sostitutiva.

 

5) ASTENSIONE POST-PARTUM RICONOSCIUTA AL PADRE LAVORATORE

L'art; 13 della legge n. 53 riconosce al padre lavoratore il diritto di astenersi dal lavoro nei primi 3 mesi dalla nascita del figlio nei seguenti casi:

- morte o grave infermità della madre;

- abbandono da parte della madre;

- affidamento esclusivo del bambino al padre.

Il diritto può essere esercitato fino al giorno del compimento del 3º mese di età del bambino.

Si tratta di un diritto individuale del padre, che prescinde dalla condizione di lavoratrice o meno della madre.

Rispetto al passato, la tutela accordata dalla disposizione in parola al padre lavoratore è estesa al caso di abbandono.

Per avvalersi del diritto in parola il lavoratore padre deve presentare al datore di lavoro e all'I.N.P.S. la certificazione relativa alle suddette condizioni, vale a dire:

- in caso di morte, certificato di morte della madre, o, in alternativa, dichiarazione sostitutiva;

- in caso di grave infermità della madre, certificato medico, rilasciato dalla ASL  competente per territorio, attestante lo stato di grave infermità e l'impossibilità della madre di accudire il minore;

- in caso di affidamento esclusivo del bambino, sentenza o altro provvedimento giudiziale (anche nella sola parte del dispositivo) che disponga l'affidamento esclusivo al padre;

- in caso di abbandono, dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà resa dal padre.

Dal momento dell'abbandono, che avvenga nei primi tre mesi dalla data del parto, alla madre non compete più l'indennità; da tale momento la prestazione può essere corrisposta al padre per il restante periodo, fino al giorno del compimento del 3º mese del figlio.

Durante il periodo di astensione obbligatoria post-partum, al padre è riconosciuta l'indennità a carico I.N.P.S. nella misura dell'80% della retribuzione.

 

6) SITUAZIONI IN CORSO - APPLICABI-LITA' DELLA LEGGE

Le disposizioni contenute nella legge n. 53/2000, nonché le relative istruzioni operative contenute nella circolare n. 109 in oggetto, si applicano anche alle situazioni in corso. Regolano, quindi, anche le astensioni facoltative ed i riposi orari in corso di fruizione alla data del 28 marzo 2000, data di entrata in vigore della legge.

Al riguardo la circolare precisa che nel caso in cui la madre si sia già astenuta dal lavoro per 6 mesi ai sensi della previgente normativa, il diritto al prolungamento fino agli 8 anni di età del bambino può essere esercitato dal solo padre, fino a un massimo di ulteriori 5 mesi. Il lavoratore avrà anche diritto all'indennizzabilità se il suo reddito individuale nell'anno in cui inizia il periodo di astensione richiesto, o la frazione di esso, è inferiore a 2,5 volte l'importo minimo del trattamento di pensione (per l'anno 2000, lire 23.429.250). In caso contrario l'astensione non potrà essere indennizata.

Anche per i figli nati prima dell'entrata in vigore della legge n. 53/2000 (cioè prima del 28 marzo 2000), la domanda relativa ai periodi di astensione facoltativa deve essere corredata dalla documentazione indicata al paragrafo che precede; non è necessario ripresentare il certificato di nascita da cui risulti la paternità e la maternità (o dichiarazione sostitutiva) se è già stato presentato all'I.N.P.S. e al datore di lavoro dal lavoratore richiedente in precedente occasione.