CONGEDI PARENTALI - LEGGE N° 53/2000 - FLESSIBILITÀ ASTENSIONE OBBLIGATORIA -INDICAZIONI MINISTERO LAVORO

 

Come noto, il nuovo art. 4-bis della legge n. 1204/1971, inserito dall'art. 12 della legge 8 marzo 2000, n. 53, ha introdotto la facoltà della lavoratrice, ferma la durata complessiva dell'astensione obbligatoria dal lavoro (5 mesi), di posticipare l'ingresso nel periodo di astensione obbligatoria preparto, portandolo non oltre l'inizio del mese precedente la data presunta del parto stesso. In tal caso, i restanti 4 mesi di godimento dell'astensione in parola si concentreranno nel periodo successivo l'evento.

Presupposto indispensabile per la concessione di tale facoltà è l'attestazione da parte del medico specialista del S.S.N. (o con esso convenzionato) e del medico competente di cui al decreto legislativo n. 626/1994 che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.

La legge, inoltre, demanda ad un apposito decreto interministeriale l'individuazione dei lavori per i quali non può trovare applicazione la facoltà di opzione introdotta dalla legge n.  53/2000.

Nelle more dell'emanazione del predetto decreto, il Ministero del Lavoro, con circolare 7 luglio 2000, n. 43, ha individuato le fattispecie in presenza delle quali la facoltà di optare per la flessibilità dell'astensione obbligatoria è immediatamente esercitabile, nonché le modalità operative da seguire per l'esercizio dell'opzione stessa.

 

Presupposti per l'esercizio delle facoltà

 

La facoltà di posticipare l'inizio del periodo di astensione obbligatoria, introdotta dalla legge n. 53/2000, è immediatamente esercitabile in presenza dei seguenti presupposti:

- assenza di condizioni patologiche che configurino situazioni di rischio per la salute della lavoratrice e/o del nascituro al momento della richiesta;

- assenza di un provvedimento di interdizione anticipato dal lavoro disposto dalla Direzione Provinciale del Lavoro - Servizio ispezione del lavoro. Ai sensi dell'art. 5 della legge n. 1204/1971, infatti, l'organo periferico del Ministero del Lavoro può disporre d'interdizione anticipata dal lavoro, fino all'inizio del periodo di astensione obbligatoria, per i seguenti motivi: gravi complicazioni della gestazione o di preesistenti forme morbose che si presume possano essere aggravate dallo stato di gravidanza; condizioni di lavoro o ambientali ritenute pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino; impossibilità di spostare la lavoratrice ad altre mansioni. La ricorrenza di tali circostanze osta, ovviamente, alla possibilità di posticipare l'inizio dell'astensione obbligatoria;

- venir meno delle cause che abbiano in precedenza portato ad un provvedimento di interdizione anticipata;

- assenza di pregiudizio alla salute della lavoratrice e del nascituro derivante dalle mansioni svolte, dall'ambiente di lavoro e/o dall'articolazione dell'orario di lavoro previsto. Peraltro, nel caso in cui sia accertata la sussistenza di una situazione pregiudizievole, non è consentito, al fine di posticipare l'inizio del periodo di astensione obbligatorio, modificare le mansioni o l'orario di lavoro praticato dalla lavoratrice stessa;

- assenza di controindicazioni allo stato di gestazione con riferimento alle modalità utilizzate dalla lavoratrice per il raggiungimento del posto di lavoro.

 

Condizioni e modalità per l'esercizio delle facoltà

 

Come accennato, ai sensi del nuovo art. 4-bis della legge n. 1204/1971, al fine dell'esercizio delle facoltà di astenersi dal lavoro a partire dal mese precedente la data presunta del parto e nei 4 successivi, è necessario che il medico specialista del S.S.N. o con esso convenzionato e il medico competente ai fini della prevenzione di tutela della salute sui luoghi di lavoro attestino che tale opzione non arrechi pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.

Al riguardo, il Dicastero ha precisato che la lavoratrice che intende avvalersi della facoltà di posticipare l'inizio dell'astensione obbligatoria, deve presentare apposita domanda al datore di lavoro e all'Ente tenuto ad erogare l'idennità di maternità, corredata della o delle certificazioni mediche necessarie, acquisitenel corso del settimo mese di gravidanza.

In particolare, alla domanda deve essere allegato, innanzitutto, il certificato del medico specialista del S.S.N., e cioè del medico ostetrico-ginecologico del Servizio sanitario nazionale o con esso convenzionato.

Per quanto concerne la certificazione del "medico competente ai fini della prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro" il Ministero del Lavoro ha opportunamente chiarito che l'art. 12 della legge n. 53/2000 non ha introdotto una nuova ipotesi di sorveglianza medica, ma ha inteso unicamente far riferimento alle situazioni lavorative per le quali la normativa vigente impone l'obbligo di sorveglianza sanitaria.

Pertanto, qualora la lavoratrice sia adibita ad attività lavorativa soggetta alle norme sulla sorveglianza sanitaria, è necessario, oltre al certificato del medico del S.S.N., il certificato del medico competente, nominato dal datore di lavoro ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo n. 626/1994, tenuto, nei casi previsti dalla normativa in vigore, ad esprimere il giudizio sull'idoneità del lavoratore alla mansione specifica, ai sensi dell'art. 16 dello stesso decreto legislativo n. 626.

Il medico competente dovrà attestare l'assenza di rischi derivanti dalle mansioni svolte, dall'ambiente di lavoro e/o dall'articolazione dell'orario di lavoro.

L'opzione può essere esercitata dalla lavoratrice solo se entrambe le certificazioni mediche escludono controindicazioni.

Nei casi in cui la lavoratrice sia adibita ad attività lavorativa non soggetta alle norme sulla sorveglianza sanitaria, alla domanda dovrà essere allegato solo il certificato del medico specialista del S.S.N., il quale dovrà esprimere anche una valutazione circa la compatibilità dell'esercizio della facoltà di posticipare l'astensione obbligatoria con le mansioni e le relative modalità di svolgimento, ai fini della tutela della salute della gestante e del nascituro. Tale valutazione è espressa dallo specialista sulla base delle informazioni sull'attività svolta fornite dalla stessa lavoratrice.